Afghanistan - 17.1.2008

Le battaglie degli italiani

Tutte le operazioni di guerra cui le forze italiane hanno preso parte dal 2006 o oggi


2007
 
1-21 novembre 2007. Le forze speciali italiane della Task-Force 45 e i bersaglieri della Forza di Reazione Rapida, con l’appoggio di cinque elicotteri Mangusta e per la prima volta anche di otto cingolati Dardo, prendono parte (assieme a forze afgane e Usa) alla battaglia del Gulistan, nella provincia di Farah, per riprendere il controllo di questo distretto caduto nelle mani dei talebani alla fine di ottobre. Nei combattimenti vengono uccise decine di guerriglieri.

 

5 Ottobre 2007. Gli alpini del 5° reggimento della brigata 'Julia' vengono attaccati nottetempo dai talebani nel loro avamposto nella Valle di Musahi, 40 chilometri a sud di Kabul. Ai lanci di granate e alle raffiche di mitra, i soldati italiani rispondono con le mitragliatrici pesanti, mettendo in fuga i guerriglieri. 

 

19 settembre 2007.  Sono ancora le forze speciali italiane della Task-Force 45 e i bersaglieri della Forza di Reazione Rapida, con l’appoggio di due elicotteri Mangusta,  che prendono parte all’operazione ‘Palk Wahel’ con il compito di bloccare le vie di fuga ai talebani che scappano dalla provincia di Helmand (epicentro dell’offensiva) cercando scampo nella provincia di Farah.

 

22 agosto 2007. Un convoglio italiano di blindati ‘Lince’ viene attaccato dai talebani nel distretto di Bala Buluk, provincia di Farah, durante una missione di perlustrazione. I soldati italiani ingaggiano un combattimento con i guerriglieri, ma non riuscendo a “disimpegnarsi” chiedono copertura aerea alla base di Herat. Entrano così nuovamente in azione gli elicotteri Mangusta che aprono il fuoco contro i talebani, disperdendoli.

10 agosto 2007. I bersaglieri del 1° reggimento della Brigata Garibaldi della Forza di Reazione Rapida prendono parte a una battaglia di due ore e mezzo nel distretto di Murghab, provincia di Badghis, dove un convoglio militare afgano-spagnolo era stato attaccato dai talebani. Per la prima volta entrano in azione gli elicotteri da attacco italiani Mangusta A-129. Decine di guerriglieri rimangono uccisi.

 

27 aprile 2007. Il generale Antonio Satta coordina un attacco aereo (aviazione Usa) sulla Valle di Zerkoh, nel distretto di Shindand, provincia di Herat. Nei ripetuti raid rimangono uccisi 51 e 136 talebani. Nonostante Satta dichiari che l’operazione era stata pianificata dal comando italiano di Herat e che aveva anche predisposto elicotteri per l’evacuazione dei feriti, il ministero della Difesa afferma di esserne all'oscuro. 

11 marzo-10 aprile 2007. Le forze speciali italiane della Task-Force 45 e i paracadutisti della Forza di Reazione Rapida prendono parte all’operazione ‘Achille’ con il compito di bloccare le vie di fuga ai talebani che scappano dalla provincia di Helmand (epicentro dell’offenisva) cercando scampo nella provincia di Farah. Il ministero della Difesa inizialmente smentisce. Ma poi la notizia trapela da Madrid.
In questo periodo le forze italiane subiscono numerosi attacchi e agguati, ma solo alcuni di questi vengono resi pubblici (il 20, 24 e 29 marzo).

 

21 febbraio 2007. I militari italiani prendono parte all’offensiva dell’esercito afgano per la riconquista del distretto di Bakwa, occupato dai talebani due giorni prima. Almeno venti guerriglieri vengono uccisi nell’operazione.  

 
2006 

10 dicembre 2006. Il generale Antonio Satta coordina un attacco terrestre e aereo (forze afgane e aviazione Usa) nel distretto di Bala Buluk, provincia di Farah, dove un gruppo di talebani si era infiltrato per compiere attacchi lungo la ‘ring-road’ che conduce ad Herat. Ai combattimenti prendono parte i militari italiani dei Team operativi di affiancamento e collegamento (Omlt) che accompagnano sul campo i soldati afgani del 207° corpo d’armata. Almeno nove i guerriglieri uccisi nell’operazione.   
 
1 ottobre 2006. Le stesse forze italiane prendono parte (assieme a forze afgane e Usa) all’operazione ‘Wyconda Rib’ nel distretto del Gulistan, provincia di Farah, allo scopo di riprendere il controllo di questa zona, conquistata due settimane prima dai talebani. I ribelli vengono cacciati dal distretto, ma non vengono forniti particolari sui combattimenti.

18 settembre 2006. Le forze speciali italiane della Task-Force 45 e i paracadutisti del 66° reggimento di fanteria ‘Trieste’ della Brigata Aeromobile ‘Friuli’ della Forza di Reazione Rapida (Qrf) italo-spagnola prendono parte (assieme a forze afgane e Usa) all’operazione ‘Wyconda Pincer’ nei distretti di Bala Buluk e Pusht-i-Rod, provincia di Farah. Almeno una settantina i talebani uccisi in combattimento dalle forze italiane.
Il ministero della Difesa ordinò il silenzio-stampa sull’operazione.




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Battaglione Rommel

di Gianluca Di Feo

Le immagini di un mezzo corazzato dell'esercito italiano colpito da una mina nel deserto dell'Afghanistan svelano un particolare inquietante: i nostri soldati vanno in missione con la palma dell’Afrika Korps hitleriano dipinta sulle jeep

La jeep italiana colpita da una mina. Sulla portiera si riconosce la palma simbolo dell'AfriKa Korps )


In Afghanistan sognando El Alamein. Perché sembra proprio che i commandos delle forze speciali italiane vadano in missione con la palma dell'Afrika Korps dipinta sulle jeep. Sì, il simbolo inconfondibile dei reparti di Rommel che portarono la bandiera hitleriana alle porte del Cairo. E poi si ritirarono mollando proprio i parà italiani a coprirgli le spalle. Ora alcune foto di un attentato talebano contro le forze Nato hanno fatto nascere il giallo. Le immagini riguardano una jeep corazzata italiana e un blindato spagnolo colpiti da mine nel deserto afghano verso il confine iraniano. Sono foto sfuggite alla censura del nostro Stato maggiore, finendo sui siti web di Madrid e da lì nel forum di "Pagine di Difesa", la più attenta rivista telematica del settore. La buona notizia è che il veicolo blindato dell'Esercito, una delle nuove jeep speciali Iveco Vtlm, ha funzionato, salvando la vita dell'equipaggio. Il mezzo, progettato proprio per  sopravvivere agli agguanti con ordigni nascosti nel terreno, sta venendo adottato da molte nazioni.
La cattiva notizia è quella palma dipinta sulla fiancata, che riproduce esattamente il simbolo dell'Afrika Korps: è stata omessa solo la svastica. Un'iniziativa di pessimo gusto: estanea alla tradizione militare italiana, ma soprattutto lontana da quei principi democratici che dovrebbero ispirare le missioni all'estero. Gli scatti non permettono di identificare a quale reparto appartenga il veicolo coinvolto nell'attentato: nella zona operano squadre di parà del Col Moschin e di incursori di marina del Comsubin. Nell'autunno 2006 i soldati tedeschi in servizio in Afghanistan vennero fotografati con un simbolo praticamente identico dipinto sulle loro jeep. Le immagini pubblicate sul settimale Stern spinse il ministero della Difesa ad aprire un'inchiesta e sospendere dal servizio sei militari.


(30 gennaio 2008)