(srpskohrvatski / italiano)

Kosovo conteso tra Turchia, Serbia e Albania

1) Erdogan fa il sultano: “Il Kosovo è Turchia” (M. Santopadre)
2) Dugi prsti od Bosfora do Kosova / Mani lunghe dal Bosforo al Kosovo (Glassrbije.org)
3) NKPJ: BOJKOT IZBORA NA KOSOVU I METOHIJI


Sulle responsabilità turche nella guerra fratricida in Jugoslavia si veda:
IL RUOLO DELLA TURCHIA NELLA CRISI JUGOSLAVA
a cura del Comitato unitario contro la guerra alla Jugoslavia (1999)

Sulla problematica kosovara e l'irredentismo pan-albanese si veda tutta la documentazione raccolta alla nostra pagina dedicata:


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Erdogan fa il sultano: “Il Kosovo è Turchia”

Martedì, 29 Ottobre 2013 10:44
Marco Santopadre

E' crisi diplomatica e politica tra Serbia e Turchia dopo le affermazioni del premier turco Recep Tayyip Erdogan durante un recente viaggio nella provincia serba a maggioranza albanese che nel 2008 ha dichiarato la propria indipendenza, conquistata grazie all’intervento militare della Nato. 
Parlando a migliaia di persone nella città di Prizren – nel sud del paese - il premier turco ha esaltato gli stretti legami storici e culturali con il Kosovo (eredità della dominazione ottomana dei Balcani) da lui definito sua 'seconda patria'. Nel suo bagno di folla a Prizren, Erdogan - affiancato dai premier kosovaro Hashim Thaci e da quello albanese Edi Rama - aveva detto fra l'altro che ''il Kosovo è Turchia e la Turchia è Kosovo'' e che i popoli turco e kosovaro hanno la stessa storia e la stessa civilizzazione. ''Quando vengo in Kosovo mi sento a casa mia'' ha detto il leader dell’Akp che poi ha ricordato che “Noi siamo così vicini che Mehmet Akif Ersoy, il poeta autore dell'inno nazionale turco, era originario di Pec, in Kosovo".

Le dichiarazioni di Erdogan sono suonate a Belgrado come un’inaccettabile provocazione. Dopo le dure critiche a Erdogan giunte dal ministero degli esteri serbo, a condannare l'atteggiamento invadente del premier turco sono stati anche il capo del governo di Belgrado, Ivica Dacic, e il suo vice, Aleksandar Vucic. Per Dacic, che ha annunciato una protesta ufficiale del suo governo, le affermazioni di Erdogan ''non sono diplomatiche'' e non contribuiscono alla stabilità politica in Kosovo. Il vicepremier Vucic ha parlato di ''enorme scandalo'' e ha chiesto le ''immediate scuse'' da parte di Erdogan. Il premier turco, ha osservato Vucic, sa molto bene che ''il Kosovo non è turco sin dalle guerre balcaniche'' di più di un secolo fa. Di affermazioni scandalose da parte del premier turco ha parlato anche il presidente del parlamento serbo Nebojsa Stefanovic.
Mentre la Serbia e altre decine di paesi del mondo continuano a non riconoscere l’indipendenza di quello che ormai in molti considerano un narco-stato, la Turchia è stato cinque anni fa il primo paese a riconoscere il distacco di Pristina da Belgrado.

A parte le aspirazioni da sultano di Erdogan – che cerca anche di far dimenticare alla sua opinione pubblica una crisi economica crescente e le proteste popolari schiacciate dalla repressione – ad interessare il premier di Ankara sono gli affari che molte imprese turche stanno da tempo realizzando in un paese dove vive una consistente minoranza turcofona e dove la popolazione albanese di fede islamica guarda alla Turchia con sempre maggiore simpatia. Non a caso l’ex comandante dell’UCK (più volte accusato ma senza esito di corruzione e vari crimini di guerra) Thaci ha ringraziato Erdogan per il costante appoggio e la stretta cooperazione che Ankara mantiene con il Kosovo. Prima del bagno di folla a Prizren i tre capi di governo avevano partecipato all'inaugurazione del nuovo terminal dell'aeroporto internazionale di Pristina "Adem Jashari". Realizzato su 42 mila metri quadrati e con una capacità di 4 milioni di persone all’anno, il nuovo terminale é costato 130 milioni di euro, una parte dei quali di provenienza turca. In cambio un consorzio francese a partecipazione turca ha ottenuto, fin dal 2010, la gestione dell’aeroporto per i prossimi 20 anni. 

Erdogan era tra l’altro accompagnato da una folta delegazione di ben 600 persone: alcuni ministri ma soprattutto imprenditori ed esponenti di varie istituzioni culturali ed economiche del suo paese. 


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Dugi prsti od Bosfora do Kosova


Sub, 26/10/2013 - 
Turski premijer, usred Prizrena, izjavljuje da je Kosovo Turska. Tužilaštvo u južnoj Mitrovici otvorilo istragu protiv srpskog ministra bez portfelja Aleksandra Vulina zbog navodnog ilegalnog ulaska na Kosovo i zatražilo izdavanje poternice za njim. Prema podacima Centralne Izborne Komisije, na Kosmetu broj glasača je čak za 40 hiljada veći od ukupnog broja stanovnika prema popisu obavljenom pre dve godine. U ovakvoj atmosferi, građani Kosmeta treba da donesu odluku kome će ukazati poverenje na lokalnim izborima koji se održavaju 3. novembra.

Dok se funkcionerima Srbije zabranjuje ulazak na Kosovo i Metohiju, turski premijer Redžep Tajip Erdogan je u društvu Hašima Tačija, usred Prizrena, poručio da je Kosovo Turska, što je izazvalo oštre reakcije državnog vrha Srbije. Premijer Ivica Dačić je izjavu turskog premijera ocenio kao direktnu provokaciju Srbije i najavio da će Ministarstvo inostranih poslova preduzeti odgovarajuće mere. Vicepremijer Aleksandar Vučić smatra da je ta izjava veliki skandal i traži hitno javno izvinjenje Turske i njenog premijera. “To je nedopustivo ponašanje u međunarodnim odnosima i treba videti kakve će biti reakcije drugih zemalja", rekao je Vučić i naglasio da Erdogan vrlo dobro zna “da Kosovo nije tursko još od balkanskih ratova”.

Potpuno neprimerena izjava Erdogana verovatno se može objasniti, ali ne i opravdati. Političari u predizbornim kampanjama često namerno prelaze liniju korektnosti, pravila igre, ponekad čak i dobrog ukusa. Erdoganova izjava je bila upućena turskom življu koga je najviše baš u Prizrenu i okolini, u smislu motivacije da izađu na izbore i daju svoj glas Tačijevoj stranci. Ona ima i pravac usmeren za “domaću upotrebu”, za hranjenje desnice sa “otomanskim ambicijama”, ali je sa aspekta prostora gde je izgovorena, dakle, u stranoj državi, i vremena, u jeku predizborne kampanje, i nediplomatska, i sa aspekta međunarodnog prava neprihvatljiva. I u smislu otvaranja žarišta, više nego opasna.

Lokalni izbori na Kosovu, iako su suštinski jako bitni, ako ne i presudni za opstanak srpskog življa, od starta su u velikoj meri “internacionalizovani” i poligon su za eksponiranje interesa i mnogih drugih, a ne samo Beograda i Prištine. Po sebi trusno područje, nepromišljenim izjavama i postupcima može se dovesti u stanje eskalacije sukoba, a to je možda u nečijem interesu, ali nikako ne i u interesu Srba koji na Kosovu žive.

Prema rečima premijera Dačića, i pored svih problema, Vlada se trudi da Srbi izađu na izbore 3. novembra, jer je to u interesu srpskog naroda. Jedan od problema koji zvanični Beograd treba da reši je manipulacija Prištine biračkim spiskovima. U poslednje tri godine, između parlamentarnih i predstojećih lokalnih izbora na Kosovu, birački spisak je uvećan za 200.000 birača. Na Kosovu sada ima više birača nego stanovnika. Manipulacija glasovima birača na Kosovu nije novina. Već više puta se dešavalo, tokom posleratnih izbora, da u pojedinim opštinama na Kosmetu izlaznost bude veća i od 100 odsto upisanih birača.

Ostaje nada da će se glave ohladiti i poslednju predizbornu nedelju ostaviti na promišljanje onima o čijim se sudbinama odlučuje.

Autor Slađana Pavić


Mani lunghe dal Bosforo al Kosovo

26. 10. 2013. - Il primo ministro turco ha dichiarato nel bel mezzo di Prizren che il Kosovo fa parte della Turchia. La procura nella Mitrovica meridionale ha aperto un’inchiesta contro il ministro serbo senza portafoglio Aleksandar Vulin perchè sarebbe entrato illegalmente in Kosovo, e chiede un mandato di cattura per lui. Secondo i dati della Commissione elettorale centrale kosovara, in Kosovo e Metochia il numero degli elettori sarebbe di addirittura 40mila superiore all’intero numero dei cittadini secondo il censimento di due anni fa. In un’atmosfera del genere i cittadini del Kosovo devono decidere a chi dare la fiducia alle elezioni amministrative che si terranno il 3 novembre. Servizio di Sladjana Pavic.

E mentre ai funzionari della Serbia viene vietata l’entrata in Kosovo e Metochia, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan fa compagnia a Hasim Taci, e nel bel mezzo di Prizren dichiara che il Kosovo è la Turchia, e questo a causato una reazione severa del vertice statale serbo. Il premier Ivica Dacic ha valutato la dichiarazione del primo ministro turco come una provocazione diretta contro la Serbia, ed ha annunciato che il Ministero degli esteri prenderà misure adeguate. Il vicepremier Aleksandar Vucic ritiene che la dichiarazione sia scandalosa e chiede subito dalla Turchia e dal suo premier delle scuse pubbliche. “È un comportamento inammissibile nei rapporti internazionali e bisogna vedere quali saranno le reazioni degli altri paesi”, ha dichiarato Vucic, ed ha sottolineato che Erdoğan sa benissimo che “il Kosovo non è turco dalle Guerre balcaniche”.

L’assolutamente inappropriata dichiarazione di Erdoğan si può probabilmente spiegare, ma non anche giustificare. I politici nella campagna elettorale spesso trasgrediscono la linea della correttezza, le regole del gioco, e avvolte anche del buon gusto. La dichiarazione di Erdoğan era indirizzata verso i cittadini turchi maggiormente presenti proprio a Prizren e nei dintorni, nel senso della motivazione a uscire alle urne e a dare il proprio voto al partito di Taci. Essa ha pure “un uso domestico” e dovrebbe alimentare la desta con “Ambizioni ottomane”, ma dal punto di vista del territorio nel quale è stata espressa, dunque in un paese straniero, e del tempo, nel mezzo della campagna elettorale, è pericolosa, non è diplomatica ed è inaccettabile dall’aspetto del diritto internazionale.

Le elezioni amministrative in Kosovo, anche se sostanzialmente molto importanti, se non determinanti per la sopravvivenza della popolazione serba, da subito sono state in gran misura “internazionalizzate”, e sono il poligono per l’esposizione degli interessi anche di tanti altri, e non soltanto di Belgrado e di Pristina. Nel territorio già caldo, dichiarazioni e comportamenti sconsiderati possono portare all’esplosione degli scontri, che è forse nell’interesse di qualcuno ma non sicuramente dei serbi che vivono in Kosovo e Metochia.

Secondo il premier Dacic, nonostante tutti i problemi, il governo incoraggia i serbi a votare alle elezioni del 3 novembre perchè è nell’interesse del popolo serbo. Uno dei problemi che la Belgrado ufficiale dovrebbe risolvere sono le manipolazioni di Pristina con gli elenchi degli elettori. Negli ultimi tre anni, tra le elezioni parlamentari e le imminenti amministrative in Kosovo, l’elenco ha ricevuto 200mila nuovi elettori. In Kosovo adesso ci sono più elettori che cittadini. Le manipolazioni con i voti non sono una novità in Kosovo. È accaduto più volte alle ultime elezioni che in alcuni comuni l’uscita alle urne sia superiore al 100% degli elettori iscritti.

Resta solo la speranza che le teste si raffredderanno, e che lasceranno l’ultima settimana della campagna elettorale a quelli che devono decidere del proprio destino.


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(NKPJ invita al boicottaggio delle elezioni in KiM)


BOJKOT IZBORA NA KOSOVU I METOHIJI


Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) poziva građane južne srpske pokrajine Kosova i Metohije da bojkotuju lokalne izbore zakazane za 03. novembar koje organizuje marionetski pro-iimperijalistički režim u Prištini. Bojkotom izbora građani treba da iskažu svoje protivljenje prema svim organima imperijalističke kvazi države u srcu Balkana, kao i otpor okupaciji i rasparčavanju naše domovine.


Institucije tzv. Republike Kosovo su samo posredni organi u izvršavanju vlasti zapadnih imperijalista uz pomoć njihovih marioneta, te otud bojkot lokalnih izbora predstavlja progresivan patriotski, slobodarski i antiimperijalistički čin svih građana koji žive na tlu Kosova i Metohije.

Ono što je posebno zgražavajuće u vezi tih izbora jeste stav buržoaske proimperijalističke vlasti u Beogradu koja se zalaže za njihovo uspešno organizovanje, poziva srpsko življe da se odazove na njih i učestvuje na njima sa sopstvenom listom. Takvim stavom buržoaski režim u Beogradu demonstrira potpunu poslušnost imperijalističkim centrima moći u Briselu i Vašingtonu i faktički priznaje "nezavisnost" Kosova, teritorije naše domovine koja je od 1999. godine pod okupacijom NATO soldateske. Otud je važno spomenuti da se bojkotom jasno iskazuje i protivljenje pro-imperijalističkoj politici buržoaske vlade koja slepo izvršava naredbe svojih gazda iz Vašingtona i Brisela. Vlada Srbije obmanjuje građane srpske nacionalnosti sa Kosova i Metohije time da će ako glasaju za njenu listu "Srpska", Beograd „biti više prisutan“ na toj teritoriji. NKPJ poziva Srbe i sve ostale građane Kosova i Metohije da ne nasedaju propagandi zvaničnog Beograda jer odavno je jasno da srpska buržoaska vlada nema nikakve interese koji mogu biti na bilo koji način oprečni interesima imperijalističke tamnice naroda Evropske unije, koja se jasno zbog svojih hegemonističkih interesa opredelila za nezavisnost Kosova.

Lista "Srpska" niti je srpska niti je patriotska, ona svojim učešćem na izborima doprinosi samo legalizovanju imperijalističkih ciljeva na tlu bivše Jugoslavije i Balkana. Zato na pozive zvaničnika Vlade Srbije na „jedinstvo u ovakvoj situaciji“ što podrazumeva jedinstvenu podršku listi "Srpska", treba odgovoriti jedinstvom u neizlaženju na lokalne izbore.

Ni druge srpske liste koje će se pojaviti na kosovskim izborima ne zastupaju ni za jotu drugačiji pristup kosovskoj problematici od vlade u Beogradu, i redom doprinose legalizovanju političkih institucija lažne države Kosovo, što samo i jedino predstavlja korist za imperijaliste.

NKPJ poručuje da je 03. novembar dan kada će institucije lažne države Kosovo zadobiti žestok udarac i nepoverenje građana slabom izlaznošću na lokalne izbore. To je zalog za dalju borbu i otpor naroda protiv imperijalističke okupacije i ciljeva oličenih u stvaranju lažne države Kosovo. Naše jedinstvo biće grobar imperijalizma na Balkanu i drugde u svetu.

Zato poručujemo - jedinstveno u bojkot lokalnih izbora na Kosovu i Metohiji.

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije

Beograd,

23.10.2013