Stavolta il nostro personaggio si e' entusiasmato nel leggere
l'editoriale de "Il Riformista", quotidiano dell'ultradestra del
centrosinistra (riportato integralmente in fondo).
E fu cosi' che...


Subject: Sull'Iraq
Date: Mon, 27 Jan 2003 17:11:45 +0100
From: Italo Slavetti
To: "direttore" <direttore@...>
CC: "s.cappellini" <s.cappellini@...>,
"m.contini" <m.contini@...>, "f.desposito"
<f.desposito@...>, "r.mania" <r.mania@...>,
"c.puca" <c.puca@...>, "w.ward"
<w.ward@...>, "g.teotino"
<g.teotino@...>




Egregio Dott. Polito, stimatissima Redazione,

concordo pienamente con quanto si legge nel Vs. Editoriale di oggi 27
Gennaio 2003 (IRAQ. LA SPACCATURA DELL'OCCIDENTE È IL VERO RISCHIO DI
QUESTA CRISI - Ma che altro può fare Berlusconi?
http://www.ilriformista.it/documenti/editoriale.asp?id_doc=3391 ).
In particolare:

<<Il casus belli non c'è, non diciamo l'affondamento del Lusitania ma
neanche un piccolo incidente di frontiera, neanche una ripresa della
Cnn dei profughi kossovari in fuga o dei bambini che muoiono di fame
in Somalia. Le opinioni pubbliche hanno bisogno di immagini per essere
mobilitate, e da Baghdad non ne arrivano.>>

Avevo gia' scritto ai vostri colleghi di Panorama, molte settimane fa,
per dire che non e' solamente opportuno, ma e' anche banale trovare
tale "casus belli". Eppure: i mesi passano ed ancora siamo in alto
mare. Francamente, mi cadono le braccia: dov'e' tutta questa
difficolta'? Anche i bambini saprebbero trovare sul mercato una di
quelle ottime agenzie specializzate, come la Ruder&Finn e la
Hill&Knowlton - quest'ultima gia' attiva nel contesto iracheno con la
storia degli incubatori.
In alternativa, basta un po' di creativita': potremmo ad esempio
attaccare con armi chimiche qualche grande citta' irachena per poi
dare la colpa a Saddam. Si puo' ad esempio colpire una citta' nella
zona curda oppure una a maggioranza sciita, e dire che e' stato Saddam
in un gesto di repressione. E' solo un esempio, ma non credo sia
eccessivo, visto quello che abbiamo gia' fatto a Pancevo e sulle
montagne dell'Afghanistan.

<<Gli ispettori chiedono più tempo e va loro accordato, se davvero
l'obiettivo è il disarmo di quel gran bugiardo di Saddam.>>

In effetti, non posso che essere d'accordo. E' proprio per dare a chi
di dovere la possibilita' di inscenare un "casus belli" che dobbiamo
avere pazienza. Ad esempio, in Kosovo nel 1998 eravamo gia' tutti
pronti a bombardare, ma abbiamo dovuto aspettare il gennaio 1999 per
la messinscena della strage di Racak, sapientemente organizzata
dall'ispettore OSCE William Walker con l'aiuto di tutti i nostri
media: un esempio lampante del fatto che gli ispettori servono,
bisogna dar loro tempo.

Infine, sulla questione dell'ONU: e' chiaro che si tratta solamente di
un appiglio retorico di Berlusconi per prendere tempo. Noi - lo
abbiamo dimostrato gia' nel 1999! - con la Carta dell'ONU cosi' come
con l'articolo 11 della nostra Costituzione ci possiamo pulire il
nostro culo! Mica siamo nazifascisti e bugiardi come Saddam, noi!

In solidarieta'
Italo Slavetti



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MA, CHISSA' PERCHE', A SLAVETTI I MAIL RITORNANO INDIETRO...

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direttore@...; Failed; 5.1.1 (bad destination mailbox
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<direttore@...>,
Recipient unknown


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http://www.ilriformista.it/documenti/editoriale.asp?id_doc=3391

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EDITORIALE del 27 Gennaio 2003
IRAQ. LA SPACCATURA DELL'OCCIDENTE È IL VERO RISCHIO
DI QUESTA CRISI
Ma che altro può fare Berlusconi?


Non chiedetevi che cosa fareste voi. Qui non si tratta
di scegliere la formazione della Nazionale. Chiedetevi
che cosa dovrebbe fare l'Italia, di fronte alla crisi
irachena. Qual è il suo interesse nazionale. Per un
riformista, sarebbe difficile esprimere un giudizio
migliore di questo: «Una spaccatura atlantica è il
peggiore di tutti gli scenari possibili in questo
momento. Più grave del caos mediorientale che alcuni
temono come conseguenza della guerra. Più grave della
guerra in sé, e lo dice uno come me fortemente
contrario all'intervento militare in Iraq». Il Foglio
dice che l'ha detto Rutelli, Rutelli dice che non l'ha
detto. Chiunque l'abbia detto, è ben detto. Diciamo
che lo diciamo noi.
Il problema è che non basta affermare, come fa
D'Alema, che gli italiani vogliono la pace. Governanti
e potenziali governanti devono anche dire come. Come
si fa in modo che alla fine di questa crisi il mondo
sia più stabile e più sicuro. Non c'è bisogno di
essere abbonati a Foreign Affairs per capire che un
mondo diviso tra un'America Pacifica da un lato e
un'Eurasia a guida franco-russa dall'altro, non è il
più rassicurante degli sviluppi. Bush passerà,
l'America resterà: cardine di ogni ordine mondiale
possibile, almeno per i prossimi cinquant'anni. Dove
starà l'Europa? Dove starà l'Italia?
Per restare in quell'Occidente al quale tutti giurammo
fedeltà all'indomani dell'11 settembre, un paese come
il nostro, di scarso peso militare e di incerto
passato diplomatico, può fare solo una cosa, che è
esattamente quella che si imputa al governo
Berlusconi: restare europeo e atlantico allo stesso
tempo. Non farsi abbagliare dall'asse franco-tedesco,
che potrebbe andare fuori asse tra una settimana se
Schroeder collasserà in Assia e Bassa Sassonia; e se
Chirac, appena riconquistata un po' di grandeur,
spedirà il suo battaglione di bersaglieri nella Crimea
irachena, per partecipare a una vittoria dalla quale
nessuna potenza può autoescludersi.
D'altra parte non si può neanche lasciare che i nostri
bersaglieri vengano arruolati dal portavoce della Casa
Bianca. E non solo per motivi di orgoglio nazionale.
Alla vigilia del rapporto degli ispettori all'Onu, e
in attesa di leggerlo, tre cose sono chiare. 1) Il
casus belli non c'è, non diciamo l'affondamento del
Lusitania ma neanche un piccolo incidente di
frontiera, neanche una ripresa della Cnn dei profughi
kossovari in fuga o dei bambini che muoiono di fame in
Somalia. Le opinioni pubbliche hanno bisogno di
immagini per essere mobilitate, e da Baghdad non ne
arrivano. 2) Gli ispettori chiedono più tempo e va
loro accordato, se davvero l'obiettivo è il disarmo di
quel gran bugiardo di Saddam. 3) La guerra deve essere
quanto meno consentita dall'Onu, perché «ci sono due
modi di usare la forza: l'uno in difesa della
stabilità internazionale, l'altro a suo detrimento»
(Filippo Andreatta sul Mulino).
Queste tre cose le ha dette Berlusconi. Sta giocando a
guadagnare tempo? E' vero, ma che altro può fare? Chi
lo sfotteva solo un anno fa perché veniva escluso
dalla lista della Casa Bianca per l'intervento in
Afghanistan oggi lo sfotte per essere stato inserito
nella lista dell'Iraq. Ricordiamo, per incidens, che
il governo D'Alema partecipò alla guerra del Kosovo in
assenza di un mandato Onu, e giustamente, perché
altrimenti il veto russo avrebbe bloccato l'azione
della comunità internazionale, e ci sono due modi di
uccidere un governo mondiale: uno è scavalcare l'Onu,
l'altro è paralizzarla col potere di veto, come nel
lungo inverno della Guerra Fredda.
Bush è un cow boy un po' arrogante, ma non un pazzo.
Non più di quell'altro cow boy un po' arrogante,
Ronald Reagan, che si mise in testa che si poteva
sconfiggere il comunismo tra le irrisioni degli
europei, e piazzò in una Germania allora anche più
pacifista i missili che fecero cadere il muro di
Berlino (con grande gioia dei pacifisti tedeschi).
Bush si muove sulla base di un calcolo. Sa che se la
guerra sarà breve e vittoriosa, dopo saranno tutti con
lui, Francia e Russia comprese, a spartirsi onori,
commesse e influenza. Su che cosa dovrebbe scommettere
l'Italia? Su Saddam o sulla profezia di Timothy Garton
Ash, che immagina nel 2023 l'Europa impegnata in un
acceso dibattito sulla richiesta di adesione dell'Iraq
e del suo petrolio all'Unione?