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Il governo taglia tutto, ma non le spese militari

Quanto ci costa il Def della Nato

di  Manlio Dinucci, Il Manifesto, 9.4.2014

Men­tre nella «spen­ding review» il governo pro­mette una ridu­zione di 300–500 milioni nel bilan­cio della difesa — senza dire nulla, a quanto pare sugli F35 — , l’Italia sta assu­mendo nella Nato cre­scenti impe­gni che por­tano a un ine­vi­ta­bile aumento della spesa mili­tare, diretta e indi­retta. La Nato non cono­sce crisi. Si sta costruendo un nuovo quar­tier gene­rale a Bru­xel­les: il costo pre­vi­sto in 460 milioni di euro, è quasi tri­pli­cato salendo a 1,3 miliardi. Lo stesso è stato fatto in Ita­lia, dove si sono spesi 200 milioni di euro per costruire a Lago Patria una nuova sede per il Jfc Naples: il Comando inter­forze Nato agli ordini dell’ammiraglio Usa Bruce Clin­gan – allo stesso tempo coman­dante delle Forze navali Usa in Europa e delle Forze navali Usa per l’Africa – a sua volta agli ordini del Coman­dante supremo alleato in Europa, Phi­lip Breed­love, un gene­rale sta­tu­ni­tense nomi­nato come di regola dal pre­si­dente degli Stati uniti.

Tali spese sono solo la punta dell’iceberg di un colos­sale esborso di denaro pub­blico, pagato dai cit­ta­dini dei paesi dell’Alleanza. Vi è anzi­tutto la spesa iscritta nei bilanci della difesa dei 28 stati mem­bri che, secondo i dati Nato del feb­braio 2014, supera com­ples­si­va­mente i 1000 miliardi di dol­lari annui (circa 750 miliardi di euro), per oltre il 70% spesi dagli Stati uniti. La spesa mili­tare Nato, equi­va­lente a circa il 60% di quella mon­diale, è aumen­tata in ter­mini reali (al netto dell’inflazione) di oltre il 40% dal 2000 ad oggi.

Sotto pres­sione degli Stati uniti, il cui bud­get della difesa (735 miliardi di dol­lari) è pari al 4,5% del pro­dotto interno lordo, gli alleati si sono impe­gnati nel 2006 a desti­nare al bilan­cio della difesa come minimo il 2% del loro pil. Finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bre­ta­gna, Gre­cia ed Esto­nia. L’impegno dell’Italia a por­tare la spesa mili­tare al 2% del pil è stato sot­to­scritto nel 2006 dal governo Prodi. Secondo i dati Nato, essa ammonta oggi a 20,6 miliardi di euro annui, equi­va­lenti a oltre 56 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si pre­cisa nel bud­get, non com­prende però diverse altre voci. In realtà, cal­cola il Sipri, la spesa mili­tare ita­liana (al decimo posto su scala mon­diale) ammonta a circa 26 miliardi di euro annui, pari a 70 milioni al giorno. Adot­tando il prin­ci­pio del 2%, que­sti sali­reb­bero a oltre 100 milioni al giorno.

Agli oltre 1000 miliardi di dol­lari annui iscritti nei 28 bilanci della difesa, si aggiun­gono i «con­tri­buti» che gli alleati ver­sano per il «fun­zio­na­mento della Nato e lo svi­luppo delle sue atti­vità». Si tratta per la mag­gior parte di «con­tri­buti indi­retti», tipo le spese per «le ope­ra­zioni e mis­sioni a guida Nato». Quindi i molti milioni di euro spesi per far par­te­ci­pare le forze armate ita­liane alle guerre Nato nei Bal­cani, in Afgha­ni­stan e in Libia costi­tui­scono un «con­tri­buto indi­retto» al bud­get dell’Alleanza.

Vi sono poi i «con­tri­buti diretti», distri­buiti in tre distinti bilanci. Quello «civile», che con fondi for­niti dai mini­steri degli esteri copre le spese per lo staff dei quar­tieri gene­rali (4000 fun­zio­nari solo a Bru­xel­les). Quello «mili­tare», com­po­sto da oltre 50 bud­get sepa­rati, che copre i costi ope­ra­tivi e di man­te­ni­mento della strut­tura mili­tare inter­na­zio­nale. Quello di «inve­sti­mento per la sicu­rezza», che serve a finan­ziare la costru­zione dei quar­tieri gene­rali, i sistemi satel­li­tari di comu­ni­ca­zione e intel­li­gence, la crea­zione di piste e approdi e la for­ni­tura di car­bu­rante per le forze impe­gnate in ope­ra­zioni bel­li­che. Circa il 22% dei «con­tri­buti diretti» viene for­nito dagli Stati uniti, il 14% dalla Ger­ma­nia, l’11% da Gran Bre­ta­gna e Fran­cia. L’Italia vi con­tri­bui­sce per circa l’8,7%: quota non tra­scu­ra­bile, nell’ordine di cen­ti­naia di milioni di euro annui. Vi sono diverse altre voci nasco­ste nelle pie­ghe dei bilanci. Ad esem­pio l’Italia ha par­te­ci­pato alla spesa per il nuovo quar­tier gene­rale di Lago Patria sia con la quota parte del costo di costru­zione, sia con il «fondo per le aree sot­tou­ti­liz­zate» e con uno ero­gato dalla Pro­vin­cia, per un ammon­tare di circa 25 milioni di euro (men­tre man­cano i soldi per rico­struire L’Aquila). Top secret resta l’attuale con­tri­buto ita­liano al man­te­ni­mento delle basi Usa in Ita­lia, quan­ti­fi­cato l’ultima volta nel 2002 nell’ordine del 41% per l’ammontare di 366 milioni di dol­lari annui. Sicu­ra­mente oggi tale cifra è di gran lunga superiore.

Si con­ti­nua così a get­tare in un pozzo senza fondo enormi quan­tità di denaro pub­blico, che sareb­bero essen­ziali per inter­venti a favore di occu­pa­zione, ser­vizi sociali, dis­se­sto idro­geo­lo­gico e zone ter­re­mo­tate. E i tagli di 6,6 miliardi, pre­vi­sti per il 2014, potreb­bero essere evi­tati tagliando quanto si spende nel mili­tare in tre mesi.