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Rivoluzionari e riformisti di fronte alla storia

(intervento apparso su "Aginform", 12/2000 - stralci)

Credo che sia stato gi� sottolineato il fatto che noi veniamo da una
grave sconfitta e che naturalmente questa sconfitta si fa ancora
sentire e noi ci interroghiamo su come uscirne. Talvolta, anche in
questa sede, si � fatto uso di questa coppia concettuale: da una parte
la sinistra rivoluzionaria, dall�altra parte la sinistra riformista; da
una parte coloro che sposano fin in fondo il rigore rivoluzionario,
dall�altra coloro che si attardano nella palude del tatticismo.

Dinanzi a questa analisi a me verrebbe da rispondere con un sospiro: se
fosse vero sarebbe molto bello. Se fosse vero, basterebbe un
supplemento di energia rivoluzionaria e di rigore morale per cercare di
uscire dalle difficolt� in cui ci troviamo. Ma in realt� le cose stanno
in modo radicalmente diverso.

Prendiamo proprio spunto da quella tragedia che giustamente � stata
considerata una cartina di tornasole: quello che si � verificato in
Jugoslavia. Io credo che l�atteggiamento di Rifondazione Comunista
debba essere giudicato con molta severit�, perch� nella migliore delle
ipotesi ha assunto un atteggiamento terzaforzista e a dimostrazione di
questo, basta vedere che cosa � successo dopo la guerra: una volta che
la guerra � continuata con un colpo di stato, come giustamente � stato
detto, ecco che questo colpo di stato viene salutato positivamente
da "Liberazione", per non parlare del "Manifesto". Dunque dobbiamo dire
che qui � stata la sinistra riformista a subire questo slittamento cos�
vergognoso? Non dobbiamo dimenticare purtroppo che a scatenare la
campagna contro Milosevic si � impegnata ancora di pi�
un�organizzazione come Socialismo Rivoluzionario. Naturalmente potremmo
dire Socialismo Rivoluzionario � un�organizzazione trotskista e quindi
i conti tornerebbero: come al solito riformisti e trotsksti uniti in
una lotta infame. I conti tornerebbero se non fosse per un particolare
che forse tutti conosciamo ma che di rado facciamo intervenire
nell�analisi e cio� che una componente dell�UCK pretendeva di essere
erede di Enver Hoxha, pretendeva e pretende di essere marxista-
leninista, pretendeva di richiamarsi a un dirigente che era alla testa
della lotta contro il revisionismo e contro il trotskismo. Vedete
dunque che da questo punto di vista la contrapposizione sinistra
riformista-sinistra rivoluzionaria non ci porta tanto lontano; tutti i
discorsi per cui si tratterebbe di combattere contro il tatticismo con
un�iniezione di rigore rivoluzionario (ci sono i compagni che si
presentano come infermieri proprio per fare questa iniezione) non ci
portano lontano. Non ci portano lontano perch�, � chiaro, agli eredi di
Enver Hoxha che lottano con l�UCK, certamente non si pu� rimproverare
il tatticismo, avendo combattuto con le armi in mano. Certamente per�
gli si pu� rimproverare di essere stati oggettivamente alla coda degli
imperialisti. Non c�� dubbio, e non � certo su questo che dobbiamo
sfondare porte gi� spalancate. Ma quale conclusione ne dobbiamo trarre?

Analisi concreta della situazione concreta
Ne dobbiamo trarre la conclusione che in primo luogo si tratta di fare
un�analisi concreta della situazione concreta, si tratta di tener
presente certamente l�indicazione di Lenin, che sottolineava l�enorme
importanza della questione nazionale, ancora oggi, soltanto che
dobbiamo tener conto di come � cambiata la situazione, anche per quanto
riguarda la questione nazionale. Per tutto un periodo storico � stato
il movimento rivoluzionario e comunista che ha saputo agitare la
bandiera della questione nazionale per mettere in difficolt�
l�imperialismo. Oggi, non lo dobbiamo dimenticare, � di fatto
l�imperialismo che, agitando strumentalmente la bandiera della
questione nazionale, cerca di distruggere quello che resta del
socialismo e ogni stato che in qualche modo costituisce un ostacolo
alla marcia dell�imperialismo. Vale per la Jugoslavia, che gi� � stata
smembrata e che si continua a voler smembrare; vale per esempio per
l�Iraq, non c�� dubbio; vale per un paese del quale qui si � parlato
forse troppo poco, cio� per la Repubblkica Popolare Cinese, perch� non
c�� dubbio che oggi l�imperialismo aspira a smembrare la Repubblica
Popolare Cinese. In un opuscolo che ho pubblicato ho citato autorevoli
giornali borghesi che parlano esplicitamente di dividere la Cina in
sette o otto stati.

Parliamo della Cina
Parliamo della Cina. Qualche tempo fa proprio la stampa americana ha
riportato un articolo dell�ex primo ministro australiano, Fraser si
chiama, il quale ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno deciso ormai
di costruire lo scudo spaziale perch� partono dal presupposto che prima
o dopo una guerra contro la Cina � inevitabile. E naturalmente lo scudo
spaziale servirebbe agli Stati Uniti per ristabilire il monopolio
dell�arma nucleare. Ma non � soltanto a questo livello che viene
condotta la lotta: qualche tempo fa un politologo abbastanza illustre,
almeno in Italia, Luttwak, ha detto che gli Stati Uniti proprio
approfittando del fatto che la Cina, almeno fino a questo momento, non
fa parte dell�Organizzazione Mondiale per il Commercio, sono in grado
di bloccare in qualsiasi momento le esportazioni che dalla Cina vanno
verso il resto del mondo e soprattutto negli Stati Uniti. Questa � la
nostra arma nucleare sul piano commerciale, ha detto Luttwak, un'arma
che noi teniamo puntata contro la Repubblica Popolare Cinese. Certo con
gioia, evidentemente.
Di fronte a questa situazione noi vediamo, � chiaro, che c�� una grande
iniziativa in Cina per sviluppare la produzione, per cercare di
conseguire un�indipendenza anche sul piano tecnologico, per sviluppare
e di nuovo accelerare le forze produttive. Ma non � soltanto la Rina
Gagliardi che ha scritto a questo proposito su "Liberazione" che
c�� "l�ossessione della crescita quantitativa". Questa scemenza della
Rina Gagliardi � condivisa anche da molte forze che si dichiarano
componenti della sinistra rivoluzionaria. Perch� parlo di sciocchezza?
Parlo di sciocchezza per una ragione molto semplice: credo che a noi
tutti sia caro un grande rivoluzionario come Mao Tse Tung. Ma se noi
andiamo a leggere Mao Tse Tung, il Mao che per esempio parla della
lotta delle zone rosse accerchiate da Chang Kai Shek o che parla di
Yenan in lotta contro l�imperialismo giapponese, ebbene troviamo che
uno dei temi centrali del grande Mao rivoluzionario � la lotta per
sviluppare la produzione, per impedire che queste zone rosse o che
Yenan venissero soffocate da Chang Kai Shek o dall�imperialismo
giapponese. E oggi a cosa assistiamo? Assistiamo, in condizioni
naturalmente molto diverse, alla continuazione di questa lotta. Noi
vediamo che di fatto la Cina � accerchiata. L�imperialismo cerca di
accerchiarla e naturalmente da parte della Cina si cerca per un verso
di rompere l�accerchiamento e per un altro verso appunto di sviluppare
la produzione, di sviluppare le forze produttive come gi� Mao
sollecitava per quanto riguarda le zone rosse. Ma ecco che una certa
sinistra, che sia riformista o che sia cosiddetta rivoluzionaria, si
entusiasma magari leggendo questi testi o questi discorsi di Mao Tse
Tung, ma dinanzi a quello che avviene oggi parla come la Gagliardi,
pensa che sia soltanto qualcosa di economicista.

Il primitivismo di certa sinistra
Qui si rivela in modo evidente il primitivismo di questa sinistra. C��
una sinistra che � capace di entusiasmarsi soltanto quando questa lotta
viene condotta in condizioni primitive, e quando invece questa lotta
viene condotta ad un livello pi� alto da parte di un partito che �
diventato stato, che ha conquistato il potere e naturalmente utilizza
tutto il potere anche per conseguire questo obiettivo, ecco che questa
lotta viene considerata qualcosa di irrimediabilmente prosaico. Non �
soltanto Pietro Ingrao che adesso ha abbandonato la politica per darsi
alla poesia. Temo che questo atteggiamento di Pietro Ingrao abbia fatto
scuola, sia pure naturalmente in forma meno rozza di quella di Pietro
Ingrao, anche in certi settori della sinistra, compresi i settori della
sinistra che si dichiarano rivoluzionari.
Io credo che noi dobbiamo partire dal presupposto che quella che oggi
si svolge attorno alla Cina � il punto pi� alto della lotta di classe a
livello internazionale. Naturalmente, � chiaro, questa lotta di classe
a livello internazionale si svolge in condizioni diverse, che dobbiamo
studiare. Faccio soltanto una parentesi: siccome si parla continuamente
di totale integrazione ormai della Cina nel capitalismo e
nell�ideologia borghese, io sono reduce da un convengo, che si � svolto
una decina di giorni fa a Pechino, il cui tema era Marx nel XXI secolo.
Ci si interroga sulle stesse cose su cui oggi ci stiamo interrogando in
questa sede.

Le ragioni della disfatta
Quindi noi, � chiaro, dobbiamo combattere il primitivismo che � anche,
non lo dobbiamo dimenticare, il risultato della disfatta che abbiamo
subita. E dobbiamo interrogarci sulle ragioni di questa disfatta, su
quando � iniziata questa disfatta. Io credo che il compagno Bernardini
abbia pienamente ragione quando mette l�accento sul 1956. Chi prende
sul serio oggi il rapporto Krusciov che ha scatenato la campagna contro
Stalin non � soltanto che sia lontano dalle posizioni dei comunisti; io
credo che abbia perso totalmente il senso della storia. Per�, se �
ridicolo, sembra la caricatura di se stessi, il titolo del supplemento
di Liberazione "Chi ha ucciso la rivoluzione?" e la risposta
� "Stalin", io credo che la risposta non sarebbe pi� persuasiva se al
posto di Stalin mettessimo Krusciov. Io credo che sarebbe una risposta
ugualmente idealistica anche se naturalmente meno rozza e meno idiota
di quella appunto data da Liberazione.
Cerco di fare un bilancio larghissimo: quando muore Stalin, nel 1953,
dopo trent�anni che ha gestito il potere, pressapoco, non c�� dubbio
che la rivoluzione ha fatto un enorme passo avanti. Come si fa a
negarlo? Nel momento in cui assume il potere sembrava che stesse
crollando il socialismo anche nell�Unione Sovietica. Quando muore, il
socialismo e il movimento rivoluzionario hanno assunto un�estensione
senza precedenti. Per� non dobbiamo dimenticare quale era la situazione
nel 1953. C�era gi� stata la rottura con la Jugoslavia. Naturalmente
noi potremmo dire che Tito era revisionista, che Tito era una
catastrofe (lo dice anche Kostunica che Tito era una catastrofe). Non
mi convince questa risposta. Non mi convince questa risposta anche per
un�altra ragione, perch� oggi basta leggere Mao per vedere che con Mao
era iniziato un conflitto con l�Unione Sovietica gi� in quella data.
D�altro canto anche a prescindere dal conflitto che gi� stava iniziando
in quella data, tutti sappiamo che nel 1968 Unione Sovietica e Cina
sono state sull�orlo della guerra. Chi era il revisionista, Mao?
Breznev? Poi la Cina ha fatto la guerra col Vietnam. Chi era il
revisionista, i dirigenti cinesi o i dirigenti vietnamiti? I dirigenti
vietnamiti o i dirigenti cambogiani? Io credo che sia sbagliata in
questo caso questa categoria. Credo che sia molto pi� semplice e molto
pi� laico prendere atto di questo fatto: in nessun testo n� di Lenin n�
tanto meno di Marx si pu� leggere qualcosa su come devono essere i
rapporti tra paesi socialisti. Era un problema nuovo, di cui nessuno
aveva esperienza, e questo problema nuovo � stato trattato in modo
sbagliato. Devo aggiungere: � stato tratttato in modo sbagliato da
tutti, da tutti (naturalmente alcuni l�hanno trattato in modo pi�
gravemente errato, altri in modo meno gravemente errato). Ma io credo
che il nostro punto di vista, se vogliamo appropriarci idealmente di
tutta la storia non � di dire revisionista � Stalin o revisionista �
Tito. Secondo me si tratta di grandi rivoluzionari, Stalin, Mao e i
dirigenti vietnamiti, ecc., che si sono trovati dinanzi a una
situazione nuova che non hanno saputo padroneggiare, in un certo senso
sono stati protagonisti e vittime di una grande tragedia storica
universale.

La categoria dell'apprendimento
Da questo cosa emerge? Emerge che secondo me noi dobbiamo in realt�
puntare soprattutto su una categoria che � la categoria
dell�apprendimento. E� una categoria che Mao ha saputo far valere
soprattutto nel saggio, credo del 1935, sulla pratica. Mao insiste che
come la lotta di classe si sviluppa attraverso contraddizioni, cos�
anche il processo di conoscenza per comprendere la lotta di classe si
sviluppa attraverso contraddizioni. E io credo che questo tema della
necessit� dell�apprendimento sia stato sviluppato soprattutto da due
grandi autori, uno � Mao Tse Tung, un�altro autore, vittima anche lui
di una costante rimozione, si chiama, lo voglio dire, Deng Xiao Ping.
Deng Xiao Ping ha scritto pagine memorabili su questo tema. Lo devo
dire. Quando ho incominciato, da poco tempo, a leggere Deng Xiao Ping,
ho di nuovo ritrovato un�emozione intellettuale che non trovavo da
molto tempo, cio� da quando leggevo Lenin polemizzare contro la frase
vuota che non significava assolutamente nulla. Non si tratta adesso
naturalmente di innalzare sugli altari Deng Xiao Ping, ma consentitemi
di parlarne.
Certamente noi abbiamo ragione a dire a Rifondazione Comunista che �
uno scandalo che non si sia mai impegnata in una discussione teorica
sulla storia del socialismo e del movimento rivoluzionario. Ma non �
uno scandalo che noi non ci siamo mai impegnati nell�analizzare
criticamente quello che � avvenuto in Cina, cosa ha significato Deng
Xiao Ping, quali proposte teoriche ha presentato? In realt� il pi�
delle volte si � trattato di una condanna ignorando perfino i testi. E�
anche per questo che nell�ambito di questa collana che mi onoro di
dirigere abbiamo pubblicato la relazione del compagno Jiang Zemin al XV
Congresso del Partito Comunista Cinese, che io credo possa essere
l�occasione per sviluppare un dibattito, un dibattito naturalmente del
tutto aperto.

Difendere il marxismo leninismo senza saperlo rinnovare?
Ancora due osservazioni. Io credo che noi abbiamo subito una grave
sconfitta strategica (naturalmente solo gli imbecilli parlano del
crollo del socialismo come di una vittoria della libert�) ma non � la
prima sconfitta che ha subito il movimento operaio. Devo ricordare che
subito dopo il 1848, con quel grande testo che � il Manifesto del
Partito Comunista, in Francia c�� stato il colpo di stato di Luigi
Bonaparte con l�avvento della dittatura bonapartista. Ed � stata una
grande sconfitta anche per Marx. Marx interviene su questa sconfitta e
dice che il democratico piccolo borghese esce dalle pi� vergognose
disfatte sentendosi senza macchia. Matura la convinzione, questo
democratico piccolo borghese, non che lui e il suo partito debbano
abbandonare il vecchio punto di vista, ma che al contrario le
condizioni devono maturare venendogli incontro. Questo punto di vista
secondo Marx � una sciocchezza. Non ha senso attardarsi a voler
difendere il marxismo-leninismo senza saperlo rinnovare. Qualche
compagno l�ha detto. Dobbbiamo saperlo rinnovare. Dobbiamo saper
ridiscutere tutto. Questo � l�unico modo di essere fedeli. Questo brano
di Marx che ho appena citato, viene citato in occasione di un�altra
grande disfatta del movimento comunista nel corso dell�orribile prima
guerra mondiale da parte di Rosa Luxemburg, che nota il fatto che il
pi� grande partito socialista, allora quello tedesco, aveva aderito
alla guerra. Rosa Luxemburg parla di sciagura per l�umanit�, ma,
aggiunge, il socialismo sarebbe perduto solo se il proletariato
internazionale non volesse prendere atto della profondit� della sua
caduta e se da essa non volesse imparare nulla. Insisto sulla categoria
dell�imparare, sulla categoria dell�apprendimento.
D� un giudizio positivo di questa riunione. D� un giudizio positivo,
per� � una riunione che si tiene ancora sulle generali e io credo che
noi dobbiamo saper fare delle riunioni di studio per analizzare
concretamente l�imperialismo, qual�� il ruolo dell�Europa, che
significa oggi socialismo, come possiamo ripensare il socialismo dopo
la catastrofe che si � verificata. E questo ci aiuter� ad andare avanti
verso la costruzione del partito comunista, perch� io, militante di
Rifondazione che faccio riferimento alla corrente dell�Ernesto
nell�ambito di Rifondazione, su questo non ho alcun dubbio: se anche in
Rifondazione forse c�� ancora il grosso dei militanti comunisti e
comunque c�� una parte consistente di militanti comunisti, non ho alcun
dubbio sul fatto che Rifondazione non � un partito comunista e che non
potr� mai diventarlo. Ma chi credesse che a sinistra di Rifondazione ci
sia gi� l�elaborazione teorica e i presupposti di un�elaborazione
teroica direbbe una sciocchezza colossale. Secondo me invece si tratta
per l�appunto di procedere ad una ricognizione dei problemi, cercare di
costituire un programma, un progetto comunista partendo dal presupposto
che nell�ambito di questo processo di costruzione del progetto
comunista noi dobbiamo saper analizzare criticamente ogni aspetto della
teoria di Marx, di Engels, di Lenin, e certamente anche di Stalin, di
Mao, Di Deng Xiao Ping e di tutti gli altri.

Domenico Losurdo

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