Bolivia: il secessionismo... croato ha fallito

1) Il referendum secessionista in Bolivia è stato un totale fallimento
Prensa Latina - 5 maggio 2008

2) EVO MORALES: "IL SECESSIONISMO HA FALLITO"
Gennaro Carotenuto - 6 maggio 2008

...sbandierano un 84% di sì ma tengono segreto il dato sull’astensionismo che avrebbe superato il 40%...

3) Sulla vera natura del cosiddetto movimento autonomista cruceno in Bolivia
Alejandro Saravia - 14 aprile 2008

...Storicamente, Santa Cruz è stata stranamente una terra d’accoglienza per il nazismo....

4) Più di 2.500 intellettuali hanno firmato l’appello in solidarietà con la Bolivia:
Nous dénonçons la conspiration pour diviser la Bolivie / The Conspiracy to Divide Bolivia Must Be Denounced

5) L'ambasciatore Usa Goldberg: dal Kosovo alla Bolivia
PABLO STEFANONI - 15 febbraio 2008

...il fatto che Goldberg abbia prestato servizio nel Kosovo, prima di arrivare a La Paz, alimenta fantasmi analoghi sulle sue intenzioni di appoggiare l'ala radicale dell'autonomismo di Santa Cruz, il cui obiettivo ultimo potrebbe essere la secessione. In un clima molto teso per la decisione degli autonomisti cruceños di indire il 4 maggio prossimo un nuovo referendum per l'autonomia - considerato un atto di sedizione dal governo centrale - è circolata un'intervista della rivista di Zagabria Globus al leader autonomista del Comitato civico di Santa Cruz, Branko Marinkovic (di origine croata) intitolata «Un croato contro gli indigeni»....


SULLA EMIGRAZIONE NAZISTA CROATA (USTASCIA) IN AMERICA LATINA SI VEDA AD ESEMPIO:


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Evo dresse le bilan de son gouvernement et dénonce les ingérences US dans son pays



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Benito Pérez - Des propriétaires prennent les armes contre la réforme agraire
Violences, provocations, coups de force : tout pour maintenir le travail forcé des communautés indiennes



Romain Migus - Emission spéciale "Bolivie" sur Radio Venezuela en direct
Légal ou pas, le référendum ? Que cache-t-il ? La Bolivie en voie de balkanisation ? En direct radio.




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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 06-05-08 - n. 226

 

Il referendum secessionista in Bolivia è stato un totale fallimento
 
Prensa Latina
05/05/2008

 

Il presidente boliviano, Evo Morales, ha definito un totale fallimento il referendum secessionista e autonomista nel dipartimento di Santa Cruz, ed ha informato che la Corte Suprema ha già stabilito che non lo riconoscerà, perché si è trattato di un esercizio illegale.

 

Morales ha sottolineato che domenica 4 a Santa Cruz non c’è stata solo una consultazione, ma anche una forte resistenza popolare con concentrazioni di folla per l’unità nazionale in varie città, dove migliaia di persone si sono mobilitate in appoggio al Governo.

 

Durante una trasmissione televisiva diffusa in tutto il paese, Evo ha detto che il referendum promuoveva la divisione, e che nonostante le minacce e le umiliazioni è nata una grande ribellione contro i gruppi che hanno sempre manovrato il popolo di Santa Cruz sulla base delle rivendicazioni economiche.

 

Evo Morales ha dichiarato che sommando il 39% degli astenuti, i no e i voti in bianco, si supera il 50%, anche se alcuni media attribuiscono la vittoria, in una giornata marcata dalla violenza e da denunce di brogli e frodi..

 

“Questa consultazione è fallita completamente: è illegale ed è anticostituzionale. Non si può certo dire che ci sia un vincitore con più dell’80%”, ha ironizzato Evo alludendo alle dichiarazioni degli oligarchi, e si appellato a tutti i prefetti e i governatori, perché si riuniscano immediatamente con il governo a favore di un’autentica autonomia che rispetti la Costituzione.

 

(Traduzione Granma Int.)

 

Il video con la dichiarazione di Evo Morales sul fallimento del referendum in                  

 

 



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EVO MORALES: "IL SECESSIONISMO HA FALLITO"

Gennaro Carotenuto
(06 maggio 2008)

Santa Cruz, la regione più ricca della Bolivia, si è cantata e suonata il proprio referendum razzista e secessionista mascherato da autonomia e palesemente illegale per la comunità internazionale. I promotori, poche decine di famiglie che hanno sempre appoggiato dittature e neoliberismo, sbandierano un 84% di sì ma tengono segreto il dato sull’astensionismo che avrebbe superato il 40%. Ma in una giornata piena di incidenti e tensioni, l’unica cosa sicura è che la Bolivia è al bordo dell’abisso e ha bisogno della solidarietà di tutti i democratici del mondo.
A Santa Cruz si chiamano Marinkovic, Saavedra Bruno, Monasterio Nieme, Kuljis Añez, Justiniano Ruiz, Roig Pacheco, Rapp Martínez, Antelo Urdininea, Keller Ramos, Candia Mejía, Castro Villazón, Ovando, Fracaro, Sánchez Peña, Nielsen, Bauer y Elsner. Nel dipartimento di Beni si chiamano Guiteras, Llapiz, Sattori, Bruckner, Quaino, Dellien, Ávila, Nacif, Antelo, Salek. A Pando sono i Sonnenschein, Fernández, Hecker, Becerra Roca, Vaca Roca, Peñaranda, Barbery Paz, Claure, Villavicencio Amuruz. Sono i padroni della Bolivia, poche decine di famiglie, padrone di milioni di ettari di terra e che da tempo immemorabile appoggiano tutte le dittature che hanno infestato questo paese e che nel periodo più crudele del neoliberismo si sono arricchite enormemente. Sono i padroni della Bolivia bianca e razzista, che esprime il proprio rispetto per la democrazia rappresentativa chiamandone il legittimo presidente “la scimmia”.
Adesso queste stesse famiglie, gli interessi multinazionali con i quali hanno condiviso il loro dominio su milioni di boliviani, e il governo di Washington che controlla in prima persona tutto e che, come ha denunciato la giornalista argentina Stella Calloni, ha inviato a La Paz come ambasciatore Philip Goldberg, il massimo esperto statunitense in secessioni, per le quali ha lavorato in Bosnia, Montenegro e Kosovo, nascondono dietro il nome di “autonomia” il loro progetto di impedire che la nuova Costituzione voluta dalla maggioranza del paese possa essere approvata. E la nuova Costituzione non è altro che l’ultima possibilità perché la stragrande maggioranza del paese, indigena, che è stata sempre discriminata, terrorizzata, violata, impoverita, possa recuperare la propria dignità.
Lo statuto di autonomia maschera infatti una vera e propria secessione strisciante, con la quale le province ricche pretendono di sottrarre al governo centrale praticamente tutte le competenze, l’amministrazione delle risorse naturali, cominciando con il gas, la fiscalità, impedire qualsiasi tipo di riforma agraria, il controllo dei trasporti stradali, ferroviari, aerei e fluviali, le comunicazioni, la vigilanza aerea, il controllo radar sul territorio e l’ordine pubblico che sempre nelle costituzioni boliviane è toccato ai governi centrali. Non c’è in pratica al mondo nessun federalismo, nessuna autonomia, che prevede un trasferimento di poteri così vasto come quello votato domenica a Santa Cruz.
L’approvazione con un’ampia maggioranza, tra brogli e minacce della destra neonazista attivissima a Santa Cruz, era prevedibile. Meno prevedibile era la quota di astensioni, che avrebbero triplicato la media di astensioni nella regione in altre consultazioni. Tuttavia anche le astensioni non rappresentano un dato particolarmente rilevante, anche perché l’intera consultazione illegale e illegittima, nonostante nessuno ne possa nascondere il valore politico. Un vero e proprio complotto per impedire che il governo democratico legittimamente eletto –come ha affermato anche la OEA- possa governare con il suo programma progressista, integrazionista e di giustizia sociale è in corso e la Bolivia ha bisogno della solidarietà di tutti i democratici del mondo.


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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 18-04-08 - n. 224

 

I veri interessi dietro Marinkovic, Costas e Quiroga

 

La pagliacciata autonomista
 
Alejandro Saravia - Rebelión
14/04/08

 

Sulla vera natura del cosiddetto movimento autonomista cruceno, non c’è niente di più illuminante del conto aperto che Branko Marinkovic ha con la Legge boliviana per appropriazione indebita di terre dello Stato. Avvalendosi della corruzione di funzionari e autorità statali, per un individuo o una famiglia, è stato possibile avere terreni molto estesi per cinque volte consecutive. Questo secondo le informazioni rese pubbliche dal viceministro delle Terre, Alejandro Alamraz, in merito all’appropriazione della laguna Corazon da pare dell’ineffabile paladino dell’autonomia crucena.

 

In un altro contesto, questo scippo di terreni potrebbe passare per un furto con destrezza compiuto da un personaggio abile, in un paese dove l’amministrazione e la giustizia è duttile a fronte del potere del denaro.Ma nell’ambito della convocazione di un referendum autonomista, proprio quello che propone Branko Marinkovic, si tratta di un fatto che fa luce sul futuro che attende i cruceños “autonomisti”.

 

Il cittadino dell’oriente boliviano si sbaglia, se crede che i suoi interessi saranno protetti da una oligarchia che si camuffa dietro le virtù della democrazia e della libertà. Questa oligarchia opera nei confronti delle risorse dello Stato con un implacabile istinto di saccheggio e di tornaconto personale. La prova sta nel fatto che a Santa Cruz 15 famiglie controllano mezzo milione di ettari. Nel Beni, 10 famiglie concentrano illegalmente mezzo milione di ettari. Nel Pando, 9 famiglie posseggono quasi 800.000 ettari. Si tratta dello scontro tra parti sociali: l’oligarchia orientale e la popolazione senza terra.

 

Da quando i latifondisti, quelli che hanno approfittato delle risorse del paese senza dividerle, hanno bisogno della solidarietà di chi sta sotto? Da quando la magra borghesia boliviana è paladina della democrazia e della libertà, quella borghesia personificata nei Gasser o Sanchez de Losada, che per anni ha goduto del golpismo militare?

 

Non è stato a Santa Cruz, come ricorda il giornalista de La Nación, Manuel Salazar, dove i grandi narcotrafficanti nel 1980 hanno offerto un finanziamento di 4 milioni di dollari al golpista García Mesa? A quella riunione non era presente Edwin Gasser, padrone del maggior zuccherificio e dirigente della Lega Anticomunista Mondiale (WALC), e non c’era anche Pedro Bleyer, presidente della Unione Industriale di Santa Cruz?

 

Branko Marinkovic e la parte sociale che lo ha eletto come suo portavoce, rappresenta la continuità di questa mentalità di esclusione sociale e saccheggio delle risorse dello Stato. Più che l’opinione, sono i suoi atti pubblici, la distanza fra il suo discorso e le sue azioni, ciò che da un assaggio di quello che sarà questa Santa Cruz nelle mani dei capataz locali.

 

Il discorso popolare è quello che rivela maggiormente la loro mentalità. Gabriela Oviedo, la miss Bolivia del 2004, è passata alla storia quando, con tutto il candore di uno stato di cose che non è cambiato fino ad oggi, dichiarò: “la gente che non sa granché della Bolivia, pensa che siamo tutti indios occidentali.. E’ La Paz l’immagine dominante, quella gente povera, di bassa statura e india. Io sono dell’altro lato del paese, del lato est… Noi siamo alti, siamo gente bianca e sappiamo l’inglese”.

 

Storicamente, Santa Cruz è stata stranamente una terra d’accoglienza per il nazismo. In questa città sono nati gruppi neofascisti come “I fidanzati della morte”, attivo durante la dittatura di Garcia Mesa. Ma già anni prima, la dittatura del colonnello Hugo Bánzer arrivò a coprire, proteggere e a dare la cittadinanza a un criminale di guerra nazista, Klaus Barbie, il macellaio di Lione, che più tardi, organizzerà gli attacchi paramilitari del 17 luglio 1980 contro la COB a La Paz.

 

In questa Santa Cruz del prefetto Rubén Costas, uomo alto, bianco e che sapeva l’inglese, paradigma di modernità. In questo paese desiderato dalla oligarchia cruceña non c’è posto per “gente povera, di bassa statura e india”, che non viene necessariamente dalla regione andina. Questi “poveri indios” sono i popoli indigeni Chiquitano, Ayoreode, Yuracare-Mojeño, Gwarayo e Guaraní, popolazioni che vivono a Santa Criz da cent’anni, molto prima dell’arrivo dei Mrinkovic, dei Costas o dei Quiroga. Se ci sono dei padroni legittimi delle terre di Santa Cruz, quei padroni sono i popoli indigeni. Quelli che non hanno accesso alle aule delle università private, né agli spazi ricreativi del quartiere Equipetrol, né ai saloni delle Torres Cainco. E non saranno quelli dell’Unione Giovanile Cruceñista quelli che lotteranno per una maggior giustizia e uguaglianza per i primi popoli indigeni cruceños, semplicemente perché non lo hanno mai fatto.

 

Santa Cruz deve la sua crescita economica allo stagno, cioè al lavoro dei minatori di Catavi, Llallagua, Pulacayo e Siglo XX, per citare alcuni centri minerari. Furono quegli indios aymara e quechua quelli che ebbero la silicosi perché Santa Cruz potesse lastricare le sue strade e la sua agroindustria potesse capitalizzarsi. Il lavoro dei “poveri indios” permise negli anni 70, secondo lo storico Mariano Baptista Gumucio, l’enorme espansione della agricoltura cruceña mediante crediti dello Stato destinati alla coltivazione e all’esportazione del cotone, del caffè, dello zucchero, del legno e dell’allevamento. E quando si trattò di devolvere i prestiti, fu lo Stato che assorbì i debiti dei produttori cruceños al Banco Agricolo. I boliviani che non ebbero un centesimo di quei capitali alla fine dovettero pagare circa 700 milioni di dollari. Questo travaso del debito privato all’erario pubblico fu opera di ADN, la formazione politica dell’ex dittatore Hugo Banzer e che oggi porta il nome di PODEMOS, o ROBEMOS, il che è lo stesso. ROBEMOS, guidata da Jorge Quiroga, ex consulente del Fondo Monetario Internazionale.

 

Più che un conflitto tra cittadini d’oriente contro quelli dell’occidente, in Bolivia si tratta del neoliberismo che sta lottando per schiacciare le richieste di maggior giustizia economica e sociale. Marinkovic, Costas e Quiroga difendono gli interessi delle multinazionali. La loro espressione politica è la destra, è PODEMOS, è l’avallo dell’ambasciatore statunitense Philip S. Goldberg. L’ambasciate degli USA ha dato centinaia di migliaia di dollari a una serie di organizzazioni che si oppongono alle riforme che sta portando avanti il presidente Morales. A questa destra degli oligarchi creoli, non dei cruceños, quella che ha rifiutato la mediazione della Chiesa e la mediazione di paesi come il Brasile o l’Argentina per evitare la divisione del paese.

 

In più di 180 anni di storia della Bolivia, mai un governo statunitense ha agito con la Bolivia in modo altruista. Washington ha nascosto i suoi interessi usando dittature militari o politici corrotti (Banzer - Sanchez de Losada), calpestando i diritti umani dei boliviani. E se è potuto capitare tutto questo, è stato grazie al sostegno della borghesia locale. Questo “noi siamo alti, siamo bianchi e sappiamo l’inglese” ha una dimensione politica che si manifesta nello specchietto per allodole dell’autonomismo. Non ci può essere autonomia se non siamo uguali nei diritti umani, nei diritti sociali ed economici.

 

Quello che il referendum dell’oligarchia cruceña vuole fare è la balcanizzazione della Bolivia. Marinkovic, Costas e Quiroga non fanno altro che creare le condizioni per una guerra civile sulle risorse naturali in Bolivia. Gli interessi che difendono sono quelli delle grandi corporazioni del gas e del petrolio. Sono quelli delle multinazionali che hanno già affondato la Bolivia e il Paraguay tra il 1932 e il 1935 nella guerra del Chaco, la prima guerra per il petrolio della regione. In quel conflitto, che fece 100.000 morti, furono gli indios aymara e quechua quelli che difesero le risorse petrolifere a Santa Cruz. Oggi sono quegli stessi interessi che vogliono mettere fine alla Bolivia come paese. L’attuale ambasciatore statunitense a La Paz, Philip S. Goldberg, è lo stesso che ha curato gli interessi degli USA durante la divisine della ex Yugoslavia, il paese d’origine di Branko Marinkovic. E non c’è alcun dubbio che saranno proprio gli USA, i primi a riconoscere il referendum di Marinkovic, Costas e Quiroga.

 

In fondo, il potere non è nel Palazzo Quemado, né nella Prefettura di Santa Cruz. Il potere non ce l’ha Evo Morales e neppure Branko Marinkovic. Il potere è nel popolo e in quelle parti sociali simboli o istituzioni in cui il popolo investe questo significato. Il potere sta nel popolo e nelle sue azioni collettive. Contro l’autonomia, al neoliberismo mascherato da cruceñismo, alle tre tigri dell’imperialismo Marinkovic, Costas y Quiroga, c’è una delle armi più efficaci dell’arsenale democratico dei popoli mobilitati: il boicottaggio del referendum. Viva Santa Cruz senza capataz!

 

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR


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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 26-04-08 - n. 225

da Telesur

 
Più di 2.500 intellettuali hanno firmato l’appello in solidarietà con la Bolivia
24/04/08

 

Più di 2.500 intellettuali di tutto il mondo hanno aderito alla mobilitazione  in difesa della Bolivia sottoscrivendo il documento: “Denunciamo la cospirazione per dividere la Bolivia”, l’appello lanciato contro il referendum autonomista voluto dall’estrema destra boliviana,
L’appello circola via Internet e si trova nel sito todosconbolivia.org, promosso dalla Rete delle Reti a Difesa dell’Umanità.
Tra i suoi firmatari iniziali si trovano i premi Nobel Rigoberta Manchù e Adolfo Pérez Esquivel.
Tra le adesioni più recenti vi sono la scultrice giapponese Setsuko Ono, sorella di Yoko Ono e cognata di John Lennon; l’economista egiziano Samir Amin, il direttore del Foro del Terzo Mondo, un’associazione di intellettuali d’Africa, Asia e America Latina; lo scrittore britannico István Mészáros, cattedratico dell’Università del Sussex e autore di molte opere sull’impatto del capitalismo nell’economia mondiale. Risalta anche la firma dell’economista e sociologo statunitense Wallerstein, e Jorge Enrique Adoum, poeta, saggista e narratore ecuadoregno.
E poi, tra gli altri, Pablo González Casanova, noto sociologo e crítico messicano, premiato dall’Unesco nel 2003 con il Premio Internazionale José Martí per la sua difesa dell’identità dei popoli indigeni, e la scrittrice Rosa Regás, Premio dell’Associazione spagnola dei Corrispondenti di Stampa Estera.

I firmatari si sono pronunciati contro il cosiddetto Statuto Autonomo di Santa Cruz “per il suo carattere incostituzionale e perché attenta all’unità di una nazione della nostra America”.
L’appello invita tutte le persone di buona volontà a denunciare in ogni modo la manovra secessionista in atto, e rileva come la presa del potere di un presidente indigeno - con un sostegno popolare senza precedenti nel suo paese - e i suoi programmi di benefico popolare e di recupero delle risorse naturali, abbiano subito dovuto affrontare le cospirazioni oligarchiche e l’ingerenza imperiale. L’escalation cospirativa ha recentemente raggiunto i massimi livelli, mostrando con tutta evidenza che le azioni sovversive e a anticostituzionali dei gruppi oligarchici riflettono la mentalità razzista ed elitista di quelle forze sociali.
L’appello sottolinea anche il fatto che questa manovra costituisce un pericolosissimo precedente, “non soltanto per l’integrità di questo paese, ma per altri della nostra nazione”.

 

Hanno firmato anche il poeta nicaraguese Ernesto Cardenal, il drammaturgo spagnolo Alfonso Sastre, e lo statunitense Ramsey Clark, la cantante venezuelana Cecilia Todd, il cineasta argentino Tristán Bauer, lo studioso italiano Gianni Vattimo.
Gli scrittori Roberto Fernández Retamar, Elena Poniatowska e Noam Chomsky, i cantautori Silvio Rodríguez e Manu Chao.
Quest’appello è nato alla fine dell’incontro: “Armati di idee: Intellettuali e artisti per la pace e la sovranità”, promosso dalla Rete delle Reti a difesa dell’Umanità, che ha pure espresso appoggio al processo politico boliviano con un documento che denuncia in modo chiaro il rifiuto della manovra secessionista.

 

TeleSUR / rr - AV

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http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-28%2011:46:07&log=invites

Nous dénonçons la conspiration pour diviser la Bolivie

Adolfo Pérez Esquivel, Rigoberta Menchú, Noam Chomsky ,...


La situation en Bolivie est de plus en plus grave. Il est nécessaire de soutenir le Président Evo Morales, en signant et en faisant circuler cet appel, qui sera publié au cours de cette semaine. Voulez-vous confirmer votre soutien à cabohorquez@... ou à yamp@...
 
En Bolivie, le processus de changements pour les majorités court le risque d'être brutalement restreint. L'arrivée au pouvoir d'un président indigène, élu avec un soutien sans précédent dans ce pays, et ses programmes de bénéfice populaire et de récupération des ressources naturelles, ont dû affronter dès les premiers moments les conspirations oligarchiques et l'ingérence impériale. 
Récemment, l'escalade conspirative a atteint ses niveaux maximaux. Les actions subversives et anticonstitutionnelles avec lesquelles les groupes oligarchiques prétendent diviser la nation bolivienne, reflètent la mentalité raciste et élitiste de ces secteurs et constituent un très dangereux précédent, non seulement pour l'intégrité de ce pays, mais aussi pour celle d'autres pays de notre région. 
L'histoire montre avec une grande éloquence les terribles conséquences que les processus divisionnistes et séparatistes induits et approuvés par de puissants intérêts étrangers ont eu pour l'humanité sur tous les terrains. 
Devant cette situation nous, les signataires, voulons exprimer notre soutien au gouvernement du Président Evo Morales Ayma, à ses politiques de changement et au processus constitutif souverain du peuple bolivien. De même, nous rejetons l'appelé Statut autonome de Santa Cruz pour son caractère inconstitutionnel et pour attenter contre l'unité d'une nation de notre Amérique. 
Nous appelons toutes les personnes de bonne volonté pour qu'elles unissent leurs voix pour dénoncer, par toutes les voies possibles, cette manoeuvre divisionniste et déstabilisatrice dans une heure historique pour l'Amérique Latine. 


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The Conspiracy to Divide Bolivia Must Be Denounced

Adolfo Pérez Esquivel, Rigoberta Menchú, Noam Chomsky...

Forwarded by MICHEL COLLON - 30 of April 08

The situation in Bolivia is each day more serious. It is now our duty to support the President Evo Morales, by signing and forwarding this petition. You can give your support to cabohorquez@... or to yamp@...


The process of changes in favor of the Bolivian majority is at risk of being brutally restrained. The rise to power of an Indigenous president with unprecedented support in that country and his programs of popular benefits and recovery of the natural resources have had to face the conspiracies of the oligarchy and United States interference from the very beginning.
In recent days the increase in conspiracy has reached its climax. The subversive and unconstitutional actions of the oligarchic groups to try to divide the Bolivian nation reflect the racist and elitist minds of these sectors and constitute a very dangerous precedent not only for the country's integrity, but for oth e r countries in our region. 
History shows with ample eloquence, the terrible consequences that the divisionary and separatist processes supported and induced by

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