Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari

Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava

via Abbrescia 97, 70121 BARI - CF:93242490725 -
tel. 0805562663
e-mail: most.za.beograd @ libero.it -
conto corrente postale n.13087754


L’associazione opera per la diffusione di una cultura critica della
guerra e il riavvicinamento tra i popoli con culture, etnie, religioni
ed usanze diverse al fine di una equa e pacifica convivenza. Si impegna
per la diffusione di un forte senso di solidarietà nei confronti della
popolazione jugoslava e degli altri popoli vittime della guerra.
Ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali. In particolare l’associazione:

- promuove, attraverso raccolte di fondi e donazioni iniziative di
solidarietà nei confronti delle vittime della guerra nel campo
sanitario, scolastico, alimentare e in ogni altro campo.

- promuove iniziative di sostegno a distanza di bambini jugoslavi

- promuove iniziative di gemellaggio tra enti locali italiani e
jugoslavi, tra scuole italiane e jugoslave

- promuove scambi culturali e di amicizia verso il popolo jugoslavo

- promuove iniziative di conoscenza della storia e della cultura
jugoslave

Bari, 30 gennaio 2005

 
La nostra associazione, nata per denunciare la guerra “umanitaria” e
per portare solidarietà concreta alla popolazione jugoslava, ha
continuato anche nel 2004 la sua attività, nonostante le grandi
difficoltà derivanti dal fatto che la questione jugoslava è stata del
tutto dimenticata dai mass media. Oggi i riflettori mediatici sono
puntati su altri obiettivi. La guerra è diventata la triste e funesta
compagna della nostra quotidianità. Dopo l’aggressione anglo-americana
all’Iraq, alla quale purtroppo si è associato ancora una volta il
nostro paese, già si preannunciano nel discorso presidenziale di Bush
nuovi bersagli: cresce l’elenco dei cosiddetti “stati canaglia”. Da una
guerra all’altra, anche il movimento per la pace sembra non volgere più
lo sguardo sulle vittime delle guerre precedenti.

Il dopoguerra – se pure si può parlare di dopoguerra per un paese in
una provincia del quale, il Kosovo e Metohija, è in atto una costante e
sistematica aggressione da parte degli eredi dell’UCK contro le poche
minoranze serbe e rom rimaste - continua ad essere molto duro per la
popolazione del paese che più di tutti ha subito il peso
dell’aggressione, la Serbia, ridotta oggi in uno stato difficile da cui
non riesce a risollevarsi. Non sono cessati ricatti e pressioni contro
di essa, nonostante il mutamento di regime politico nell’ottobre 2000.
Gli USA pretendono dal governo serbo la completa rinuncia alla
sovranità nazionale: nel marzo 2004 hanno “congelato” l’aiuto promesso
di 25 milioni di dollari (che poi non è una grande somma...), accusando
la Serbia di scarsa collaborazione con il tribunale dell’Aja. Più
verosimilmente puniscono l’attuale governo, uscito dalle elezioni del
dicembre 2003, per non aver messo in atto l’impegno assunto dal
precedente governo Zivkovic (in carica dopo l’assassinio del primo
ministro Djindjic il 12.3.2003), di inviare truppe serbe sotto comando
USA in Afghanistan.

Dal 2001 al 2004 si è abbattuta sulle popolazioni la scure di politiche
antisociali, di privatizzazioni e smantellamento dell’apparato
industriale. La situazione occupazionale è drammatica, mentre il costo
della vita si è fatto “occidentale”, sanità, scuola, università,
servizi sociali, in passato gratuiti, oggi non lo sono più, mentrele
fabbriche, le zone industriali sono all'asta di profittatori
occidentali che comprano tutto a prezzi bassi, ponendo condizioni di
lavoro inaccettabili. Il numero di occupati in tutta la Serbia è di
1.800.000 su una popolazione totale di circa 7,5 milioni, ma in questo
numero sono compresi anche i lavoratori in cassa integrazione. A
1.384.000 lavoratori vengono versati i contributi per la sanità e la
pensione, agli altri no. I disoccupati sono 946.000, pari al 28% della
popolazione potenzialmente attiva. Il salario medio nazionale, tutte le
categorie di lavoratori comprese, è di 14.444 dinari, corrispondenti a
circa 185 euro (174 euro nei settori industriali, 219 per gli occupati
nei settori pubblici). Però in 26 distretti (su un totale di 180) il
salario medio è inferiore ai 100 euro. I pensionati sono attualmente
1.244.500 con una pensione media di circa 115 euro al mese. A
Kragujevac città il salario medio (tutti i settori) è di 147 euro. A
livello cittadino il rapporto lavoratori/pensionati è attualmente di
1,29 a 1. Alla Zastava 17.000 lavoratori sono in produzione, suddivisi
in 38 unità produttive indipendenti; 6.500 lavoratori in cassa
integrazione percepiscono una indennità mensile di circa il 45% del
salario della categoria di appartenenza (per la maggior parte di loro
50 - 70 euro al mese). La cassa integrazione, iniziata nel settembre
2001, scadrà nel settembre 2005, e nessuno al momento azzarda
previsioni. L'accordo prevedeva il reintegro al lavoro, ma questa non è
una previsione realistica.

Studi specifici e indagini mediche hanno rilevato che in Serbia lo
stato di salute è preoccupante ed in continuo peggioramento. Ciò è
dovuto alle conseguenze della guerra, della povertà e della vita poco
sana che ne deriva. L’Ente serbo per la lotta ai tumori prevede nei
prossimi 10-15 anni un forte aumento delle malattie maligne.
Riferendosi al periodo attuale, il numero degli ammalati è già
aumentato del 200%. A questo riguardo è stato lanciato un monito anche
dall'Organizzazione Mondiale per la Salute. I dati mostrano che una
persona su tre soffre di problemi cardiaci e cardiovascolari. Queste
malattie sono dovute spesso a problemi di stress (ne soffre il 37%
della popolazione serba), ad una alimentazione non equilibrata. Le
malattie renali, sempre più frequentemente presenti, sono legate
soprattutto all'inquinamento delle acque di certe zone (Zrenjani,
Kikinda, Kraljevo, Vranje, Loznica). Di conseguenza un sempre maggior
numero di persone è sottoposto a dialisi (attualmente 3500 persone, con
1200 casi nuovi all'anno e 700 morti all'anno, secondo le statistiche
dell'Associazione dei Nefrologi). Il dopoguerra si fa sentire
particolarmente nella forte impennata dei casi di depressione, dei
suicidi, dei disturbi mentali, dovuti in primis alle condizioni di
vita. Il 44% della popolazione ha sintomi depressivi, il 24% soffre
d'insonnia, il 62% soffre di nevrosi. Nel 2003 i suicidi sono stati
1381 (una media di 4 al giorno!). Non sorprende l'aumento del consumo
dei sedativi, dell'alcool e delle sostanze stupefacenti. Purtroppo, le
previsioni dei medici per il futuro sono ben più fosche.

 
A questa drammatica situazione economica e sociale, si aggiunge il
problema politico irrisolto della statualità della Serbia. La
situazione più esplosiva è in Kosovo, dove le minoranze serbe rimaste,
dopo la massiccia pulizia etnica (oltre 250.000 espulsi tra serbi e rom
e altre diverse etnie che abitavano la provincia) avvenuta nell’estate
del 1999 sotto lo sguardo distratto e complice della NATO (che aveva
bombardato un intero paese dichiarando di voler impedire una
“catastrofe umanitaria”), rischiano ogni giorno la vita e sono
costrette a vivere in piccole enclave, in vere e proprie gabbie,
prigioni a cielo aperto, in condizioni difficilissime. I serbi sono la
parte più povera ed emarginata della popolazione del Kosovo, non
possono accedere ad alcun lavoro, possono rivolgersi per l’acquisto dei
beni di prima necessità solo a piccoli empori loro riservati. C’è un
pesantissimo regime di apartheid nei loro confronti. La situazione è
diventata ancor più drammatica dopo i pogrom antiserbi di marzo 2004,
quando sono stati espulsi 4100 serbi, distrutte decine di chiese e
monasteri ortodossi, profanati i cimiteri, uccise 31 persone e ferite
oltre mille. In questo contesto, è un segnale allarmante la nomina del
capo dell’UCK Haradinaj a primo ministro del governo autonomo del
Kosovo, che chiede, insieme con Rugova e Thaci, l’indipendenza subito:
si preannuncia così un’ulteriore recrudescenza della pulizia etnica.
Contro i serbi si fa pressione in tutti i modi. L’ultima trovata è
stata quella di interrompere, nel gelo dell’inverno balcanico,
l’erogazione di energia elettrica.

Rimane aperta anche la questione della definizione del nuovo
stato,“Serbia e Montenegro”, nato sulle ceneri della RFJ il 5 febbraio
2003, dietro forti pressioni della UE. Non è un’unione, è uno stato
molto provvisorio, nel quale l’attuale primo ministro montenegrino Milo
Djukanovic, spinge decisamente per il separatismo. Minacce di
smembramento della Serbia vengono contemporaneamente da più parti.È
stata costituita una formazione paramilitare albanese di nome ANA, i
cui uomini sono pronti a incendiare tutta la regione se non sarà
riconosciuta subito l’indipendenza del Kosovo. Altre formazioni
paramilitari albanesi rivendicano la separazione del sud della Serbia.
Nella zona di Novi Pazar (il “Sangiaccato”) si agita il separatismo dei
partiti islamisti, mentre a nord-est, nella Vojvodina, si accentuano le
pressioni dell’indipendentismo ungherese. La Jugoslavia, che mescolava
e univa tante storie e popoli diversi dei Balcani non esiste più...

 
L’attività dell’associazione. Informazione, critica e solidarietà

La nostra associazione ha promosso nello scorso anno diverse iniziative
di sensibilizzazione e documentazione. Ricordiamo in particolare le
presentazioni del libro “Quel braccio di mare...” (M. Cataldo, S.
Ciric, Rajka Veljović), in cui era pubblicata anche una selezione di
lettere inviate dai bambini jugoslavi adottati a distanza ai loro
donatori: a Bari, al liceo “Scacchi” una prima volta e poi nella
suggestiva cornice della Vallisa, su invito dell’ADIRT; a Molfetta,
alla “Casa dei popoli”, dove l’associazione teatrale Grammelot ha
presentato una bellissima performance sulla guerra e il bombardamento
della Zastava. Sulla “emergenza Kosovo” vi è stata a Bari un’importante
iniziativa centrale, ad aprile, e un’altra a maggio, in collaborazione
col Centro servizi “zona franka”, dove è stato presentato anche il
video di Pasquale Giordano “Le altre verità sul Kosovo”. E poi le
numerose presentazioni del libro di Uberto Tommasi e Mariella Cataldo
“Kosovo buco nero d’Europa” (a Bari, in tre diverse occasioni in
collaborazione con l’associazione “Altair”, con l’Università della
terza età, con il liceo “Scacchi”; a Molfetta, alla “Casa dei popoli”;
a Lecce, in collaborazione con l’associazione “Tabularasa”, a Canosa in
collaborazione con la redazione de “Il Campanile”. A Monopoli siamo
intervenuti invitati dalla Sinistra giovanile in un dibattito sul
dramma delle guerre balcaniche e le conseguenze sulla popolazione
civile. Siamo stati presenti ad ottobre a Terlizzi nel corso della
festa provinciale di “Liberazione” e a dicembre a Roma in piazza di
Cinecittà. Abbiamo collaborato a Verona ad iniziative di presentazione
del libro sul Kosovo.

L’attività di informazione, riflessione e analisi si è accompagnata,
come è sempre stato dalla nostra costituzione in associazione, a quella
di organizzazione di iniziative di solidarietà. Così, la pubblicazione
e diffusione di libri sulla situazione in Serbia e Kosovo è servita non
solo a fornire informazioni dirette, testimonianze, spunti di analisi,
ma anche a raccogliere fondi per il progetto di adozione a distanza.
Dal libro “Quel braccio di mare...” abbiamo avuto un ricavato netto di
2.340 euro. Dal libro “Kosovo buco nero d’Europa” (compreso anche il
dono di 115 copie del romanzo di U. Tomasi “Zarub”) registriamo al
momento un ricavato netto di 2.250 euro (ma prevediamo che la somma sia
destinata a crescere). Queste entrate, insieme con le donazioni di
alcuni sostenitori che non fanno un’adozione personale, ci hanno
consentito di continuare a sostenere, come associazione, più di una
ventina di bambini che avevano perso il loro donatore, oltre che a
mantenere quelli i cui sostenitori non sono regolari e puntuali nelle
loro donazioni.

Il 26 luglio una delegazione dell’associazione (Marina Bianco, Mariella
Cataldo, Andrea Catone, Pino Palomba) si è recata a Kragujevac presso
la fabbrica Zastava a consegnare il denaro raccolto per 139 bambini.
Anche questa volta siamo stati costretti a fare dei tagli dolorosi
perché i donatori, con o senza spiegazioni, erano debitori da più di un
anno e i loro bambini erano stati sostenuti dallo sforzo collettivo di
tutti gli altri donatori. Abbiamo operato sulla base degli
aggiornamenti delle schede forniti dal sindacato Samostalni, escludendo
coloro la cui situazione è migliorata e mantenendo coloro che versano
ancora in difficilissime condizioni. Il ricavato della vendita di “Quel
braccio di mare...” ha contribuito a salvare diverse situazioni.
Abbiamo potuto toccare con mano quanto continui ad essere fondamentale
il nostro aiuto per assicurare almeno il diritto allo studio per questi
bambini, diritto non più garantito dallo stato.

Il nostro viaggio la scorsa estate ci ha condotti anche in Kosovo, a
Vitina, nel Sud, zona sotto il controllo USA, a portare solidarietà a
14 ragazzi orfani, i cui genitori sono stati vittima della pulizia
etnica antiserba scatenatasi tra l’estate del 1999 e il 2004. Abbiamo
così risposto all’appello pervenutoci dal coordinatore delle comunità
serbe, Nenad Kojić. Siamo venuti in contatto con una realtà prima solo
sospettata, ma incredibile da raccontare. In Kosovo, dopo il ’99 e i
pogrom di marzo 2004 i serbi sono quotidianamente oggetto di una odiosa
persecuzione e soggetti di una diaspora che vedrà questa terra
completamente ripulita dalla loro presenza. I serbi del Kosovo sono
ridotti alla condizione degli indiani d’America, discriminati nel
lavoro e sottoposti a quotidiane vessazioni che rendono loro
impossibile la vita. Gli estremisti albanesi, sotto l’occhio distratto
della Kfor e dell’Unmik stanno cancellando i luoghi della memoria
serba, monasteri, chiese, monumenti. Intendono estirpare le radici,
fare terra bruciata. Non è solo l’espulsione di una popolazione che
abitava quella terra da generazioni, ma è anche l’assassinio della sua
anima... Abbiamo avuto esperienza diretta di cosa significhi
l’apartheid per i serbi del Kosovo: siamo giunti a circa 4 km. da
Prizren, dove abbiamo visitato i resti distrutti dai nuovi barbari
dell’UCK del monastero medievale dei Santi Arcangeli. Ma il nostro
accompagnatore non ha potuto proseguire per l’antica e forse più
suggestiva città del Kosovo, poiché non ci era data la scorta e da
marzo Prizren è stata completamente ripulita da ogni presenza serba! In
Kosovo si sta costruendo un “narcostato”: secondo le stime dei militari
della KFOR l’80% del PIL è frutto di malaffare, in un paese in cui la
comunità internazionale ha investito più di 2 miliardi e mezzo di euro
(dati UE) senza ottenere risultati apprezzabili e senza riuscire
nemmeno ad organizzare un censimento. Della situazione del Kosovo si
parla diffusamente nel libro “Kosovo buco nero d’Europa”.

Le adozioni a distanza dei bambini della Zastava di Kragujevac
continuano, anche se con crescenti difficoltà. Abbiamo consegnato ora -
 tramite Dora Maffezzoli della Filcams CGIL di Milano - ai responsabili
serbi di Kragujevac, Rajko Blagojević, vice presidente della
Jedinstvena Sindikalna Organizacija ZASTAVA (Sindacato ZASTAVA) e Rajka
Veljović, interprete e coordinatrice dell’ufficio internazionale
adozioni ZASTAVA, 20.650 euro (150 euro a testa per 135 ragazzi + 400
di doni personali). La consegna del denaro alle famiglie è stata fatta
sabato 5 febbraio nell’assemblea della Zastava di Kragujevac. Di questi
135 ragazzi, 20 sono rimasti senza un donatore, ma abbiamo scelto di
continuare a sostenerli.

In tutto, per l’anno 2004 abbiamo consegnato 45.300 euro per 150
famiglie. Come in passato, abbiamo preferito distribuire una somma
uguale per tutti, indipendentemente dalla somma donata dal sostenitore.
Vi sono sostenitori che hanno portato il loro contributo a 30 euro
mensili, altri che invece versano 25,82 euro, altri 25. Non tutti i
donatori sono regolari nell’invio delle loro quote per le adozioni,
qualcuno salta qualche mese, altri sonnecchiano... Siamo stati
costretti ad interrompere negli ultimi 24 mesi circa 80 adozioni
(rispetto al picco massimo raggiunto nel 2001), cerchiamo di inviare
ancora il denaro a 20 famiglie, per le loro difficili condizioni
economiche, nonostante i donatori non ci siano più. Il denaro per
queste famiglie è stato ottenuto in parte da donazioni
all’associazione, in parte dalla vendita dei libri, in parte limando un
po’ la quota di adozione dei più “fortunati” che hanno un donatore
costante che consegna 30 euro al mese. Credo che tutti i donatori
approvino questo operato. Col denaro raccolto abbiamo consegnato anche
150 euro a testa a 14 orfani del Kosovo – per i quali siamo alla
ricerca di “adottanti a distanza” -, e ne abbiamo riservati altri 150 a
testa per una prossima consegna.

Da quando abbiamo cominciato la nostra attività di solidarietà nel 1999
abbiamo consegnato in tutto poco meno di 280.000 euro (cfr. il
prospetto complessivo). È molto poco se confrontato col costo di un
solo missile che ha portato distruzione e morte. È molto poco rispetto
ai bisogni di una popolazione colpita con le bombe, l’embargo e i
ricatti economici delle grandi potenze, ma è un dato significativo se
si pensa che queste somme sono state raccolte in decine e decine di
manifestazioni, conferenze, mostre fotografiche, con la diffusione di
libri e opuscoli di critica della guerra alla Jugoslavia, e,
soprattutto, grazie ai numerosi donatori – taluni costanti, precisi e
puntuali, che hanno costituito il pilastro dell’attività di
solidarietà; altri meno costanti o occasionali, che hanno comunque
contribuito a questo notevole risultato. A tutti va il nostro sentito
ringraziamento.

L’associazione ha pochissimi mezzi e tutta la sua attività si è basata
non solo sul lavoro volontario e gratuito dei suoi attivisti (e il solo
raccogliere e tenere la contabilità di una tale somma, donata nel corso
degli anni da circa 350 persone, è di per sé lavoro non piccolo), ma
anche sul contributo economico dei suoi sostenitori più attivi. Tutte
le spese dell’associazione (sede, spese postali, telefoniche,
cancelleria) sono state sostenute dai più attivi. Tutti i viaggi di
solidarietà sono stati fatti a spese degli attivisti che si sono recati
in Serbia e in Kosovo. Tutto il denaro raccolto per le adozioni a
distanza o altre iniziative di solidarietà è stato consegnato alla
popolazione jugoslava.

A quanti ci hanno seguito in questi anni intensi e difficili, a quanti
credono nell’attività di informazione e solidarietà che ha
caratterizzato la nostra associazione, chiediamo di aiutarci a
continuare, iscrivendosi all’associazione (la quota è libera) o
inviandoci un piccolo contributo. Chiunque voglia collaborare in
qualsiasi forma con l’attività dell’associazione è ben accetto.

Nella seconda quindicina di marzo presenteremo in collaborazione con
l’ADIRT di Bari una mostra fotografica sui beni culturali e ambientali
del Kosovo prima e dopo le distruzioni operate dai bombardamenti della
NATO e dalle bande terroriste dell’UCK. La mostra si terrà nella
suggestiva cornice di palazzo Simi, nella città vecchia, sede della
Sovrintendenza archeologica. Nel corso della mostra organizzeremo
conferenze sulla storia e la cultura del Kosovo e Metohija e
sull’attuale status internazionale del Kosovo. Intendiamo far uscire il
Kosovo dal silenzio in cui, dopo la guerra, è stata sprofondata questa
regione, denunciare la pulizia etnica e l’annientamento di una cultura
millenaria.

 
L’assemblea annuale dell’associazione si terrà presso la sede di via
Abbrescia 97, Bari, domenica 13 febbraio alle ore 7.00 in prima
convocazione e lunedì 14 febbraio alle ore 18.30.

 
Andrea Catone, presidente dell’associazione


Prego anche tutti coloro che hanno un indirizzo di posta elettronica –
o che lo hanno di recente cambiato – di comunicarcelo per facilitare
l’invio di messaggi e ridurre i costi di spese postali.

Per conoscere dall’interno aspetti rimossi della realtà serba e,
insieme, contribuire alle iniziative di solidarietà, potete richiederci
il libro:

Kosovo buco nero d’Europa,

edizioni Achab, Verona, 2004, euro 11,00