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Sentenza politica per Radovan Karadžič

1) Mosca sulla condanna di Karadžič: “nessun pilota Nato sul banco degli accusati” (di Fabrizio Poggi)
2) In risposta all'articolo di Alberto Negri apparso sul Sole24Ore il 24.3.2016 (di Andrea Martocchia)


Si veda anche 

La lettura della sentenza del TPIJ:
Judgement - Karadžić - 24 March 2016

FLASHBACKS: 

Parla Radovan Karadžić
estratti dal libro IL CORRIDOIO di Jean Toschi Marazzani Visconti, ed altre interviste e aggiornamenti

La dichiarazione di apertura della fase della difesa al TPIJ:
VIDEO: Opening Statements (Defence) - Karadžić - 02 March 2010

Dichiarazione di Radovan Karadžić al TPIJ:
VIDEO: Defence Statement (Rule 84bis) - Karadžić - 16 October 2012

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Un article par Daniel Salvatore Schiffer concernant le Tribunal Pénal International pour l'ex-Yougoslavie, qui vient de condamner à 40 ans de prison Radovan Karadzic.
Cette tribune vient d'être publiée, ce mardi 29 mars 2016, à la "une" du principal journal en ligne français, "Mediapart", dont le directeur, Edwy Plenel, est l'ancien rédacteur en chef du journal "Le Monde", et aussi sur le blog du "Nouvel Obs", premier hebdomadaire en France:

https://blogs.mediapart.fr/daniel-salvatore-schiffer/blog/290316/criminels-de-guerre-en-ex-yougoslavie-la-justice-selective-du-tpiy

<< Sans certes nier les crimes de Karadzic, ni critiquer ce verdict, j'y déplore cependant le fait que les principaux dirigeants politiques et responsables militaires croates, bosno-musulmans et kosovars ont été systématiquement acquittés, quant à eux, pour des crimes à peine moins graves. J'y dénonce donc cette justice sélective du TPIY.
Parallèlement, et en rapport avec l'actualité la plus brûlante, j'y reviens aussi largement sur la naissance en Bosnie, à l'époque de ces mêmes guerres en ex-Yougoslavie, du djihadisme européen, qui met aujourd'hui à feu et à sang des villes comme Bruxelles et Paris. Il est un fait avéré que l'armée bosniaque était alors infiltré par de sanguinaires combattants d'Al Qaïda, dont le tristement célèbre "Gang de Roubaix", cellule terroriste française. Ce fut là la préfiguration, dans l'espace européen, de l'Etat Islamique!
J'y reviens aussi sur l'actuel président du Kosovo, ancien chef de l'Armée de Libération du Kosovo, Hashim Taci, soupçonné, par l'ancienne procureur de ce même TPIY, Carla Del Ponte, et le président de la commission des droits de l'homme au Conseil de l'Europe, Dick Marty, de trafic en tous genres: drogues, armes, prostitution et, surtout, trafic d'organes humains prélevés sur des prisonniers serbes. Il serait en passe d'être inculpé par le TPIY!
J'ai mis, à ces différents sujets, les liens électroniques nécessaires.
Enfin, je termine ma tribune par une demande de remise en liberté de Florence Hartmann, aujourd'hui injustement arrêtée et arbitrairement détenue en prison par ce même TPIY!
Daniel Salvatore Schiffer >>


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Mosca sulla condanna di Karadžič: “nessun pilota Nato sul banco degli accusati”


di Fabrizio Poggi

Il cosiddetto Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia ha condannato ieri il primo presidente della Repubblica serba di Bosnia, il 71enne Radovan Karadžič, a 40 anni di reclusione. Indicativo dell’intero corso della vicenda e del significato generale del Tribunale stesso è il momento della sentenza, nel giorno del 17° anniversario dell’inizio dei bombardamenti Nato sulla Jugoslavia, che causarono 2000 vittime civili, tra cui più di 400 bambini. Il processo era iniziato nel 2009, un anno dopo l’arresto di Karadžič a Belgrado e la sua reclusione nel carcere olandese di Scheveningen.

Come “una beffa gesuitica”, scrive oggi Komsomolskaja Pravda “è risuonata nell’aula del tribunale la dichiarazione del giudice secondo cui potrà esser presentato ricorso contro il verdetto. I serbi condannati dal Tribunale conoscono bene il valore del ricorso. Il generale Stanislav Galič, condannato a 20 anni, dopo il tentativo di appello è stato condannato al carcere a vita. Il colonnello Veselin Šlivančin, in appello, invece degli originali 5 anni, ne ha avuti 17. Il croato Dražen Erdemovič, che aveva ammesso di aver  personalmente fucilato più di 120 persone, aveva avuto appena 5 anni”. L’orientamento antiserbo del Tribunale, scrive ancora KP, è da tempo conosciuto da tutti gli esperti imparziali: 92 accusati su 142 sono serbi; di essi, solo due sono stati prosciolti, a differenza dei musulmani bosniaci (3 su 9) e degli albanesi (5 su 9), e 32 croati.

Accanto alle reazioni internazionali, in particolare della dirigenza serba, che chiama “tutti i serbi di Bosnia e Erzegovina a lottare per la propria repubblica e il proprio popolo, messi in forse dal verdetto”, a Mosca si parla di “piena illegalità”. Già nel tardo pomeriggio di ieri, la Tass riportava le parole del vice presidente della Commissione esteri della Duma, Leonid Kalašnikov, secondo cui “siamo in presenza di una condanna assolutamente infondata. Mentre il Tribunale già da tempo aveva cessato di essere in vita, hanno continuato per oltre sette anni a tenere Karadžič sotto custodia. Siamo in presenza di un approccio assolutamente unilaterale degli occidentali: i kosovari, di cui non avevano più bisogno, sono stati rilasciati da tempo, mentre ai serbi, di fatto, è stata negata una giustizia equa. Ecco, questo è un genocidio”.

A proposito di genocidio, tra le accuse principali mosse infatti a Karadžič, c’è quella per i fatti di Srebrenitsa, l’enclave musulmana in cui, secondo il Tribunale, nel 1995 i serbi di Bosnia avrebbero fucilato diverse migliaia di uomini musulmani. Esperti internazionali hanno da tempo dimostrato come, in base alle riesumazioni, i cadaveri presentassero per lo più ferite inferte in combattimento. Da allora, si è chiesto ripetutamente di indagare in modo approfondito sui massacri di civili serbi che, proprio nella regione di Srebrenitsa, erano stati perpetrati dalle milizie bosniache a partire dal 1992, allorché l’enclave era stata da esse occupata e utilizzata come testa di ponte (protetta dalle forze ONU, che avrebbero dovuto disarmare i musulmani) per i loro attacchi contro il territorio controllato dai serbi, con migliaia di civili uccisi e centinaia di villaggi serbi bruciati. Su Karadžič ricade anche l’accusa per le esplosioni al mercato di Sarajevo, di cui da tempo è noto che furono organizzati dai leader islamisti di Bosnia per giustificare l’appoggio clintoniano.

“Un tribunale filo-americano”, ha detto il vice speaker della Duma e vice presidente del PC russo, Ivan Melnikov. Riguardo alla consegna del leader serbo-bosniaco, da parte dell’allora dirigenza di Belgrado, Melnikov ha aggiunto che “a suo tempo il PC russo criticò la consegna di Karadžič a tale tribunale e oggi, allo stesso modo, critichiamo il verdetto; la ragione è la stessa: non è un tribunale, ma una farsa legale politicamente orientata pro-americana”. Il vice presidente della Commissione esteri del Consiglio federale (senato), Andrej Klimov, ha dichiarato alla Tass che la responsabilità per delitti contro l’umanità in Jugoslavia deve ricadere non solo sui serbi, ma anche sui rappresentanti delle altre etnie, così come sui piloti della Nato. Si sarebbero dovuti chiamare a rispondere anche quei piloti Nato che effettuarono i bombardamenti sulla Jugoslavia, uccidendo in massa la popolazione civile. Ma per qualche ragione non ho visto quei piloti sul banco degli imputati, sebbene la NATO non fosse stata invitata colà da nessuno e non ci fossero decisioni del Consiglio di Sicurezza ONU. Anche quelli erano crimini contro l’umanità, ma qualcuno ha visto in tribunale quei criminali?”, ha detto Klimov. La Tass ricordava anche come il Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, già nel 2012 avesse accusato il Tribunale di pregiudizi politici e doppio standard nell’approccio ai casi in cui sono imputati i serbi bosniaci e i musulmani.

Nei giorni scorsi, Sovetskaja Rossija, dando notizia dei meeting anti-Nato svoltisi in varie città della Jugoslavia per l’anniversario dei bombardamenti Nato, scriveva che, purtroppo, i leader di Belgrado sembrano essersi dimenticati delle vittime di quegli attacchi e oggi, “su ordine di Bruxelles e per le promesse illusorie di entrare nella UE, abbandonano al loro destino i serbi del Kosovo, diminuiscono le pensioni, e le spese sociali, privatizzano ciò che rimane dell’industria serba, tradiscono la memoria delle vittime innocenti”. “Quanto accade a L’Aja con Radovan Karadžič”, ha dichiarato a SR il presidente della Repubblica serba in Bosnia-Erzegovina, Milorad Dodik “non ha niente a che fare con la ricerca della verità, ma è solo vendetta”. Le testimonianze udite a L’Aja, conclude SR, hanno distrutto ogni tassello delle “accuse contro Karadžič e Mladič per il genocidio dei musulmani di Bosnia e sfatano i miti con cui è stata impressa nell’opinione pubblica mondiale la cosiddetta satanizzazione dei serbi”.

Darja Aslamova, una delle più attenti corrispondenti di Komsomolskaja Pravda, ricordando alcuni suoi incontri a Pale con Radovan Karadžič, durante la guerra nei Balcani, sottolinea come “la guerra civile in Bosnia sia iniziata con il massacro a una cerimonia di nozze serba a Sarajevo. I musulmani bosniaci avevano l’appoggio dell’Occidente e del mondo musulmano; i serbi di nessuno. Anche la Russia, nonostante le alte dichiarazioni, rifiutò ogni aiuto in armi, mentre i musulmani bosniaci, in tre anni di guerra, ricevettero due miliardi di $ per acquistare armi. Nel paese giunsero Osama bin Laden e 4.500 combattenti di Al Qaeda. Ci sono le foto di come si tagliassero le teste dei serbi. Tutti gli assassini sono noti e, in giro per il mondo, reclutano oggi nuovi terroristi. Nessuno di loro è mai stato arrestato”. Aslamova racconta di come Karadžič le avesse detto, a proposito dell’isolamento in cui l’Occidente aveva costretto i serbi, che questo avrebbe aiutato “la loro maturazione. L’isolamento forzato di un popolo, come quello delle singole persone, lo distrugge, se è spiritualmente vuoto, o lo eleva, se lo merita. I serbi ora sono soli, ma questo darà loro maturità spirituale e saggezza. Dio sa che abbiamo ragione. Certe volte mi sembra che stesse parlando di noi, russi”, conclude Aslamova.

25 marzo 2016



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In risposta all'articolo di Alberto Negri apparso sul Sole24Ore il 24.3.2016


In merito all'articolo "Il demone dei massacri che voleva essere poeta" di Alberto Negri – 24 marzo 2016


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Andrea Martocchia 
Data: 28 marzo 2016 17:10:28 CEST
A: Alberto Negri
Oggetto: su Karadzic


L'articolo di Alberto Negri del 24/3 u.s. sorprende negativamente, soprattutto perchè dall'Autore, buon conoscitore delle complessità geopolitiche, un simile conformismo non ce lo saremmo aspettato. Non lo giustificano i traumi del suo soggiorno da reporter a Sarajevo nei primi anni Novanta, né l'essersi dovuto all'epoca sorbire gli sproloqui di Karadzic. Dopo tanti anni e tante vicende, un tale esercizio di mera teratologia non dovrebbe essere più nemmeno nelle corde di quei commentatori da battaglia, à la Sofri e à la Rumiz, che come mosche cocchiere preparavano il terreno agli umanitari, salvifici, sacri interventi clintoniani. Purtroppo invece constatiamo che l'epoca dei faziosi non è finita: l'unilateralità e la mancanza di spirito (auto)critico continuano a imperare e a rimpiazzare l'onesta esposizione dei fatti, in modo che della guerra fratricida bosniaca si eludano le premesse e le cause. Negri sarebbe stato certamente capace di rompere questo circo vizioso; e invece?

L'ironia di apertura sulle velleità di Karadzic come poeta è sproporzionata, dato che negli anni si è fatto spesso riferimento con ostentata serietà all'essere "letterato" e "poeta" di un Rugova – tanto per rimanere in tema di leader nazionalisti – delle cui opere nessuno ha mai potuto leggere mezza riga, mentre quelle di Karadzic erano note da ben prima dell'inizio della guerra fratricida. Così come il facile paradosso, trito e ritrito, sullo psichiatra–psicopatico, non spiega nulla (nemmeno riferirsi a Hitler come a "un pazzo" ha mai chiarito niente sulla IIGM) e non fa ridere. D'altronde, insulti sui musulmani "ammazzacristiani... nemici della civiltà" ne ascoltiamo ogni sera dalle santanché di turno, raramente sul Sole24Ore vengono stigmatizzati con la dovuta severità.

Quelli che, non accontentandosi delle invettive tranchant pubblicate sulla stampa nostrana, hanno osato andare a leggersi le dichiarazioni e interviste a Karadzic da fonte diretta, più che passaggi demenziali vi hanno trovato considerazioni ragionevoli sulle cause e responsabilità del disfacimento della Jugoslavia nonché sul fattore islamista, che è stato apertamente appoggiato dai paesi NATO in Bosnia come in Kosovo – cosicché ne paghiamo oggi le conseguenze a Parigi come a Bruxelles, e ce lo meritiamo.

Il fatto che nel febbraio del ’92 le milizie di Karadzic entrassero sparando all'impazzata nella hall dell'Holiday Inn è deplorevole, ma andrebbe anche contestualizzato in uno scenario in cui a poca distanza (Croazia) si era ripreso a cavare gli occhi, e proprio a Sarajevo l'Izetbegovic della "Dichiarazione Islamica", dopo avere usurpato il posto da presidente della Repubblica che spettava al legittimo candidato musulmano Fikret Abdic, aveva rifiutato di passare la carica a un rappresentante di diversa nazionalità, come sarebbe stato tenuto a fare secondo il dettato costituzionale; operando così un simpatico golpe, di quelli che non preoccupano i giornalisti dei paesi NATO.

Il paradigma dell' "assedio di Sarajevo" è stato ampiamente destrutturato dai più seri analisti, che parlano ormai quantomeno di "doppio assedio"; e come ha avuto inizio? Negri accenna all'assassinio del padre della sposa, ma lo fa in un modo che sembra che siano stati i serbi a spararsi da soli. E del referendum secessionista del 29 febbraio 1992 (anticostituzionale, boicottato dal 35 per cento degli aventi diritto e vinto di misura da un 65% dei votanti, essenzialmente croati e musulmani) ne vogliamo parlare? Vogliamo dirlo che fu una delle prime gravi COLPE DELLA POLITICA ESTERA COMUNE EUROPEA, di poco seguente al criminale riconoscimento di Slovenia e Croazia? E del sabotaggio del "piano Cutileiro" per la cantonalizzazione, dallo stesso Cutileiro imputato alle parti musulmana e croata (su istigazione dello statunitense Zimmermann)? E dal punto di vista strettamente militare, c'entra nulla l'immane agguato, davvero terroristico, della via Dobrovoljačka ai danni delle giovani reclute federali, aggredite alle spalle mentre evacuavano la città, nello spianare la via senza ritorno della guerra fratricida? Se Izetbegovic "si illudeva di poter contare sull'esercito federale per tenere a bada le milizie", perché faceva sparare loro alle spalle causando 42 morti e 73 feriti? 

Tanta cronaca sulla guerra bosniaca è stata elusa o distorta, dalle strane stragi del pane e del mercato a Sarajevo, fino a Srebrenica, dove sembra che Nasir Orić non c'entri niente. Pale come Salò possiamo aggiungerla alla collezione delle boutade inutili. Non pretendiamo che si analizzi correttamente il rapporto tra leadership serbo-jugoslava (Milosevic) e leadership serbo-bosniaca (Karadzic), anche se forse oramai anche i bambini sanno che non andavano proprio d'accordo; ma che nemmeno sul "Tribunale ad hoc" dell'Aia si spendano due parole di prudente critica, ci sembra veramente inqualificabile.

Andrea Martocchia
Bologna

P.S. i morti della guerra di Bosnia non sono stati 200mila, quelli di Srebrenica non sono stati 8mila, e i 12mila di Sarajevo non sono stati tutti ammazzati dagli snipers. Ma tant'è.