Iniziative della base PRC contro il revanscismo sulle "foibe"

Oltre all'interessante OdG votato dal Circolo PRC di Tavagnacco (UD) - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5312 - ed all'incontro promosso da alcuni parlamentari - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5330 -, tra le iniziative dei settori più sensibili e coerentemente antifascisti del PRC segnaliamo anche:

(1) "Progetto Memoria" della Federazione di Roma affigge manifesti antifascisti, il sindaco Veltroni li fa staccare

(2) O.D.G. DEL CIRCOLO PRC «MUSCI» DI PARMA PER LA CONFERENZA D'ORGANIZZAZIONE (18 FEBBRAIO)

(3) "E se Mesic avesse ragione?"
di Igor Kocijancic (Gruppo consiliare Partito della Rifondazione Comunista Friuli Venezia Giulia)

(4) Comunicato di Rifondazione Comunista di Viterbo




=== 1 ===

L'OTTIMO MANIFESTO DI "PROGETTO MEMORIA" SI PUÒ SCARICARE AL SITO:



FOIBE: AN, A ROMA COPERTI MANIFESTI NEGAZIONISTI ORA VORREMMO REAZIONE DI VELTRONI
SI STA CREANDO CLIMA PREOCCUPANTE

Roma, 26 feb. - (Adnkronos) - Sono stati coperti i vergognosi manifesti a firma 'Rifondazione Comunista Roma - Progetto Memoria', che negano la tragedia delle Foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, con delle strisce con scritto 'Manifesto negazionista, Vergogna!'. 'Dopo aver scritto a Napolitano, Bertinotti e Veltroni per chiedere un intervento immediato delle Istituzioni contro i manifesti negazionisti di Rifondazione comunista di Roma, siamo passati all'azione. Lasciare quei manifesti in giro per Roma era un vero e proprio insulto alla memoria e una gravissima offesa ai familiari delle vittime del massacro delle Foibe". Lo hanno dichiarato in una nota congiunta il capodelegazione di An al Parlamento europeo, Roberta Angelilli, il senatore di An, Marcello De Angelis, e il presidente di Azione giovani Roma, Federico Iadicicco.
"Si sta creando un clima preoccupante con la sinistra di governo - hanno aggiunto gli esponenti in una nota - prima i manifesti di questo fantomatico 'progetto memoria', che evidentemente fa ancora fatica ad ammettere gli eccidi dei partigiani comunisti di Tito e il silenzio durato cinquant'anni delle Istituzioni italiane, e poi il convegno istituzionale della Provincia che apre le porte a teorie negazioniste. Dopo aver dimenticato per troppo tempo, l'Italia e' riuscita a ricostruire una memoria condivisa su quanto successo al nostro confine orientale".
"Ora bisogna fermare quest'opera di negazionismo della sinistra estrema e proprio per questo speriamo che le parti piu' moderate del centrosinistra - hanno concluso gli esponenti di An - prendano le distanze, condannandone le tesi aberranti. Infine, ci aspettiamo una parola di chiarezza da tutte le Istituzioni: e' arrivato il momento che Veltroni, Gasbarra e lo stesso Prodi sconfessino i loro alleati'.

(Rre/Col/Adnkronos) 26-FEB-07 13:49

FOIBE: IL COMUNE DI ROMA RIMUOVE I MANIFESTI DI RIFONDAZIONE 

(AGI) - Roma, 26 feb. - "In seguito alla segnalazione della presenza di manifesti di stampo negazionista delle Foibe, l'Amministrazione capitolina ha attivato gli interventi necessari per la loro defissione". Lo riferisce una nota dell'ufficio decoro urbano del comune di Roma. "Sono gia' state date disposizioni affinche' i manifesti vengano tolti. Le nostre squadre sono a lavoro per localizzare i manifesti e rimuoverli", ha detto il vice Capo di Gabinetto del Comune di Roma, Luca Odevaine. I manifesti di Rifondazione comunista erano stati denunciati da An, che vi aveva affisso strisce con su scritto "Manifesto negazionista, vergogna!".
"Dopo aver scritto a Napolitano, Bertinotti e Veltroni per chiedere un intervento immediato delle Istituzioni contro i manifesti negazionisti di Rifondazione comunista di Roma, siamo passati all'azione - scrivono il capo delegazione di An al parlaemnto europeo Roberta Angelilli, il senatore di An Marcello De Angelis, il presidente di Azione giovani Roma, Federico Jacicco. - Lasciare quei manifesti in giro per Roma era un vero e proprio insulto alla memoria e una gravissima offesa ai familiari delle vittime del massacro delle Foibe. Si sta creando un clima preoccupante con la sinistra di governo: prima i manifesti di questo fantomatico 'progetto memoria', che evidentemente fa ancora fatica ad ammettere gli eccidi dei partigiani comunisti di Tito e il silenzio durato cinquant'anni delle Istituzioni italiane, e poi il convegno istituzionale della Provincia che apre le porte a teorie negazioniste. Dopo aver dimenticato per troppo tempo, l'Italia e' riuscita a ricostruire una memoria condivisa su quanto successo al nostro confine orientale. Ora bisogna fermare quest'opera di negazionismo della sinistra estrema e proprio per questo speriamo che le parti piu' moderate del centrosinistra prendano le distanze, condannandone le tesi aberranti. Infine, ci aspettiamo una parola di chiarezza da tutte le Istituzioni: e' arrivato il momento che Veltroni, Gasbarra e lo stesso Prodi sconfessino i loro alleati". 

(AGI) Est 261854 FEB 07


=== 2 ===

O.D.G. SULLA "QUESTIONE FOIBE" E IL DISCORSO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO DEL 10 FEBBRAIO APPROVATO DAL CIRCOLO PRC «MUSCI» DI PARMA
DURANTE LA CONFERENZA D'ORGANIZZAZIONE DEL 18 FEBBRAIO

«Vi fu un moto di odio e di furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica».

Il circolo P.R.C. «Sorelle Musci» di Parma considera queste parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Napolitano il 10 febbraio in occasione della celebrazione della «Giornata del ricordo» assolutamente gravi e del tutto inaccettabili.

Esse si inscrivono nel generale quadro di mistificazione e revisione della storia del secolo scorso in atto da anni e intrapreso dalle destre; in particolare fascisti e postfascisti strumentalizzano da sempre il dramma delle foibe e dell'esodo per attaccare l'antifascismo e la Resistenza, il movimento di Liberazione e i partigiani, i comunisti.

Non vi fu disegno annessionistico slavo, semmai vi fu una Conferenza di Pace alla quale l'Italia prese parte, nella persona di De Gasperi, come Paese sconfitto alleato della Germania. Non vi fu pulizia etnica da parte jugoslava, come dimostra il fatto stesso che non più di trenta sono stati i riconoscimenti conferiti a parenti delle vittime delle foibe da parte dello stesso Napolitano nella commemorazione del 10 febbraio. Un tentativo organizzato e programmato di pulizia etnica vi fu piuttosto da parte dell'Italia fascista. A cominciare dal violento discorso razzista di Mussolini del 1920 a Pola e dalle azioni squadriste, poi con l' "italianizzazione" realizzata durante il ventennio nero, infine con i crimini commessi durante l'occupazione militare di Slovenia e Croazia in seguito all'immotivata aggressione italiana della Jugoslavia del 1941. 

I fatti tragici delle foibe del settembre-ottobre '43 e del maggio '45 sono storicamente inseriti in questo contesto, non sono assimilabili ai crimini del fascismo e non mettono in discussione il grande valore della Resistenza italiana e della Resistenza jugoslava, con la quale ultima, dopo l'8 settembre '43, si schierarono e combatterono ben 40.000 soldati italiani abbandonati dai loro comandanti e dallo stato maggiore italiano.

I fatti delle foibe, per quanto tragici, sono di dimensioni molto più contenute (circa 500 vittime, per lo più militari, forze dell'ordine, funzionari dell'Italia fascista occupante la Jugoslavia), sono stati una reazione ai crimini fascisti più di giustizia sommaria da parte di partigiani jugoslavi che non violenza programmata dall'alto del vertice titino.

Il circolo «Sorelle Musci» di Rifondazione chiede:

- ai dirigenti nazionali del P.R.C. di prendere le distanze dalle parole del Presidente Napolitano;

- al quotidiano del partito, «Liberazione», di dare più spazio e risalto alle varie iniziative in corso in Italia dirette a contrastare il disegno revisionistico della storia e a pubblicare interventi critici in relazione alle manifestazioni ufficiali della «Giornata del ricordo», istituita nel 2004 col voto contrario del PRC in Parlamento;

- al compagno Sandro Curzi, membro del Consiglio d'Amministrazione della RAI TV, di adoperarsi affinché la tv di Stato trasmetta il filmato della BBC «Fascist Legacy» che documenta i crimini di guerra commessi dall'Italia fascista in Africa e in Jugoslavia. 


=== 3 ===

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Gruppo consiliare

Partito della Rifondazione Comunista

tel. segreteria:040/3773257 – fax 040/362052 e-mail 
rifcom.fvg @ libero.it 

COMUNICATO STAMPA
Con cortese preghiera di pubblicazione

"E se Mesic avesse ragione?"

Sarà sicuramente una posizione scomoda, ma quando si dissente bisogna 
anche chiarire i motivi del dissenso. Sono tra i pochi che non ha 
particolarmente apprezzato alcuni passi del discorso pronunciato dal 
Presidente Napolitano il 10 febbraio al Quirinale, e sono, guarda 
caso, gli stessi passaggi che hanno provocato le reazioni del 
Presidente croato Mesic, e che vanno spiegate. 
Il Giorno del Ricordo è ormai realtà, e tutto si può dire di questa 
ricorrenza fissata con Legge dello Stato, tranne che non sia e non 
sia stato un evento scelto e perseguito accuratamente con un 
approccio tutto politico dal precedente governo di centro destra ed 
assecondato da gran parte dello schieramento componente l'attuale 
maggioranza dell'Unione. A voler ben vedere Mesic non nega 
l'esistenza delle foibe, ma parla, riferendosi al discorso del nostro 
Presidente di "razzismo, revisionismo e revanscismo" esprimendo una 
valutazione su un passo preciso del discorso pronunciato al 
Quirinale, laddove si dice, appunto, …"Vi fu un moto di odio e di 
furia sanguinaria e un disegno anessionistico slavo, che prevalse 
innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri 
contorni di una pulizia etnica".
Sono parole che hanno fatto trasalire anche il sottoscritto, poiché 
mi rifiuto di credere e pensare che il Presidente Napolitano e gli 
apparati del Quirinale ignorino la storia e la verità almeno in 
ordine al ruolo che toccò all'Italia alla Conferenza di Pace di 
Parigi, quello, cioè, di alleato sconfitto della Germania, insieme a 
Romania, Ungheria, Bulgaria e Finlandia. Dalla parte dei vincitori 
sedevano gli USA, l'URSS, il Regno Unito, la Francia, la Polonia, la 
Jugoslavia, la Cecoslovacchia e la Grecia. Alcuni di questi paesi non 
esistono più (l'URSS, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia), ma è 
francamente su questo dato e sul presunto ruolo egemone slavo che 
avrebbe prevalso sul Trattato di Pace che arrivano le giuste 
obiezioni di Mesic.
E' vero, l'Italia perse la Venezia Giulia, che però era appartenuta 
fino al 1918 all'Impero di Austria e Ungheria, ma se è per questo 
perse anche la Provincia di Lubiana…
Inoltre fummo costretti a cedere territori anche alla Francia (comuni 
di Tenda, Briga, Valdieri e Olivetta San Michele, il passo di 
Monginevro, la valle del monte Thabor, il colle di Moncenisio e parte 
del Piccolo San Bernardo). Vogliamo riaprire una contesa territoriale 
anche con la Francia?
Credo che Mesic abbia da ridire, e giustamente, su questa parte del 
discorso. Del resto, lo ebbe a dire lo stesso Alcide de Gasperi, 
quando poté prendere la parola alla Conferenza di Pace, il 10 agosto, 
dopo tre giorni di attesa: »Prendendo la parola in questo consesso 
mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, é 
contro di me: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa 
considerare come imputato e l'essere citato qui dopo che i più 
influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga 
e faticosa elaborazione.«
In buona sostanza, Mesic ci ricorda che il Trattato di Pace vale 
ancora. E' comprensibile, anche se non condivisibile, che per le 
associazioni degli esuli fosse importantissimo rivendicare proprio la 
data del 10 febbraio per l'istituzione della Giornata del Ricordo, ma 
era prevedibile che con tali modalità di costruzione dell'evento non 
ci sarebbe stata alcuna possibilità di determinare alcuna verità, 
tantomeno quella storica. Infatti, questa ricorrenza continua ad 
essere motivo di divisione e di aspra polemica. La novità di 
quest'anno é che ha assunto anche valenza internazionale, guardacaso 
proprio da parte di chi fu uno dei recenti promotori del percorso di 
riconciliazione tra Italia, Croazia e Slovenia...

Trieste, 13 febbraio 2007
Igor Kocijancic


=== 4 === 

Comunicato di Rifondazione Comunista


Siamo sconcertati dal tenore delle celebrazioni dell’appena trascorso
Giorno del Ricordo, sconcertati dalla follia che ha preso Viterbo e
l’Italia intera coinvolgendo anche le alte cariche della sinistra che
non hanno lesinato ad unirsi al coro strumentale “anti-antifascista”
(come si usa dire oggi) della destra. 

Sconcertati dalle reazioni suscitate dalle fondatissime accuse del
presidente croato Stjepan Mesic (e anche di larghi strati dell’opinione
pubblica croata e slovena, nonché degli italiani della Dieta Democratica
Istriana), il quale ha semplicemente ricordato al suo omologo italiano
di aver omesso che le foibe titine furono la reazione alla politica di
sterminio attuata nei Balcani dal nazifascismo.

Il PRC di Viterbo e i suoi consiglieri comunali, l’ANPI provinciale e il
CAT, hanno trattato diverse volte l’argomento, cercando di
contestualizzarlo: rischiamo di ripeterci all’infinito, ma siccome qui
sembra che la propaganda neofascista e antislava abbia più peso di
comprovate verità storiche, ci vediamo costretti a ribadire.

Innanzitutto va sottolineato che il Giorno del Ricordo, istituito con la
legge n° 92 del 30 marzo 2004, proprio mentre sono al governo gli ex MSI
(partito erede dell’esperienza fascista) è la risposta alla Giornata
della Memoria del 27 gennaio, nata per ricordare i sei milioni di ebrei
sterminati dal nazismo in alleanza con l’Italia fascista. È quindi
frutto dell’ormai purtroppo consolidato mercimonio della memoria
storica, espletato non da storici e ricercatori ma da politici avvezzi
perlopiù a criteri di lottizzazione, ai quali rispondono anche laddove
si tratta di questioni delicate e complesse come quella del confine
orientale italiano, sulla quale - a quanto pare - sanno poco o nulla.

Per contestualizzare, occorre innanzitutto far presente che il fascismo
non divenne razzista e xenofobo a causa delle cattive compagnie ma lo fu
sin dalla sua fondazione. 

Difatti, se nel resto del paese lo squadrismo nero aveva come obiettivo
le sedi operaie e le sezioni dei partiti proletari, a ridosso dei
confini orientali si rivolgeva anche contro le istituzioni culturali
slave, con le stesse modalità che conosciamo per le Camere del Lavoro:
devastazione degli interni e rogo delle suppellettili e del materiale
cartaceo in strada, ai quali si accompagnava il pestaggio di quei
cittadini che non volevano o non sapevano parlare italiano. 

Pulizia etnica e annichilimento delle minoranze slave, ma anche
germanofone (le uniche due relativamente consistenti nel paese), furono
fra i principali obiettivi del progetto mussoliniano. 

Per verificare ciò basta dare un’occhiata ai fascicoli degli
antifascisti nel Casellario Politico Centrale (pubblicati dall’ANPPIA),
per notare il numero impressionante di cognomi, soprattutto slavi, di
condannati od inquisiti dal Tribunale Speciale per aver parlato la
lingua madre o per aver inneggiato all’indipendenza della propria terra.

Durante tutto il ventennio, il regime prese provvedimenti rigorosissimi
in questo senso con: obbligatorietà dell’italiano, italianizzazione dei
cognomi e deportazione di massa. Non lo si vuole ricordare, ma il nostro
paese è stato disseminato da campi di concentramento destinati alle
popolazioni slave e, in genere, a quelle colonizzate.

Questa politica trova il suo apice nell’invasione dei Balcani, frutto
dell’opportunismo fascista: si voleva entrare in guerra al fianco della
Germania di Hitler, tenendo contemporaneamente una porta aperta alle
potenze dell’Intesa, in vista d’una possibile funzione mediatrice; e per
questo veniva ingaggiata una guerra parallela su fronti alternativi a
quelli tedeschi. 

Quando, 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra viene inoltrata agli
ambasciatori, non vi sono risorse e armamenti sufficienti per sostenere
un conflitto, e si pensa quindi alle “deboli” nazioni vicine come il
regno di Jugoslavia che, proprio come era successo per l’Albania,
avrebbero capitolato senza batter ciglio. Le cose andranno diversamente:
il Regio Esercito dimostrerà ben presto le sue crepe, chiamando i
tedeschi sul fronte balcanico.

Hitler considerava gli slavi come facenti parte di una razza inferiore,
appena un gradino sopra gli ebrei, affetta dal germe del comunismo: una
popolazione da schiavizzare a vantaggio della grandezza germanica. 

Dello stesso parere l’ispiratore del fuhrer, Mussolini, che consigliava
ai soldati italiani in Jugoslavia di dimenticarsi di essere padri di
famiglia. Da queste concezioni nasce l’appellativo di “slavo-comunista”,
e per la sottomissione degli “slavo-comunisti” era lecito qualsiasi
espediente, anche il più riprovevole. 

Difatti l’occupazione della Jugoslavia da parte dei “tedesco-nazisti”
(per usare un linguaggio consono) e degli “italo-fascisti”, con
l’ausilio degli “slavo-collaborazionisti”, è stata contrassegnata dal
terrore, dalle deportazioni di massa, dai campi di concentramento ove
venivano internati ed eliminati ebrei, zingari, serbi e antifascisti,
nonché dalla devastazione di villaggi, con conseguenti incendi,
saccheggi e inaudite violenze contro i civili. Si distinguono in
particolare i reparti delle camicie nere dell’esercito italiano, in un
paese aggredito che non aveva mosso guerra o minacce contro alcuno.

Con diverse sfumature, combattono al fianco degli occupanti gli ustascia
croati, più fedeli al Vaticano che all’Italia, impegnati nella
cattolicizzazione dei Balcani, per la quale effettuano le macabre
conversioni di massa: cristiano-ortodossi prigionieri vengono fatti
inginocchiare e obbligati al battesimo, pena la morte. 

Queste operazioni trovano la benedizione di Stepinac, arcivescovo di
Zagabria, proclamato beato come martire della cristianità (!) da
Giovanni Paolo II nel giubileo 2000, perché finita la guerra verrà
condannato dai tribunali jugoslavi a 19 anni di lavori forzati. Oltre
agli ustascia ci sono anche le SS locali che rispondono direttamente ad
Hitler, come quelle bosniache (note come SS musulmane) e altre forze
minori. 

I Cetnik, i monarco-nazionalisti serbi, giocano invece un ruolo ambiguo:
sostengono il regno di Jugoslavia che vogliono “serbizzare” ma nello
stesso tempo, poiché visceralmente anticomunisti, contro il comunismo
finiranno per schierarsi. 

Tutte queste milizie collaborazioniste intendevano utilizzare
l’occupazione al fine di sottomettere le etnie vicine o fare pulizia al
loro interno. 

Dall’altra parte della barricata la Resistenza dell’EPLJ (Esercito
Popolare di Liberazione Jugoslavo), capeggiato dal maresciallo Tito. È
un esercito aconfessionale e multietnico che ha lo scopo di riunire
tutte le popolazioni slave del sud (letteralmente: jugoslave) contro
l’invasore fascista. 

È una resistenza massiccia e determinata che avanza inesorabilmente da
sud verso nord. Per quanto riguarda gli italiani fatti prigionieri, la
prassi in genere è questa: coi soldati semplici viene fatta opera di
persuasione con la richiesta di entrare nella Resistenza, mentre non c’è
scampo per le camicie nere, malmenate e anche uccise.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43 molti soldati del Regio Esercito
si uniscono alla Resistenza jugoslava; in molti entrano proprio
nell’EPLJ, accolti a braccia aperte come fratelli.

Questo conflitto è caratterizzato per l’utilizzo delle foibe (o foive),
cavità carsiche naturali che le popolazioni del posto hanno utilizzato
da sempre come discariche e che nella seconda guerra mondiale vengono
adoperate per buttarvi materiale bellico, carcasse di animali, cadaveri
dei bombardamenti alleati e tedeschi uccisi (onde evitare diffusioni di
epidemie e rappresaglie) ecc. Ma il loro utilizzo a fini di genocidio
viene inaugurato dal fronte nazifascista per eliminare gli
“slavo-comunisti”.

Quando la guerra finisce, e l’Italia - è bene ricordarlo - è un paese
aggressore sconfitto, sono tanti gli odii accumulati: come si può oggi
pretendere che quella tragedia passasse invano? 

Così le popolazioni inferocite da ciò che avevano subito o visto, non
esitano a ricorrere anche alla giustizia sommaria, rivolgendosi
prevalentemente contro fascisti, nazisti, collaborazionisti slavi (e
questo smentisce l’ipotesi della pulizia etnica) ed ex “tutori
dell’ordine” come carabinieri e secondini, ma anche persone innocenti,
che finiscono gettati nelle cavità carsiche. 

Vengono per questi, come in ogni guerra (le guerre, in linea di massima,
bisognerebbe non farle!), istituiti anche campi di concentramento, ove
si vive in condizioni terribili, le stesse che si vivono all’esterno, in
un territorio dove gli occupanti avevano distrutto tutte le
infrastrutture. 

Finiscono per essere uccisi anche dei “partigiani” perché in alcuni casi
settori monarchici e conservatori della Resistenza italiana che
operavano al confine orientale, finirono per unirsi in funzione
antislava alla X MAS e alle SS tedesche. È stato questo un aspetto che
ha fortemente segnato, ad es., il CLN triestino; ed è per questo che
anche in alcuni “siti partigiani” su internet si può incappare in
contenuti che non hanno nulla da invidiare al revisionismo strumentale
“anti-antifascista”.

Si era inoltre formata in Istria e Dalmazia una borghesia, più o meno
possidente, di italiani favoriti dalla pulizia etnica che venivano
espropriati dalla socializzazione del nuovo governo jugoslavo e
costretti all’esilio: questi vengono accolti in Italia con tutti gli
onori, con lo status di profughi politici, senza che venisse mai loro
imposta alcuna forma di silenzio od oblio, cosa che oggi si vuol far
credere.

Passato il conflitto le organizzazioni neofasciste che operano a ridosso
del confine orientale iniziano una campagna antislava, finalizzata alla
“liberazione degli italiani dal giogo titino”: una battaglia a dir poco
ridicola, poiché gli italiani che vivono nella federazione jugoslava si
vedono, al pari di tutte le altre componenti etniche, riconosciuti tutti
i diritti linguistici e culturali. 

I guai per loro inizieranno con la dissoluzione della Jugoslavia.
Parimenti a ciò vengono diffuse pubblicazioni nelle quali si sparano
cifre a dir poco fantasiose sulle “migliaia di italiani infoibati, con
la sola colpa di essere tali, dagli slavo-comunisti”. 

Attenzione: non si tratta di inoppugnabile documentazione storiografica
ma di libelli vergati da scrittori o giornalisti politicamente orientati
che si basano su voci e sul sentito dire, quando non sulla propaganda
nazifascista del periodo bellico. È stato così per decenni.

La questione foibe viene recuperata durante l’ondata anticomunista degli
anni ’90, a seguito dello sdoganamento degli ex missini. Nessuno finora
ha saputo fornire dati certi sul numero degli infoibati dalla
Resistenza, né - cosa tutt’altro che trascurabile - sulla loro identità.

Si è arrivati quindi all’istituzione del Giorno del Ricordo: alla
“foiba” di Basovizza (in realtà una miniera abbandonata) che fa da
contraltare ad Auschwitz.

Si aggiunga a ciò che i criminali “italo-fascisti” non sono stati mai
processati nel nostro paese per le loro responsabilità nell’occupazione
dei Balcani, sulla quale ha sempre gravato una cappa di censura che si
estende a tutte le altre avventure coloniali sabaude e fasciste: è ormai
celebre il caso di Fascist Legacy, il film a riguardo prodotto dalla BBC
nel 1989, subito acquistato dalla RAI e non ancora trasmesso. 

Si aggiunga in fine che i processi sulle foibe se ne svolsero, in
un’ottantina, subito dopo la guerra con relative condanne.

Avremmo voluto che durante le celebrazioni del 10 febbraio venisse fatto
almeno un cenno anche su d’una soltanto delle questioni qui sopra
elencate, ma sia a livello nazionale che locale (vedi le dichiarazioni
del presidente della Provincia di Viterbo Alessandro Mazzoli: “Foibe,
una pagina terribile di storia”, www.tusciaweb.it, 9/2/’07) così non è
stato.

Partito della Rifondazione Comunista