I giornalisti scendono in piazza

11.06.2008    Da Osijek, scrive Drago Hedl

Manifestazione a Zagabria dei giornalisti croati dopo la brutale aggressione contro il collega Dušan Miljuš, di Jutarnji List, noto per le sue inchieste su mafia e politica. Sconcertanti dichiarazioni del ministro dell'Interno. La cronaca del nostro corrispondente


Più di trecento giornalisti croati hanno protestato venerdì scorso davanti al palazzo del Governo, irritati dall'inattività dalle forze di polizia, incapaci di trovare i colpevoli dei sempre più frequenti attentati contro di loro. La brutale aggressione al noto giornalista del quotidiano Jutarnji List, Dušan Miljuš, colpito con spranghe di metallo nell'atrio del palazzo in cui si trova il suo appartamento e finito in ospedale con una mano fratturata, commozione cerebrale e contusioni al volto, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e i suoi colleghi hanno perso la pazienza. Generalmente divisi e finora impreparati a simili azioni, i giornalisti si sono decisi a scendere in piazza e a dimostrare, ritenendo che comunicazioni e appelli, alla luce dei recenti attentati, non siano più sufficienti. 

Dušan Miljuš è un noto giornalista di Zagabria e uno dei più informati sul crimine organizzato e sul connubio tra mafia e politica. Alcuni mesi fa, sul famoso quotidiano zagabrese Večernji List, esponenti della malavita della capitale hanno pubblicato la sua epigrafe, nella rubrica in cui i giornali inseriscono gli annunci mortuari a pagamento. Si è trattato di un chiaro avvertimento a Miljuš su ciò che gli potrebbe accadere nel caso in cui si mettesse a scrivere sugli affari loschi e illegali della malavita, spesso intrecciati con l'alta politica. Miljuš non ci ha fatto caso, così come non si è curato delle minacce telefoniche che gli sono state indirizzate. 

Domenica primo giugno due persone dall'identità sconosciuta, in moto e con i caschi in testa, l'hanno seguito nel suo percorso usuale, dalla palestra fino al suo appartamento, dove hanno cercato di ucciderlo prendendolo a sprangate. Se non fosse riuscito ad alzare il braccio e a pararsi dal colpo alla testa, e se i vicini non fossero intervenuti, probabilmente non sarebbe rimasto in vita. 

“Ora non gli resta che uccidermi. Non c'è una terza possibilità. Sono contento di essere ancora vivo, ma non mollerò”, ha fatto sapere Miljuš dal letto d'ospedale. 

I giornalisti si sono particolarmente indignati per il fatto che il ministro dell'Interno Berislav Rončević, quando gli è stato chiesto quali provvedimenti prenderà dopo l'attentato a Dušan Miljuš, ha risposto con un'altra domanda: “Chi è Miljuš?”. 

Il giornalista di Jutarnji List Hrvoje Appelt, sdegnato dall'ignoranza del ministro, si è chiesto: ”Se il ministro della polizia non è a conoscenza del fatto che in Croazia c'è un giornalista che da 20 anni scrive sulla realtà del crimine organizzato nel paese, la domanda è quanto il ministro conosca questa realtà e soprattutto in che modo stia lottando contro i criminali.” 

In rivolta contro tale disinformazione da parte del ministro Rončević, che non conosce il nome di uno dei principali giornalisti che si occupa del crimine organizzato, degli scandali di corruzione e della mafia – quindi proprio di ciò che è di sua competenza – alla protesta i giornalisti indossavano una maglia con scritto “Chi è Rončević?”, una chiara allusione alla sua incompetenza. 

Quanto sia stata inopportuna per il governo Sanader l'infelice dichiarazione del ministro dell'Interno, dopo l'attentato al giornalista Miljuš, è testimoniato anche dal tacito consenso della polizia a permettere ai giornalisti ciò che agli altri cittadini è vietato. Trecento giornalisti, cioè, hanno letto la propria lettera di protesta al premier e al presidente del parlamento di fronte al palazzo del Governo, sulla piazza di S. Marco a Zagabria, dove gli incontri pubblici e le dimostrazioni dei cittadini sono vietati per legge. 

“Andiamo davanti alla loro porta!” ha detto Ivan Zvonimir Čičak, noto difensore dei diritti umani, per molto tempo presidente del Comitato di Helsinki per i diritti umani, che scrive editoriali sulle pagine di Jutarnji List. La polizia ha evidentemente ricevuto l'ordine di non intervenire, consapevole che il tentativo di fermare con la forza la protesta pacifica dei trecento giornalisti di fronte alla sede del Governo avrebbe provocato il malcontento dell'opinione pubblica. Dopo che i giornalisti hanno letto indisturbati le loro richieste davanti alla porta della sede del Governo, i poliziotti hanno ripreso a mettere in pratica la legge. Hanno impedito a due pirotecnici ventenni, che lavorano come sminatori in quelle che un tempo erano zone di guerra, di dimostrare di fronte al Governo perché insoddisfatti delle condizioni di lavoro e dei plurimi mesi di ritardo della paga. 

I giornalisti vogliono che la polizia trovi i responsabili dell'attentato a Miljuš, convinti che il mandante sia qualcuno della malavita. Negli ultimi tempi ci sono stati alcuni episodi di violenza nei confronti dei giornalisti croati, ma la polizia non ha trovato nessun responsabile. Lo stesso per quanto riguarda le minacce ai giornalisti, che la polizia non prende in serio conto, così che quando queste si traducono in violenza, non trova gli attentatori. 

Il giorno successivo all'attentato a Miljuš, il premier Ivo Sanader ha subito ricevuto i rappresentanti delle organizzazioni dei giornalisti e ha promesso loro che il Governo, nella persona del ministro dell'Interno, farà di tutto per trovare i responsabili. Il premier ha dato disposizioni a Rončević – lo stesso che ha affermato di non sapere chi è Miljuš – di fare il possibile per risolvere il caso. Per dare prova della sua attività, la polizia ha subito messo sotto protezione alcuni giornalisti che negli ultimi mesi sono stati esposti a serie minacce, ma gli attentatori di Miljuš, una decina di giorni dopo l'aggressione, non sono stati trovati. 

Tra i principali giornalisti croati in questi giorni si parla anche di un possibile sciopero generale, così da boicottare l'uscita dei quotidiani per un giorno e ridurre al minimo le trasmissioni televisive e radiofoniche. Questo per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle condizioni in cui lavorano i giornalisti croati e, inoltre, per fare pressione sul governo affinché si trovino coloro che li aggrediscono.