APPELLO FINALE ASSEMBLEA DEL 16 APRILE
A conclusione del Convegno Nazionale “NO all’Hub militare NO alla guerra” svoltosi a Pisa il 16 aprile 2011 i partecipanti concordano sulla necessità e sull’urgenza di rilanciare in Italia il Movimento Contro la Guerra. Ciò anche a seguito del drammatico attacco militare alla Libia (risoluzione ONU n.1973 che istituisce la No fly zone) da parte dell’alleanza USA-NATO che rischia di infuocare il Mediterraneo e in cui l’Italia è già pesantemente coinvolta sia con l’uso delle basi militari che col comando ad essa assegnato per il pattugliamento navale.
A questo proposito richiamano alla memoria la Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista e in particolare i seguenti articoli:
Art 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali; ……….”
Art. 78 “ Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”.
Art.80 “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei Trattati Internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi”.
Questi articoli della Costituzione insieme a quello del diritto di asilo politico sono stati violati più volte dal dopoguerra in poi e oggi continuano palesemente a essere violati. L’Italia si è trovata molte volte a essere in stato di guerra senza che il parlamento avesse né discusso né votato alcuna risoluzione in tal senso e spesso le stesse missioni militari sono state approvate a posteriori.
Attraverso le violazioni dell’art. 80 non sono mai stati resi pubblici, perché coperti da segreto di Stato, gli accordi dei nostri governanti con il governo USA, in riferimento alla concessione di parti del territorio italiano per l’installazione di basi militari.
E’ evidente la difformità con altri paesi europei come per esempio la Germania che nonostante abbia perso la guerra ha già ricontrattato la presenza delle basi militari USA e NATO, anche a proposito dello stoccaggio di armi nucleari.
Tutto ciò è dimostrabile prendendo come modello – riproponibile per tutte le basi USA / NATO sparse per l’Italia – la storia di Camp Darby, la base logistica USA più grande d’Europa che ha svolto e svolge un ruolo strategico a livello planetario e in cui sono stoccate armi proibite come le cluster bomb, proiettili all’uranio impoverito e da dove con alta probabilità sono transitate anche armi nucleari.
Da questa base sono partiti mezzi e munizioni per tutti i teatri delle ultime guerre: Iraq, Afghanistan, ex-Jugoslavia ed oggi anche verso il nuovo teatro di guerra nel cuore del Mediterraneo: la Libia.
In questo quadro diventa ancora più preoccupante la decisione di realizzare nell’aeroporto militare di Pisa l’Hub Nazionale dell’aeronautica da dove partiranno le truppe e i mezzi per le cosiddette “missioni umanitarie”, cioè le guerre, in sinergia con la base militare USA di Camp Darby. La situazione del territorio tra Pisa e Livorno, già critica sul piano ambientale, sanitario, logistico ed economico si aggraverà, poiché l’inizio della guerra contro la Libia a seguito della Risoluzione ONU n. 1973 ci vede direttamente coinvolti come paese.
Non meno grave però sarà la situazione nelle aree in cui si trovano le altre basi o strutture militari di comando degli alleati, pensiamo a Napoli sede del Centro di Comando strategico della Nato, da cui si stanno coordinando le operazioni militari contro la Libia; alla Sicilia Trapani Birgi e Sigonella e il suo centro di ascolto radar e integrazione della rete di comunicazione Nato; alle basi di Aviano e Ghedi con la presenza di bombe nucleari; la base di Vicenza con il Dal Molin, a base di Solbiate Olona con il comando europeo di pronto intervento NATO a Cameri-Novara con gli F35; a Il salto di Quirra in Sardegna per l’addestramento e la formazione militare.
Tutto ciò, insieme a Camp Darby e ora all’Hub nazionale militare dell’aeronautica a Pisa, rappresenta il complesso strategico-operativo per la guerra globale, infinita e permanente a guida Usa-Nato. Anche l’U.E. e altri paesi utilizzano le basi militari presenti in Italia Se a ciò aggiungiamo l’incremento progressivo delle spese militari, l’ulteriore militarizzazione diffusa dei territori e le missioni militari all’estero, ci rendiamo conto di come l’Italia sia l’avamposto della guerra permanente.
Nel nostro paese il Movimento contro la guerra ha avuto in questi ultimi anni una battuta d’arresto, anche a causa delle nefaste scelte di rifinanziamento delle missioni all’estero e dell’aumento astronomico delle spese militari durante il precedente governo Prodi, che ha contribuito alla crescente delusione, con una progressiva smobilitazione delle coscienze dei cittadini e del “popolo della pace”, a una lacerazione nelle forze politiche anche di opposizione, tanto che oggi il PD si fa paladino dell’aggressione contro la Libia, votando in Parlamento con il PDL la guerra e la cosiddetta sinistra “radicale” appare confusa ed incapace di indicare una chiara strategia di contrasto al militarismo e alle guerre coloniali.
Il drammatico paradosso è che assistiamo a un a nuova guerra in pieno Mediterraneo, alle porte di casa, senza che vi sia ancora un movimento di opposizione forte, coordinato e permanente .
In nome dei diritti umani violati in Libia, si scatena una nuova guerra di aggressione da parte del neocolonialismo imperialistico, non perché si hanno a cuore le sorti del popolo libico, ma piuttosto in nome di una “santa alleanza” per l’accaparramento delle riserve di petrolio e gas di cui è ricco quel paese.
Le compagnie transnazionali, soprattutto francesi, ma anche inglesi e americane, non si stanno facendo quindi scrupoli nel sostenere e finanziarie con ogni mezzo i cosiddetti “ribelli” per sbarazzarsi la prima possibile di Gheddafi e avere così mano libera per privatizzare nuovamente i pozzi di petrolio e gas. E magari ripristinare le basi militari straniere che la precedente esperienza della Jamaijria (la repubblica popolare libica nata nel 1969 dopo la cacciata del Re Idris, fantoccio dell’imperialismo inglese) era riuscita a cacciare.
Il disegno del nuovo espansionismo neocoloniale – prevalentemente a guida europea con supervisione statunitense (i comandi NATO sono saldamente in mano al Pentagono) – è così evidente che non dobbiamo esitare nel contrastarlo con ogni mezzo informativo, ma anche di grande mobilitazione nazionale.
Ciò richiede l’urgente rilancio in Italia di un diffuso Movimento Contro la Guerra.
Ripartiamo da Pisa e da Napoli per lanciare il presente Appello per un Coordinamento Nazionale Contro la Guerra che, nel rispetto delle varie sensibilità, riunisca tutte le forze autenticamente pacifiste e contro la guerra, i movimenti contro le basi e le servitù militari, le Associazioni umanitarie e di solidarietà tra i popoli.
In Toscana, come Coordinamento nazionale contro la guerra ci impegniamo a promuovere a Pisa una mobilitazione costante contro l’Hub e la base militare Usa di Camp Darby, ormai evidenti strumenti funzionali alle strategie belliche della Santa Alleanza USA-Nato nell’area Mediterranea- Mediorientale.
Ancora una volta siamo davanti a un bivio storico in cui ciascuno di noi come singolo o movimento si trova di fronte alle proprie responsabilità nel difendere i valori fondanti della nostra Costituzione antifascista nata dalla Resistenza e dire un NO alla GUERRA chiaro e netto o accettare passivamente che si compia in Libia la tragedia già vista in Iraq, Jugoslavia, Afghanistan.
L’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo con la partecipazione a questa guerra. Le conseguenze non saranno solo nell’immediato con l’ondata di profughi, ma anche in termini di economia, di approvvigionamento energetico, ambientali e morali. Si è scatenata una guerra contro i migranti, utilizzando mezzi e infrastrutture per impedire sbarchi, realizzare respingimenti o deportare uomini, donne, bambini nei centri – ghetto (spesso ex basi o caserme). Ciò favorisce ulteriori processi di militarizzazione, come le stazioni radar in Su d Italia acquistati dalla GdF con fondi UE.
Non esiste una guerra giusta anche se approvata con una risoluzione dell’ONU.
NO, in nostro nome la guerra non si farà! Non siamo disposti a mantenere in piedi un sistema mondiale consumistico, divoratore di materie prime e risorse energetiche che condanna a morte la maggioranza degli abitanti del pianeta.
Educhiamo alla pace e non educhiamo alla guerra. Chiediamo l’uscita dell’Italia dalla NATO e il ritiro di tutte le truppe italiane dai vari fronti di guerra.
L’unica medicina contro la guerra è: meno caserme, meno armi, più giustizia sociale, più scuole, più cultura, un nuovo modello sociale, basato sulla divisione equa delle ricchezze e non sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura.
FIRMATARI
Coordinamento NO HUB Pisa-Livorno
Comitato NO Camp Darby
Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella
Rete nazionale Disarmiamoli
Comitato pace, disarmo e smilitarizzazione dei territori, Napoli
Assemblea No F35 Novara
Salento No War
Brigate di Solidarietà Popolare con l’America Latina
Comitato Internazionale di Educazione per la Pace
Gruppo No Hub No Guerra di Lucca
L’assemblea si è aperta ricordando il compagno ed attivista dell’ISM, Vittorio Arrigoni, rapito ed ucciso a Gaza nelle prime ore di venerdì. Fuori al Palazzo dell’Università è stato esposto uno striscione commemorativo, e sono state ammainate le bandiere dell’Unione Europea e dell’Italia e messe al loro posto quelle della Palestina. L’impegno di Vittorio, la sua umanità, la sua ironia anche nelle situazioni più tragiche, il calore e la gioia che ha saputo comunicare a chi lo aveva conosciuto rimarranno per sempre nei nostri cuori, e ci spingeranno ad un rinnovato impegno perché non vi siano più nel mondo oppressi ed oppressori.
Gli organizzatori sono poi passati a fare un rapido bilancio della manifestazione nazionale del giorno prima. Una manifestazione che ha visto sfilare verso il comando NATO di Bagnoli oltre 3.000 persone, provenienti da diverse parti d’Italia, per contestare l’aggressione militare che da un mese sta insanguinando la Libia. La manifestazione, chiamata dall’Assemblea napoletana contro la guerra – un coordinamento di realtà autorganizzate, di collettivi studenteschi e territoriali – è stata giudicata pienamente riuscita. Nonostante il boicottaggio dei media ufficiali e l’indifferenza (se non il sabotaggio) di pezzi consistenti della sinistra “istituzionale” o di “movimento”, migliaia di persone, per lo più giovani, studenti medi e universitari, sono scesi in piazza per contestare la retorica delle “guerre umanitarie” e quella degli “interessi nazionali”. Nonostante tutte le difficoltà che i movimenti incontrano in questa fase, nonostante la confusione che questo intervento ha provocato nella sinistra, nonostante lo sbandamento di gran parte del movimento pacifista che nel 2003 era riuscito a esprimersi con forza, si è riusciti in sole due settimane a creare un appuntamento che superasse le piccole espressioni locali e individuali di contrarietà alla guerra.
Senza indugiare in trionfalismi assolutamente fuori luogo – perché è innegabile che una contrarietà di massa alla guerra non si ancora espressa e che anzi le modalità di intervento bellico sono state in buona parte metabolizzate dal Paese – la lezione da trarre da questa manifestazione è evidente: se in poco tempo e con pochi mezzi alcuni collettivi di base sono riusciti a portare in piazza migliaia di persone, che cosa sarebbe successo se tutti i compagni, le realtà pacifiste etc avessero deciso di costruire anche loro questa mobilitazione?
Il valore del corteo di sabato non è stato insomma solo nell’essere l’unica alternativa al silenzio ed alla complicità, o nell’essere coerente con le passate prese di posizione, ma nell’essere dimostrazione concreta che “si poteva fare”, che c’è un sentimento diffuso di contrarietà alla guerra e che se non lo si riesce a interpretare politicamente è anche per malafede, per un senso di sconfitta complessivo, per incapacità soggettive dei movimenti.
Sono quindi iniziati gli interventi delle diverse realtà politiche presenti, che sono entrati nel merito delle differenti analisi e valutazioni su quello che è successo nell’ultimo mese sia in Libia che in Italia. Rispetto alla specificità della situazione libica, si è ricordata l’importanza del petrolio e delle royalties delle multinazionali, così come il ruolo e gli interessi di lungo corso della Francia nell’espansione dell’UE verso Sud, mentre altri hanno sottolineato come l’intervento sia legato anche ad un’esigenza di controllo delle rivolte della primavera araba. Sul “fronte interno”, si è discusso della questione dei migranti e del loro “uso strumentale”, nonché del restringimento delle libertà democratiche anche in Parlamento, con interventi militari che ormai non sono oggetto né di un dibattito pubblico né di uno istituzionale, e delle ricadute delle spese militari sulle classi popolari.
Ci si è quindi interrogati sul perché non si sia creato un sentimento di sdegno forte contro questa guerra, e questo è stato imputato innanzitutto alla persistenza dell’idea di un’Unione Europea “buona”, anche quando si lancia in avventure militari, di un antimperialismo che più spesso è rivolto solo contro gli Stati Uniti e – non ultimo – ad una sinistra di base che si è comportata come se stesse al “governo”. Molti interventi hanno insistito sulla necessità in questa fase storica di ragionare su scala internazionale, mettendosi quantomeno allo stesso livello politico in cui vengono prese la maggior parte delle decisioni, quello europeo.
Vista la ricchezza del dibattito, tutti hanno convenuto che bisogna continuare il confronto e l’analisi delle varie situazioni arabe e nord africane, che hanno profonde peculiarità e differenze. Anche perché l’assemblea deve segnare un punto di partenza ed una forma pur embrionale di scambio e di coordinamento, soprattutto dopo l’incoraggiante manifestazione di sabato. Secondo gli intervenuti, bisogna continuare il lavoro di controinformazione e demistificazione nei posti di lavoro, nelle scuole, in ogni ambito sociale. Si è infine letto l’appello scritto dai compagni di Pisa in lotta contro l’Hub militare, scaturito dalla loro assemblea antimilitarista del 16 aprile, e si è presa conoscenza con favore della loro lotta, che è parte integrante del movimento contro la guerra.
L’assemblea ha quindi deciso:
- di creare di una mailing list su cui possano viaggiare informazioni, iniziative, segnalazioni, comunicazioni.
- di convertire il sito usato per la manifestazione napoletana www.stopwar.altervista.org in sito contro la guerra in Libia, per propagandare analisi, iniziative etc. I compagni che se ne occuperanno sono quelli del CAU, a cui però vanno segnalate eventuali iniziative, rassegna stampa, articoli di approfondimento…
- di rivedersi il 15 maggio a Roma, per un nuovo incontro sulla guerra in Libia, per fare il punto della situazione ed immaginare qualche nuova iniziativa coordinata.
Nel frattempo, ogni realtà deciderà se e come partecipare alle seguenti date:
- Manifestazione nazionale di sostegno alla Freedom Flottilla, 14 maggio a Roma
- Giornata nazionale di lotta presso il campo di Manduria, intorno al 18-19 giugno
Per il momento l’invito a tutte e tutti è a far girare questo report, coinvolgere altre realtà, organizzare iniziative e tenere aggiornato il sito, per rivedersi ancora più numerosi il 15 a Roma.
per iscriversi alla mailing list dell'assemblea nazionale contro la guerra spedire una mail a assembleanowar.na@...