Nota: la dizione "Kossovo" per indicare la provincia del Kosovo e
Metohija deriva da una soluzione di compromesso tra il termine
originario slavo (Kosovo = dei merli, dal nome della piana che domina
l'area) e lo stesso termine con la desinenza e la pronuncia albanese
(Kosova, con l'accento sulla seconda sillaba). Si tratta di una
versione italiota "politically correct" gia' adottata dai nostri
fascisti i quali pero', ai tempi in cui occupavano la zona (1941-1943)
preferivano usare l'italianissima C al posto della K. (I. Slavo)
---
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2695
Kossovo: ritorni spontanei
Arrivati in Kossovo per seguire una funzione religiosa non vogliono più
rientrare in Serbia e chiedono di poter ritornare nelle proprie case.
E' la storia di 27 sfollati serbi ora alloggiati a Bica, nella
municipalità di Klina.
(19/12/2003) Di Davide Sighele
Quello di Decani è uno dei monasteri ortodossi più suggestivi del
Kossovo. E’ leggermente in collina, a pochi chilometri dal centro
cittadino. L’entrata è protetta da un check point di militari italiani.
Il 24 novembre scorso sono arrivati dalla Serbia 27 sfollati
serbo-kosovari. Per poter assistere alla cerimonia liturgica dedicata a
Sveti Stephan, Santo Stefano. Le luci di candela di cera d’api, i canti
dei monaci. Ma a cerimonia conclusa i 27 sfollati serbi non se ne sono
più voluti andare ed hanno manifestato la loro intenzione di rientrare
nelle proprie case a Klina, nell'ovest della Provincia.
Le organizzazioni internazionali che si occupano di rientri di
sfollati e rifugiati e la stessa amministrazione internazionale UNMIK
sono rimaste spiazzate dalla richiesta. Questi rientri non erano
affatto previsti. Nello stallo generale si è deciso di fare alloggiare
momentaneamente queste 27 persone a Bica, paesino nella municipalità di
Klina dove, già nell’estate del 2002, erano rientrate alcune famiglie
serbe. A Bica la KFOR italiana ha una propria base e lì sono state
alloggiate momentaneamente le famiglie di rientranti. “Non torneremo
indietro - hanno affermato due loro rappresentanti – resteremo a Bica
sino a quando l’UNMIK non risolverà le questioni legate al diritto di
proprietà delle nostre case occupate attualmente da famiglie albanesi”.
Lo scorso 10 dicembre poi 11 persone del gruppo di Bica sono uscite
dall’enclave e si sono recate a Klina dove sono rientrate in una delle
case dovute abbandonare nel 1999. In poche ore si è raccolta una folla
di cittadini albanesi e sono partiti degli scontri con KFOR e la
polizia UNMIK. “Secondo alcuni testimoni la causa degli incidenti
andrebbe accreditata alla KFOR in quanto avrebbe iniziato a colpire i
manifestanti con bastoni al che essi avrebbero risposto con sassaiole”
riporta il quotidiano kossovaro Koha Ditore che poi si concentra sulle
parole del Presidente della municipalità. “E’ una provocazione” ha
affermato quest’ultimo “non ci hanno ascoltato, quindi è successo
quello che è successo”.
A Klina il rientro spontaneo delle famiglie serbe ha creato forti
malcontenti. Al Municipal Working Group - riunione settimanale durante
la quale le autorità locali si confrontano con associazioni, ONG ed
organizzazioni internazionali - i rappresentanti della municipalità di
Klina hanno espresso la loro frustrazione in merito alla vicenda ed
hanno specificato come siano del tutto contrari a ritorni spontanei.
“Non accettiamo il ritorno dei serbi perché non sappiamo ancora nulla
sui nostri familiari scomparsi”, hanno specificato. Dura la replica dei
rappresentanti dell’amministrazione internazionale. “Non è possibile
sostenere solo un tipo di rientri. Ed inoltre inutile vantarsi di
sostenere i rientri, seppur solo quelli organizzati, e poi non fare
nulla per individuare i colpevoli di assalti a membri delle minoranze”.
Secondo l’UNMIK la municipalità deve piuttosto dimostrare di trattare
in modo uguale tutti i suoi cittadini, indipendentemente dall’etnia di
appartenenza.
Nella stessa comunità internazionale emerge comunque diffidenza
rispetto a questi rientri spontanei che forzano i ritmi letargici dei
rientri organizzati rischiando però di essere percepiti come una
provocazione dalla comunità albanese che ancora teme un ritorno delle
autorità serbe in Kossovo. Si temono incidenti e si preferisce
continuare attraverso la politica dei rientri, scarsi sino ad ora, in
aree attualmente abbandonate e possibilmente non troppo vicine ai
grandi centri abitati. Ricostruire case distrutte è molto più facile
infatti che non sfrattare da case occupate illegalmente intere famiglie
albanesi. E garantire la sicurezza in paesini di campagna è più
semplice che farlo in centro città. Prima nuove enclaves e poi pian
piano ricostruire le basi della convivenza. Sembra questo il motto
dell’amministrazione internazionale. Reso esplicito dalla KFOR per
quanto riguarda la vicenda di Klina. "Non ci assumiamo alcuna
responsabilità in merito alla sicurezza di eventuali rientranti in
città", hanno subito specificato.
Secondo un documento dell’Alto Commissariato dei Rifugiati, il Global
Appeal 2004, tra il gennaio 2004 ed il dicembre 2004 i rifugiati in
Serbia e Montenegro originari della Bosnia Erzegovina diminuiranno da
89.950 a 40.000. Quelli originari della Croazia da 180.000 a 40.000.
Gli sfollati interni invece, per la gran parte originari del Kossovo,
passeranno da 220.000 a 200.000. Una diminuzione percentuale molto
inferiore rispetto ai due dati precedenti. E purtroppo rischia di
essere una previsione ottimistica. “La mancanza di chiarezza sullo
status finale della provincia continuerà a rendere difficili le
relazioni tra la comunità maggioritaria nella Provincia e le minoranze”
affermano all’Alto Commissariato “e questo ritarderà ulteriormente i
processi di rientro”.
Metohija deriva da una soluzione di compromesso tra il termine
originario slavo (Kosovo = dei merli, dal nome della piana che domina
l'area) e lo stesso termine con la desinenza e la pronuncia albanese
(Kosova, con l'accento sulla seconda sillaba). Si tratta di una
versione italiota "politically correct" gia' adottata dai nostri
fascisti i quali pero', ai tempi in cui occupavano la zona (1941-1943)
preferivano usare l'italianissima C al posto della K. (I. Slavo)
---
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2695
Kossovo: ritorni spontanei
Arrivati in Kossovo per seguire una funzione religiosa non vogliono più
rientrare in Serbia e chiedono di poter ritornare nelle proprie case.
E' la storia di 27 sfollati serbi ora alloggiati a Bica, nella
municipalità di Klina.
(19/12/2003) Di Davide Sighele
Quello di Decani è uno dei monasteri ortodossi più suggestivi del
Kossovo. E’ leggermente in collina, a pochi chilometri dal centro
cittadino. L’entrata è protetta da un check point di militari italiani.
Il 24 novembre scorso sono arrivati dalla Serbia 27 sfollati
serbo-kosovari. Per poter assistere alla cerimonia liturgica dedicata a
Sveti Stephan, Santo Stefano. Le luci di candela di cera d’api, i canti
dei monaci. Ma a cerimonia conclusa i 27 sfollati serbi non se ne sono
più voluti andare ed hanno manifestato la loro intenzione di rientrare
nelle proprie case a Klina, nell'ovest della Provincia.
Le organizzazioni internazionali che si occupano di rientri di
sfollati e rifugiati e la stessa amministrazione internazionale UNMIK
sono rimaste spiazzate dalla richiesta. Questi rientri non erano
affatto previsti. Nello stallo generale si è deciso di fare alloggiare
momentaneamente queste 27 persone a Bica, paesino nella municipalità di
Klina dove, già nell’estate del 2002, erano rientrate alcune famiglie
serbe. A Bica la KFOR italiana ha una propria base e lì sono state
alloggiate momentaneamente le famiglie di rientranti. “Non torneremo
indietro - hanno affermato due loro rappresentanti – resteremo a Bica
sino a quando l’UNMIK non risolverà le questioni legate al diritto di
proprietà delle nostre case occupate attualmente da famiglie albanesi”.
Lo scorso 10 dicembre poi 11 persone del gruppo di Bica sono uscite
dall’enclave e si sono recate a Klina dove sono rientrate in una delle
case dovute abbandonare nel 1999. In poche ore si è raccolta una folla
di cittadini albanesi e sono partiti degli scontri con KFOR e la
polizia UNMIK. “Secondo alcuni testimoni la causa degli incidenti
andrebbe accreditata alla KFOR in quanto avrebbe iniziato a colpire i
manifestanti con bastoni al che essi avrebbero risposto con sassaiole”
riporta il quotidiano kossovaro Koha Ditore che poi si concentra sulle
parole del Presidente della municipalità. “E’ una provocazione” ha
affermato quest’ultimo “non ci hanno ascoltato, quindi è successo
quello che è successo”.
A Klina il rientro spontaneo delle famiglie serbe ha creato forti
malcontenti. Al Municipal Working Group - riunione settimanale durante
la quale le autorità locali si confrontano con associazioni, ONG ed
organizzazioni internazionali - i rappresentanti della municipalità di
Klina hanno espresso la loro frustrazione in merito alla vicenda ed
hanno specificato come siano del tutto contrari a ritorni spontanei.
“Non accettiamo il ritorno dei serbi perché non sappiamo ancora nulla
sui nostri familiari scomparsi”, hanno specificato. Dura la replica dei
rappresentanti dell’amministrazione internazionale. “Non è possibile
sostenere solo un tipo di rientri. Ed inoltre inutile vantarsi di
sostenere i rientri, seppur solo quelli organizzati, e poi non fare
nulla per individuare i colpevoli di assalti a membri delle minoranze”.
Secondo l’UNMIK la municipalità deve piuttosto dimostrare di trattare
in modo uguale tutti i suoi cittadini, indipendentemente dall’etnia di
appartenenza.
Nella stessa comunità internazionale emerge comunque diffidenza
rispetto a questi rientri spontanei che forzano i ritmi letargici dei
rientri organizzati rischiando però di essere percepiti come una
provocazione dalla comunità albanese che ancora teme un ritorno delle
autorità serbe in Kossovo. Si temono incidenti e si preferisce
continuare attraverso la politica dei rientri, scarsi sino ad ora, in
aree attualmente abbandonate e possibilmente non troppo vicine ai
grandi centri abitati. Ricostruire case distrutte è molto più facile
infatti che non sfrattare da case occupate illegalmente intere famiglie
albanesi. E garantire la sicurezza in paesini di campagna è più
semplice che farlo in centro città. Prima nuove enclaves e poi pian
piano ricostruire le basi della convivenza. Sembra questo il motto
dell’amministrazione internazionale. Reso esplicito dalla KFOR per
quanto riguarda la vicenda di Klina. "Non ci assumiamo alcuna
responsabilità in merito alla sicurezza di eventuali rientranti in
città", hanno subito specificato.
Secondo un documento dell’Alto Commissariato dei Rifugiati, il Global
Appeal 2004, tra il gennaio 2004 ed il dicembre 2004 i rifugiati in
Serbia e Montenegro originari della Bosnia Erzegovina diminuiranno da
89.950 a 40.000. Quelli originari della Croazia da 180.000 a 40.000.
Gli sfollati interni invece, per la gran parte originari del Kossovo,
passeranno da 220.000 a 200.000. Una diminuzione percentuale molto
inferiore rispetto ai due dati precedenti. E purtroppo rischia di
essere una previsione ottimistica. “La mancanza di chiarezza sullo
status finale della provincia continuerà a rendere difficili le
relazioni tra la comunità maggioritaria nella Provincia e le minoranze”
affermano all’Alto Commissariato “e questo ritarderà ulteriormente i
processi di rientro”.