Il torto marcio di Napolitano, l'opportunismo di Mesic
1) In materia di opzioni
2) Napolitano e le foibe (di Damir Grubisa, 12 febbraio 2007, Novi List)
3) Perché Napolitano non ha ragione (OB 13.02.2007: scrive Franco Juri)
4) Neorevisionismo, foibe e imperialismo fascista (di Eros Barone)
5) Foibe, perché il caso è tutt'altro che chiuso (Tommaso Di Francesco)
6) Lettera aperta a Napolitano (di Nikola Duper, 5 marzo 2007)
7) Franco Juri interviene su "Resistenza Partigiana" (12/3/2007)
8) Retromarcia di Mesic: i commenti
Sulle gravissime dichiarazioni di Napolitano e sulla reazione di Mesic si veda:
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In materia di opzioni
Trattato di pace, art. 19 D.lgs C.P.S. 28-11-1947 n. 1430, sez II: Nazionalità e diritti politici
Comma 2: “Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perchè tutte le persone di cui al paragrafo 1 (cittadini italiani residenti al 10 giugno 1940 nel territori ceduti dall’Italia), di età superiore ai 18 anni... (omissis) e la cui lingua usuale è l’italiano abbiano la facoltà di OPTARE per la cittadinanza italiana... (omissis)"
Comma 3: “Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere CHE COLORO CHE SI VALGONO DELL’OPZIONE, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata”
Sezione II – Beni italiani situati nei territori delle potenze alleate e associate - Art. 79
Comma 1
Ciascuna delle potenze Alleate e Associale avrà il diritto di requisire, detenere, liquidare o prendere ogni altra azione nei confronti di tutti i beni, diritti e interessi, che alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovino entro il suo territorio, che appartengano all’Italia o a cittadini italiani e avrà inoltre ilo diritto di utilizzare tali beni e proventi della loro liquidazione per quei fini che riterrà opportuni, entro i limiti dell’ammontare delle sue domande o di quelle dei suoi cittadini contro l’Italia o i cittadini italiani, ivi compresi i crediti che non siano stati interamente regolati in base ad altri articoli del presente trattato. Tutti i beni italiani od i proventi della loro liquidazione, che eccedano l’ammontare di dette domande, saranno restituiti
Comma 2
(omissis) ... Per quanto riguarda detti beni, il proprietario italiani non avrà altri diritti che quelli che a lui possa concedere la legislazione suddetta (quella delle potenze alleate o associate interessate)
Comma 3
Il governo italiano si impegna a indennizzare i cittadini italiani, i cui beni saranno confiscati ai sensi del presente articolo e non saranno loro restituiti
Come vedete, parlare di optanti non è fuori luogo ma TERMINE DI UN TRATTATO INTERNAZIONALE (come tale neppure sottoponibile a referendum) e dire che il debito non compete alla Croazia è CORRETTISSIMO. Come dice Mesic PACTA SUNT SERVANDA.
Questo trattato, sottoscritto a fine di una guerra infame dichiarata dall’Italia, l’Italia può modificarlo solo DICHIARANDO NUOVAMENTE GUERRA.
È questo che vogliamo permettere succeda?
(a cura di PB per il CNJ)
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Napolitano e le foibe
12.02.2007
Apprezzato in patria, meno oltre Adriatico. In un editoriale di “Novi List”, quotidiano fiumano, si accusa il Presidente Napolitano di revisionismo. Lo spunto è dato dal discorso fatto al Quirinale in occasione del “Giorno del ricordo”. Nostra traduzione
Di Damir Grubisa, 12 febbraio 2007, Novi List (tit. orig. Napolitanov revizionistički govor )
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Nonostante in Italia il tema principale sia il campionato di calcio e le polemiche dei magnati del calcio con il Governo e con il suo decreto con il quale si prevede di giocare le partite di calcio soltanto negli stadi che rispettano le severe condizioni di sicurezza, c'è comunque un tema che ha superato i dibattiti calcistici.
E' il tema al quale è dedicato “Il giorno del ricordo”, proclamato dal Governo Berlusconi il 10 febbraio come giorno della memoria per le vittime delle foibe e le uccisioni dopo la Seconda guerra mondiale. Questa volta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha soltanto proseguito con la prassi adottata anche dall'ex presidente italiano Ciampi, ma ha anche dato un certo contributo all'escalation del revisionismo storico.
Parlando alla cerimonia al Quirinale, dove ha consegnato l'onorificenza e le medaglie alla memoria a trenta cugini italiani uccisi “durante la persecuzione etnica avviata dalla milizia titina (si riferisce a Tito) alla fine della guerra” come scrive “La repubblica” di Roma, Napolitano ha parlato in modo insolitamente severo e non critico dei crimini che hanno avuto come esito le foibe, esecuzioni sommarie nelle fosse carsiche dell'Istria e della costa slovena, dove hanno incontrato la morte fra il 1943 e il 1945 molti collaboratori fascisti, criminali nazisti in cerca di vendetta, ma anche molte vittime innocenti.
Invece, Napolitano ha presentato questa tragedia in modo unilaterale, sottolineando che il “dramma del popolo giuliano-dalmata è stato creato da un moto d'odio e furia sanguinaria, e dal piano slavo annessionista che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”. In nessun modo Napolitano ha detto che il problema delle foibe è molto più complesso, e che nonostante il fatto che i crimini e le uccisioni degli innocenti non si possano giustificare con alcuna vendetta, con “l'ira giusta” o la bestialità criminale, il sottacere l'insieme del problema porta necessariamente alla sua riduzione e consente la manipolazione politica.
La coscienza sporca
Con nessuna parola Napolitano ha nominato la pulizia etnica che il fascismo italiano iniziò dai primi giorni in cui salì al potere, e che fu annunciato nel discorso di Mussolini nel 1919 a Pola. Dal 1922 l'Italia fascista ha fatto la pulizia etnica della popolazione slava, slovena e croata, e dopo che la guerra fu iniziata il governo del terrore si trasformò in terrore contro la popolazione innocente, spesso senza alcun motivo, soltanto per spaventare e per terrorizzare. Con il sottacere ciò che ha preceduto le foibe, si sottace una parte della verità storica, anche se quello che è successo durante il terrore fascista in Istria, sulla costa slovena e croata e in Dalmazia, non può in nessun modo giustificare i crimini commessi dopo la guerra. Certamente in queste esecuzioni sommarie nelle foibe ci sono stati elementi anche della mal interpretata “lotta di classe” ed elementi della pulizia etnica, delle liquidazioni politiche, ma ci sono state anche le rese dei conti individuali, criminali, le vendette classiche e i vandalismi dei vincitori.
Le parole di Napolitano sono forse la resa dei conti anche con la coscienza sporca, perché il Partito comunista italiano, dove Napolitano ha giocato uno dei ruoli fondamentali per molto tempo, ha sottaciuto i crimini commessi nelle foibe, come anche la politica jugoslava che ha negato in modo decisivo fatti evidenti. In ogni caso, le parole di Napolitano hanno avuto il consenso fra le file dell'estrema destra, ma anche dall'altra parte della barriera politica. E' comprensibile che il postfascista Gianfranco Fini abbia lodato Napolitano, perché questa è la conferma della sua politica revisionista, che spinse anche il governo Berlusconi sulle tracce del revisionismo storico. E' comprensibile anche la reazione dei democristiani, i quali secondo Lorenzo Cesa sostengono il “coraggio e l'onesta intellettuale” di Napolitano che fanno luce su uno “dei periodi più bui della storia moderna”.
Il nuovo conformismo
Ma è meno comprensibile l'entusiasmo fra le fila del governo. Così il vice premier Rutelli ha salutato le parole del Presidente della Repubblica, affermando che è un bene che il sostegno arrivi dalle fila sia del governo che dell'opposizione. Anche Pecoraro Scanio, il leader dei Verdi e Formisano del Partito l'Italia dei Valori hanno sostenuto Napolitano. Le uniche osservazioni sono giunte dalle file dell'estrema sinistra. Così Jacopo Venier del Partito dei Comunisti Italiani ha avvertito che bisogna avere la forza di opporsi al nuovo conformismo che oggi impone la lettura parziale e strumentale della drammatica storia del confine orientale. Il fenomeno delle foibe non può essere analizzato, senza parlare anche della bestiale crudeltà fascista verso la popolazione slava.
Giovanni Russo Spena del Partito della Rifondazione Comunista aggiunge che gli avvenimenti storici devono essere ricostruiti nella loro complessità, e non si devono dimenticare le uccisioni di massa fasciste nei “villaggi balcanici”. Ma queste sono soltanto le rare voci dissonanti. Il discorso di Napolitano ha avuto una grande risposta anche nella regione Friuli Venezia Giulia, dove il governo ha organizzato numerose manifestazioni, anch'esse passate senza menzionare i crimini fascisti. Anche nelle altre città dell'Italia è successo lo stesso, soltanto a Firenze e a Carrara si sono scontrati gli organizzatori ufficiali, principalmente della postfascista Alleanza nazionale, con i manifestanti che volevano sentire anche la condanna del fascismo. Il discorso di Napolitano non rimarrà senza conseguenze anche per il rapporto croato- italiano. E' triste che Napolitano con il suo atteggiamento unilaterale abbia aggiunto benzina sul fuoco e abbia accettato la manipolazione politica dei fatti storici, il che non può contribuire a quella “riconciliazione” per la quale i politici italiani si impegnano a parole. Adesso si vede che il seme del berlusconismo ha dato anche dei frutti molto pericolosi, e che hanno abboccato anche i membri del centro sinistra, entrati facilmente nello schema del revisionismo storico che gli ha imposto l'ex governo Berlusconi. Questo clima non farà che rimandare la riconciliazione storica fra Croazia e Italia e contribuirà all'escalation di reciproche accuse e risentimenti, da entrambe le parti.
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Perché Napolitano non ha ragione
Bruciano come benzina le dichiarazioni del presidente italiano Giorgio Napolitano e le repliche di quello croato Stipe Mesić e rischiano di destabilizzare politicamente l'alto Adriatico. Un commento del nostro corrispondente Franco Juri
Bruciano come la benzina le dichiarazioni del presidente italiano Giorgio Napolitano e le repliche di quello croato Stipe Mesić e rischiano di destabilizzare politicamente l'alto Adriatico. Sono accuse e repliche ineluttabili e giustificate? E che cosa in realtà le motiva? Calcoli politici, crisi interne nei due paesi con tanto bisogno di nemico esterno? Sensi di colpa e svolte storiche?
A farne le spese saranno nuovamente tutti coloro che da anni si adoperano per sciogliere il nodo scorsoio dei contenziosi storici, più o meno motivati e corroborati dai fatti, lungo il confine orientale d'Italia e quello occidentale dell'ex Jugoslavia, della Slovenia e della Croazia.
A farne le spese è purtroppo anche questa volta la verità storica, svilita proprio dai tanti inni retorici alla "verità" e alla "memoria".Personalmente sono dell'avviso che nè i toni e le parole scelte da Napolitano, nè quelli di Mesić siano particolarmente degni di due presidenti democratici ed europei.
Certo, il presidente croato è sanguigno e da presidente si è permesso una serie di valutazioni (prima sulle foibe e ora in dura polemica con l'omologo italiano) poco consone ad un capo di stato, ma che allo stesso tempo, intese storicamente, potrebbero avere più di qualche ragione.
La retorica della memoria scelta da Napolitano nel suo discorso a Roma si è invece articolata seguendo degli stereotipi con evidenti sfumature antislave tipici ed esclusivi fino a qualche anno fa dell'estrema destra nazionalista, soprattutto di quella lungo il confine orientale. Una retorica e degli stereotipi di cui si poteva prevedere l'effetto e che invece vede tutto l'arco costituzionale fare quadrato bipartisan attorno al presidente. Siamo all'omologazione nazionale e patriottarda di risorgimentale memoria?
Ma andiamo per ordine. Napolitano aveva parlato, riferendosi alle vittime delle foibe, di "un moto di odio, di furia sanguinaria" e di "barbarie" e di un "disegno annessionistico slavo che prevalse nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica". Queste parole hanno suscitato la reazione del presidente croato che ha colto in esse elementi di "razzismo e revanscismo". Mesić sbaglia? La tesi di un "espansionismo slavo" tende effettivamente ad etnicizzare, tra l'altro con la tipica smania di omologare il mondo slavo ad un concetto prenazionale, quindi involuto rispetto alla propria civiltà nazionale, un fenomeno storico ben più complesso.
Quella sull' "odio e la furia sanguinaria" attribuita a questo "espansionismo slavo" tende ad attribuire a tale fenomeno un alone di barbarie che avalla la percezione di un moto meno civile che arriva dall' est. Purtroppo tutt'oggi il grosso della stampa e della televisione italiane continuano a riprodurre lo stereotipo fondamentalmente etnicista di un mondo slavo di non meglio identificabili connotazioni nazionali. Basti leggere la cronaca nera; i malavitosi extracomunitari sono di sovente "slavi". In questa categoria etnica e dai connotati un pò razzisti vengono inclusi un pò tutti quanti provengono dal Balcani occidentali ovvero dall' ex Jugoslavia; serbi, bosniaci, croati, macedoni, rom, persino kosovari di etnia albanese.Con il termine veneto di slavi, cioé "s'ciavi", vengono invece indicati con disprezzo dai nazionalisti italiani, soprattutto nei circoli dell'estrema destra, anche gli sloveni del Friuli Venezia Giulia.
Ma Napolitano fa uso anche del lemma "milizie titine", riferendosi all'esercito jugoslavo e partigiano del maresciallo Tito. Anche qui tradisce una certa insofferenza che è paradossalmente ideologica, visto che il presidente italiano fu in quegli anni di piombo fedele compagno di partito di Palmiro Togliatti. Inoltre Napolitano allude piuttosto chiaramente ad una presunta illegittimità del Trattato di pace del 1947, con cui si pose fine agli strascichi della seconda guerra mondiale, castigando, tutto sommato moderatamente, l'Italia cui rimasero sia Trieste che Gorizia, per il suo imperialismo e razzismo fascista e la sua alleanza, fino al 1943, con la Germania di Hitler.
Pensare che tali affermazioni, fatte da un presidente europeo, non provocassero la reazione dei diretti interessati, era un'ingenuità. Mesić non e' stato "politicamente corretto" e ha scelto di dire senza tatto diplomatico quanto pensano in molti oltre confine. Ma l'elemento di maggior ipocrisia in questa vicenda è il richiamo ossessivo alla "memoria" e alla "verità storica" nei discorsi ufficiali di coloro che invece ignorano sistematicamente quanto l'indagine storica documentata ha prodotto fin' ora anche sul tema delle foibe e dell'esodo.
Ricordiamo che nel 1993, su iniziativa delle diplomazie italiana e slovena (Andreatta-Peterle) venne costituita una commissione storico-culturale mista, composta da eminenti nomi di provata competenza e autonomia accademica, di entrambi i paesi. La commissione lavorò per 7 anni, con alcune interruzioni durante il primo governo Berlusconi e nel 2001 elaborò, non senza lunghi dibattiti che percorsero la traccia di una ricerca documentata, una relazione storica in cui, sinteticamente ma in termini molto qualificati, venivano descritti e spiegati i fatti ed i fenomeni salienti nei rapporti tra italiani e sloveni dalla fine dell' Ottocento al 1954, anno del Memorandum di Londra e della conclusione, grosso modo, dell'esodo istriano-dalmata.
La relazione di una quarantina di pagine toccava tutti di fatti dolorosi a cavallo del confine, compresi il ventennio fascista, la "bonifica etnica" mussoliniana a danno di sloveni e croati, la guerra con i suoi massacri, i campi di concentramento nazifascisti, la repressione comunista, le foibe e l'esodo. Il tutto, com'è giusto e ovvio in un'analisi storica, contestualizzato, senza estrapolazioni strumentali.
Ma quella relazione, pubblicata ufficialmente solo a Lubiana, venne ignorata o persino censurata dalla Farnesina. Solo Il Piccolo di Trieste la pubblicò in anticipo, bruciandone un pò la valenza politica. Il governo italiano non ne volle sapere invece nulla. Perché? Perché nel centrosinistra italiano era già avviata la metamorfosi politica dell'ex PCI, ovvero dei Democratici di sinistra che, ispirati prima dal triestino Stelio Spadaro, poi da Luciano Violante e da Piero Fassino, vedevano nel revisionismo storico uno strumento efficace non solo di "espiazione" e "purificazione", ma anche e soprattutto di allontanamento simbolico dai postulati comunisti, che la destra continuava a attribuirgli.
In questo dilagare del revisionismo e anche di un certo negazionismo delle responsabilità dell'Italia fascista nelle tragedie lungo il confine orientale, c'è stata una corsa alla "memoria" in cui una certa sinistra ha tentato di scavalcare pure l'estrema destra, assumendone i toni e le interpretazioni, spesso e volentieri improntate ad un disprezzo per il mondo slavo ed il suo "odio sanguinario". E così, nonostante l'indagine storica non confermi la tesi del genocidio e delle pulizia etnica "titina", ma documenta una violenza reattiva e una repressione politica di cui fecero le spese, oltre a nazisti e collaborazionisti, anche civili innocenti e oppositori politici di diversa etnia, si avalla il mito dei 20 mila infoibati "solo perché italiani". La relazione storica parla di "alcune centinaia di infoibati", mentre le ricerche della storica Nevenka Troha, indubbiamente una dei più onesti e coraggiosi esperti di massacri del dopoguerra, portano la cifra approssimativa dele vittime delle foibe ad un massimo di 1600. E poi si continua a parlare di 350 mila esuli istriani e dalmati, ignorando che la ricerca storica documenta circa 204 mila persone che lasciarono con l'esodo i territori ex italiani.
Roma continua a ignorare lo sforzo degli storici di offrire un quadro il più possibilmente obiettivo di quanto avvenne attorno al confine orientale durante e dopo la seconda guerra mondiale. Il mito avallato e istituzionalizzato con particolare enfasi retorica e calcolo politico viene assurto ora a religione di stato. La proposta, fatta a più riprese da alcuni storici e politici, di aprire la tristemente famosa foiba di Basovizza per verificare cosa e quanto contenga in verità, anche per dare un'identità e degna sepoltura ai resti umani lì rinchiusi, è stata sempre energicamente censurata dai sostenitori delle tesi di un genocidio antiitaliano. Strano, la pietas viene in verità sepolta dai timori di veder apparire una realtà diversa? Chi ha in verità timore della verità storica? Chi perpetua in verità la "congiura del silenzio"?
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Foibe. Neorevisionismo, foibe e imperialismo fascista
Una lettera di Eros Barone
Egregio direttore,
non vi è peggior fanatico di un apostata. Questa è la considerazione che mi viene di getto nell’assistere, con crescente stupore e non poca vergogna, ad esternazioni presidenziali, riguardanti le ‘foibe’, i cui toni sono così veementi e le cui modalità sono talmente “irrituali” (trovo, in questo caso, assai calzante l’aggettivo di cui si è servito il ministro della difesa Parisi per definire la grossolana ingerenza nella politica estera italiana compiuta con la famosa ‘lettera degli ambasciatori’) da aprire una crisi internazionale fra il nostro paese e la Croazia e la Slovenia.
Mi sia permesso, dunque, esprimere quattro considerazioni:
a) tali prese di posizione di carattere neorevisionista, di stampo revanscista e di sapore imperialista, ieri sulla falsa equiparazione fra antisionismo e antisemitismo e oggi sul presunto sterminio delle popolazioni italiane dell’Istria e della Dalmazia, non hanno natura storiografica, ma soltanto politica: in altri termini, tendono, da un lato, a legittimare la bestiale politica israeliana verso i palestinesi e, dall’altro, a rimettere in discussione il trattato di Osimo del 1975 e, quindi, i confini tra l’Italia, la Slovenia e la Croazia;
b) l’accertamento della verità sulle origini, sulle cause, sulle dimensioni e sul significato del presunto sterminio degli italiani dell’Istria e della Dalmazia compete agli storici ed è degno dei peggiori regimi autoritari voler imporre come ‘verità di Stato’ quello che è unicamente un giudizio politico-ideologico: ciò significa che la rappresentazione demonizzante dei comunisti jugoslavi che sadicamente uccidono gl’innocenti ‘patrioti’ italiani non ha maggior credibilità dell’aberrante propaganda democristiana sui comunisti che “mangiano i bambini”;
c) in realtà, la criminalizzazione dei comunisti jugoslavi come responsabili delle ‘foibe’ mira a cancellare i crimini commessi dall’imperialismo fascista nei Balcani e, segnatamente, in Jugoslavia;
d) sarei curioso di sapere che cosa pensi lo storico marxista Eric Hobsbawm, che ha firmato assieme al premio Nobel Harold Pinter il recente manifesto degli ebrei antisionisti e che a suo tempo pubblicò per la casa editrice Laterza un’intervista a Giorgio Napolitano sul socialismo europeo, circa la conversione del suo intervistato da “comunista migliorista” in “liberale nazionalista e anticomunista”.
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Foibe, perché il caso è tutt'altro che chiuso
Tommaso Di Francesco
All'improvviso, con la stessa apparente nettezza con la quale si era espressa, la protesta del presidente croato Stipe Mesic è rientrata, con la dichiarazione che nelle parole del presidente italiano Giorgio Napolitano «non c'era nessun attacco alla Croazia» né «al Trattato di pace del 1947 e gli accordi di Osimo e di Roma» e che «non conteneva ispirazioni revansciste e storico revisioniste» . E' quello per cui la Farnesina per quasi una settimana ha attivamente «lavorato». Dietrofront di Mesic dunque. Soprattutto dopo la retromarcia, vera, del presidente Napolitano che per primo aveva ridimensionato le sue affermazioni unilaterali. Il caso dunque è chiuso?
No. Almeno per due ordini di motivi, internazionale e interno. Dal punto di vista dei nuovi governi balcanici, tutt'altro che eredi della ex Jugoslavia, il caso resta sensibilmente aperto. Mesic fa marcia indietro per obbligo alla diplomazia europea e italiana (e alla questione dei diritti di proprietà rivendicati da Roma), ma non certo per essere stato isolato. La Commissione europea che pure ha criticato Mesic, non ha in realtà mai messo in discussione l'adesione di Zagabria alla Ue. In patria poi il presidente croato ha avuto vasta solidarietà, tra le popolazioni di Istria e Dalmazia dove non c'è famiglia che non abbia una vittima del nazifascismo, e dal governo Sanader di destra pronto a cavalcare ogni «croaticità», perfino la liberazione dal nazifascismo. E' l'ambiguità sostanziale dell'esperienza croata, rappresentata da Franjo Tudjman (uno dei generali di Tito prima di diventare presidente xenofobo, negazionista e ultranazionalista) , e poi dallo stesso Stipe Mesic, ex comunista, neonazionalista e sponsor dell'indipendenza croata su base etnica e della «guerra patriottica», vale a dire i massacri nella Krajna serba e nella Mostar musulmana. Che volete che sia la memoria per Mesic, pronto nel giro di pochi mesi a proclamare l'anniversario della «nazione croata» degli ustascia di Ante Pavelic e la guerra di liberazione partigiana?! Ma soprattutto poche ore prima del dietrofront di Mesic c'è stata la lettera di richiesta di chiarimenti, più formale ma destinata a pesare di più, del presidente sloveno Janez Drnovsek, esponente di quella Slovenia assai più integrata in Europa e anche più legata all'Italia. Al quale è stato risposto. Come a dire che le preoccupazioni per le parole di Napolitano, formalmente rientrate, sono più che reali e diffuse.
A questo punto però, se era facile immaginare che, di fronte a pressioni e ricatti, le ribellioni a parole delle piccole patrie etniche sarebbero formalmente rientrare, il nodo da sciogliere resta. E riguarda le responsabilità dell'Italia che non possono essere certo delegate ad altri.
Insieme a quello dei contenuti e dei modi con cui l'Italia di Berlusconi - che ha sdoganato l'estrema destra postfascista e quella neo-nazifascista di Forza nuova e Fiamma tricolore - ha prima rappresentato quell'infernale e delicato periodo storico che va dal 1941 al 1945 nel sud-est europeo e in particolare nel «Litorale adriatico», e poi lo ha legittimato con un voto bipartisan in Parlamento nella legge del «Giorno del Ricordo». Un atto di memoria revisionata decretata per legge al quale ha partecipato una sinistra inconsapevole e reticente. Le parole di Napolitano che ha ridotto la tragica vicenda delle foibe a un episodio di «pulizia etnica contro gli italiani» ideologicamente rimosso, restano una pesante testimonianza di reticenza sulle responsabilità primarie del nazifascismo contro le popolazioni balcaniche. L'Italia ha il diritto di denunciare le foibe come sanguinosa pagina di vendette, ma non a prescindere dal contesto storico dei crimini del nazifascimo che occupava militarmente quelle terre balcaniche. Perché il presidente della repubblica, come chiedono molti storici italiani, non va a pregare sui sacrari slavi delle vittime civili e dei partigiani massacrati da fascisti, nazisti e generali pluridecorati e celebrati? Perché la celebrazione non diventa occasione di memoria anche sui crimini di guerra italiani, correggendo l'improbabile numero di vittime come chiede lo storico Jorge Pjerevec e decidendo almeno il senso dello spot televisivo, bugiardo e senza firma nell'ultima edizione.
Il caso è tutt'altro che chiuso. Ce lo ritroveremo tra un anno, alla quarta celebrazione, voluta come le altre non a caso a due settimane di distanza dalla giornata della Memoria della Shoah - ha ricordato lo storico Enzo Collotti. Tanto per permettere, con improponibili paragoni e sulla pelle della verità storica, la riconciliazione nazionale e la cosiddetta «unità politica» degli italiani che sta a cuore al presidente Napolitano. Sì, il caso è tutt'altro che chiuso.
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Dal sito
UNO SLAVO E IL SUO PRESIDENTE
di Nikola Duper
lunedì 05 marzo 2007
Lettera aperta a Giorgio Napolitano
Egregio Signor Presidente,
Il prossimo novembre saranno 20 anni che sono arrivato in Italia. 20 fortunati e bellissimi anni per molti versi anche perché non mi sono mai sentito uno straniero. Mai nessuno mi ha fatto pesare il fatto di essere jugoslavo, croato o semplicemente slavo. Qualche piccolo dispiacere per l'ignoranza in relazione al mio popolo, solo un po' di manipolazioni politiche riguardo i peggiori momenti della nostra recente storia. Tutto sommato episodi marginali e sopportabili che non mi hanno disturbato, ma solo sottolineato le parole di Niccolò Tommaseo: "Non vi han conosciuti Croazia". È passato più di un secolo da quando queste parole sono state scritte, ma ancora non è cambiato nulla.
Recentemente, con mio grande dispiacere e stupore, ho seguito un Suo discorso che vorrei contestare per alcune definizioni riguardanti non solo il mio popolo, ma addirittura un'intera stirpe, quella slava.
Durante la guerra dei primi anni Novanta, che ha duramente colpito la mia terra natia, spesse volte mi sono chiesto che cosa vuol dire essere croato. Che cosa è che ti muove quando agisci per il "tuo" popolo? Nascere croato (e slavo) è un caso, così come nascere italiano, ma vivere un territorio, un popolo, una tradizione e una cultura te li fa amare così profondamente da pensare che, in certi ed estremi casi, varrebbe la pena anche morire difendendoli. Credo che questi sentimenti, se autentici e non strumentalizzati, possano estendersi anche oltre i confini delle proprie terre. In fondo si tratta di un sentimento nobile, mirato a proteggere i più grandi valori di una civiltà: la famiglia, la cultura, l'arte, insomma tutto quello che ti fa essere orgoglioso di essere una piccola parte dell'Umanità, quell'Umanità che non può avere confini nazionali e/o etnici. Quello che ci unisce sono Leonardo e Vrancic, Goldoni e Držic, Marconi e Tesla, Tommaseo e Boškovic e molti, moltissimi altri. Quello che ci divide sono alcuni criminali nella storia antica e recente e che ripudiamo tutti, me compreso e, badi bene, sono slavo.
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