Fin dalla partenza, e poi per tutto il viaggio in Croazia, Benedetto XVI ha ripetuto come un disco rotto uno dei suoi mantra preferiti, quello sulla sacralità della “vera” famiglia, contrapposta alle diaboliche coppie di fatto. Ciò ha relegato in secondo piano il fatto che, nella cattedrale di Zagabria, sia andato a pregare sulla tomba del cardinale Stepinac, beatificato di recente da Giovanni Paolo II.
Un grande “umanista”…
A Gian Guido Vecchi che gli chiedeva, per conto del “Corriere”, quale è « l’importanza della sua figura oggi», Benedetto ha risposto che Stepinac è « un grande pastore, un grande cristiano e così anche un uomo di un umanesimo esemplare» che dovendo vivere « in due dittature contrastanti ma entrambe antiumanistiche» (quella degli ustascia e quella di Tito) « ha lottato per la fede, per la presenza di Dio nel mondo, per il vero umanesimo», combattendo «due lotte diverse e contrastanti» E proprio questo ne fa un «grande esempio non solo per i croati ma per tutti noi» (4 giugno).
Senonché Stepinac, arcivescovo di Zagabria, non fu affatto un oppositore sia dei fascisti Ustascia, sia dei comunisti come vorrebbe far credere Benedetto, raccontando bugie a palate.
… o l’arcivescovo del genocidio?
«Stepinac», scrive Cosante Mulas Corraine (La verità sui fatti serbo- croati negli anni quaranta), «fu al fianco dei fascisti Ustascia fin dal primo momento (come ha dimostrato senz’ombra di dubbio V. Novak, Principium et Finis veritas), da quando, cioè, il 10 Aprile 1941 ebbe luogo l’occupazione tedesca di Zagabria insieme alla proclamazione dell’indipendenza della Croazia dal regno di Jugoslavia» con a capo Ante Pavelic, cattolico fanatico ricevuto e benedetto da Pio XII che il 26 giugno 1941 «accolse in pompa magna l’episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise “dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria”». Ciò si tradusse nella ricattolicizzazione forzata della Croazia, condotta con l’appoggio dell’episcopato cattolico e dello stesso Stepinac instaurando un regime di terrore condannato perfino dai fascisti e dai nazisti.
Il 17 Febbraio 1942 il capo dei Servizi di Sicurezza scrisse al comando centrale delle SS: «È possibile calcolare a circa 300.000 il numero dei Pravoslavi uccisi o torturati sadicamente a morte dai Croati» (dagli archivi della Gestapo).
La complicità e la diretta partecipazione di Stepinac agli orrendi massacri commessi da Pavelic ai danni di ebrei, serbi e dello stesso clero ortodosso, è stata poi ampiamente documentata anche da Marco Aurelio Rivelli nel libro L’arcivescovo del genocidio, Kaos, 1999.
Da “ustascia” a “martire”
«Alojzije Stepinac», ricorda Sergio D’Afflitto recensendo nel 2005 questo libro, «ebbe un ruolo di primo piano nella creazione e nel consolidamento della dittatura ustaša e, successivamente, nel tentativo di evitare che la Croazia tornasse sotto il legittimo governo jugoslavo. Quello che i suoi agiografi tacciono accuratamente è che egli fu anche membro del parlamento e capo dei cappellani militari, decorato al merito con la massima onorificenza ustascia. Un antisemita al cubo, che arrivò a dichiarare: “ho fatto notare in Vaticano che le leggi ustaša varate contro il crimine dell’aborto giustificano le leggi contro gli ebrei, i quali sono in Croazia i più grandi difensori, i più frequenti esecutori di questo crimine”. Tanto coraggioso prima dell’arrivo di Tito quanto pusillanime dopo, una volta finito sotto processo per tradimento (in quanto formalmente cittadino jugoslavo che aveva cospirato contro la propria nazione): interrogato perché avesse accettato l’onorificenza, non si vergognò di rispondere che“se avessi rifiutato la massima onorificenza militare ustaša, sarebbero successe delle cose ancora più terribili… Noi abbiamo stabilito in modo chiaro i principî delle conversioni, gli ortodossi erano liberi e nello stato spirituale di convertirsi o meno”, senza rendersi conto della plateale contraddizione: infatti, il pubblico ministero gli contestò che non era pensabile che un uomo del suo rango non potesse rifiutare un’onorificenza per timore di cose terribili, laddove, a dire dello stesso Stepinac, perfino i serbi potevano liberamente scegliere senza conseguenze se diventare ortodossi o meno. Il vile Stepinac non rispose».
Nonostante questo fu condannato a una pena molto lieve e uscì dal carcere dopo qualche anno. Ma tanto bastò alla Chiesa, quella stessa che oggi lo rappresenta come un “umanista”, a esibirlo come “martire” e a farlo poi “beato” in vista di santificarlo quanto prima.
Andrà così ad aggiungersi a altri assassini, come Pio V, Pio IX o Carlo Borromeo, che la Chiesa ha elevato all’onore degli altari facendo carte false, nel vero senso della parola, cioè occultando e falsificando i dati storici – che sono ben diversi da quelli raccontati ai creduli fedeli da Benedetto XVI e da altri bugiardi della sua risma.