From: CentroStudiTransizioneSocialismo @yahoogroups.comDate: March 17, 2008 2:42:00 PM GMT+01:00Subject: Cina e TibetDa: vilici74Cari compagni,
In queste ore da destra a manca sono diventati tutti sinologi e
difensori della "causa tibetana". Io più umilmente mi permetto di
segnalarvi questo testo, pubblicato nel 1997 e disponibile in rete
all'indirizzo
http://www.tibetinfor.com/english/services/library/serialise/h_status/menu.htm
Il titolo è "The Historical Status of Tibet, China" edito dalla China
Intercontinental Press. Data la difficile reperibilità del testo
consiglio vivamente i compagni interessati a farsene una copia.
Sviluppo di una precedente monografia, il testo esamina storicamente
la vicenda del popolo tibetano dai primi contatti durante la dinastia
Tang a oggi, con dovizia di dettagli e con uno spessore raramente
riscontrabile nella pubblicistica occidentale sull'argomento.
Di particolare interesse il capitolo 5 relativo alla costruzione del
mito dell'"indipendenza tibetana" e il capitolo 8 relativo al rispetto
dei diritti umani in Tibet sotto il regime lamaista feudale, ma nel
complesso tutto il libro è interessante.
Con saluti comunisti,
Paolo Selmi
Introduction
Chapter I:Relations Between the Han and the Tibetans During the Tang and Song Dynasties
Chapter II:Relations Between the Emperor of the Yuan Dynasty and the Princess of Dharma of the Sagya Sect of Tibetan
(1)Godan and Sapan
(2)Kublai and Pagba
Chapter III:Ming Dynasty's Policy of Enfieffment and Tribute-Related Trade
Chapter IV The Sovereign-Subject Relationship Between the Qing Dynasty Emperor and the Dalai Lama
(1)Emperors Shunzhi and Kangxi With the 5th Dalai Lama
(2)Emperor Kangxi, Yongzhen and Qianlong With the 6th and 7th Dalai Lama
(3)Emperor Qianlong, Jiaqing, Daoguang and Tongzhi With the 8th-12th Dalai Lama
(4)Emperors Guanxu and Xuantong With the 13th Dalai Lama
Chapter V British Invasion and the Birth of the Myth of "Tibetan Independence"
(1)First British Invasion
(2)Second British Invasion
(3)British Move to Cultivate Pro-British Forces in Tibet
Chapter VI Tibet is Not an Independent Political Entity During the Period of the Republic of China
(1)Yuan Shi-kai and the 13th Dalai Lama
(2)The Bankrupt "Simla Conference" and the Invalid Convention
(3)The Tibetan Army's First Eastward Invasion
(4)Around the Gansu Delegation's Entry Into Tibet
(5)The 13th Dalai Lama Awakens
(6)Gongjor Zhongnyi and the Tibet Office in Nanjing
(7)The Tibetan Army's Second Eastward Invasion
(8)The Demise of the 13th Dalai Lama and Huang Musong's Entry Into Tibet
(9)The Reincarnation of the 13th Dalai Lama and Wu Zhongxin's Entry Into Tibet
(10)Dagzha Comes to Power and the Razheng Event
(11)Tibetan Delegates at the Asian Relations Conference
(12)Visits by the Tibetan "Commercial Delegation"
(13)July 8 Event
Chapter VII The Founding of the People's Republic of China and the Peaceful Liberation of Tibet
(1)The Chinese Communist Party's Policy for Nationlities and Policy for Peaceful Liberation of Tibet
(2)PLA Troops Who Serve the Tibetans Whole-Heartedly
(3)The Local Government of Tibet Refused Peace Talks and the PLA Was Forced to Fight the Qamdo Battle
(4)The Signing of the 17-Article Agreement and the Peaceful Liberation of Tibet
Chapter VIII Armed Rebellion in Tibet Opposed the Democratic Reform Through Which Serfs Win Human Rights
(1)The Tibetans Enjoyed No Human Rights Under Their Feudal Overlords in Old Tibet
(2)The Reactionary Ruling Class in Old Tibet Refused ti Grant Human Rights to the Broad Masses of Tibetans
(3)Armed Tibetan Rebels Barbarously Violated Human Rights
Chapter IX Tibetan People Acquired Ultimate Human Righes Through Quelling of Rebellion and Conducting the Democratic Reform
(1)Putting Down the Armed Rebellion
(2)Democratic Reform
Chapter X Tibetan Institutes Regional National Autonomy and Needs No "Self-Determination"
Chapter XI The 14th Dalai Lama's Illegal "Government-in-Exile" Is a Destabilizing Factor for Asia
Chapter XII Achievements in Construction and Development
(1)Economic Construction
(2)Cultural Construction
(3)Freedom of Religious Belief
Concluding Remarks
Postscript
Adesioni
Domenico Losurdo, filosofo
Gianni Vattimo, filosofo
Luciano Canfora, storico
Carlo Ferdinando Russo, direttore della rivista "Belfagor"
Angelo d’Orsi, storico
Ugo Dotti, storico della letteratura italiana
Guido Oldrini, filosofo
Massimiliano Marotta, presidente della Società di studi politici
Federico Martino, storico del diritto
Fosco Giannini, senatore PRC, direttore della rivista “l’Ernesto”
Fausto Sorini, membro del Comitato politico nazionale del PRC, direzione area “l’Ernesto”
Sergio Cararo, direttore della rivista “Contropiano”
Alessandro Leoni, Segreteria regionale toscana PRC
Valter Lorenzi, Rete nazionale “Disarmiamoli!”
Luca Gorlani, educatore, Chiari (BS)
Marco Benevento, Direttivo FIOM Roma Nord
Manlio Dinucci
Luciano Vasapollo, docente Università La Sapienza, Roma
Stefano G. Azzarà, Università di Urbino
Filippo Lai, ricercatore, Cagliari
Pilade Cantini
Vincenzo Simoni, Segretario nazionale dell’Unione Inquilini
Alfredo Tradardi, ISM-Italia
Francesco Zardo, giornalista e scrittore
Marie-Ange Patrizio, psicologa e traduttrice, Marsiglia
Giancarlo Staffolani, Collettivo “B. Brecht”, Veneto orientale
Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti/assemblea lavoratori autoconvocati
Andrea Martocchia, astrofisico, INAF-IASF Roma
Serena Marchionni, bibliotecaria, Fac. Matematica, Università di Bologna
George Philippou, Atene
Luigi Pestalozza, musicologo
Libero Traversa, della redazione di “Marxismo Oggi”
Sergio Manes, editore (La Città del Sole)
Antonella Ghignoli
Andrea Parti
Aldo Cannas, Cagliari
Hisao Fujita Yashima, professore associato di Analisi Matematica, Università di Torino
Marco Ghioti
Leo Giglio
Armando Gattai, Prato
Niccolò Zambarbieri, Giovani Comunisti di Pavia
Claudio Del Bello, editore (Odradek)
Lin Jie
Mauro Gemma, redazione di Resistenze.org
Antonio Ginetti, Pistoia
Riccardo Fabio Franchi, studente, Bologna
Silvio Marconi, antropologo, operatore di cooperazione allo sviluppo e intercultura, Roma
Francesco Saverio de Blasi, ordinario di Analisi Matematica, Universita' di Roma "Tor Vergata
Claudia Cernigoi, giornalista, Trieste
Z. Shiwei
Edoardo Magnone, chimico, Italy-Japan Joint Laboratory on Nanostructured Materials for Environment and Energy (NaMatEE) and "Research Center for Advanced Science and Technology" (RCAST), University of Tokyo
Rosanna Deste
Marco Costa – PRC, Assessore ai Lavori Pubblici, Comune di Busana (RE)
Fulvio Grimaldi, giornalista
Antonio Casolaro, Caserta
Antonio Caracciolo, ricercatore di Filosofia del Diritto, Università di Roma La Sapienza
Alessandra Orlandini, infermiera, Ancona
Gianni Monasterolo, musicista e poeta
Stefano Franchi, segreteria PRC Bologna
Marina Minicuci, giornalista
Francesco Maringiò, coordinamento nazionale Giovani Comunisti/e
Adriano Benayon, Brasília, Brésil
Francesco Rozza, Caserta
Gian Mario Cazzaniga, professore di Filosofia morale, Università di Pisa
Annie Lacroix-Riz, storica
Simone Bruni, operatore e mediatore socio-culturale per Arci Toscana
Marianna Gorpia, segretario PdCI Empoli
Sergio Ricaldone, redazione della rivista “l'Ernesto”
Luca Sbano
Anna Capecchi
Dante Franchi, capogruppo consiliare PRC Marzabotto (BO)
Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano
Elena Ulivieri, studentessa
Vincenzo Brandi, ricercatore Enea
Emilio Desiderio
Giulietto Chiesa
Yuri Borgianni, Capogruppo PRC Consiglio Comunale Poggibonsi (SI)Loriano Checcucci, Segretario Circolo PRC "G.K. Zhukov", Poggibonsi (SI)
Crocini Rosanna, Pistoia
Comaguer (Comité Comprendre et Agir contre la Guerre), Marseille
Francesco Pappalardo - Medico del lavoro – Piombino
Francesco Romano - RSA Prov. Napoli
Daniel Antonimi, secrétaire international Pôle de Renaissance Communiste en France
Marco Beccari, Roma
Massimo Marcori, Impiegato, Torino
Donato Antoniello, Assessore al lavoro e istruzione del comune di Nichelino (TO)
Artemis Torres, pesquisadora, Brasil
Cesare Allara, Comitato di Solidarietà col Popolo Palestinese di Torino
Massimo Zucchetti, ordinario di impianti nuceari, Politecnico di Torino
Arianna L'Abbate, ricercatrice
Marilisa Verti, giornalista
Walter Ranieri, pittore, Bari
Giuseppe Lanzavecchia, Roma
Clemente Granirei, segretario circolo Lenin PRC NapoliChiara Francesca Mazzei, docente di storia e filosofia
Miriam Pellegrini Ferri Presidente G.A.MA.DI.
Spartaco Ferri, partigiano della Brigata Garibaldi
Paolo Valentini, studente di biologia
Enzo Valentini, segretario G.A.MA.DI.
Stefano Friani, Segreteria PRC Livorno
Luca Rossi, aderente Coordinamento Progetto Eurasia
Francesco Dragonetti, Coordinamento Giovani Comunisti di Bologna
Diletta Marzo, Giovani Comunisti Bologna
Matteo Cavallaro, studente di Scienze Politiche, Torino
Roberto Capizzi, Coordinamento Giovani Comunisti, EnnaAndré Luis Travassos, Ciências Sociais, Universidade Estadual de Londrina - PR
Pino Binda, partigiano comasco, Milano
Enzo Proverbio, antifascista, Milano
È giusto invitare le autorità cinesi alla moderazione di fronte alla rivolta dei monaci tibetani, ma non si può pretendere che la Repubblica popolare tolleri che una sua regione sia governata da una teocrazia. La Cina, con l' introduzione del mercato, sta sviluppando a tappe forzate la sua economia (e di conseguenza la società) e la modernizzazione del Tibet è parte integrante del progetto. Il boicottaggio delle Olimpiadi inasprirebbe i rapporti con quella che fra pochi decenni sarà la maggiore potenza economica mondiale. D' altronde non sono affatto convinto che il mancato boicottaggio rappresenterebbe, come molti sostengono, un tradimento dei nostri valori; trovo anzi singolare pretendere, in nome della cultura occidentale, che società e civiltà arcaiche vengano trattate come reperti archeologici da conservare a ogni costo per la delizia di turisti e antropologi. Del resto, è proprio il rifiuto da parte di Stati e culture di uscire dal medioevo per entrare nella modernità che spesso costituisce l' ostacolo maggiore al dialogo e alla coesistenza.
giorgio.vergili@ fastwebnet.it
Caro Vergili,
L a sua lettera coglie un punto a cui l' opinione pubblica occidentale non ha prestato molta attenzione. È possibile che gli esuli tibetani, cresciuti lontano dalla madrepatria, stiano facendo una battaglia democratica per i diritti umani e civili del loro Paese. Ed è evidente che il Dalai Lama si accontenterebbe di un Tibet autonomo, soggetto all' autorità politica di Pechino e tuttavia libero, al tempo stesso, di coltivare le proprie tradizioni culturali e religiose. Ma la violenta rivolta dei monaci a Lhasa e in altre province cinesi dove abitano importanti comunità tibetane, è stata una insurrezione conservatrice. Sappiamo che la Cina ha sempre considerato il Tibet una insopportabile anomalia e ha fatto del suo meglio per alterare la composizione demografica della regione favorendo l' insediamento nel territorio di una nuova popolazione han (così hanno fatto, incidentalmente, molti Paesi europei, fra cui l' Italia, quando si sono impadroniti di terre di confine abitate da minoranze che appartenevano a un diverso ceppo nazionale). Ma fu subito evidente che la Repubblica popolare non avrebbe mai tollerato, all' interno dei propri confini, una Santa Sede del buddismo himalayano, un regime feudale e religioso come quello sorto molti secoli fa sull' altopiano tibetano. La situazione si è ulteriormente complicata quando la grande modernizzazione cinese ha finalmente investito il Paese. Quando visitai il Tibet nel 1981, il rapporto fra i tibetani e l' amministrazione cinese era congelato dallo stato di arretratezza economica della provincia. Gli occupanti e i sudditi sembravano avere concluso una tregua che nessuno, in quel momento, aveva interesse a rompere. Ma lo sviluppo economico, da allora, ha creato turismo, commercio, iniziative industriali. Durante una visita organizzata dal governo di Pechino dopo le agitazioni dello scorso marzo, i corrispondenti stranieri hanno fatto due constatazioni interessanti. In primo luogo si sono accorti che i monaci tibetani, contrariamente alla loro reputazione occidentale, non sono cultori della «non violenza» e ne hanno dato la prova con una furia devastatrice che ha colto di sorpresa le forze di polizia. In secondo luogo hanno compreso che la loro rivolta non era diretta soltanto contro i cinesi, ma anche contro una classe emergente di tibetani che stanno sfruttando i vantaggi della modernizzazione. Quello a cui abbiamo assistito, in altre parole, non è, se non in parte, uno scontro fra democrazia e dittatura. È anche il segno di una frattura sociale che si è aperta all' interno della società tibetana. Non è necessario essere marxisti o anticlericali per osservare che la Cina recita in questa faccenda, sia pure con i modi intolleranti di un regime autoritario, la parte della modernità e che i monaci, come si sarebbe detto una volta, quella della reazione.
Romano Sergio
Pagina 43
(10 aprile 2008) - Corriere della Sera
(Message over 64 KB, truncated)