A PROPOSITO DI “MARTIRI DELLE FOIBE”.
Dopo tanti anni da quando ho iniziato a fare ricerca storica sulle foibe (cioè dal 1995), dopo tutta la documentazione che ho analizzato e tutte le cose che ho pubblicato (e che nessuno storico serio, finora, ha smentito), quando sento ancora parlare di diecimila “infoibati”, di migliaia di “martiri delle foibe”, non so se mi sento più arrabbiata o più demoralizzata. Perché, mi domando, una ricerca storica seria deve venire snobbata, ignorata, vilipesa, mentre si prosegue a parlare a sproposito di certi argomenti, solo per mantenere viva la propaganda anticomunista ed antijugoslava, sostanzialmente per rivalutare il fascismo?
Così, su segnalazione del Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, che ha elevato una protesta riguardo all’intitolazione in quella città di una via ai cosiddetti “martiri delle foibe” (termine che per la sua genericità e vaghezza di definizione necessiterebbe di un’analisi di svariate pagine, ma su cui tornerò più avanti), sono andata a vedere il forum di Alicenonlosa (http://www.alicenonlosa.it/aliceforum/) e di fronte a tanta (peraltro spocchiosa e saccente) ignoranza relativamente ai fatti storici di cui si pretende di parlare, mi sono davvero cadute le braccia.
Leggere di “almeno diecimila” infoibati, di “compagni del CLN” gettati nelle foibe, di paragoni tra Tito e Pol Pot, così come insulti al presidente Pertini, e citazioni fuori tema su Goli Otok (che fu campo di prigionia, orribile fin che si vuole, ma destinato ad oppositori interni e non c’entra per niente con le “foibe”), il tutto per rispondere all’equilibrata e documentata presa di posizione del Comitato antifascista e per la memoria storica mi ha fatto riflettere sul senso che ha cercare di fare ricerca storica circostanziata se poi quello che continua ad essere diffuso sono stereotipi di falsità e propaganda.
Uno dei vari anonimi polemisti, quello che cita i “compagni del CLN” infoibati, dopo avere parlato di “diecimila” vittime, fa i seguenti nomi: Norma Cossetto, i sacerdoti don Bonifacio e don Tarticchio, le tre sorelle Radecchi, i tre componenti della famiglia Adam. Nove persone. Punto. Dove don Tarticchio, Norma Cossetto e le tre sorelle Radecchi furono uccisi nel settembre 1943 in tre distinte località dell’Istria nel corso del conflitto; don Bonifacio scomparve nel 1946 e non si sa che fine abbia fatto, ma visto che è scomparso nel nulla, dice la propaganda, ovviamente è stato “infoibato”; la famiglia Adam, di Fiume, che faceva parte del CLN filo italiano che nell’estate del 1945, quando Fiume era passata sotto sovranità jugoslava operava per riannettere la città all’Italia, in barba a tutti gli accordi tra Alleati, fu arrestata appunto per questa attività eversiva, e non vi è prova che qualcuno dei tre sia stato “infoibato”.
Ed i “compagni” del CLN di cui parla l’Anonimo (diamogli una dignità di nome proprio con un’iniziale maiuscola) chi sarebbero? Non certo coloro (una ventina) che furono arrestati durante l’amministrazione jugoslava di Trieste perché organizzavano attentati dinamitardi contro l’autorità esistente, che amministrava Trieste in quanto potenza alleata; né i tre membri del CLN arrestati per essersi appropriati dei fondi della Marina militare della RSI pur di non lasciarli in mano agli jugoslavi, due dei quali furono rilasciati un paio di anni dopo, mentre il terzo, già malato al momento dell’arresto, morì in prigionia un anno dopo.
Si possono poi considerare “martiri” i membri dell’Ispettorato Speciale di PS che furono arrestati e condannati a morte dal tribunale di Lubiana, perché colpevoli di essersi macchiati di azioni criminali, come Alessio Mignacca, che picchiò una donna arrestata fino a farla abortire, ed uccise almeno tre persone che cercavano di sfuggire all’arresto, sparando contro di loro?
Si potrebbe continuare a lungo con questi esempi, ma il discorso da fare è, a mio parere, un altro, e ritorno sulla questione della definizione “martiri delle foibe”. Innanzitutto la maggior parte di coloro che vengono così indicati non furono veramente uccisi e poi gettati in una foiba: in parte si tratta di prigionieri di guerra morti durante la detenzione (così come accadde in altri campi di detenzione gestiti dagli Alleati, ad esempio in Africa), in parte di arrestati perché accusati di crimini di guerra o di violenze contro i prigionieri (vedi il caso di Mignacca sopra citato, ma anche quello di Vincenzo Serrentino, giudice del Tribunale speciale per la Dalmazia, che mandò a morte moltissimi innocenti) e condannati a morte dopo un processo. Coloro che finirono nelle foibe furono per lo più vittime di regolamenti di conti o di vendette personali, così come Norma Cossetto, così come don Tarticchio, sul quale gravava il sospetto che fosse un informatore dell’Ovra.
Intitolare strade a generici “martiri delle foibe” significa non rendere giustizia a nessuno, tantomeno alle vittime innocenti, serve solo ad eternare la polemica sulla “ferocia slava” che voleva operare una pulizia etnica contro gli italiani nella Venezia Giulia (teoria nazionalfascista che nessuno storico degno di questo nome ha mai avallato). Per questo sono solidale con il Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, che con i suoi puntuali interventi cerca di fare un po’ di chiarezza, necessaria per la convivenza civile di questo Paese.
Claudia Cernigoi – Trieste
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Chiarezza su alcuni aspetti e punti legati alla vicenda delle foibe
L’accusa di “negazionismo” dei morti delle foibe rivolta al Comitato antifascista si smentisce da sola considerando che abbiamo iniziato a fare nomi e cognomi di morti delle foibe, nomi di uomini che sono stati capi fascisti o militari o funzionari dell’amministrazione dell’Italia fascista occupante la Jugoslavia o collaborazionisti. Quasi fatale che in quelle circostanze, nel contesto della guerra, siano morti anche degli innocenti. Nel complesso i morti delle foibe del settembre-ottobre ’43 e del maggio ’45 sono stati cinquecento, seicento. Il numero è più alto di un fattore dieci se si considerano i morti, fino a qualche anno dopo, nei campi di concentramento jugoslavi. Campi di concentramento che vi furono anche perché nessuno – nessuno! – dei criminali di guerra fascisti italiani (almeno settecento secondo l’apposita commissione delle Nazioni Unite) è mai stato consegnato alle autorità jugoslave o ha mai scontato alcuna pena in Italia o altrove. Diversamente dai criminali nazisti che sono stati processati a Norimberga.
Riguardo, in particolare, alle guardie di finanza morte nelle foibe, va detto che nelle zone del Litorale Adriatico la Guardia di Finanza, come la Pubblica Sicurezza, era, al pari dei corpi armati dell’esercito, alle dipendenze non già dell’Italia, nemmeno della repubblichina di Salò, ma dei tedeschi. Un’ordinanza di Hitler del 10 settembre ’43 diceva infatti che «Gli Alti commissari nella zona d'operazione Litorale Adriatico, consistente nelle province del Friuli, di Gorizia, di Trieste, dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, di Lubiana (...) ricevono le istruzioni fondamentali per lo svolgimento della loro attività da me». Soltanto negli ultimi giorni di guerra alcuni reparti di finanzieri passarono al CNL triestino. Riguardo a Norma Cossetto, figlia del gerarca fascista Giuseppe Cossetto, anch’ella fervente fascista, sulla sua fine la testimonianza alla base del riconoscimento attribuitole, come vittima dei partigiani, è quella fornita da una donna che avrebbe visto, dall’interno della propria casa in cui stava nascosta con le finestre sbarrate, quello che accadeva nella scuola di fronte, anch’essa con le finestre chiuse, mentre dal verbale redatto dal maresciallo dei Vigili del Fuoco di Pola il corpo della giovane non appare essere stato oggetto delle mutilazioni di cui parlano le “cronache”, né sarebbe stato possibile stabilire, con le conoscenze mediche dell’epoca, se fosse stata violentata prima di essere uccisa. (Per il caso di don Bonifacio si veda l’articolo del settembre 2008 “La beatificazione di don Bonifacio” scritto da Claudia Cernigoi su “La nuova alabarda”).
Ci furono sì, comunque, episodi di giustizia sommaria, di crudeltà della popolazione, di jacquerie, e poi i morti nei campi di concentramento jugoslavi. La stessa sorte per altro, e anche di peggio, toccò ai prigionieri tedeschi da parte degli Alleati angloamericani e francesi o in Francia ai collaborazionisti di Vichy o, nella stessa nuova Jugoslavia a guida comunista, agli ustascia fascisti e ai cetnici.
In Italia molti fascisti di quelli imprigionati furono rimessi in libertà appena un anno dopo la Liberazione, grazie alla generosa amnistia del segretario comunista Togliatti allora ministro di Grazia e Giustizia, e già alla fine di quello stesso anno, il ’46, ebbe modo di costituirsi il partito politico “Movimento Sociale Italiano” di reduci della Repubblica di Salò ed ex esponenti del regime fascista, partito che dal ’48 è stato nel Parlamento della Repubblica italiana democratica e che già negli anni cinquanta faceva parte delle Giunte comunali di diverse e importanti città.
Soprattutto, è imprescindibile ricordare che la tragica vicenda delle foibe è avvenuta perché c’è stata l’occupazione italiana di vasti territori della Jugoslavia, costata decine di migliaia di morti civili, anche coi campi di concentramento fascisti, perché c’è stata l’aggressione militare dell’Italia alla Jugoslavia, perché le popolazione slave delle zone di confine sono state oppresse dal regime fascista e fatte oggetto della violenza squadrista.
Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia che ha aggredito la Jugoslavia, non è Lubiana che ha occupato terre italiane, è il fascismo che ha fatto della slovena Lubiana una provincia d’Italia, non sono gli jugoslavi ad aver distrutto centri culturali italiani, sono le squadracce fasciste ad aver incendiato l’hotel Balkan sede del Narodni Dom (centro di cultura nazionale slovena), non è Tito ad aver espresso razzismo, è Mussolini che nel ’20 a Pola disse: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come quella slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone… I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani».
Il Governo Berlusconi ha riconosciuto i crimini commessi dall’Italia e dal fascismo in Libia, riconoscerà anche quelli commessi in Jugoslavia?
Riguardo, in particolare, alle guardie di finanza morte nelle foibe, va detto che nelle zone del Litorale Adriatico la Guardia di Finanza, come la Pubblica Sicurezza, era, al pari dei corpi armati dell’esercito, alle dipendenze non già dell’Italia, nemmeno della repubblichina di Salò, ma dei tedeschi. Un’ordinanza di Hitler del 10 settembre ’43 diceva infatti che «Gli Alti commissari nella zona d'operazione Litorale Adriatico, consistente nelle province del Friuli, di Gorizia, di Trieste, dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, di Lubiana (...) ricevono le istruzioni fondamentali per lo svolgimento della loro attività da me». Soltanto negli ultimi giorni di guerra alcuni reparti di finanzieri passarono al CNL triestino. Riguardo a Norma Cossetto, figlia del gerarca fascista Giuseppe Cossetto, anch’ella fervente fascista, sulla sua fine la testimonianza alla base del riconoscimento attribuitole, come vittima dei partigiani, è quella fornita da una donna che avrebbe visto, dall’interno della propria casa in cui stava nascosta con le finestre sbarrate, quello che accadeva nella scuola di fronte, anch’essa con le finestre chiuse, mentre dal verbale redatto dal maresciallo dei Vigili del Fuoco di Pola il corpo della giovane non appare essere stato oggetto delle mutilazioni di cui parlano le “cronache”, né sarebbe stato possibile stabilire, con le conoscenze mediche dell’epoca, se fosse stata violentata prima di essere uccisa. (Per il caso di don Bonifacio si veda l’articolo del settembre 2008 “La beatificazione di don Bonifacio” scritto da Claudia Cernigoi su “La nuova alabarda”).
Ci furono sì, comunque, episodi di giustizia sommaria, di crudeltà della popolazione, di jacquerie, e poi i morti nei campi di concentramento jugoslavi. La stessa sorte per altro, e anche di peggio, toccò ai prigionieri tedeschi da parte degli Alleati angloamericani e francesi o in Francia ai collaborazionisti di Vichy o, nella stessa nuova Jugoslavia a guida comunista, agli ustascia fascisti e ai cetnici.
In Italia molti fascisti di quelli imprigionati furono rimessi in libertà appena un anno dopo la Liberazione, grazie alla generosa amnistia del segretario comunista Togliatti allora ministro di Grazia e Giustizia, e già alla fine di quello stesso anno, il ’46, ebbe modo di costituirsi il partito politico “Movimento Sociale Italiano” di reduci della Repubblica di Salò ed ex esponenti del regime fascista, partito che dal ’48 è stato nel Parlamento della Repubblica italiana democratica e che già negli anni cinquanta faceva parte delle Giunte comunali di diverse e importanti città.
Soprattutto, è imprescindibile ricordare che la tragica vicenda delle foibe è avvenuta perché c’è stata l’occupazione italiana di vasti territori della Jugoslavia, costata decine di migliaia di morti civili, anche coi campi di concentramento fascisti, perché c’è stata l’aggressione militare dell’Italia alla Jugoslavia, perché le popolazione slave delle zone di confine sono state oppresse dal regime fascista e fatte oggetto della violenza squadrista.
Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia che ha aggredito la Jugoslavia, non è Lubiana che ha occupato terre italiane, è il fascismo che ha fatto della slovena Lubiana una provincia d’Italia, non sono gli jugoslavi ad aver distrutto centri culturali italiani, sono le squadracce fasciste ad aver incendiato l’hotel Balkan sede del Narodni Dom (centro di cultura nazionale slovena), non è Tito ad aver espresso razzismo, è Mussolini che nel ’20 a Pola disse: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come quella slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone… I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani».
Il Governo Berlusconi ha riconosciuto i crimini commessi dall’Italia e dal fascismo in Libia, riconoscerà anche quelli commessi in Jugoslavia?
Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma, 20/11/2010
Il giorno 17/nov/2010, alle ore 23.27, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:
Da: Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr @ alice.it>Oggetto: Comunicato Stampa. NO a via 'martiri delle foibe' , SI a una via ai partigiani italiani all'estero
Data: 17 novembre 2010 22.52.09 GMT+01.00
NO all’intitolazione di una via di Parma ai “martiri delle foibe”SI all’intitolazione di una via di Parma ai partigiani italiani all’esteroIl Comune di Parma, con la riunione di lunedì 15 novembre ‘10 della Commissione Toponomastica presieduta dall’assessore Fecci, ha deciso l’intitolazione di una via della città ai cosiddetti “martiri delle foibe”.Esprimiamo la nostra netta contrarietà di democratici antifascisti di Parma a questa scelta.Vittime delle foibe, al confine nordorientale dell’Italia con l’allora Jugoslavia, sono stati nel settembre-ottobre 1943 e nel maggio 1945 alcune centinaia di italiani in gran parte militari, capi fascisti, dirigenti e funzionari dell’amministrazione dell’Italia occupante la Jugoslavia , collaborazionisti. Si è trattato nel complesso di circa seicento vittime (escludendo dispersi e fucilati in guerra, deportati e morti in campi di concentramento, ecc.) per mano di partigiani jugoslavi, conseguenza dell’odio popolare e della rivolta nei confronti dell’Italia fascista che aveva dagli anni ’20 sottomesso e oppresso le popolazioni slave delle zone di confine e poi aggredito militarmente e occupato interi territori della Jugoslavia fino a fare della slovena Lubiana una provincia d’Italia.Dalla foiba di Basovizza, assunta a simbolo di tutte le foibe, sono state rinvenute le spoglie di una decina di uomini soltanto, e tutti militari tedeschi.Riportiamo alcuni nominativi di italiani riconosciuti quali “martiri delle foibe”.- Cossetto Giuseppe, infoibato nel ’43 a Treghelizza, possidente, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada, capomanipolo MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già squadrista sciarpa Littorio;- Morassi Giovanni, arrestato a Gorizia nel maggio ’45 e scomparso, Vicepodestà e Presidente della Provincia di Gorizia;- Muiesan Domenico, ucciso nel ’45 a Trieste, irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, squadrista delle squadre d’azione a Pirano;- Nardini Mario, ucciso nel ’45 a Trieste, capitano della MDT (Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già XI Legione MACA (milizia fascista speciale di artiglieria controaerei);- Patti Egidio, ucciso nel ’45, pare infoibato presso Opicina, vicebrigadiere del 2° Reggimento MDT, già MVSN, GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), squadrista;- Polonio Balbi Michele, scomparso a Fiume il 3 maggio ’45, sottocapo manipolo del 3° Reggimento MDT;- Ponzo Mario, morto nel ‘45 in prigionia, colonnello del Genio Navale, poi inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà del Comitato di Liberazione Nazionale (antifascista) di Trieste, arrestato per spionaggio sul movimento partigiano jugoslavo in favore del fascista Ispettorato Speciale di PS (Pubblica Sicurezza, sottoposta direttamente ai tedeschi);- Sorrentino Vincenzo, arrestato nel maggio ’45 a Trieste, condannato a morte da tribunale jugoslavo e fucilato nel ’47, ultimo prefetto di Zara italiana, membro del Tribunale Speciale della Dalmazia che comminava condanne a morte con eccessiva facilità secondo gli stessi comandanti militari italiani (“girava per la Dalmazia , e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite”).E’ assolutamente grave, mistificatorio, e inaccettabile che persone come queste, fascisti e criminali fascisti, vengano ricordate definendole “martiri” e attribuendo loro riconoscimenti come l’intitolazione di una via cittadina.Chiediamo alla Giunta Comunale di Parma città delle Barricate antifasciste del ’22 e medaglia d’oro della Resistenza di desistere dal proposito di realizzare “via martiri delle foibe”.Chiediamo al Comune di Parma di dedicare una via ai quarantamila soldati italiani che l’indomani dell’8 settembre ’43 si unirono alla Resistenza jugoslava e combatterono insieme con l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, la metà di loro dando la vita in quell’epica lotta nei Balcani, perla liberazione dal nazifascismo e il riscatto dell’Italia dell’onta in cui il fascismo l’aveva gettata.COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA