1. Un trattato di pace per mettere fine alla Guerra di Corea;
2. La riunificazione della Corea “temporaneamente” divisa in Nord e Sud dal 1945;
3. Fine dell’occupazione statunitense della Corea del Sud e sospensione delle simulazioni di combattimento annuali della durata di un mese tra Stati Uniti e Corea del Nord;
4. Negoziati bilaterali tra Washington e Pyogyang per mettere fine alle tensioni nella penisola di Corea.
Nel corso degli anni gli Stati Uniti ed il loro protettorato sudcoreano hanno ogni volta rifiutato ognuna delle proposte. Di conseguenza la penisola è rimasta estremamente instaabile durante il decennio 1950.
Ora si è giunti al punto che Washington ha utilizzato le sue simulazioni di guerra annuali, che sono cominciati all’inizio di marzo, per organizzare una simulazione di attacco nucleare alla Corea del Nord, facendo alzare in volo due bombardieri B-2 Stealth con capacità nucleare sulla regione il 28 marzo. Tre giorni dopo la casa Bianca ha inviato nella Corea del Sud aerei da combattimenti “invisivili” F-22 Raptor, col che la tensione si è alzata ancor di più.
Vediamo cosa c’è dietro queste quattro proposte:
1. Gli Stati Uniti non vogliono firmare un trattato di pace per mettere fine alla Guerra di Corea. Hanno accettato solo un armistizio, che è una cessazione temporale del combattimento per accordo mutuo. Si riteneva che l’armistizio firmato il 27 luglio 1953 si sarebbe trasformato in trattato di pace nel momento in cui “si fosse raggiunto un accordo pacifico finale”. La mancanza di un trattato significa che la guerra può ricominciare in qualsiasi momento, La Corea del Nord non vuole una guerra con gli Stati Uniti, lo Stato con maggiore potere militare della storia. Vuole un trattato di pace.
2. Le due Coree esistono in conseguenza di un accordo tra l’Unione Sovietica (che divide una frontiera con la Corea e che durante la II° Guerra Mondiale aiutò la parte nord del paese a liberarsi dal Giappone) e gli Stati Uniti, che occuparono la parte sud. Nonostante che il socialismo prevalesse a nord ed il capitalismo al sud, la divisione non doveva essere permanente. Le due grandi potenze avrebbero dovuto ritirarsi nel giro di due anni e permettere che il paese si riunificasse. La Russia lo fece, gli Stati Uniti no. Arrivò allora la devastante guerra dei tre anni nel 1950. Da quella data la Corea del Nord ha fatto varie e diverse proposte per mettere fine ad una divisione che dura dal 1945. Credo che la più recente sia “un paese, due sistemi”. Ciò significa che, anche se le due parti si riunissero, il sud continuerebbe ad essere capitalista ed il nord socialista. Sarebbe difficile, ma non impossibile. Washington non lo vuole. Cerca di impadronirsi di tutta la penisola per portare il suo “ombrello” militare direttamente alla frontiera con la Cina, e anche con la Russia.
3. Dalla fine della guerra Washington ha mantenuto tra i 25.000 e i 40.000 soldati nella Corea del Sud. Insieme alle flotte, alle basi dei bombardieri nucleari e alle installazioni di truppe statunitensi molto vicine alla penisola, questi soldati continuano ad essere un memento di due cose. Una è che “possiamo schiacciare il nord” e l’altra è “La Corea del Sud ci appartiene”. Pyongyang la vede in questo modo (e molto di più da quando il presidente Obama ha deciso di puntare sull’Asia). Anche se questa svolta ha aspetti economici e commerciali, il suo proposito principale è aumentare il già considerevole potere militare nella regione per intensificare le minacce a Cina e Corea del Nord.
4. la Guerra di Corea fu sostanzialmente un conflitto tra la Repubblica Popolare Democratica della Corea del Nord e gli Stati Uniti. Cioè, per quanto altri paesi delle Nazioni Unite partecipassero alla guerra, gli Stati Uniti si fecero carico di essa, dominarono la lotta contro la Corea del Nord e furono responsabili della morte di milioni di coreani a nord della linea divisoria del 38° parallelo. E’ del tutto logico che Pyongyang cerchi di negoziare direttamente con Washington per risolvere le divergenze e raggiungere un accordo pacifico che porti ad un trattato. Gli Stati Uniti hanno sistematicamente rifiutato.
Questi quattro punti non sono nuovi. Furono fissati nel decennio 1950.
Nel 1970 visitai in tre occasioni la Repubblica Popolare Democratica della Corea del Nord, per un totale di otto settimane, come inviato del giornale statunitense The Guardian. Tutte le volte, durante i colloqui con i dirigenti, mi veniva fatta la richiesta di un trattato di pace, della ritirata delle truppe statunitensi del Sud e di negoziati diretti. Oggi la situazione è la stessa. Gli Stati Uniti non hanno ceduto di un pollice.
Perché no? Washington vuole liberarsi del regime comunista prima di permettere che la pace prevalga nella penisola. Altro che “uno Stato, due sistemi”! Vuole uno Stato che prometta lealtà … indovinate a chi?
Nel frattempo l’esistenza di una “bellicosa” Corea del Nord giustifica che Washington accerchi il sud con un autentico anello di potenza di fuoco nel nord-est del Pacifico sufficientemente vicino per bruciare la Cina, anche se non del tutto. Una “pericolosa” Repubblica Popolare Democratica della Corea del Nord è utile anche per mantenere il Giappone all’interno dell’orbita statunitense ed è anche un’altra scusa perché il precedentemente pacifico Giappone si vanti del suo già formidabile arsenale.
Riguardo a questo voglio citare un articolo di Christine Hong e di Hyung Le pubblicato il 15 febbraio in Foreign Policy in Focus:
“Definire la Corea del Nord come la principale minaccia per la sicurezza della regione nasconde la natura falsa della politica del presidente statunitense Barak Obama nella regione, in concreto l’identità di quello che i suoi consiglieri chiamano ‘pazienza strategica’ da una parte e, dall’altra, l’atteggiamento militare e l’alleanza con i falchi regionali che è stata raggiunta. Esaminare la politica aggressiva di Obama rispetto alla Corea del Nord e le sue conseguenze è fondamentale per capire perché le dimostrazioni di potenza militare (della politica attraverso altri mezzi, con la parole di Karl von Klausevitz) sono le uniche vie di comunicazione che la Corea del Nord sembra avere con gli Stati Uniti in questo periodo”.
Riporto qui un’altra citazione di Brian Becker, della coalizione ANSWER:
“Il Pentagono e l’esercito della Corea del Sud oggi (e nel corso dell’anno passato) hanno organizzato grandi simulazioni di guerra che riproducono l’invasione e il bombardamento della Corea del Nord. Pochi, negli Stati Uniti, conoscono la vera situazione. Il lavoro della macchina propagandistica di guerra è fatto per assicurarsi che il popolo statunitense non si unisca per esigere che cessino le pericolose e minacciose azioni del Pentagono nella Penisola di Corea. La campagna di propaganda è ora in pieno svolgimento mentre il Pentagono sale la scala dell’intensificazione nella parte più militarizzata del pianeta.
La Corea del Nord è considerata il provocatore e l’aggressore ogni volta che afferma di aver diritto a difendere il proprio paese e di avere la capacità di farlo. Anche quando il Pentagono simula la distruzione nucleare di un paese che ha già tentato di bombardare fino a ridurlo all’Età della pietra, i mezzi di comunicazione di proprietà delle corporations caratterizzano quest’atto estremamente provocatorio come segno di determinazione e un mezzo difensivo.”.
Altra citazione di Stratfor, un servizio di intelligence privato che di solito se ne intende:
“Gran parte del comportamento della Corea del Nord si può considerare retorico anche se, tuttavia, non è chiaro fino a dove vuole arrivare Pyongyang se continua a non poter forzare i negoziati attraverso la belligeranza”.
Qui si dà per scontato l’obiettivo di iniziare i negoziati.
La “bellicosità” di Pyongyang è quasi interamente verbale (forse vari decibels troppo alta per le nostre orecchie), ma la Corea del Nord è un piccolo paese in difficili circostanze che ben ricordano la straordinaria brutalità che Washington ha inflitto al territorio nel decennio del 1950. Milioni di coreani morirono. I “bombardamenti di saturazione” statunitensi furono criminali. La Corea del Nord è decisa a morire lottando se questo succederà nuovamente, ma spera che la sua preparazione (militare) impedisca la guerra e porti a negoziati e ad un trattato di pace.
Il suo grande e ben addestrato esercito è difensivo. Il fine dei missili che sta costruendo e del parlare di armi nucleari è, fondamentalmente, quello di spaventare il lupo che ha sulla porta di casa.
A breve termine, la retorica bruciante di Kim Jong-un è la risposta diretta alla simulazione di guerra di durata mensile di quest’anno da parte di Stati Uniti e Corea del Sud, che egli interpreta come un possibile preludio di un’altra guerra. Il proposito di Kim a lungo termine è creare una crisi sufficientemente inquietante perché gli Stati Uniti pervengano finalmente a negoziati bilaterali, e possibilmente ad un trattato di pace e all’uscita delle truppe straniere. Più avanti si potrà pensare ad una qualche forma di riunificazione, in negoziati tra ilo nord ed il sud.
Sospetto che l’attuale confronto si calmerà una volta che le simulazioni di guerra finiranno. Il governo Obama non ha intenzione di creare le condizioni per un trattato di pace, specialmente ora che l’attenzione della Casa Bianca sembra assorta nell’Est dell’Asia, dove percepisce un possibile pericolo per la sua supremazia geopolitica.
(*) Direttore di Activist Newsletter
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)