Giornata della Memoria: il Porrajmos
1) Sui Rom morti durante la Seconda Guerra Mondiale
2) Recensione del libro UN NOMADISMO FORZATO di A. Bejzak e K. Jenkins
SEGNALAZIONE: GIORNATA DELLA MEMORIA 2013 A NIGUARDA (MILANO)
Da: ANPI Crescenzago <anpi.crescenzago @ libero.it>
Oggetto: GIORNATA DELLA MEMORIA 2013 A NIGUARDA (MILANO) - 6 VIDEO
Data: 27 gennaio 2013 11.40.01 GMT+01.00
Oggetto: GIORNATA DELLA MEMORIA 2013 A NIGUARDA (MILANO) - 6 VIDEO
Data: 27 gennaio 2013 11.40.01 GMT+01.00
INTERVENTI DI DIJANA PAVLOVIC, FRANCO BOMPREZZI, MARCO MORI, EMANUELE FIANO, ONORIO ROSATI E RENATO SARTI:
Sabato 26 gennaio 2013 presso il circolo “Francesco Rigoldi” di via Hermada 8 a Niguarda, quartiere della Zona 9 di Milano, iniziativa in occasione della “Giornata della Memoria”, per non dimenticare la Deportazione e lo sterminio pianificato nei lager nazifascisti.
Proiezioni di audiovisivi ed interventi di Dijana Pavlovic (attrice, Comunità Rom), Franco Bomprezzi (portavoce Ledha), Marco Mori (ARCI Gay di Milano), Emanuele Fiano (Comunità Ebraica di Milano), Renato Sarti (attore, Teatro della Cooperativa di Niguarda) ed Onorio Rosati (Sindacato CGIL).
=== 1 ===
GIORNO DELLA MEMORIA -- 27 GENNAIO 2013
Quanti conoscono la parola "Porrajmos"?
Porrajmos nella lingua dei Rom significa "divoramento" e indica la persecuzione e lo sterminio che il Terzo Reich attuò nei loro confronti.
tratto da: PARLONS TSIGANE Histoire, culture et langue du peuple tsigane - pag. 21-22 - Editions l'Harmattan Paris - di Vania de Gila-Kochanowski trad. Alessandro Bellucci
SUI ROM MORTI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Se io testimonio oggi che la "soluzione finale" per i rom era stata progettata da Hitler fin dal 1933 (cf: "MEIN KAMPF") e questo piano mostruoso è stato attuato con un genocidio di 7.500.000 di noi, allora io avrò assolto al mio dovere affinchè dopo 100 anni o addirittura 50 anni tutta questa pagina della storia rom non sia definitivamente cancellata. Si tratta di un "olocausto" regolarmente dimenticato... o volontariamente occultato e la sua valutazione merita alcune spiegazioni.
Prima della guerra c'erano circa 25 milioni di rom dispersi attraverso l'Europa, di cui soltanto 10 milioni si riconoscevano ufficialmente come rom. Dunque la maggioranza degli studiosi dei rom, amici come nemici, sono d'accordo per stimare una ecatombe del 75% che corrisponde ad un genocidio di circa 7.500.000 di individui.
Si è lontani dalle 500.000 vittime - cifra spesso usata per quantificare il genocidio rom nel suo insieme. Io, come anziano prigioniero dei campi di sterminio nazisti, sono stato invitato a testimoniare nel processo intentato contro il negazionista francese Robert Faurisson.
Gli archivi messi a mia disposizione, provenienti da Germania, Polonia, Cecoslavacchia, Bulgaria, ecc., permettono di ritenere che i 500.000 rom morti nei diversi campi di concentramento si riferiscono agli individui di ogni sesso e di ogni età che sono serviti per gli esperimenti etnici e biologici dei tecnici e dei medici criminali nazisti.
Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti ben conosciuto, indica la cifra di 2 milioni per l'olocausto del rom nei campi e nelle prigioni. Ma tutti gli altri? Le testimonianze delle popolazioni europee sotto il nazismo abbondano nel descrivere esecuzioni di massa: nei campi, nelle foreste, nelle strade, ecc.. E, come dimenticare, tutti i rom morti nelle armate regolari o fra i partigiani? E i giovani rom arruolati a forza nelle SS o nella Wermacht, evasi, ripresi e fucilati.
SUI ROM MORTI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Se io testimonio oggi che la "soluzione finale" per i rom era stata progettata da Hitler fin dal 1933 (cf: "MEIN KAMPF") e questo piano mostruoso è stato attuato con un genocidio di 7.500.000 di noi, allora io avrò assolto al mio dovere affinchè dopo 100 anni o addirittura 50 anni tutta questa pagina della storia rom non sia definitivamente cancellata. Si tratta di un "olocausto" regolarmente dimenticato... o volontariamente occultato e la sua valutazione merita alcune spiegazioni.
Prima della guerra c'erano circa 25 milioni di rom dispersi attraverso l'Europa, di cui soltanto 10 milioni si riconoscevano ufficialmente come rom. Dunque la maggioranza degli studiosi dei rom, amici come nemici, sono d'accordo per stimare una ecatombe del 75% che corrisponde ad un genocidio di circa 7.500.000 di individui.
Si è lontani dalle 500.000 vittime - cifra spesso usata per quantificare il genocidio rom nel suo insieme. Io, come anziano prigioniero dei campi di sterminio nazisti, sono stato invitato a testimoniare nel processo intentato contro il negazionista francese Robert Faurisson.
Gli archivi messi a mia disposizione, provenienti da Germania, Polonia, Cecoslavacchia, Bulgaria, ecc., permettono di ritenere che i 500.000 rom morti nei diversi campi di concentramento si riferiscono agli individui di ogni sesso e di ogni età che sono serviti per gli esperimenti etnici e biologici dei tecnici e dei medici criminali nazisti.
Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti ben conosciuto, indica la cifra di 2 milioni per l'olocausto del rom nei campi e nelle prigioni. Ma tutti gli altri? Le testimonianze delle popolazioni europee sotto il nazismo abbondano nel descrivere esecuzioni di massa: nei campi, nelle foreste, nelle strade, ecc.. E, come dimenticare, tutti i rom morti nelle armate regolari o fra i partigiani? E i giovani rom arruolati a forza nelle SS o nella Wermacht, evasi, ripresi e fucilati.
Vania de Gila-Kochanowski, sociologo e linguista rom, nato nel il 6 agosto 1920 in Polonia, ex deportato, diventato poi dal 1959 cittadino francese si divideva tra la lotta per i diritti dei rom, gli studi e la scrittura. E' stato uno dei primo rom ad ottenere due lauree, una agli inzi degli anni '60, in studi linguistici e la seconda in etno-sociologia. Diventato professore, ha contribuito in maniera unica e significativa a diffondere la storia e la cultura dei rom per affermarne il valore. E' morto a Parigi il 18 maggio 2007. I suoi libri non sono mai stati tradotti in Italia
(a cura di P. Cecchi per CNJ onlus)
=== 2 ===
Sul perdurante genocidio dei Rom di Kosovo e Metohija
Recensione del libro UN NOMADISMO FORZATO di A. Bejzak e K. Jenkins
di Andrea Martocchia
(segretario, Coord. Naz. per la Jugoslavia - onlus)
per il sito Marx 21 - http://www.marx21.it/
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Adem Bejzak e Kristin JenkinsUN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
Edizioni Archeoares, 2011
7 euro, 180 p., ISBN 978-88-96889-22-0
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Qualcuno ha scritto che "la Giornata della Memoria non funziona" (1). Sicuramente sussiste un problema di fondo, che riguarda l'oggetto stesso della ricorrenza. Infatti, a rendere giustizia, non solo dal punto di vista morale ma proprio dal punto di vista storico, alle vittime del nazifascismo si dovrebbero includere tutti i crimini del nazifascismo verso intere categorie e soggetti nazionali e/o razziali; viceversa, nella stessa legge istitutiva della Giornata della Memoria nel nostro paese (2) si chiede di ricordare solamente "la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte", e con loro "i giusti", cioè coloro che "si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati".
L'omissione è dunque flagrante. Non è ricordato, ufficialmente, il genocidio dei Rom - genocidio che, vista l'attualità italiana, visti i ripetuti pogrom ai danni della comunità Rom in Italia, visto il razzismo così diffuso, generalizzato, nella nostra società, nessuno dovrebbe osare di omettere dalla narrazione sulla nostra storia recente, tantomeno nella Giornata della Memoria. Non c'è spazio, sulla carta, nemmeno per ricordare - o scoprire e studiare - il genocidio dei disabili, dei gay, le immani stragi commesse sulle popolazioni civili, le politiche razziste del nazifascismo verso i popoli slavi, i pogrom che i cattolici "uniati" commisero contro altri cristiani in Ucraina e Bielorussia; né per ricordare il sistema concentrazionario ed i crimini degli ustascia nei Balcani, pur così vicini all'Italia sia per rapporti storico-politici (attraverso Fascismo e Vaticano) sia geograficamente.
In questo "mare di silenzio" si perde in particolare la vicenda - pluridecennale, in verità, ma che toccò un apice drammatico proprio sotto l'occupazione nazifascista - delle pulizie etniche commesse in Kosovo e Metohija (Kosmet). A ricordarla, dallo specifico punto di vista della comunità Rom kosovara, è uno straordinario libricino frutto della collaborazione di un esule rom kosovaro, Adem Bejzak, e di una esperta di diritti delle minoranze, Kristin Jenkins.
Bejzak, classe 1957, è originario di Kosovo Polje. Di mestiere autista e meccanico, militante nella Lega dei Comunisti di Jugoslavia, risiede nella sua terra e vive tante vicende, raccontate nel libro, finché l'aggravarsi della situazione sociale ed economica non gli fa scegliere l'emigrazione all'estero. Soprattutto l'embargo imposto dai paesi occidentali contro la Repubblica Federale di Jugoslavia a partire dal 1990, finalizzato a piegare il paese per poterlo successivamente smembrare, costringe Bejzak a cercare migliore fortuna all'estero per sostenere finanziariamente a distanza la famiglia rimasta in Kosovo.
A Bologna, però, per la prima volta vede in quali condizioni disumane vivano i rom in Italia. Dal 1993 si stabilisce nel campo dell'Olmatello a Firenze; a partire dall'agosto 1999 si uniscono a lui tutti i suoi famigliari, costretti all'esilio dal nuovo regime razzista instaurato in Kosovo dalla NATO. E' allora che anche la moglie Bedria e i figli "scoprono" le condizioni miserabili dei campi rom italiani - e non possono credere ai loro occhi...
Solo nell'ottobre 2006, dopo innumerevoli difficoltà, la famiglia Bejzak ottiene una casa vera e propria dove risiedere, dal Comune di Firenze. E per questo dovrebbe ritenersi fortunata, vista la condizione della maggiorparte dei rom che abitano in Italia. Eppure, i Bejzak non erano "nomadi" prima, in Jugoslavia...
Bejzak scrive che in Kosovo "per secoli prima della guerra, la popolazione rom ha vissuto una vita sedentaria svolgendo lavori onesti... Con la guerra del 1999, le nostre case ed i nostri terreni sono stati bombardati, bruciati e derubati ed i rom sono stati costretti a fuggire attraverso il mare Adriatico verso altri paesi europei... Oggi nell'ex Jugoslavia sono stati creati nuovi stati ed i rom storici rimasti lì non hanno avuto nessun riconoscimento... Nonostante varie distinte ricerche etnografiche sui rom, c'è una mancanza di ricerca della verità sull'origine del nomadismo forzato [sic] del popolo rom e di conseguenza sono nati molti pregiudizi e discriminazioni" (p.17).
Le parole di Adem, Bedria e dei loro figli sono state raccolte da Kristin Jenkins, studiosa della problematica dei rom del Kosovo, con vero e proprio sgomento: quella stessa sensazione che molti di noi hanno dovuto sperimentare in questi anni incontrando la verità della tragedia jugoslava. Una verità a tutti gli effetti elusa, mistificata tra fiumi di parole "a effetto" che dicono di solito il contrario di quello che sarebbe necessario dire e sapere. Sul Kosovo, ad esempio: il nostro telespettatore è abituato ad imputare allo Stato jugoslavo, plurinazionale e improntato ai valori socialisti di giustizia sociale ed eguaglianza nazionale (fino al suo scioglimento avvenuto il 4 febbraio 2003), quei crimini di prevaricazione e "pulizia etnica" che sono stati invece commessi dalla parte antagonistica, cioè il secessionismo pan-albanese e l'imperialismo della NATO.
Il libro è anche un viaggio nella storia recente del popolo Rom. Vi incontriamo rom partigiani, attivi combattenti contro il nazifascismo oppure vittime del genocidio praticato nei lager gestiti dagli ustascia; vi incontriamo attivisti del movimento per i diritti nazionali rom, sorto in Kosovo a partire dal 1968; vi incontriamo rom comunisti, impegnati a frequentare scuole di formazione politica nella Jugoslavia degli anni Settanta, e donne rom impegnate ad emanciparsi dalle tradizioni arcaiche della cultura di provenienza. Vi incontriamo rom giovani e anziani, donne e uomini tutti insieme bloccati in coda in una autocolonna lunga 30 chilometri che il 17 giugno 1999, a passo d'uomo, li conduce fuori dalla loro terra, e poi in agosto a Bar (Montenegro), sotto un grande albero nei pressi del porto ad attendere per un mese la nave che li deve portare in esilio. Vi incontriamo rom che nolenti o volenti vengono registrati come "albanesi" dalla burocrazia - perché è "politicamente corretto" e così, forse, si riesce a far valere qualche diritto umano elementare.
Nel libro, oltre a leggere, vediamo Bejkaz in fotografia, partecipare ad una manifestazione ad Aviano nella primavera 1999, per protesta contro le "bombe imperialiste" e la politica della NATO di strumentalizzazione della questione "etnica" nella sua terra. Sempre in fotografia vediamo la casa di famiglia di Adem nei giorni felici (pp.19 e 60) e devastata (a p.50 e in copertina) da NATO e UCK tra di loro alleati. E vediamo Adem in visita da suoi connazionali e presso i luoghi-simbolo della tragica storia Rom: ad esempio a Kragujevac, nel parco delle Sumarice. (3)
C'è il racconto di una visita di Bejkaz ad Auschwitz, nell'ambito di una delegazione del Comune di Firenze: lì Adem rivive, fino a sentirsi male, i patimenti dei suoi avi. C'è il racconto toccante del primo ritorno della famiglia Bejzak in Serbia, 6 anni dopo i bombardamenti, in visita dai genitori di Adem a Nis: nella Serbia meridionale riconoscono i tristi effetti dei bombardamenti nella vita sociale, ma anche la laboriosità e la dignità della loro gente, ed incontrano ex partigiani rom, attivisti dell'associazionismo rom, parenti ed amici originari del Kosovo con le loro storie drammatiche. Ritrovano i segni del genocidio attuato dai nazifascisti e della Resistenza eroica di tanti rom: storie della II G.M. che non hanno goduto del riconoscimento storiografico e morale che era dovuto.
Il libro si chiude con alcune note sulle principali tradizioni Rom (Djurdjevdan, matrimoni) e con alcune poesie di Adem Bejzak. Ci auguriamo che una seconda edizione, che si pensa imminente, consentirà una ben maggiore diffusione di questo piccolo tesoro, la cui lettura è di grande aiuto a chiunque voglia comprendere la stretta concatenazione esistente tra questioni apparentemente distinte: condizione Rom, secessione del Kosmet, crimini del nazifascismo, Giornata della Memoria.
Note
(1) "2010: Perché la giornata della Memoria non funziona", su http://www.olokaustos.org/2010.htm .
(2) Il Giorno della Memoria (27 Gennaio) è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale. Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. » (Legge 20 luglio 2000, n. 211, Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 177 del 31 luglio 2000, dal sito web Parlamento Italiano. Riportato il 12 aprile 2007.)
E' il caso di rammentare il significato del termine GENOCIDIO: ogni atto commesso con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
(2) Il Giorno della Memoria (27 Gennaio) è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale. Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. » (Legge 20 luglio 2000, n. 211, Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 177 del 31 luglio 2000, dal sito web Parlamento Italiano. Riportato il 12 aprile 2007.)
E' il caso di rammentare il significato del termine GENOCIDIO: ogni atto commesso con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.