Italia: la Legge è diversa per ciascuno

1) Il Decreto legge sulla sicurezza un salvagente per i responsabili delle violenze al G8 di Genova
SALTANO ANCHE I PROCESSI DEL G8? INTERVENGA NAPOLITANO (Com. Stampa www.veritagiustizia.it)
Il Decreto legge sulla sicurezza un salvagente per i responsabili delle violenze al G8 di Genova (ARCIreport)
Il Comitato Carlo Giuliani invita a spedire una lettera al Presidente della Repubblica

2) Continua la discriminazione su base razziale e la persecuzione dei rom
Spedizione punitiva della polizia contro un rom e la sua bambina (Liberazione)
Gravissima aggressione ai danni di un cittadino rumeno (NOTA STAMPA del NAGA)
«I vigili hanno fatto scendere dal bus i bambini romeni. Mi son venuti i brividi...» (Liberazione)


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COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA
www.veritagiustizia.it - info@...

comunicato stampa

SALTANO ANCHE I PROCESSI DEL G8? INTERVENGA NAPOLITANO

Sembra che il cosiddetto decreto salva Berlusconi, fra i suoi vari
effetti collaterali, abbia la sospensione dei processi in corso contro
agenti, funzionari e dirigenti delle forze dell'ordine per i fatti del
G8 di Genova del 2001. Sarebbe una beffa, dopo sette anni di indagini
e udienze, e un atroce atto di ingiustizia per le centinaia di vittime
degli abusi compiuti nella caserma di Bolzaneto e nella scuola Diaz e
per tutti i cittadini democratici. Sarebbe un atto così grave, che
stentiamo a credere che possa davvero compiersi.

Com'è noto, i procedimenti giudiziari sono alla vigilia della sentenza
di primo grado: quella per i maltrattamenti inflitti ai detenuti nella
caserma di Bolzaneto, riguardante 45 agenti, è stata messa in
calendario per il prossimo mese di luglio; quella per i pestaggi, le
falsificazioni, gli arresti arbitrari alla scuola Diaz, riguardante 29
funzionari e dirigenti di polizia, è attesa per novembre.

Se davvero il parlamento decidesse di bloccare questi delicati
processi, saremmo di fronte a un atto sostanzialmente eversivo: si
impedirebbe alla magistratura di fare la sua parte (almeno in primo
grado) in merito ad eventi che hanno segnato una gravissima caduta
dello stato di diritto, gettando discredito sulle nostre forze
dell'ordine e sull'intero ordinamento democratico italiano.

Si impedirebbe a centinaia di persone, vittime degli abusi nella
caserma di Bolzaneto e nella scuola Diaz, di aspirare a un
risarcimento morale attraverso la giustizia; si impedirebbe a tutti i
cittadini di recuperare fiducia nella legalità costituzionale, che a
Genova fu sospesa e che il parlamento si appresta ad accantonare.

Ci appelliamo al presidente della Repubblica, garante della
Costituzione, affinché ci risparmi questo scempio.

Genova, 17 giugno 2008
Comitato Verità e Giustizia per Genova

info: Lorenzo Guadagnucci 3803906573
Enrica Bartesaghi 3316778150

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Fonte: arcireport n. 24 - 24 giugno 2008 - www.arci.it/report

Il Decreto legge sulla sicurezza un salvagente
per i responsabili delle violenze al G8 di Genova

«G8, l'ultima manganellata»,
questo l'efficace titolo delle pagine genovesi de La
Repubblica a commento delle conseguenze
della ‘legge blocca-processi’ - detta
anche ‘salva-Berlusconi’ - sui processi
Diaz e Bolzaneto.
Non meno esplicito il maggior quotidiano
cittadino, Il Secolo XIX: «G8 di Genova,
nessun responsabile tra le forze dell'ordine ». 
Più distaccato Il Corriere Mercantile:
«Processi a rischio stop per Diaz e
Bolzaneto, esplode la polemica».
Tanta sintonia tra quotidiani non certo
schierati a sinistra testimonia di come a
Genova si viva come un ennesima violenza
la possibilità che i responsabili di massacri
e torture possano uscire di scena
senza neppure una sentenza di condanna.
Amnesty international in un comunicato
parla di «Una sfortunata coincidenza, che
va purtroppo ad aggiungersi a una serie di
circostanze che non da coincidenze derivano,
bensì da precise responsabilità, le
quali rendono particolarmente negletti i
processi per i fatti di Genova e ancora più
ardua la ricerca della giustizia per le vittime ». 
Ma è proprio così? Dopo le vergogne
a cui abbiamo assistito - archiviazioni del
dell'omicidio Giuliani, ‘molotov’ portate dalle
forze dell'ordine, bugie e ‘non ricordo’ nelle
testimonianze - non stupirebbe che tra gli
obiettivi ci fosse anche questo.
Un autorevole giurista come l'ex Presidente
della Corte Costituzionale Valerio
Onida alla domanda «Il 30 giugno 2002
come data da cui partire per fermare i processi
è comprensibile?» Risponde: «E
quale sarebbe la giustificazione? Io non
l´ho letta da nessuna parte. Per me resta
uno spartiacque incomprensibile».
Più esplicito l'articolista de La Repubblica,
Marco Preve, che scrive: «Nel dibattito
politico i critici lo chiamano l´emendamento
‘salva Berlusconi’. Ma il decreto legge
sulla sicurezza potrebbe rappresentare il
salvagente anche per alcuni imputati genovesi
che, guarda caso, rappresentano il fior
fiore della polizia italiana, e che si trovano
ai vertici degli organismi che gestiscono la
lotta al crimine organizzato piuttosto che i
servizi segreti.
Tutta gente che, se condannata, creerebbe
sicuramente qualche imbarazzo al riconfermato
capo della polizia Antonio
Manganelli, che a quel punto sarebbe,
forse, costretto a prendere qualche decisione
di tipo disciplinare. Questo per quanto
riguarda il dibattimento Diaz. Per il
processo di Bolzaneto invece, il colpo
di spugna garantirebbe all´Italia di
schivare una figuraccia internazionale
legata a quel carcere speciale in
cui i diritti ebbero lo stesso rispetto
che nelle prigioni sudamericane».
Per poi chiarire ulteriormente il concetto:
«In queste ore di attesa per
conoscere la sorte dell´emendamento,
negli ambienti giudiziari il timore
che sia la Diaz che Bolzaneto possano
saltare è forte.
Addirittura per il processo sul carcere
speciale (45 persone imputate tra
poliziotti, medici e agenti di polizia
penitenziaria), sarebbe una beffa
visto che il tribunale dovrebbe entrare
in camera di consiglio il 21 luglio».
Riccardo Passeggi, uno degli avvocati
del Genoa Legal Forum, dice: «È
ancora presto per le contromosse ma
ci stiamo preparando. In ballo c´è il
principio generale di eguaglianza del
cittadino davanti alla legge. Stabilire
la cancellazione per certi reati commessi
ad una certa data arbitraria
potrebbe configurare un vizio di illegittimità,
perché andrebbe a ledere il
principio costituzionale dell´obbligatorietà
dell´azione penale e dell´indipendenza
della magistratura».
Un'ultima riflessione. Le norme non si
applicherebbero ai processi per reati con
pene sopra i dieci anni. Se il codice penale
italiano prevedesse il reato di tortura
forse gli imputati di Bolzaneto non sfuggirebbero
comunque alla legge. Ma secondo
alcuni in Italia la tortura non esiste.


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Il Comitato Carlo Giuliani invita a spedire questa
lettera al Presidente della Repubblica

Gentile Presidente,

il Parlamento sta per approvare una norma
che bloccherebbe una serie di processi
riguardanti fatti avvenuti prima del 30 giugno
2002. Fra questi vi sono i processi relativi ai
fatti di Genova del luglio 2001, quando le
garanzie costituzionali furono ripetutamente
calpestate, come ormai accertato sul piano
storico. La norma in questione bloccherebbe
due procedimenti arrivati ormai alla vigilia
della sentenza di primo grado. Nel primo,
riguardante i maltrattamenti inflitti a decine di
detenuti italiani e stranieri nella caserma di
polizia di Bolzaneto, sono imputati 45 appartenenti
alle forze dell'ordine: secondo il calendario
fissato dal Tribunale di Genova, la sentenza
è prevista entro la fine di luglio.
Nel secondo processo sono imputati 29 funzionari
e dirigenti di polizia per i pestaggi, le
falsificazioni, gli arresti arbitrari di 93 persone
(fra le quali 75 di nazionalità straniera) all'interno
della scuola Diaz: la sentenza è attesa
per il mese di novembre.
Centinaia di vittime dirette dei soprusi e tutti i
cittadini democratici - io fra questi - guardano
al tribunale di Genova con una sincera aspirazione
alla giustizia. Bloccando i processi
alla vigilia della sentenza, la fiducia mia e di
tutti i cittadini nella legalità costituzionale
sarebbe irrimediabilmente compromessa. A
Genova lo stato di diritto fu sospeso e furono
compiuti abusi inconcepibili per un paese
democratico: è inaccettabile - e pericoloso -
che si impedisca alla giustizia di fare il suo
corso.
Per questo Le chiedo di intervenire, con tutti
gli strumenti a sua disposizione, affinché nel
nostro paese non si compia un simile arbitrio.
Cordialmente, un cittadino democratico.


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Liberazione 22-06-08 (fonte: http://www.arci.it/news.php?id=9739)

Picchiato a sangue da quattro agenti, davanti alla baracca dove viveva
Due giorni prima era stata picchiata sua figlia dodicenne, e lui aveva osato protestare

Spedizione punitiva della polizia contro un rom e la sua bambina

Laura Eduati

Un rumeno di etnia rom, Stelian Covaciu, è stato picchiato a sangue
da quattro agenti della polizia. E' accaduto nella tarda serata di
giovedì, accanto alla baracca dove vivono Stelian e la sua famiglia,
a pochi passi da piazza Tirana, Milano. Soltanto martedì scorso la
figlia di Stelian, Rebecca Covaciu, 12 anni, era stata aggredita da
due agenti in borghese che poi avevano spintonato il padre e dato
sberle al fratellino quattordicenne Jon urlando: «Zingari di merda,
se non ve ne andate vi ammazziamo e distruggiamo tutto». Dopo il
pestaggio di venerdì Stelian, 40 anni, missionario evangelico
pentecostale, è stato ricoverato all'ospedale San Paolo dove gli
hanno riscontrato un trauma cranico e segni di forti percosse. E'
stato dimesso ieri con una prognosi di sei giorni. La polizia lo ha
interrogato ma Stelian non ha voluto sporgere denuncia: teme di
venire espulso in quanto non ha ancora trovato una occupazione. Gli
agenti che l'hanno accompagnato in ospedale a bordo dell'ambulanza
gli hanno detto: «A noi puoi raccontare la verità». La verità esce
dalla bocca di Rebecca, la figlia dodicenne di Stelian. Rebecca è una
bimba prodigio. Dipinge su tela e illustra la sua vita nelle
baracche, tra topi e immondizia. I suoi disegni sono stati esposti e
poi acquisiti in permanenza dall'Archivio storico di Napoli per la
Giornata della Memoria del 2008. Per le sue doti artistiche, Rebecca
ha ricevuto il premio Unicef 2008. E venerdì sera da quelle due
volanti ha visto scendere anche uno dei due uomini che l'avevano
aggredita martedì.

Milano, pochi giorni prima avevano malmenato anche la figlia.
La Questura nega l'aggressione
«La polizia mi ha picchiato a sangue»
Un rom accusa quattro agenti

Un uomo sui 35 anni, con gli occhiali, che avrebbe chiesto alla madre
Gina: «Mi riconosci?». E lei, per paura, ha negato. Poi l'uomo si è
rivolto al capofamiglia Stelian: «Hai fatto un errore a parlare con i
giornalisti, un errore che non devi ripetere», poiché dopo
l'aggressione alla figlia, Stelian aveva immediatamente contattato
l'associazione di cui fa parte, la Everyone, che ha diramato un
comunicato urgente a tutti i mezzi di informazione. A quel punto i
quattro agenti si sarebbero infilati i guanti, e Rebecca quei guanti
li ha riconosciuti: erano gli stessi che i suoi aggressori avevano
indossato prima di perquisirla e picchiarla. Gina, 37 anni, ha visto
che il marito Stelian veniva trascinato dietro la baracca mentre
Rebecca e il fratellino Jon si erano rintanati dentro le mura di
cartone, terrorizzati. A quel punto gli agenti lo avrebbero picchiato
selvaggiamente. «Non raccontarlo a nessuno o per te saranno guai
ancora peggiori», hanno detto i poliziotti prima di andarsene. Quando
è arrivata l'ambulanza Stelian non riusciva a parlare, in evidente
stato di choc.
Gina è riuscita a prendere il numero di targa di una delle due
volanti. Eccolo: E5228. Poiché la baracca dei Covaciu sorge isolata
nei pressi della stazione San Cristoforo, nessuno al di fuori della
famiglia ha potuto assistere al pestaggio. Ma una ventina di rom che
si trovavano in piazza Tirana quella sera ricordano perfettamente di
aver visto due volanti della polizia dirigersi verso la dimora dei
Covaciu. La Questura di Milano nega che Stelian sia stato picchiato e
ricostruisce l'episodio dicendo che effettivamente nella serata di
venerdì degli agenti della Polizia Ferroviaria si sono diretti dai
Covaciu per allontanarli dalla baracca «vincendo le iniziali
resistenze dell'uomo» con metodi che però hanno evitato «conflitto e
tensioni». Non finisce qui: la Questura promette di accertare
eventuali ipotesi di reato. La Procura di Milano ha avviato una
indagine. La famiglia Covaciu ha lasciato la Romania due anni orsono.
La città di origine si chiama Arad. Si sono trasferiti a Milano,
andando ad occupare baracche abusive che via via le forze dell'ordine
facevano sgomberare. Pochi mesi fa avevano deciso di cambiare aria,
si sono stabiliti a Napoli, ma dopo il rogo del campo rom di
Ponticelli hanno avuto paura delle e sono tornati a Milano. Da poche
settimane il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, ha dato il
via alla schedatura dei rom e dei sinti presenti sul territorio
milanese nei campi regolari e abusivi. La schedatura avrà come
risultato la distinzione tra persone con i documenti in regola per il
soggiorno, e persone che non potranno rimanere in Italia e che per
questo verranno allontanate o espulse. Ciò sta accadendo anche a Roma
e Napoli, dove a bambini e adulti le forze dell'ordine stanno
prendendo le impronte digitali. Allo stesso tempo continuano gli
sgomberi delle baracche abusive. Non si contano, ormai, le
associazioni e gli organismi internazionali che denunciano il clima
di razzismo e xenofobia nei confronti degli stranieri e specialmente
nei confronti dei rom. Se dei poliziotti picchiano a sangue un rom
durante una operazione di sgombero, significa che si sta diffondendo
una sorta di impunità. Se un deputato leghista come Matteo Salvini
paragona gli zingari ai topi senza che nessuno muova un ciglio, non
sorprende che qualche poliziotto razzista si senta nel diritto di
agire in modo violento e crudele, anche nei confronti di una bambina
di appena dodici anni, perquisita in malomodo alla stazione San
Cristoforo di Milano e poi presa a schiaffi in una sala d'aspetto
mentre un capostazione, attirato dalla urla, cerca di interrompere la
perquisizione brutale. Non possiamo scaricare sull'intera Polizia la
responsabilità dell'episodio. Ecco perché chiediamo al capo della
polizia Giorgio Manganelli, al ministro dell'Interno Roberto Maroni e
al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di fare luce su
quello che è accaduto a Stelian e Rebecca. Non si tratta soltanto di
fare giustizia e di condannare gli agenti implicati, ma anche di
scrollarci di dosso l'etichetta di Paese razzista. Un'etichetta che
ci fa orrore.

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From: "tommaso vitale"


NOTA PER LA STAMPA
Gravissima aggressione ai danni di un cittadino rumeno:
il Naga chiede venga fatta chiarezza
  
Milano, 23  giugno 2008. Sei giorni di prognosi per trauma
cranico dopo una notte in osservazione al  pronto soccorso
dell'Ospedale San Paolo: Stelian Covaciu (rom rumeno), con
la sua famiglia, sarebbe stato “allontanato” con
questi esiti dalla polizia lo scorso venerdì 19 giugno
dalla baracca lungo la massicciata della stazione di San
Cristoforo dove viveva con la moglie, i tre figli
minorenni e la nuora incinta.
  
Secondo quanto raccontato dallo stesso Covaciu,
l’aggressione segue un episodio analogo avvenuto martedì
17 giugno, quando alle 8.00 del mattino si sono presentate
due persone, presentatesi come poliziotti, che, in assenza
del padre, hanno minacciato i componenti della famiglia
Covaciu, tra l'altro intimandoli di lasciare la baracca se
non volevano venisse distrutta. Poco dopo, i due hanno
costretto i Covaciu a entrare nella sala di attesa della
stazione per un controllo, li hanno strattonati,
perquisiti e lì trattenuti, fino a quando il capostazione,
richiamato dalle urla dei bambini, della madre e del padre
nel frattempo intervenuto, ha chiesto spiegazioni.
I due, nel rispondere di essere poliziotti, hanno comunque
lasciato andare la famiglia.
  
La notte di venerdì Stelian Covaciu è stato minacciato
dalla polizia, percosso e questa volta è finito al pronto
soccorso, dove ha passato una notte in osservazione; è
stato infine dimesso alle 15.30 di sabato pomeriggio, alla
presenza di giornalisti e associazioni di volontariato.
  
Si aggiunga, infine, che fino ad ora alla famiglia Covaciu
sarebbe stato fisicamente impedito di ritirare i loro
averi, tuttora giacenti nella baracca, sorvegliata a vista
dalla polizia.
  
Il Naga, che con i gruppi Medicina di strada e SOS
Espulsioni offre assistenza sanitaria e legale a chi vive
nelle aree dimesse ed i campi rom della città di Milano,
chiede con forza che venga fatta chiarezza su tali
gravissimi avvenimenti, ennesimi episodi di sopruso e
discriminazione a danno di rom rumeni,  persone che,
benché cittadini europei, troppo spesso non sono nelle
condizioni di sporgere denuncia, per timore delle
possibili ripercussioni.
  
Per maggiori informazioni
Segreteria di direzione - NAGA
02 58 10 25 99
389 51 55 818

naga@...
www.naga.it


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Liberazione 05-06-08 (fonte: http://www.arci.it/news.php?id=9631)


Un testimone ci racconta un episodio di razzismo di Stato. «Quanto manca al disastro?» 
«I vigili hanno fatto scendere dal bus i bambini romeni. Mi son venuti i brividi...» 
Marcello Cantoni 

Cara Liberazione, oggi a Roma ho assistito con i miei occhi ad un esempio del nuovo corso legalitario nazionale e capitolino. Ero alla fermata Atac di piazza delle cinque lune, davanti a Piazza Navona. Passa l'autobus numero trenta, si ferma e apre le porte, due vigili si avvicinano e guardano all'interno del veicolo. Poi intimano all'autista di non ripartire e salgono sul mezzo, si dirigono verso una famiglia rumena e la fanno scendere. Una volta a terra scatta la prassi. Documenti, chi è questa ragazza, di chi è il bambino e via dicendo. La storia finisce bene, la famiglia è in regola. Io guardavo la scena e con me una ragazza poco lontana. Eravamo abbastanza schifati. I due vigili devono aver sentito il nostro sguardo. Non hanno usato toni pesanti con la famiglia, e sembrava quasi si sentissero in imbarazzo e si chiedessero il senso di quella loro azione. Resta il fatto che, gentili o meno, il nuovo corso è sbarcato nella Capitale. I vigili devono obbedire ad Alemanno e ai suoi furori, e allora via sugli autobus a cercare i "pericolosi". Non so come finirà, so che assistere a quella scena mi ha fatto venire un brivido alla schiena. Io ho trent'anni e per mia fortuna non ho vissuto il periodo delle deportazioni, ma qualcosa del genere - differente nella follia e nel numero, ma simile nell'idea di fondo - deve essere accaduto. Quando si arriva a far scendere una famiglia con bambini piccoli da un mezzo pubblico, solo perchè appartiene ad un etnia, mi chiedo: quanto manca al disastro?