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Neofascisti, una storia taciuta

Nel Dopoguerra Capi della decima Mas reclutati per addestrare reparti
israeliani

La nascita del Msi fu favorita dai servizi segreti americani

Esce oggi dal Mulino un documentato libro sul neofascismo in Italia a
cura dello storico Giuseppe Parlato. Un volume ricco sul piano della
ricerca (materiali anche inediti, tratti dagli archivi americani e
dagli archivi privati dei protagonisti, oltre che carte riservate del
ministero degli Interni), ma che non mancherà di suscitare
discussione sia per alcune interpretazioni, sia per l´intonazione
complessiva, che pare ispirata da un sostanziale superamento della
bussola antifascista. Fascisti senza Mussolini - questo il titolo,
con il sottotitolo: Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948 -
esce a ridosso del sessantesimo anniversario del Movimento Sociale
Italiano, fondato a Roma il 26 dicembre del 1946. Parlato ne rovescia
la tradizionale lettura d´un partito meramente nostalgico,
lumeggiando i rapporti con gli Usa in funzione anticomunista. Un
´estesa trama di contatti - quelli tra neofascisti e amministrazione
americana - che risale a prima della fine della guerra, grazie al
lavoro di tessitura di alcuni fascisti clandestini al Sud, oltre che
di Borghese e Romualdi, con ambienti dei servizi segreti
statunitensi. Non mancano pagine sorprendenti, specie sul
reclutamento nell´immediato dopoguerra degli uomini della Decima Mas
(tra le più zelanti nel difendere il Führer dell´Olocausto) come
addestratori dei reparti d´assalto israeliani. L´autore di Fascisti
senza Mussolini è un allievo di Renzo De Felice, insegna Storia
contemporanea alla Libera Università San Pio V di Roma, presso la
quale ricopre la carica di Rettore. È anche vicepresidente della
Fondazione Ugo Spirito.
Professor Parlato, lei riconduce le origini del Movimento Sociale al
fascismo clandestino operante tra il 1943 e il 1945 nel Sud dell
´Italia liberata.
«Sì, da lì discendono una serie di legami che consentono di leggere
la nascita del Msi in modo totalmente diverso: non un movimento di
reduci, ma una forza atlantica e nazionale nel quadro della Guerra
fredda. Tra i personaggi-chiave della tessitura segreta negli anni
della guerra spicca il principe Valerio Pignatelli della Cerchiara,
un irrequieto e romantico personaggio mandato nel Sud per organizzare
i gruppi fascisti. Le carte che ho consultato nei Nara, i National
Archives and Records Administration, mostrano i contatti del nobile
calabrese, che di fatto era il capo del fascismo clandestino, e
soprattutto della sua influente moglie con ambienti dell´Oss, che
facevano capo ad Angleton».
Quali episodi le paiono rivelatori?
«Nell´aprile del 1944 la principessa Pignatelli - che aveva
collaborato con il marito nella creazione di una vasta rete
clandestina tra Calabria, Campania, Puglia e Sicilia - attraversò l
´Italia scortata da agenti dell´Oss. Ora appare sconcertante che in
piena guerra la moglie di uno dei capi riconosciuti del fascismo
clandestino meridionale potesse tranquillamente varcare le linee,
attesa dai tedeschi e poi da Mussolini, e più tardi tornarsene a
Napoli con l´appoggio logistico e morale dell´Oss».
C´è anche il particolare del figlio.
«A Roma nello stesso periodo operava Emanuele De Seta, figlio della
principessa e collaboratore di Peter Tompkins, agente segreto
americano in Italia. In seguito Valerio Pignatelli si sarebbe
guardato bene dal parlare del coinvolgimento dei servizi. E in campo
neofascista questa ipotesi della collaborazione con il nemico storico
è sempre stata rigettata con veemenza».
Anche Valerio Junio Borghese, capo della Decima Mas, andava tessendo
rapporti con i servizi statunitensi.
«Sì, in quel caso il tramite fu l´ammiraglio Agostino Calosi,
responsabile dell´Ufficio Informazioni della Regia Marina del Sud. L
´attenzione degli americani per la Decima Mas fu notevole. Basti
pensare che il 26 aprile del 1945 Borghese riuscì a rifugiarsi a casa
di amici, per poi essere messo in salvo dallo stesso Angleton, che
andò a prenderselo a Milano. I documenti americani non dicono quando
esattamente cominciarono i primi contatti sotterranei, probabilmente
alla fine del 1944. È evidente che anticiparono d´un paio d´anni la
guerra fredda».
Meno conosciuto, in questa trama segreta, è il ruolo di Pino Romualdi.
«Sin dall´autunno del 1944 Romualdi, che era vicesegretario del
Partito Fascista Repubblicano, entrò in contatto con l´Oss attraverso
il suo segretario, l´ingegner Nadotti. Fu grazie a queste relazioni
che il 27 aprile del 1945 riuscì a scampare alla fucilazione. Ma non
furono contatti finalizzati alla salvezza personale. Sia Romualdi,
sia Borghese e i fascisti clandestini di Pignatelli si ponevano il
problema del "dopo", creando le basi del futuro Movimento Sociale».
Ma gli americani se ne fidavano?
«Quando nel 1946 Nino Buttazzoni, altro capo riconosciuto della
Decima Mas, tenta di sottolineare presso gli Alleati la potenzialità
anticomunista dei neofascisti, l´agente informatore che redige il
rapporto si mostra disponibile al progetto. Però attenzione alle
semplificazioni. I servizi americani non erano omogenei. In molte
note informative la destra neofascista è vista con timore e
perplessità. Se ci furono aperture e spiragli, fu per la paura del
pericolo comunista: questo era molto avvertito negli ambienti vicini
ad Angleton».
Lei scrive che il reclutamento dei neofascisti iniziò prestissimo, all
´indomani della Liberazione: sia da parte della Dc che del Pci.
«Il proselitismo cominciò nei campi di concentramento, circa
centodieci, dove furono rinchiusi i fascisti. A Terni, al principio
del 1946, durante la visita del vescovo agli internati, si fece
capire ai fascisti che, se avessero voluto uscire presto, l
´iscrizione alla Dc non sarebbe stata inopportuna».
Anche la Chiesa, lei documenta, ebbe un ruolo nell´ordito di rapporti
che darà poi origine al Msi.
«Molti fascisti latitanti, tra cui reduci di Salò, trovarono riparo
presso il Seminario maggiore al Laterano, lo stesso che durante l
´occupazione tedesca aveva ospitato De Gasperi, Nenni e Saragat.
Figure come quelle di Giorgio Pini e Giorgio Almirante ebbero lavoro
presso istituzioni ecclesiastiche. Roma si presentava come "una
mammona sensibile e accogliente", così la raccontano i testimoni».
Lei insiste anche sulla campagna di reclutamento ad opera del Pci.
«Ha raccontato Sandro Curzi che nel campo di reclusione di Coltano ci
andava anche lui, insieme ad altri suoi compagni: la direttiva del
partito era conquistare gli internati alla causa comunista. Già
durante la guerra, alla fine del 1941, dai microfoni di radio Milano
Libertà Togliatti s´era rivolto a chi aveva creduto nel fascismo.
Dopo la fine della guerra fu Pajetta ad aprire per primo la strada al
recupero, con una serie di interventi sull´Unità».
Quest´apertura è nota, come l´appello di Togliatti ai fratelli in
camicia nera. Lei però va oltre, sostenendo che l´idea di Togliatti
era quella di travasare nel Pci l´intera classe dirigente fascista.
«Naturalmente è una mia interpretazione, e come tale può essere
discussa. D´altra parte analogo processo era avvenuto sul piano
sindacale: la Cgil ereditò dirigenti e struttura organizzativa del
sindacato fascista. Ma il progetto di Togliatti era ancora più
ambizioso: annettere al partito la spina dorsale dell´amministrazione
che aveva operato sotto il fascismo. L´amnistia e l´affossamento dell
´epurazione vanno visti in questa chiave».
Sempre secondo la sua ricostruzione, la Dc comprese l´operazione.
«Intanto Togliatti non si aspettava che i rapporti tra fascisti e
servizi segreti americani fossero così intensi. E poi i democristiani
smontarono il piano di Togliatti, opponendovi subito una contromossa:
intanto la reimmissione nello Stato dei funzionari e degli impiegati
già epurati, successivamente la "non opposizione" alla costituzione
di un unico movimento neofascista, legale, strutturato, e in grado di
partecipare alle elezioni. In questo modo De Gasperi riuscì a
sventare la campagna comunista di conquista dei fascisti».
Fu grazie al referendum del 1946 che Romualdi acquistò un ruolo
politico.
«Si trattò in realtà di una beffa, che però gli riuscì. Promise sia
ai monarchici che ai repubblicani la neutralità dei neofascisti in
cambio della promessa dell´amnistia. Va detto che intanto lavorava
sotterraneamente per far arrivare al governo la minaccia d´una
possibile azione eversiva. Infatti i verbali del consiglio dei
ministri, prima e dopo il referendum, ci mostrano tutta la
preoccupazione per un possibile golpe da parte della Corona con l
´aiuto della manovalanza fascista».
Un dettaglio non secondario è che Romualdi era latitante, condannato
a morte in contumacia da una straordinaria Corte d´Assise.
«Ma non mancarono incontri segreti con esponenti dei vari partiti,
dal Psi alla Dc, che schierò alcuni dirigenti molto vicini a De
Gasperi. Colloqui che si intensificheranno in vista dell´amnistia.
Con il falso nome di Dottor Rossi, Romualdi andò a parlare con Ivanoe
Bonomi nell´appartamento privato dei nipoti, in piazza della Libertà,
a Roma. Probabilmente l´ex capo del governo non realizzò con chi
stesse parlando, ma accettò di porre fine alla legislazione
straordinaria contro i fascisti e di favorire l´amnistia».
Una pagina sorprendente è quella sui rapporti tra Decima Mas e Israele.
«Fu Ada Sereni, nel giugno del 1946, a rivolgersi all´ammiraglio
Calosi perché le indicasse elementi fidati che da un lato potessero
condurre le imbarcazioni dirette in Israele, dall´altro fossero in
grado di addestrare alla guerriglia le formazioni militari degli
ebrei palestinesi presenti in Italia: questo in vista dell
´inevitabile scontro con gli inglesi, decisi ad opporsi allo sbarco
degli ebrei in Palestina. Calosi le indicò uomini della Decima Mas,
che furono reclutati a tale scopo. Due anni più tardi sarà Fiorenzo
Capriotti ad accettare l´incarico di trasferirsi in Israele per
addestrare unità specializzate della neonata marina. Diventerà in
brevissimo tempo uno dei più apprezzati consiglieri militari».
Secondo la sua ricostruzione l´attentato all´ambasciata britannica,
nell´ottobre del 1946, fu il risultato della collaborazione tra
fascisti e destra sionista.
«Sì, Romualdi confessò che c´era anche il loro zampino».
Professore, posso muoverle un´obiezione? Lei dà una ricostruzione
molto dettagliata del neofascismo, ma un ragazzo che non sappia cos´è
stato il fascismo non coglie minimamente la drammaticità della
dittatura e della Repubblica di Salò. Molti dei personaggi dei quali
lei tratta furono responsabili di violenze o comunque conniventi con
un regime oppressivo e persecutore. L´ideologia nera lascerà poi una
traccia nella storia d´Italia, fino alla stagione delle stragi.
«Penso che il compito d´uno storico sia ricostruire le vicende nella
loro fattualità, soprattutto se di quel periodo è stato scritto
finora molto poco. Non credo che debbano intervenire giudizi di
carattere etico. Se entro in un´ottica morale, se faccio l´errore di
avvertire il lettore "guarda, sono dei criminali", finisco per
condizionarlo, anche perché "criminali" si trovano anche nelle file
avversarie. E così che l´ideologia annulla la ricerca storica».
Da un libro sull´eredità del fascismo ci si aspetta la sottolineatura
delle vaste zone d´ombra. Nella sua narrazione si sorvola sulle
vittime dei fascisti, mentre ci si sofferma a lungo sulle vittime
delle violenze partigiane. Anche il fatto che molte figure
compromesse con la dittatura e con Salò rimangano in posti chiave
dello Stato non sembra turbarla più di tanto. Altri storici, a
cominciare dalle ricerche fondamentali di Claudio Pavone, individuano
in questa continuità un grave vulnus per la crescita democratica del
paese.
«Ma il mio compito non è scandalizzarmi. Certo, lei mi fa notare che
sulla continuità tra fascismo e postfascismo è uscito un libro
importante come quello di Claudio Pavone, ma con accenti molto
diversi dai miei. Considero positivo che emerga una nuova generazione
di storici capace di sottrarsi a categorie moralistiche».
Morali, non moralistiche, professore, non disgiunte da ricostruzioni
storiografiche documentate.
«Va bene, morali. Ma io rimango persuaso che lo storico debba
compiere un passo indietro rispetto all´etica. Solo così può capire
la storia del Novecento italiano. Credo poi che il mio libro
scontenterà sostanzialmente un´altra categoria di lettori, ossia
coloro che hanno sempre coltivato un´immagine reducistica e
testimoniale del Msi. Non è un caso che i contatti con i servizi
segreti americani, con gli ambienti ecclesiastici, con i gruppi
monarchici, con settori massonici, ebbene tutta questa tessitura sia
rimasta per sessant´anni sotto una coltre di silenzio. Il mio lavoro
riempie una pagina rimasta fin troppo a lungo bianca».

da "La Repubblica" - 9 novembre 2006