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IL MANIFESTO
20 dicembre 2007

La Slovenia entra in Schengen, eppure non è solo una festa

Franco Juri

Oggi - stasera tardi, alle 23,55 cadranno significativamente le barre
dei due confini - anche la Slovenia entra solennemente nella
«famiglia» di Schengen, lo spazio comune europeo di libera
circolazione in cui i confini interni, tra gli stati che vi
aderiscono, rimangono tali solo potenzialmente. E',ovviamente, un
giorno di festa per gli sloveni; con l' introduzione dell' euro - un
anno fa - la caduta, anzi lo spostamento a sud del confine esterno
dell'Unione europea, i cittadini della Slovenia possono finalmente
percepire l' Europa ed i suoi vantaggi anche in termini meno
astratti. Abbattere un confine è sempre motivo di gioia, tantopiù se
la frontiera che scompare è stata per decenni considerata una
«cortina di ferro», almeno sul piano ideologico, visto che su quello
funzionale il confine tra Italia e Jugoslavia fu per decenni un
modello di permeabilità senza paragoni lungo la linea di demarcazione
tra Est e Ovest. E Trieste, con la sua complessa e sofferta realtà
storica, fatta anche di pregiudizi, nazionalismi e spesso di
animosità antislovena, è di fronte ad una nuova appassionante sfida
in cui dovrà sfoderare la sua pragmatica flessibilità ma anche
riabilitare - senza provinciali sotterfugi - il suo tanto decantato
cosmopolitismo. Ma Schengen, soprattutto in Istria, non è solo festa.
Per un confine che crolla uno, a soli dieci chilometri in linea d'
aria più a sud- si irrigidisce. Ironia vuole che a irrigidirsi sia
una frontiera di stato nata solo sedici anni fa, a seguito dell'
indipendenza di Slovenia e Croazia e della disintegrazione della
Jugoslavia. Il 25 giugno del 1991 non furono in pochi a brindare con
spumante alla sbarra che tagliava in due la penisola istriana, una
penisola multiculturale in cui veniva mozzata in due anche una
comunità italiana dai connotati regionali specifici ora rimessi in
gioco dalle nuove realtà geopolitiche dell'area. E così, se gli
sloveni hanno un motivo valido per festeggiare, i croati - e
soprattutto i multiculturali istriani- difficilmente condividono la
gioia dei loro «cugini» settentrionali. Anche perché le autorità di
Lubiana il regime di Schengen sono decise ad applicarlo con
particolare zelo lungo i seicento e passa chilometri di frontiera con
la Croazia. L' hanno fatto capire, oltre che con una legislazione
particolarmente restrittiva in tema di immigrazione o di asilo
politico, abbattendo, nel corso dei preparativi, alcuni vecchi ponti
con una lunga storia locale di convivenza e di vincoli famigliari sul
fiume Sotla/Sutla, risparmiando invece quelli sul Kolpa/Kupa dopo le
proteste della popolazione locale e alcune interrogazioni
dell'opposizione in parlamento. L'accesso ai ponti residui, alcuni
dei quali in verità pensili o quasi fatiscenti, ma con una forte
carica simbolica ed emotiva per le genti di confine, è ora impedito
da una serie di sbarre. La gente di confine spera che ad attutire il
colpo di scure sia l' accordo di piccolo traffico di frontiera (Sops)
in vigore tra i due paesi vicini da alcuni anni. Questo accordo,
predisposto sulla falsa riga degli estinti accordi di Udine tra
Jugoslavia e Italia, agevola parzialmente la circolazione della
popolazione locale. Ma non è stato facile tutelarlo dalle pressioni
della burocrazia europea. E' chiaro però che le iniziative
frontaliere basate sulla libera circolazione tra Croazia e Slovenia
verranno ora fortemente ridimensionate. Inoltre il contenzioso
territoriale lungo il confine con Zagabria non è concluso. Alle
spalle ci sono 16 anni di fastidiosi incidenti, potenzialmente sempre
in procinto di riattivarsi; l'arbitrato internazionale o una
soluzione alla Corte dell'Aia, paventata dai premier Janez Jansa e
Ivo Sanader alcuni mesi fa, rimangono nel congelatore e ancor oggi
non si capisce bene quale sia o sarà l'esatto percorso del confine
esterno europeo tra Slovenia e Croazia. Schengen potrebbe avere un
impatto positivo nel fissare una situazione di fatto che soprattutto
Lubiana contesta nei negoziati, con particolare enfasi in Istria,
dove qualcuno - anche tra i partiti di governo (ad esempio quello
popolare Sls)- vorrebbe spostare l'attuale confine almeno di una
ventina di chilometri più a sud. C'è poi l'inesistente confine di
mare, dove il contenzioso si fa particolarmente aspro alla luce della
zona ittico-ecologica dichiarata nel 2004 sulla metà orientale
dell'Adriatico dalla Croazia, zona congelata allora per i paesi
dell'Ue su pressione di Italia e Slovenia, ma che dal primo gennaio
dovrebbe entrare in vigore anche per questi due paesi Ue. E'
probabile che si raggiunga un compromesso in extremis e la Croazia
possa evitare così un fuoco di sbarramento italo-sloveno contro la
sua adesione all'Unione.
La linea di Schengen quindi si trasferisce oggi a sud tra mille
incognite, ma i festeggiamenti non amano i dubbi. Barroso arriva
domani a Skofije-Rabuiese sorridente per brindare con Jansa e Amato
(sull' arrivo di Prodi e D' Alema non c'è alcuna certezza) ad un
evento storico. La caduta di un confine lo è, indubbiamente. Come lo
è l'ulterione innalzamento di un altro a soli pochi chilometri dal
primo.