http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3953/1/49/
La Krajina e gli spettri del passato
01.03.2005 scrive Luka Zanoni
In un momento particolarmente delicato per la Croazia e la Serbia,
entrambe in attesa di un parere positivo da parte dell’UE, scoppia un
caso singolare. A Belgrado viene eletto un sedicente “Governo in
esilio” della Repubblica serba di Krajina
Mentre sia in Croazia che in Serbia i rispettivi governi cercano di
fare i salti mortali per cercare di convincere l’UE che stanno
procedendo nella giusta direzione, nell’ottica dell’avvio dei
negoziati, previsti per il 17 marzo per la Croazia, e alla scadenza
imminente della presentazione dello Studio di fattibilità per la
Serbia, un fatto sconcertante piomba sulla strada europea delle due ex
repubbliche jugoslave.
Sabato 26 febbraio al centro culturale Dom sindikata di Belgrado si è
tenuta una seduta in cui è stato formato il cosiddetto “Governo in
esilio” della Repubblica serba di Kraijna (RSK). Nella seduta è stato
ribadito che “nemmeno dopo nove anni dalla brutale aggressione
dell’esercito croato e della pulizia etnica dei Serbi della regione
della RSK, né la Croazia, né la comunità internazionale hanno fatto
alcunché per continuare il processo di soluzione della questione dei
Serbi di Croazia”.
Una dichiarazione che ci riporta indietro agli anni novanta, al tempo
della guerra nella ex Jugoslavia, e alla dichiarazione unilaterale di
indipendenza della Regione autonoma della Krajina, divenuta in seguito
la Repubblica serba di Krajina guidata da Milan Babic, oggi pentito e
in carcere in Olanda.
[NOTA BENE: l'autore di questo articolo definisce "unilaterale" la
dichiarazione di indipendenza della Repubblica serba di Krajina,
omettendo di spiegare che la prima dichiarazione "unilaterale" di
"indipendenza" - illegittima e devastante per gli equilibri nell'area -
fu quella della Croazia (25/6/1991). ndCNJ]
Nel comunicato, riportato dall’emittente B92 il giorno stesso della
seduta, si precisa che il compito del “Governo rifugiato” è di
difendere coi mezzi politici e con colloqui con il governo croato,
l’Unione europea e le Nazioni Unite, gli interessi dei Serbi della
Croazia.
Il “Governo in esilio” è composto dai deputati già eletti nel 1993, i
quali si considerano ancora legittimi rappresentanti dei Serbi
dell’allora Krajina serba. Tuttavia – come precisato dal presidente del
Parlamento della RSK, Rajko Lezajic - questi ultimi non sono in
contatto con i rappresentanti dei Serbi di Croazia presso il parlamento
croato, e questo perché “loro non sono i rappresentanti del popolo
serbo della Krajina. Loro sono rappresentanti di se stessi. Noi siamo
il popolo serbo che è sempre stato equiparato a quello croato, dal 1918
al 1990”, ha precisato Lezajic.
Tali dichiarazioni hanno suscitato le ire della Croazia ufficiale, ma
hanno incontrato scarsa rilevanza e dichiarazioni non ufficiali sulla
presa di distanza da parte del governo di Belgrado. A fronte delle
buone relazioni tra i due Paesi la maggior parte dei rappresentanti di
governo ha espresso in via non ufficiale la propria disapprovazione per
una tale iniziativa.
Una timidezza di posizioni che ha reso del tutto insoddisfatto il
governo di Zagabria, benché rassicurato dall’ambasciatore della Serbia
e Montenegro, Milan Simurdic, della condanna di una siffatta bizzarra
iniziativa.
Non dello stesso parere, però, è la segreteria del Partito radicale
serbo. Per voce del presidente della segreteria del SRS, Dragan
Todorovic, si viene a sapere che il suo partito appoggia le intenzioni
dei rappresentanti del governo in esilio della Krajina. “la RSK è sotto
occupazione della Croazia e deve essere fatto in modo che tutti i
Serbi, cacciati durante l’operazioni Lampo e Tempesta, ritornino. Noi
li possiamo aiutare moralmente, perché non siamo al governo, ma appena
andremo al potere, faremo tutto il possibile per aiutarli. E a
Strasburgo parleremo di questo, così che l’Europa possa sentire cosa è
accaduto ai Serbi della RSK”, ha detto Todorovic a Radio B92.
Non sono tardate, ovviamente, le reazioni da parte dello stesso
presidente dei Consiglio nazionale serbo Milorad Pupovac, nonché
deputato al parlamento croato. Pupovac ritiene che “questa sia
un’iniziativa di quella gente che nel 1995 (anno delle due operazioni
militari di cui sopra, ndt.) era tra i maggiori responsabili di quanto
accaduto, proprio perché non fecero nulla per impedirlo”.
Va ricordato che durante le operazioni Lampo e Tempesta, nell’estate
del 1995, furono allontanati migliaia di Serbi di quella regione,
commettendo pure crimini di guerra, dei quali tra i maggiori
responsabili figura il latitante generale croato Ante Gotovina.
Ad ogni modo, insiste Pupovac non è chiaro l’intento di questa
iniziativa, dal momento che i Serbi di Croazia hanno i loro
rappresentanti legalmente eletti. Il timore è che ciò possa portare ad
una frattura tra il governo di Zagabria e quello di Belgrado.
Un timore condiviso pure dalla presidentessa del Partito popolare
croato, Vesna Pusic, che ha definito l’iniziativa come un incidente e
come il tentativo di “impedire l’avvio dei colloqui con l’UE e di
rinviare le riforme della Croazia in accordo con gli standard dell’UE.
Questo incidente a Belgrado non è favorevole e secondo me – ha detto la
Pusic – politicamente è del tutto irrilevante”.
Il quotidiano croato “Slobodna Dalmacija”, esce nell’edizione di lunedì
28 febbraio con il seguente titolo “Colpevoli della guerra chiedono
ancora sangue”. Un articolo che richiama la pericolosità dell’idea di
una grande Serbia [SIC - e la Jugoslavia multinazionale? ndCNJ] e delle
sue conseguenze. Secondo il presidente della Comunità dei ritornanti in
Croazia Josip Kompanovic “questi giochi col fuoco potrebbero avere
delle serie conseguenze delle quali molti non sono coscienti, e che di
nuovo potrebbero essere sentiti sulla pelle degli abitanti di qua,
siano essi Croati o Serbi”.
Kompanovic aggiunge inoltre di conoscere di persona il neo eletto
premier del governo della RSK, un certo Milan Buha di Beli Manastir,
noto per il suo orientamento nazionalista. Notizia confermata
dall’emittente belgradese Radio 021, che lo individua come il direttore
della azienda Lisja di Novi Sad.
Secondo la maggior parte dei commenti raccolti dalla stampa croata, la
controversa iniziativa organizzata a Belgrado, giunge proprio nel
momento in cui la Croazia sta incrociando le dita per ottenere l’esito
positivo sull’avvio dei negoziati con l’UE. L’intento sarebbe quello di
frenare l’avvicinamento del Paese all’UE, cercando di portare
l’attenzione su una delle condizioni cruciali per l’ingresso nell’UE,
ossia il rispetto delle minoranze.
Tuttavia, fa notare il presidente del SDSS (Partito democratico
indipendente serbo) e deputato al parlamento croato, Vojislav
Stanimirovic, si tratta di persone che hanno venduto le loro proprietà
in Croazia e adesso vivono e lavorano in Serbia e Montenegro, “se
pensano che ci siano ingiustizie verso i Serbi di Croazia, perché non
vengono qui e cercano per vie politiche di realizzare i loro piani”.
---
CROAZIA: PROTESTA PER GOVERNO SECESSIONISTA IN ESILIO
(ANSA) - ZAGABRIA, 1 MAR - Il governo croato ha fortemente condannato
oggi la proclamazione da parte di un gruppo di secessionisti serbi di
Croazia di un 'governo in esilio', avvenuta sabato a Belgrado. Lo si e'
appreso da un comunicato del ministero degli esteri croato. Il ministro
degli esteri Kolinda Grabar Kitarovic, condannando la formazione
dell'assemblea costituente della Republika Srpska di Krajina (Rsk) e la
conseguente elezione di un governo in esilio della Rsk, ha espresso in
una nota di protesta all'ambasciatore serbomontenegrino in Croazia,
Milan Simurdic, anche la delusione di Zagabria per la mancata reazione
ufficiale del governo di Belgrado. ''La Croazia e' delusa e pertanto
protesta per il fatto che il governo di Belgrado non abbia preso le
distanze da questo avvenimento, contrario allo spirito europeo di
cooperazione e che rischia di compromettere il buon andamento dei
rapporti bilaterali tra i due paesi'', si legge nel comunicato. Il
gruppo di una quarantina di politici serbi, originari della Croazia ed
eletti nel 1993, durante la guerra degli anni Novanta, al parlamento
della regione secessionista Krajina, in passato di maggioranza etnica
serba, hanno 'ricostituito' sabato a Belgrado la loro vecchia
assemblea, eleggendo anche il governo che ha subito proclamato la
Krajina ''regione sotto occupazione temporanea''. In una risoluzione il
'premier' Milorad Buha e i sei 'ministri', dei quali non sono stati
resi noti i nomi, fatto che ha aggiunto al tutto un tono cospirativo,
hanno anche spiegato che ''la questione nazionale serba potra' essere
risolta unicamente con la cessazione dell'occupazione'' ed hanno
chiesto ''il diritto all'autodeterminazione''. Anche se l'evento non e'
stato preso troppo sul serio a Zagabria, il premier Sanader ha subito
detto che si tratta di un gruppo di persone che ha perso il contatto
con la realta'. ''L'idea della Grande Serbia [SIC] e' stata sconfitta e
non c'e' piu' alcuna chance per la realizzazione di tali
fantasticherie'', ha aggiunto. Da sua parte il rappresentante della
minoranza serba al parlamento di Zagabria, Milorad Pupovac, il cui
partito appoggia l'attuale governo croato [SIC], ha definito
l'iniziativa ''un gesto anti-serbo che potra' solo nuocere ai serbi in
Croazia e al processo di rientro dei profughi''. E' stato proprio la
questione serba in Croazia ad accendere la miccia delle guerre
balcaniche degli anni Novanta. Nel 1991, in risposta alla dichiarazione
d'indipendenza [SIC] della Croazia dalla Jugoslavia, i secessionisti
serbi [SIC - si noti il diverso vocabolario usato a seconda della
"etnia" in questione, ndCNJ], appoggiati in pieno da Belgrado, avevano
proclamato un loro stato, la Krajina appunto, chiedendo l'unione con la
Serbia. Dopo quattro anni di scontri che hanno provocato circa 15.000
morti le truppe di Zagabria hanno ripreso il controllo della regione,
dalla quale sono fuggiti circa 300.000 serbi, quasi l'intera
popolazione. Da allora ne e' ritornato poco piu' di un terzo. COR
01/03/2005 16:58
---
SERBIA-CROAZIA: TADIC STIGMATIZZA REPUBBLICA OMBRA KRAJNA
(ANSA) - BELGRADO, 2 MAR - Il presidente serbo Boris Tadic e'
intervenuto sulle polemiche innescate dall'idea di alcuni nazionalisti
di creare un 'governo ombra in esilio della repubblica di Krajna',
l'entita' al centro del conflitto serbo- croato degli anni '90,
definendo la vicenda ''dannosa per i nostri interessi''. ''La Serbia -
ha detto Tadic all'agenzia Tanjug - non deve destabilizzare i paesi
vicini per non essere di nuovo additata come fattore di caos''. Il
presidente serbo ha sottolineato che l'idea di un tale governo ombra
''danneggia gli interessi piu' sensibili della Serbia, la questione
kosovara'', ed e' ''pericoloso anche per i serbi che vivono in
Croazia''. Zagabria aveva duramente protestato due giorni fa per
l'iniziativa di un gruppo di profughi ultranazionalisti di rendere la
Krajna un territorio autonomo, con forti legami con Belgrado. L'idea
era stata plaudita dagli ultranazionalisti del Partito radicale serbo,
principale forza di opposizione che non nasconde la fedelta' all'idea
della 'Grande Serbia'. Quella di Tadic e' la prima reazione ufficiale
all'incidente diplomatico: il governo del premier conservatore Vojislav
Kostunica non si e' ancora pronunciato. (ANSA). OT
02/03/2005 18:27
La Krajina e gli spettri del passato
01.03.2005 scrive Luka Zanoni
In un momento particolarmente delicato per la Croazia e la Serbia,
entrambe in attesa di un parere positivo da parte dell’UE, scoppia un
caso singolare. A Belgrado viene eletto un sedicente “Governo in
esilio” della Repubblica serba di Krajina
Mentre sia in Croazia che in Serbia i rispettivi governi cercano di
fare i salti mortali per cercare di convincere l’UE che stanno
procedendo nella giusta direzione, nell’ottica dell’avvio dei
negoziati, previsti per il 17 marzo per la Croazia, e alla scadenza
imminente della presentazione dello Studio di fattibilità per la
Serbia, un fatto sconcertante piomba sulla strada europea delle due ex
repubbliche jugoslave.
Sabato 26 febbraio al centro culturale Dom sindikata di Belgrado si è
tenuta una seduta in cui è stato formato il cosiddetto “Governo in
esilio” della Repubblica serba di Kraijna (RSK). Nella seduta è stato
ribadito che “nemmeno dopo nove anni dalla brutale aggressione
dell’esercito croato e della pulizia etnica dei Serbi della regione
della RSK, né la Croazia, né la comunità internazionale hanno fatto
alcunché per continuare il processo di soluzione della questione dei
Serbi di Croazia”.
Una dichiarazione che ci riporta indietro agli anni novanta, al tempo
della guerra nella ex Jugoslavia, e alla dichiarazione unilaterale di
indipendenza della Regione autonoma della Krajina, divenuta in seguito
la Repubblica serba di Krajina guidata da Milan Babic, oggi pentito e
in carcere in Olanda.
[NOTA BENE: l'autore di questo articolo definisce "unilaterale" la
dichiarazione di indipendenza della Repubblica serba di Krajina,
omettendo di spiegare che la prima dichiarazione "unilaterale" di
"indipendenza" - illegittima e devastante per gli equilibri nell'area -
fu quella della Croazia (25/6/1991). ndCNJ]
Nel comunicato, riportato dall’emittente B92 il giorno stesso della
seduta, si precisa che il compito del “Governo rifugiato” è di
difendere coi mezzi politici e con colloqui con il governo croato,
l’Unione europea e le Nazioni Unite, gli interessi dei Serbi della
Croazia.
Il “Governo in esilio” è composto dai deputati già eletti nel 1993, i
quali si considerano ancora legittimi rappresentanti dei Serbi
dell’allora Krajina serba. Tuttavia – come precisato dal presidente del
Parlamento della RSK, Rajko Lezajic - questi ultimi non sono in
contatto con i rappresentanti dei Serbi di Croazia presso il parlamento
croato, e questo perché “loro non sono i rappresentanti del popolo
serbo della Krajina. Loro sono rappresentanti di se stessi. Noi siamo
il popolo serbo che è sempre stato equiparato a quello croato, dal 1918
al 1990”, ha precisato Lezajic.
Tali dichiarazioni hanno suscitato le ire della Croazia ufficiale, ma
hanno incontrato scarsa rilevanza e dichiarazioni non ufficiali sulla
presa di distanza da parte del governo di Belgrado. A fronte delle
buone relazioni tra i due Paesi la maggior parte dei rappresentanti di
governo ha espresso in via non ufficiale la propria disapprovazione per
una tale iniziativa.
Una timidezza di posizioni che ha reso del tutto insoddisfatto il
governo di Zagabria, benché rassicurato dall’ambasciatore della Serbia
e Montenegro, Milan Simurdic, della condanna di una siffatta bizzarra
iniziativa.
Non dello stesso parere, però, è la segreteria del Partito radicale
serbo. Per voce del presidente della segreteria del SRS, Dragan
Todorovic, si viene a sapere che il suo partito appoggia le intenzioni
dei rappresentanti del governo in esilio della Krajina. “la RSK è sotto
occupazione della Croazia e deve essere fatto in modo che tutti i
Serbi, cacciati durante l’operazioni Lampo e Tempesta, ritornino. Noi
li possiamo aiutare moralmente, perché non siamo al governo, ma appena
andremo al potere, faremo tutto il possibile per aiutarli. E a
Strasburgo parleremo di questo, così che l’Europa possa sentire cosa è
accaduto ai Serbi della RSK”, ha detto Todorovic a Radio B92.
Non sono tardate, ovviamente, le reazioni da parte dello stesso
presidente dei Consiglio nazionale serbo Milorad Pupovac, nonché
deputato al parlamento croato. Pupovac ritiene che “questa sia
un’iniziativa di quella gente che nel 1995 (anno delle due operazioni
militari di cui sopra, ndt.) era tra i maggiori responsabili di quanto
accaduto, proprio perché non fecero nulla per impedirlo”.
Va ricordato che durante le operazioni Lampo e Tempesta, nell’estate
del 1995, furono allontanati migliaia di Serbi di quella regione,
commettendo pure crimini di guerra, dei quali tra i maggiori
responsabili figura il latitante generale croato Ante Gotovina.
Ad ogni modo, insiste Pupovac non è chiaro l’intento di questa
iniziativa, dal momento che i Serbi di Croazia hanno i loro
rappresentanti legalmente eletti. Il timore è che ciò possa portare ad
una frattura tra il governo di Zagabria e quello di Belgrado.
Un timore condiviso pure dalla presidentessa del Partito popolare
croato, Vesna Pusic, che ha definito l’iniziativa come un incidente e
come il tentativo di “impedire l’avvio dei colloqui con l’UE e di
rinviare le riforme della Croazia in accordo con gli standard dell’UE.
Questo incidente a Belgrado non è favorevole e secondo me – ha detto la
Pusic – politicamente è del tutto irrilevante”.
Il quotidiano croato “Slobodna Dalmacija”, esce nell’edizione di lunedì
28 febbraio con il seguente titolo “Colpevoli della guerra chiedono
ancora sangue”. Un articolo che richiama la pericolosità dell’idea di
una grande Serbia [SIC - e la Jugoslavia multinazionale? ndCNJ] e delle
sue conseguenze. Secondo il presidente della Comunità dei ritornanti in
Croazia Josip Kompanovic “questi giochi col fuoco potrebbero avere
delle serie conseguenze delle quali molti non sono coscienti, e che di
nuovo potrebbero essere sentiti sulla pelle degli abitanti di qua,
siano essi Croati o Serbi”.
Kompanovic aggiunge inoltre di conoscere di persona il neo eletto
premier del governo della RSK, un certo Milan Buha di Beli Manastir,
noto per il suo orientamento nazionalista. Notizia confermata
dall’emittente belgradese Radio 021, che lo individua come il direttore
della azienda Lisja di Novi Sad.
Secondo la maggior parte dei commenti raccolti dalla stampa croata, la
controversa iniziativa organizzata a Belgrado, giunge proprio nel
momento in cui la Croazia sta incrociando le dita per ottenere l’esito
positivo sull’avvio dei negoziati con l’UE. L’intento sarebbe quello di
frenare l’avvicinamento del Paese all’UE, cercando di portare
l’attenzione su una delle condizioni cruciali per l’ingresso nell’UE,
ossia il rispetto delle minoranze.
Tuttavia, fa notare il presidente del SDSS (Partito democratico
indipendente serbo) e deputato al parlamento croato, Vojislav
Stanimirovic, si tratta di persone che hanno venduto le loro proprietà
in Croazia e adesso vivono e lavorano in Serbia e Montenegro, “se
pensano che ci siano ingiustizie verso i Serbi di Croazia, perché non
vengono qui e cercano per vie politiche di realizzare i loro piani”.
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CROAZIA: PROTESTA PER GOVERNO SECESSIONISTA IN ESILIO
(ANSA) - ZAGABRIA, 1 MAR - Il governo croato ha fortemente condannato
oggi la proclamazione da parte di un gruppo di secessionisti serbi di
Croazia di un 'governo in esilio', avvenuta sabato a Belgrado. Lo si e'
appreso da un comunicato del ministero degli esteri croato. Il ministro
degli esteri Kolinda Grabar Kitarovic, condannando la formazione
dell'assemblea costituente della Republika Srpska di Krajina (Rsk) e la
conseguente elezione di un governo in esilio della Rsk, ha espresso in
una nota di protesta all'ambasciatore serbomontenegrino in Croazia,
Milan Simurdic, anche la delusione di Zagabria per la mancata reazione
ufficiale del governo di Belgrado. ''La Croazia e' delusa e pertanto
protesta per il fatto che il governo di Belgrado non abbia preso le
distanze da questo avvenimento, contrario allo spirito europeo di
cooperazione e che rischia di compromettere il buon andamento dei
rapporti bilaterali tra i due paesi'', si legge nel comunicato. Il
gruppo di una quarantina di politici serbi, originari della Croazia ed
eletti nel 1993, durante la guerra degli anni Novanta, al parlamento
della regione secessionista Krajina, in passato di maggioranza etnica
serba, hanno 'ricostituito' sabato a Belgrado la loro vecchia
assemblea, eleggendo anche il governo che ha subito proclamato la
Krajina ''regione sotto occupazione temporanea''. In una risoluzione il
'premier' Milorad Buha e i sei 'ministri', dei quali non sono stati
resi noti i nomi, fatto che ha aggiunto al tutto un tono cospirativo,
hanno anche spiegato che ''la questione nazionale serba potra' essere
risolta unicamente con la cessazione dell'occupazione'' ed hanno
chiesto ''il diritto all'autodeterminazione''. Anche se l'evento non e'
stato preso troppo sul serio a Zagabria, il premier Sanader ha subito
detto che si tratta di un gruppo di persone che ha perso il contatto
con la realta'. ''L'idea della Grande Serbia [SIC] e' stata sconfitta e
non c'e' piu' alcuna chance per la realizzazione di tali
fantasticherie'', ha aggiunto. Da sua parte il rappresentante della
minoranza serba al parlamento di Zagabria, Milorad Pupovac, il cui
partito appoggia l'attuale governo croato [SIC], ha definito
l'iniziativa ''un gesto anti-serbo che potra' solo nuocere ai serbi in
Croazia e al processo di rientro dei profughi''. E' stato proprio la
questione serba in Croazia ad accendere la miccia delle guerre
balcaniche degli anni Novanta. Nel 1991, in risposta alla dichiarazione
d'indipendenza [SIC] della Croazia dalla Jugoslavia, i secessionisti
serbi [SIC - si noti il diverso vocabolario usato a seconda della
"etnia" in questione, ndCNJ], appoggiati in pieno da Belgrado, avevano
proclamato un loro stato, la Krajina appunto, chiedendo l'unione con la
Serbia. Dopo quattro anni di scontri che hanno provocato circa 15.000
morti le truppe di Zagabria hanno ripreso il controllo della regione,
dalla quale sono fuggiti circa 300.000 serbi, quasi l'intera
popolazione. Da allora ne e' ritornato poco piu' di un terzo. COR
01/03/2005 16:58
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SERBIA-CROAZIA: TADIC STIGMATIZZA REPUBBLICA OMBRA KRAJNA
(ANSA) - BELGRADO, 2 MAR - Il presidente serbo Boris Tadic e'
intervenuto sulle polemiche innescate dall'idea di alcuni nazionalisti
di creare un 'governo ombra in esilio della repubblica di Krajna',
l'entita' al centro del conflitto serbo- croato degli anni '90,
definendo la vicenda ''dannosa per i nostri interessi''. ''La Serbia -
ha detto Tadic all'agenzia Tanjug - non deve destabilizzare i paesi
vicini per non essere di nuovo additata come fattore di caos''. Il
presidente serbo ha sottolineato che l'idea di un tale governo ombra
''danneggia gli interessi piu' sensibili della Serbia, la questione
kosovara'', ed e' ''pericoloso anche per i serbi che vivono in
Croazia''. Zagabria aveva duramente protestato due giorni fa per
l'iniziativa di un gruppo di profughi ultranazionalisti di rendere la
Krajna un territorio autonomo, con forti legami con Belgrado. L'idea
era stata plaudita dagli ultranazionalisti del Partito radicale serbo,
principale forza di opposizione che non nasconde la fedelta' all'idea
della 'Grande Serbia'. Quella di Tadic e' la prima reazione ufficiale
all'incidente diplomatico: il governo del premier conservatore Vojislav
Kostunica non si e' ancora pronunciato. (ANSA). OT
02/03/2005 18:27