(francais / italiano.

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Statut du Kosovo : indépendance le 6 février et « plan secret » slovène ?

Alors que certaines sources affirment que le Kosovo pourrait proclamer son indépendance le 6 février prochain, la Slovénie disposerait d'un plan qui octroierait à la zone serbe du nord du Kosovo « un statut temporaire particulier ». Pour résoudre la quadrature du cercle, Ljubljana ferait circuler un document secret qui « cumulerait » les trois approches envisageables : indépendance, partition et maintien d'un relatif statu quo... 




Per l'indipendenza di Pristina è pronto il «Piano di Lubjiana»

di Giulietto Chiesa

su Il Manifesto del 06/01/2008

«Herald Tribune» Dopo il voto a Belgrado, via all'iniziativa voluta dall'Ue

Ecco un esempio che più chiaro non si potrebbe di come l'Europa sia sdraiata sulla linea degli Stati Uniti d'America, esecutrice della loro volontà, prona e succube. Sovranità patria addio. Si annuncia infatti un accordo semi-segreto di Pulcinella che consentirà al Kosovo di proclamare unilateralmente l'indipendenza e di essere poi riconosciuto dagli stati europei, singoli e collettivamente, secondo un piano accuratamente programmato. Naturalmente tutti quelli che devono sapere già sanno, ma sono i serbi che non devono sapere. L'inganno viene cucinato espressamente per loro.
Il piano deve scattare infatti «nei primi due mesi del 2008» (lo ha scritto International Herald Tribune il 13-12-2007), cioè subito dopo le prossime elezioni serbe del 20 gennaio e del ballottaggio del 3 febbraio. «Dopo». perché in tal modo si spera di evitare una esplosione di rimostranze nazionali in Serbia. Magari, pensano a Bruxelles, si riuscirà perfino a far vincere i filo-occidentali (cosa non impossibile dati i mezzi di pressione e di ricatto di cui Europa e Usa dispongono; ma improbabile, visti i sondaggi elettorali a Belgrado) e poi si potrà più comodamente ridurre «alla ragione» dei più forti, euroccidentale, i nuovi leader della Serbia. 
La pensata non è nuova e potrebbe andare male, ma non importa poi molto. I serbi sono collettivamente colpevoli e dunque si può andare giù pesanti, ben certi che li si potrà schiacciare comunque, con il consenso di tutte le cancellerie. In fondo li si è bombardati nel 1999, dunque si proceda. Ma le piccole furbizie di cui è condito il progetto sono diverse e numerose e descrivono, di per sé, la statura di questi attuali governanti europei. Infatti fortuna vuole che dal 1 gennaio la presidenza dell'Ue tocchi alla Slovenia, il primo degli stati che si staccò dalla Federazione jugoslava. Quindi, con rara perfidia, sarà alla Slovenia che toccherà di fare il primo gesto di riconoscimento formale dell'indipendenza del Kosovo. Non in nome proprio ma collettivo. 
Non appena Hashim Thaqi (il mercenario armato dagli Usa, tagliagole dell'Uck costruito per tirare in trappola l'Europa nella guerra contro l'ex Jugoslavia) proclamerà l'indipendenza, la Slovenia avrà l'incarico di convocare in fretta i ministri degli esteri europei e di formulare il primo benvenuto corale delle nazioni civili a un nuovo stato monoetnico che diventa indipendente (si fa per dire). In tal modo l'Unione Europea potrà subentrare all'Onu nella amministrazione delle funzioni internazionali di controllo. Questo - secondo il giornale citato - dovrebbe avvenire tra luglio e agosto 2008. 
Il piano dovrebbe apparire come opera del governo sloveno, in modo da farlo apparire come iniziativa «dal basso», anche per alleggerire delle loro responsabilità i governi europei maggiori, minimizzando così - come sperano - i rischi di una «nuova crisi balcanica». Sanno bene, dunque, che in questo modo gli europei si stanno creando in casa le premesse di grossi guai dalle conseguenze imprevedibili, sia nel breve che nel medio e lungo periodo. Probabilmente qualcuno di loro ha perfino letto Il ponte sulla Drina di Ivo Andric, e qualche sospetto dovrebbe averlo. Ma procedono ugualmente, guidati da Washington, dove sicuramente Andric nessuno lo conosce, sulla strada più pericolosa. 
L'argomento per mettere a tacere i critici è già pronto, ed è stato usato ripetutamente dal «negoziatore del fallimento», Martti Ahtisaari: «Se non accontentiamo Pristina succederà il finimondo» (traduci: le milizie mai sciolte dell'Uck ammazzeranno un certo numero di serbi, com'è avvenuto del resto in questi sette anni di occupazione Nato). Che equivale ad affermare - dopo aver creato Frankenstein - che non si è più in grado di fermarlo. Il che è anche una plateale bugia perchè non c'è ascesa più resistibile di quella di Thaqi, il cui ascensore ha funzionato solo perchè Stati Uniti ed Europa gli hanno dato corrrente. 
Ma procediamo nell'illustrazione del «piano di Lubjiana». Dopo la dichiarazione slovena infatti, è prevista una salva dei grossi cannoni, che vogliono essere comunque registrati nel libro paga come i veri protagonisti. E, quindi, senza lasciar passare un minuto di più, «nelle 48 ore successive», ecco arrivare alle agenzie i riconoscimenti di Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania. Vedremo se l'ordine sarà rispettato o ci saranno scavalcamenti servilistici dell'ultim'ora. Poi arriverà la «cascata di riconoscimenti», scrive estasiato il giornalista Usa. Ecco il riconoscimento americano, in quinta posizione ma primo degli extraeuropei. I simboli devono avere la loro parte. In ultimo ecco la fila dei vassalli, dei valvassori e dei valvassini: la Svizzera, l'Islanda (prima i piccoli), la Norvegia, la Turchia - che capitanerà il gruppo di Macedonia, Albania, Montenegro, Croazia, tutti aspiranti all'ingresso in Europa. Il tutto bene impacchettato per introdurre il riconoscimento in massa da parte dei 54 membri della Conferenza Islamica.
Insomma assisteremo a una vera e propria messa in scena teatrale, con tutte le parti già assegnate con largo anticipo. L'unica a non avere un ruolo è l'Onu, cui non si nega mai un inchino, salvo poi lasciarla da parte. Anche perchè là dentro c'è la Russia, che non è d'accordo. 
Ma anche a questo serve l'operazione Kosovo indipendente: a fare infuriare la Russia di Putin, non più amica e nemmeno simpatizzante. Atto intenzionale per moltiplicare il contenzioso con Mosca? Secondo ogni evidenza è proprio questo lo scopo. L'accelerazione sul Kosovo non era affatto necessaria, dunque perché provocarla? Neanche tutti gli europei ne erano e ne sono entusiasti. Perchè metterli in difficoltà? La risposta viene quasi automatica: perchè Washington ha tutto l'interesse a dividere e indebolire l'Europa, e a contrapporla alla Russia. 
L'idea dello scudo stellare americano da impiantare nella Polonia antieuropea dei fratelli Kaszinki, con dépendance del radar ceco, non ha forse lo stesso marchio di qualità? Si può fare torto ai dirigenti americani e alla loro intelligenza fino al punto di pensare che non ci avessero pensato? Impossibile. Dunque hanno deciso di fare quel gesto sapendo che avrebbe provocato a Mosca un reazione molto vivace e - cosa non meno importante- che avrebbe provocato altre lacerazioni in Europa. 
Classico doppio piccione con una sola fava. Un'Europa che si trova a fianco una Russia irritata è incline ad averne paura, per evidenti riflessi storici. E poichè non tutti gli europei hanno uguale paura della Russia, ecco apparire fenditure tra gli europei. Una parte dei quali sta facendo i conti energetici e non ha molta voglia di trovarsi senza gas e petrolio per avere ecceduto nella polemica sui diritti umani in Russia, seguendo gli Usa nella linea dei due pesi e due misure su cui hanno sempre menato il can per l'aia. Tanto meglio, infine, per una tale strategia, se la Russia, invece di reagire in modo differenziato e graduato a ogni mossa americana, si metterà a ringhiare indifferentemente a Europa e America facendo il gioco di Washington.
Detto e pesato tutto ciò, francamente risulta sbalorditivo che gli europei non si rendano conto che non solo questa è una rotta di collisione tra Russia e Usa, ma che anch'essi finiscono per esservi trascinati senza scampo. In verità alcuni capiscono, ma temono che, reagendo, finirebbero male le loro carriere. Gli altri eseguono come fedeli e silenziosi valletti. Ma gli uni e gli altri non sono capaci di tenere insieme tutte le incognite dell'equazione. Se fossero all'altezza dei loro compiti capirebbero che nel calcolo globale entra l'indebitamento spaventoso dell'America; entra il dollaro che cade; entra il fatto che questa America non firmerà niente nel dopo Kyoto e nel dopo Bali. Non lo farà Bush e nemmeno Hillary Clinton, se dovesse toccare a lei, perchè significherebbe mettere in causa l'"American Way of Life". 
Entra nel conto tutto, per cui la somma finale dovrebbe dire loro che su questa china si va in guerra, mentre l'Europa potrebbe almeno frenare. Ma per fare questo occorre una statura morale, oltre che politica, e qui mancano l'una e l'altra. E ci si riduce a sperare nella modesta rivolta dei «Servizi Segreti Americani Riuniti» (SSAR) per bloccare l'attacco contro l'Iran. Già stato deciso nel silenzio degli europei, rotto solo dalla trombetta enfatica di Sarkozi, povera Francia. La Cina e la Russia stanno a guardare e, quando capiranno che l'Europa non è una sponda, faranno da sole.


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http://www.voltairenet.org/article154207.html

Dernier acte de la conquête du Kosovo

Pristina : le « plan de Ljubljana est prêt »

par Giulietto Chiesa*


L’OTAN se prépare à faire tomber le masque et à admettre avoir conduit une guerre de conquête en ex-Yougoslavie : selon l’International Herald Tribune, l’indépendance du Kosovo et sa reconnaissance internationale sont imminentes. Pourtant, cette décision, orchestrée par Washington et jouée par les États membres de l’Union européenne, ne servira qu’à diviser les Européens et à les éloigner de la Russie, déplore le député européen italien, Giulietto Chiesa.

9 JANVIER 2008

Depuis
Rome (Italie)


Voici un exemple qui ne pourrait être plus limpide de la façon dont l’Europe s’est couchée devant la ligne des États-Unis d’Amérique, exécutante de leur volonté, courbée et succube. Souveraineté de la patrie, adieu. On annonce en effet un accord à moitié secret de Polichinelle qui permettra au Kosovo de proclamer unilatéralement son indépendance et d’être ensuite reconnu par les États européens, individuellement et collectivement, selon un plan soigneusement programmé. Naturellement tous ceux qui doivent savoir savent déjà, mais ce sont les Serbes qui ne doivent pas savoir. La magouille a été cuisinée expressément contre eux.

Le plan doit sortir en fait « dans les deux premiers mois de 2008 » (c’est l’ International Herald Tribune qui l’écrit le 13-12-2007), c’est-à-dire imédiatement après les élections serbes du 20 janvier et le ballottage du 3 février. « Après ». Parce qu’on espère de cette manière éviter une explosion de protestations nationales en Serbie. Peut-être, pense-t-on à Bruxelles, arrivera-t-on même à faire gagner les pro-occidentaux ; chose possible étant donnés les moyens de pression et de chantage dont l’Union européenne et la Russie disposent ; mais improbable, étant donnés les sondages électoraux à Belgrade) et l’on pourra ensuite plus aisément « réduire à la raison » des plus forts, euro-occidentale, les nouveaux leaders de la Serbie.

L’idée n’est pas neuve et pourrait mal finir, mais ça n’a pas beaucoup d’importance. Les Serbes sont collectivement coupables et donc on peut y aller grossièrement, bien certains qu’on pourra de toutes façons les écraser, avec l’accord de toutes les chancelleries. Après tout, on les a bombardés en 1999, donc on continue. Mais les petites fourberies dont le projet est agrémenté sont diverses et nombreuses, et décrivent, par elles même, la stature de ces gouvernants européens actuels. De fait la chance veut que depuis le 1er janvier la présidence de l’UE revienne à la Slovénie, le premier des États qui se soit détaché de la Fédération yougoslave. Donc, avec une perfidie rare, ce sera à la Slovénie de faire le premier geste de reconnaissance formelle de l’indépendance du Kosovo. Pas en son nom propre mais collectivement.

Dès que Hashim Thaçi (le mercenaire-égorgeur de l’UCK, armé par les USA, fabriqué pour attirer l’Europe dans le piège de la guerre contre l’ex-Yougoslavie) proclamera l’indépendance, la Slovénie aura la charge de convoquer en hâte les ministres des Affaires étrangères européens et de formuler le premier message de bienvenue choral des nations civilisées à un nouvel État mono-ethnique qui devient indépendant (si on peut dire). De cette façon l’Union Européenne pourra succéder à l’ONU dans l’administration des fonctions internationales de contrôle. Ceci —selon le journal déjà cité— devrait arriver entre juillet et août 2008.

Le plan devrait apparaître comme œuvre du gouvernement slovène, de façon à le faire apparaître comme une initiative « du bas », pour, aussi, alléger de leurs responsabilités les gouvernements européens majeurs, en minimisant ainsi – comme ils l’espèrent- les risques d’une « nouvelle crise des Balkans ». Ils savent donc bien, que ce faisant, les Européens sont en train de se fabriquer chez eux les prémices de gros ennuis aux conséquences imprévisibles, que ce soit à brève, comme à moyenne et à longue échéance. Probablement quelqu’un d’entre eux aura-t-il même lu Il ponte sulla Drina (Le pont sur la Drina) d’Ivo Andric, et devrait avoir quelque soupçon. Mais ils continuent de façon identique, conduits par Washington —où à coup sûr personne ne connaît Andric— sur la voie la plus périlleuse.

L’argument pour faire taire les critiques est déjà prêt, et a été utilisé de façon répétée par le « négociateur de l’échec », Martti Ahtisaari : « Si nous ne contentons pas Pristina ce sera la fin du monde » (traduire : les milices jamais dissoutes de l’UCK massacreront un certain nombre de Serbes, comme c’est du reste arrivé pendant ces sept années d’occupation OTAN).Ce qui revient à affirmer —après avoir créé Frankenstein— qu’on n’est plus en mesure de l’arrêter. Grossier mensonge, car il n’y a pas d’ascension plus résistible que celle de Thaçi, dont l’ascenseur n’a fonctionné que parce que les États-Unis et l’Europe lui ont fourni le courant.

Mais poursuivons dans l’illustration du « plan de Ljubljana ». Après la déclaration slovène, en fait, est prévue une salve des gros canons qui veulent être enregistrés de toutes façons sur le livre de paye par les vrais protagonistes. Et donc, sans perdre une minute, « dans les 48 heures qui suivent » voilà qu’arrivent aux agences les reconnaissances de la Grande-Bretagne, de la France, de l’Italie et de l’Allemagne. Nous verrons si l’ordre est respecté ou s’il y aura des bousculades serviles de dernière heure. Ensuite arrivera la « cascade de reconnaissances », écrit extasié le journaliste étasunien. Voici la reconnaissance US, en cinquième position mais première des extra-européens. Les symboles ont leur rôle à jouer. En dernier, la file des vassaux, vasseurs et vavasseurs : la Suisse, l’Islande (première des petits) la Norvège, la Turquie – qui chapeautera le groupe de Macédoine, Albanie, Monténégro, Croatie, tous aspirants à l’entrée dans l’Europe. Le tout bien emballé pour introduire la reconnaissance en masse de la part des 54 membres de la Conférence Islamique.

Nous assisterons, en somme, à une véritable mise en scène de théâtre, où tous les rôles sont déjà attribués de façon largement anticipée. La seule à ne pas avoir de rôle est l’ONU, à qui on ne refuse jamais une courbette, à condition de la laisser de côté. Parce que, il y a là-dedans la Russie, qui n’est pas d’accord.

Mais c’est à cela aussi que sert l’opération Kosovo indépendant : à faire enrager la Russie de Poutine, qui n’est plus amie et pas même sympathisante. Acte international pour multiplier le contentieux avec Moscou ? Selon toute évidence c’est justement là l’objectif. L’accélération sur le Kosovo n’était pas du tout nécessaire, donc pourquoi la provoquer ? Tous les Européens n’étaient pas et ne sont pas enthousiastes. Pourquoi les mettre en difficulté ? La réponse vient presque automatiquement : parce que Washington a tout intérêt à diviser et affaiblir l’Europe, et à l’opposer à la Russie.

L’idée du bouclier de missiles états-uniens à implanter dans la Pologne anti-européenne des frères Kaszinski, avec dépendance du radar tchèque, n’a-t-elle peut-être pas la même marque de qualité ? Peut-on faire injure aux dirigeants étasuniens et à leur intelligence au point de penser qu’ils n’y auraient pas pensé ? Impossible. Donc, ils ont décidé de faire ce geste en sachant qu’il aurait provoqué à Moscou une réaction très vive et —chose non moins importante— qu’il aurait provoqué d’autres lacérations en Europe.

Une pierre deux coups. Classique. Une Europe qui se retrouve avec une Russie irritée à côté d’elle est encline à en avoir peur, par d’évidents réflexes historiques. Et comme tous les Européens n’ont pas une peur égale de la Russie, voilà qu’apparaissent des lézardes entre eux. Dont une part d’entre eux est en train de faire ses comptes énergétiques, et n’a pas une grosse envie de se retrouver sans gaz et pétrole pour en avoir un peu trop fait dans la polémique sur les Droits de l’homme en Russie : suivant en cela les USA dans la ligne des deux poids deux mesures pour laquelle ils ont toujours joué les prolongations. Bonne affaire, finalement, pour cette stratégie, si la Russie, au lieu de réagir de façon différenciée et graduelle à chaque coup, se met à grogner indifféremment contre Europe et les USA en faisant le jeu de Washington.

Tout ceci étant dit, on reste franchement abasourdi que les Européens ne se rendent pas compte que non seulement cette voie est celle de l’affrontement entre Russie et USA, mais qu’eux aussi finissent par y être entraînés sans issue. En vérité certains comprennent, mais craignent que, s’ils réagissent, ils ne finissent mal leurs carrières. Les autres poursuivent en valets fidèles et silencieux. Mais les uns et les autres sont incapables d’envisager l’ensemble des inconnues de la situation. S’ils étaient à la hauteur de leur tâche ils comprendraient que, dans le calcul global, entre en ligne de compte l’endettement épouvantable des USA ; le dollar qui est en chute ; le fait que cette Amérique ne signera rien dans l’après Kyoto et dans l’après Bali. Bush ne le fera pas, et Hillary Clinton non plus, si ce devait être son tour, parce que cela signifierait mettre en question l’ « American Way of Life ».

Tout entre en ligne de compte ; en quoi la somme finale devrait leur dire que sur cette pente on part à la guerre, alors que l’Europe pourrait au moins freiner. Mais pour ce faire il faut une stature morale, en plus de politique, et l’une et l’autre manquent, ici.

Et on en est réduit à espérer dans la modeste révolte des « Services Secrets États-uniens Réunis » (SSER) pour bloquer l’attaque contre l’Iran. Déjà décidé dans le silence des Européens, seulement rompu par la petite trompette emphatique de Sarkozy, pauvre France. La Chine et la Russie regardent et, quand elles comprendront que l’Europe n’est pas un garde-fou, elles se débrouilleront toutes seules.



Parlamentario europeo y periodista. Italia