Il diritto internazionale condannato a morte...
La sentenza è drastica, gravissima e senza appello: il diritto internazionale è stato condannato a morte.
Ma quando è stata emessa la sentenza? Pochi giorni fa, ai danni del presidente della repubblica irachena Saddam Hussein, da parte di un tribunale fantoccio strumento delle truppe di occupazione occidentali? O forse più di tre anni fa, con l'inizio della sanguinosa aggressione ed occupazione dell'Iraq da parte degli angloamericani, sostenuta peraltro dai loro servitori italiani? O magari più di sette anni fa, con la aggressione NATO contro la Jugoslavia? O prima ancora, con l'embargo ed il deliberato squartamento politico-diplomatico della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia? Oppure già con il micidiale embargo ai danni della popolazione irachena? O con l'impiego di uranio impoverito, in Iraq come in Jugoslavia? O con le bombe a grappolo? Oppure non in Iraq ne' in Jugoslavia, ma in qualcun altro dei tanti paesi aggrediti dall'imperialismo: forse in Afghanistan, o in Somalia, o in Palestina, o in Vietnam qualche decennio fa, o prima ancora?...
Potremmo continuare. Ma ci interessa rimarcare una cosa sola: il processo-farsa e la vergognosa condanna a morte di Saddan Hussein non sono che l'ennesimo atto con cui l'imperialismo, statunitense in primis, attenta a quei brandelli di legalità internazionale edificati dopo la II Guerra Mondiale. Ricordiamoci di Slobodan Milosevic, che è stato assassinato da un analogo "tribunale internazionale" senza nemmeno essere formalmente condannato a morte. È stato assassinato negandogli le cure mediche richieste, oppure attraverso la somministrazione di qualche deleterio medicinale che accelerasse il deterioramento del suo stato di salute, oppure in tutti e due i modi, da un "tribunale" altrettanto politico ed altrettanto illegittimo quanto quello iracheno. "Tribunale" che continua a svolgere la sua discutibile attività nella indifferenza generale. "Tribunale" che nega agli imputati il diritto alla difesa: recentissimo il caso di Seselj, al quale sono stati imposti "avvocati d'ufficio" contro la sua volontà, come era già stato fatto con Milosevic. "Tribunale" che continua il suo sporco lavoro nella indifferenza generale.
Dovrebbe saperlo bene Antonio Cassese quando scrive che << a Bagdad si e’ celebrata una farsa. I giudici sono stati nominati dal governo e da esso sostituiti quando non si allineavano sulle posizioni ufficiali delle autorita’ o si dimostravano scarsamente efficaci. Il tribunale sin dall’inizio e’ stato finanziato dagli USA, che hanno anche elaborato il suo Statuto. Imputazioni precise contro gli otto imputati sono state formulate solo a meta’ processo. La Corte non ha consentito alla difesa di convocare un certo numero di testimoni a discarico che dovevano ancora essere ascoltati» (di seguito riportiamo integralmente il suo articolo). Dovrebbe saperlo bene, perché Antonio Cassese e’ stato presidente del "Tribunale ad hoc" dell’Aja.
(A cura di I. Slavo.
Sul carattere illegittimo e criminale del "tribunale ad hoc" dell'Aia vedi ad esempio:
1) Il processo senza giustizia con un verdetto farsa (di ANTONIO CASSESE)
2) Justice is impossible under occupation. Workers World statement on the verdict against Saddam Hussein
3) Proceedings and Verdict in the show trial of Mr. Hussain are illegal (Dirk Adriaensens and Abdul Ilah Al Bayaty - members of the BRussells Tribunal Advisory Committee)
4) Saluti da Saddam... Una iniziativa aTorino
5) International Action Center Statement - November 06-06
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La condanna di Saddam un grave errore
Con l'Iraq pronto ad infiammarsi
Il processo senza giustizia con un verdetto farsa
di ANTONIO CASSESE
Anche a Norimberga i vincitori hanno processato i vinti. Ma almeno il processo è stato equo. A Bagdad si è invece celebrata, per i fatti di Dujail, una farsa. I giudici sono stati nominati dall'esecutivo (il Consiglio di governo) e da esso sostituiti quando non si allineavano sulle posizioni ufficiali delle autorità o si dimostravano scarsamente efficaci. Il tribunale sin dall'inizio è stato finanziato dagli Usa, che hanno anche elaborato il suo Statuto, poi formalmente approvato dall'Assemblea nazionale irachena, nell'agosto 2005. Imputazioni precise contro gli otto imputati sono state formulate solo a metà processo. La Corte non ha consentito alla difesa di convocare un certo numero di testimoni a discarico che dovevano ancora essere ascoltati.
Inoltre, molti documenti prodotti dall'accusa contro gli imputati (tra cui l'ordine di Saddam Hussein di eseguire la condanna a morte inflitta ai civili che avrebbero attentato alla vita del dittatore e l'ordine di conferire onorificenze alle forze di sicurezza che avevano arrestato e interrogato i presunti colpevoli), sono stati contestati dalla difesa, che ha affermato trattarsi di falsi. Per verificarne l'autenticità, il tribunale non ha convocato esperti internazionali (come sarebbe stato doveroso), ma esperti iracheni che, secondo la difesa, erano legati a filo doppio all'attuale ministero dell'interno iracheno. Insomma, un processo privo di qualsiasi seria garanzia dei diritti della difesa.
Certo, non è facile processare un ex dittatore che cerca di usare le udienze pubbliche per comizi e polemiche politiche. I giudici però non avrebbero dovuto rispondere alle arringhe pretestuose dell'ex-dittatore urlando più di lui o espellendolo dalla sala delle udienze, ma con equilibrio e serenità, limitando ad esempio il suo tempo di parola, inducendolo a discutere i problemi specifici del processo, e soprattutto affrontando seriamente i problemi giudiziari che gli avvocati di Saddam sollevavano. In una parola, mostrandosi pazienti, equilibrati ed imparziali.
La condanna a morte dei tre maggiori imputati è sbagliata sotto un triplice profilo. Anzitutto, si tratta di una punizione che non è affatto credibile perché conclude un processo-farsa. In secondo luogo, la pena capitale è stata oramai condannata dalla vasta maggioranza della comunità internazionale. Anche se paesi come gli USA e la Cina continuano a praticarla, si può dire che la pena di morte è diventata, sul piano internazionale, se non illegale, almeno illegittima. Prova ne sia che tutti i tribunali internazionali finora istituiti dalle Nazioni Unite (alcuni, come quello dell'Aja per l'ex Jugoslavia e quello per il Ruanda, con il fortissimo sostegno degli americani) bandiscono la pena di morte.
Lo stesso vale per la Corte penale internazionale, il primo tribunale internazionale a vocazione universale, che oramai agisce come suprema istanza penale internazionale per ben 104 Stati. In terzo luogo, la pena di morte inflitta ai tre imputati costituisce un grave errore politico, perché naturalmente aggraverà la situazione in Iraq. Il paese è da tempo in preda ad una sanguinosa guerra civile, anche se i vertici statunitensi, per ragioni politiche, si ostinano a negare che sia in atto una vera e propria insurrezione armata. Saddam Hussein diventerà un martire, oltre ad essere già considerato un eroe dell'antiamericanismo. L'odio per il gruppo dirigente iracheno e per gli americani aumenterà a dismisura e i massacri si moltiplicheranno.
L'appello che subito interporranno i condannati non potrà che rinviare l'esecuzione capitale, anche in attesa che vengano celebrati contro l'ex dittatore altri processi, per fatti, tra cui il genocidio dei Curdi negli anni '80, che appaiono obiettivamente molto più gravi del massacro di Dujail. In breve, in Iraq anche sul versante della giustizia è stata imboccata una strada radicalmente sbagliata, e appare assai probabile che si arriverà alla peggiore soluzione possibile.
(6 novembre 2006)
=== 2 ===
Justice is impossible under occupation
Published Nov 6, 2006 11:05 AM
Workers World statement on the verdict against Saddam Hussein
The U.S.-machinated “trial” and the Nov. 5 guilty verdict and death sentence against Iraqi President Saddam Hussein and two of his colleagues are nothing more nor less than a continued attack on the people of Iraq and all the peoples of the region threatened by U.S. imperialism. No good for the people can come from a U.S.-dictated punishment of the Iraqi president. The “trial” is a frontal attack by the conquering power on Iraqi sovereignty at a time when the 2003 U.S. conquest of Iraq is collapsing under the determined assault of Iraqi resistance fighters.
The whole conduct of the Baghdad kangaroo court was intended to justify the completely illegal and aggressive U.S.-British assault on Iraq in 2003 and their subsequent seizure of the Iraqi people’s resources, especially Iraq's oil and natural gas reserves. No one should be deceived that it has anything to do with the charges in the indictment against the Ba’athist leaders. With Washington responsible for the deaths of over 2 million Iraqis during 16 years of wars and sanctions, it should be apparent to all that the verdict has nothing to do with U.S. concern for the Iraqi people.
Even if the trial had been conducted in an impeccably fair manner in all its details, the court and the charges could not stand up as legitimate. But its conduct was far from fair. There is no legal basis for such a trial under the Geneva Conventions. The acts the prisoners were charged with did not take place as acts of war.
Three defense lawyers were among nine people associated with the trial who were assassinated. Another defense lawyer was wounded. A judge was replaced when others decided he was too soft on Saddam Hussein and gave him too much opportunity to speak in court.
Even Malcolm Smart, director of Amnesty International’s Middle East and North Africa Program and no friend of Hussein, said of the verdict, “We don't consider it was a fair process. The court was not impartial. There were not adequate steps taken to protect the security of defense lawyers and witnesses...."
Given the obvious bias of the court, the verdict was no surprise. Nor was its timing, as the administration of President George W. Bush is presenting this news as a victory for the occupation forces and for his Iraq policy.
The timing of the verdict shows the utter subservience of the court to the most minute demands of imperialism. The timing alone should disqualify the verdict, inasmuch as it is prima facie evidence that the proceeding was closely coordinated with Bush, showing the dominant political role of Washington. It demonstrates the impossibility of there being any judicial validity behind the sentence. If Bush dictated the timing, it must be presumed that he also had a hand in the verdict.
Bush has already welcomed the verdict as a “milestone in the Iraqi people’s efforts.” He says this when the disastrous Iraq war and occupation has become a millstone around the neck of the Republican Party in its attempt to maintain control of the Congress in the midterm elections.
It should also be clear that this verdict has nothing to do with evaluating Saddam Hussein’s historic role. An extensive Workers World Party statement at the time of Hussein’s capture in December 2003 evaluated his often contradictory historic role and especially the negative impact of his government’s decision to “wage a reactionary bourgeois war of conquest against Iran.” (workers.org/ww/2004/hussein1225.php) The U.S. took advantage of that war in the 1980s to the detriment of both Iran and Iraq. At this time, too, none of the forces struggling against imperialism for sovereignty and self-determination in the Gulf region can gain from the U.S.-imposed verdict against Saddam Hussein.
While the verdict’s impact on the Iraq occupation and on the U.S. elections is still a question, there is no doubt that anyone who opposes the U.S. war on the people of the Middle East should also stand up and protest Washington’s criminal attempt to impose an illegal verdict against an individual who represented the sovereign state that U.S. imperialism is attempting to conquer.
The verdict will bring no justice to Iraq. As Workers World said in its Dec. 25, 2003, statement, “Justice for the Iraqi people will begin on the day that the war criminals in Washington are put on trial.”
Workers World, Nov. 5, 2006
=== 3 ===
SOURCE :
Justice ?
1. The Court was illegal.
2. The trial had no legal basis. (see below)
3. The attorneys were assassinated.
4. The judge was removed by Bush's puppets.
Justice ? What did they want to hide ?
MICHEL COLLON
MALCOLM SMART, DIRECTOR OF AMNESTY INTERATIONAL'S MIDDLE EAST AND NORTH AFRICA PROGRAMME :
"Obviously we deplore the verdict of the death penalty against Saddam and one of his co-accused. We don't consider it was a fair process. The court was not impartial. There were not adequate steps taken to protect the security of defence lawyers and witnesses..."
Proceedings and Verdict
in the show trial of Mr. Hussain are illegal
Dirk Adriaensens (member of the BRussells Tribunal Executive Committee).
Abdul Ilah Al Bayaty (member of the BRussells Tribunal Advisory Committee).
(05 November 2006)
The BRussells Tribunal has already alerted World public opinion on June 29 that the proceedings against Mr. Hussain should be halted. We raised fundamental legal questions about the detention and trial of Mr. Hussain in light of existing rules of the laws and customs of war (humanitarian law), and the laws established under the international system of human rights. These bodies of law are binding on all judicial actions.
We confirm that neither the Special Tribunal nor its verdict issued today are legal or could serve the cause of peace and justice. We ask all people who believe in peace and justice to condemn the US illegal occupation and illegal actions, including Mr Hussain's trial.
We notice that most Human Right Organisations have also condemned the proceedings of the trial and today's verdict. Amnesty International's Malcolm Smart declared: "Obviously we deplore the verdict of the death penalty against Saddam and one of his co-accused. We don't consider it was a fair process. The court was not impartial. There were not adequate steps taken to protect the security of defence lawyers and witnesses... "
We also notice the double standards of the brutal occupation forces and its puppet government. With rivers of blood flowing on the streets of Baghdad, the whole Saddam trial looks meaningless! It does not mark the prevailing of justice nor the rule of law!
There are Iraqi political figures in power, who are linked to the sectarian killing and the death squads, when will they be held accountable?
We hope that the US and it's puppet government come to their senses and stop all proceedings against Mr. Hussain, cancel the verdict, stop the illegal occupation of Iraq, get the foreign troops out, and leave Iraq to the Iraqis.
Dirk Adriaensens (member of the BRussells Tribunal Executive Committee).
Abdul Ilah Al Bayaty (member of the BRussells Tribunal Advisory Committee).
Declaration on the legal necessity to halt the proceedings against POW President Saddam Hussain.
1. On June 21, 2006, attorney Khamis al-Obaidi was killed in Baghdad. He is the third defense counsel for Mr. Saddam Hussain to be killed, joining Mr. Sadoun al-Janabi, killed in October 2005 and Adel al-Zubaidi, killed in November 2005. Attorney Thamir al-Khuzaie was wounded in the November incident.
2. Attorney al-Obaidi was the ninth person connected with the trial of Mr. Hussain to be killed, prompting another attorney in the case, Najeeb al-Naimi (former Qatari minister of justice), to state: "there is no security. All of us have received threats."
3. The murder of yet another defense counsel has prompted many concerned with the overall situation in Iraq to question whether all proceedings should be halted due to the undue risk of the participants' lives and safety. While agreeing that proceeding should be halted on safety grounds, we also have more fundamental legal questions about the detention and trial of Mr. Hussain in light of existing rules of the laws and customs of war (humanitarian law), and the laws established under the international system of human rights. These bodies of law are binding on all judicial actions.
4. In order to sort out all the possible irregularities if not violations of fair trial rules from both humanitarian and human rights law, we must first state that Mr. Hussain is a prisoner of war. This is because he was the commander-in-chief of the armed forces of Iraq in the war by the United States against Iraq. As a POW, he is entitled to all provisions of Geneva Convention III of 1949, Protocol Additional I to the Geneva Conventions, and all binding customary humanitarian law relating to confinement of POWs. Of particular note in this regard is Article 22 of Geneva Convention III, which provides that POWs may not be held in penitentiaries unless in the interest of the POWs themselves. It appears that Article 22 is being violated in the confinement of Mr. Hussain, and we also question whether there is full application of the rights set out in Articles 25 - 27 regarding other conditions. In this light we urge that the authorities allow full access of the International Committee of the Red Cross or other competent organization to assess the conditions of confinement. It appears that the US has clear physical control over Mr. Hussain.
5. Of key importance in this situation is to determine who may try Mr. Hussain and for what acts. While the invasion of Iraq by the United States forces was illegal, the Geneva Conventions nonetheless apply, and under provisions of the Geneva Convention, the United States, as the Occupying Power, may charge and try Mr. Hussain for acts in contravention of humanitarian law. Whether on Occupying Power could try a POW for human rights violations occurring outside the context of the armed conflict raises serious questions. (That question was only partially raised in the Astiz case: Mr. Astiz was captured in the Malvinas War, but was alleged to have participated in human rights violations in Argentina. Several States wanted to try him for those violations, but he was instead returned to Argentina by the Protecting Power). The United States, for political reasons, did not want to try Mr. Hussain itself because Mr. Hussain had not committed any actionable offences against the United States, either during the US-Iraqi war or at any other time. Further, the United States would not have been able to validly sentence Mr. Hussain unless as a result of a proceeding in the same courts as it uses for its own armed forces (Article 102), provided that a number of other conditions are met. The United States could turn Mr. Hussain to a neutral State (or in Geneva Convention language Protecting Power), but also for political reasons did not choose to do so. In fact, the United States has not authorized any State[s] as Protecting Power[s]. However, as the Astiz case suggests, a Protecting Power itself can neither try a person under its protection in its own courts for criminal acts committed in another State, nor turn a Protected Person over to a third party State. The United States could also try Mr. Hussain in its own civil courts "if its laws permit civil courts jurisdiction over its own armed forces (Article 84). Instead, the United Stated turned Mr. Hussain over to a specially constituted "court" of occupied Iraq, supposedly under the command of a judicial system controlled by the "Iraqi" government. The "Iraqi" government, however, is not an independent State, but one controlled by the Occupying Power. In the situation in Iraq, there is essentially no functioning, independent judiciary, and there had not been any provision in the old judicial system for trying POWs in civilian courts. The Occupying Power destroyed any possibility of Iraqi military tribunals as the venue for trying Mr. Hussain. The Iraqi court is inherently biased and fails to meet minimun standards of impartiality. The situation, then, is one of total judicial abnormality with a lack of legal authority. Accordingly, the trial of Mr. Hussain should be halted until such time as there is a court with proper legal authority and with jurisdiction over the alleged acts at issue.
6. While the court itself is a legal aberration and must be halted on that ground alone, it is still important to point out that in the process as a whole, there have been numerous violations of other minimum requirements for either military or civil courts, as set out in Article 9 and 14 of the International Covenant on Civil and Political Rights. So even if there may be some grounds for "legalizing" an illegal tribunal, the proceedings in themselves would require nullification of either imposition of or carrying out any sentence.
7. It is important to note that the crimes that Mr. Hussain is currently charged with did not take place in the context of the current war: in fact they did not take place in the context of any war and thus are not actionable as breaches of the Geneva Conventions or other instruments or principles of humanitarian law. The alleged crimes are criminal law violations, not war crimes. Conditions in Iraq preclude meaningful, impartial investigation into the events, and even if a proper-constituted court were to be established, fair trial rules relating to evidence may be impossible to meet.
8. The trial of Mr. Hussain is taking place in a context of the daily commission of grave breaches of the Geneva Conventions by the Occupying Power. Under such conditions alone, the trial should be halted as impossible under the circumstances.
9. The 1945 Nuremberg Charter states clearly: "To initiate a war of aggression ..is not only an international crime, it is the supreme international crime, differing only from other war crimes in that it contains within itself the accumulated evil of the whole." The UN Charter and its Definition of Aggression (GA Res. 3314) reinforce this rule. Since the invasion under the Nuremberg and UN Charters was utterly illegal, all that followed from it is illegal, from Mr. Bremer's laws to the new constitution to the trial of Mr. Hussain.
10. For the reasons set out above, the current judicial proceedings against Mr. Hussain should be halted. The provisions of Geneva Convention III relating to Protecting Powers and POWs should be implemented regarding Mr. Hussain and all similarly situated persons of the government in place at the time of the invasion of Iraq who are detained in Iraq. All persons involved with the proceedings must be fully protected.
To all those who respect international legality: Please raise your voice against the constant breaking of international rules governing Mr. Saddam Hussain's trial.
The BRussells Tribunal, in defence of international law, and in solidarity with the defense counsel and staff and with the families of those killed.
29 June 2006.
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posted by Sherif El Sebaie at 12:40 PM
martedì, ottobre 31, 2006
Saluti da Saddam
Anche se con un po' di ritardo, ci tenevo a far giungere ai lettori di questo blog il messaggio inviato dall'ex-Presidente Saddam Hussein. No, non sto scherzando.
Alcuni giorni fa, in effetti, ho avuto l'onore di essere uno dei relatori invitati a parlare de "Il Processo a Saddam Hussein", argomento a cui è stato dedicato uno degli appuntamenti più in vista dell'edizione 2006 di Festival Storia. Il Festival, ideato e diretto dal professor Angelo d’Orsi, docente di Storia del Pensiero Politico Contemporaneo presso l'Università degli Studi di Torino, nasce con l’obiettivo di realizzare una rassegna internazionale di public history: quattro giorni di iniziative diversificate, rivolte a un ampio pubblico, nelle quali trasmissione della conoscenza e capacità di intrattenimento siano sempre contraddistinte da un rigoroso scrupolo scientifico. In effetti la manifestazione si avvale di un Comitato Scientifico internazionale di tutto rispetto, attualmente composto dagli storici Aldo Agosti (Università di Torino), Luciano Canfora (Università di Bari), Paola Carucci (Università “La Sapienza” di Roma), Victoria de Grazia (Columbia University, New York), Giuseppe Galasso (Università “Federico II” di Napoli), Gilles Pécout (École Normale Supérieure di Parigi), José Enrique Ruiz-Doménec (Universidad Autónoma de Barcelona), Giuseppe Sergi (Università di Torino), Françoise Waquet (Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi).
Il tema della II Edizione era "Il processo nei secoli", al quale si è voluto premettere, a mo’ di titolo, “Imputato, alzatevi!”, una frase canonica tante volte letta o udita nei gialli degli scorsi decenni. Il Festival ha quindi proposto una ricca selezione di processi, dall'antichità ai nostri giorni: processi che hanno avuto un peso dal punto di vista dei cambiamenti di costume, processi emblematici – a carattere politico, religioso, di opinion – che hanno svolto un ruolo importante, su diversi piani (istituzionale, giudiziario, sociale…) nelle diverse epoche in cui si sono celebrati, segnando cesure, ponendo problemi alla coscienza dei contemporanei. Il primo era quello a Gesù Cristo, di cui si è parlato con Giovanni Filoramo, Padre Samir Khalil Samir, Ermis Segatti, Giorgio Bouchard, Rav Alberto Moshe Somekh, Ida Zatelli, Habib Tengour, Gustavo Zagrebelsky e Carlo Augusto Viano. Poi, fra gli altri, si è parlato anche del processo a Luigi XIV, di quello mancato a Napoleone Bonaparte, Norimberga, Eichmann, i processi dell'inquisizione, alla mafia, quelli finanziari ecc ecc. Tra i numerosissimi ospiti invitati a parlarne anche Marco Travaglio, Peter Gomez e Mario Almerighi. Insomma, c'era veramente l'imbarazzo della scelta. Uno degli appuntamenti conclusivi, infine, era quello dedicato appunto a Saddam Hussein. Se n'è parlato con Claudio Moffa, docente di Diritto e Storia dell'Africa e dell'Asia e direttore del Master Enrico Mattei in Medio Oriente (Università di Teramo), Augusto Sinagra, docente di Diritto delle Comunità europee e internazionale (Università di Roma "La Sapienza"), il sottoscritto e Ziad Najdawi, membro del consiglio difensivo di Saddam Hussein, che ha portato un messaggio da parte del presidente deposto. In particolare, Saddam Hussein, "ogni volta che sente di un soldato italiano ferito o caduto vittima di un attacco in Iraq, si sente profondamente addolorato" e "ringrazia il popolo italiano per aver esercitato pressione sul proprio governo per indurlo a ritirare le sue forze dal territorio dell'Iraq, che ha sempre intrattenuto con l'Italia proficui e costruttivi rapporti di amicizia".
Quello che è emerso, unanimamente, dal dibattito moderato da Mimmo Càndito, inviato de “La Stampa”, docente di Giornalismo presso l'Università di Genova nonché presidente italiano di “Reporter senza frontiere” di fronte ad un teatro incredibilmente gremito fino a Mezzanotte passata, è che il processo a Saddam è sostanzialmente una montatura statunitense destinata a distogliere l'attenzione dall'illegalità della guerra, dalle menzogne raccontate per giustificarla e dall'attuale disastro militare da cui l'amministrazione statunitense non sa come uscire. La Risoluzione 1511 del Consiglio di Sicurezza nelle Nazioni unite del 16 Ottobre 2003, che ha legalizzato la presenza delle forza d’occupazione in Iraq non ha cancellato a posteriori - e non avrebbe comunque potuto farlo - la lesione del diritto internazionale di cui si sono resi responsabili gli Stati Uniti e i loro alleati. Il tribunale istituito per processare Saddam è quindi illegale per tutta una serie di motivi: 1) è stato istituito dalle forze occupanti 2) non offre le minime garanzie di imparzialità verso l’accusato e di autonomia nei confronti dell'occupante 3) sono assenti le norme di diritto positivo iracheno sulla base delle quali giudicare i crimini del presidente deposto 4) il Tribunale applica pene non previste dall'ordinamento penale nel momento in cui i comportamenti (successivamente considerati illeciti) sono stati tenuti 5) la concessione ai giudici di una discrezionalità così ampia da attribuire loro un vero e proprio potere normativo... e tutta una serie di altri accorgimenti legali che dimostrano che quello è un tribunale che processa un imputato la cui condanna è stata già scritta, a prescindere, sulla base di una volontà politica che non è nemmeno quella degli iracheni. Questa è l'opinione che deve trarre chiunque si trovi ad affrontare l'argomento in buona fede, ovviamente. Non è quindi casuale che Angelo D'Orsi, direttore del Festival, abbia voluto sottolineare su L'Espresso che "D'altra parte, al Festival della Storia è invitato chi è ritenuto un interlocutore competente". Forse proprio per questo motivo non ho visto Magdi Allam in giro. Ma che i suoi fan non si preoccupino: ho provveduto a segnalare al pubblico, con dovizia di particolari, l'interessantissimo..ehm.. "