Alla riunione della Direzione Nazionale del Partito della Rifondazione
Comunista svoltasi oggi 28/1/2004 a Roma, il partito si e' mostrato
profondamente spaccato (21 voti contro 17) rispetto alla scelta del
segretario Bertinotti di aderire al cosiddetto "Partito della Sinistra
Europea".
Per comprendere meglio l'oggetto della discussione diffondiamo il testo
del documento alternativo presentato dall'area de "L'Ernesto", che ha
ottenuto dieci voti.
---
Una scelta per unire o per dividere?
1) Abbiamo condiviso la Tesi 35 e il documento politico conclusivo del
5° Congresso nazionale del Prc, dove si prospetta la “costruzione di un
nuovo soggetto politico europeo (non si parla di un partito) per
UNIRE…le forze della sinistra comunista, antagonista e alternativa SU
SCALA CONTINENTALE … nelle loro diversità politiche e organizzative” e
senza pensare “né ad una fusione organizzativa, né ad un compattamento
su base ideologica”.
Non è su questo la nostra divergenza, ma sul metodo, sulla modalità e
sul progetto peculiare che ci viene proposto, dopo l’incontro di
Berlino del 10-11 gennaio scorsi, con un “Appello” che annuncia la
nascita del “Partito della Sinistra europea” e ne prevede addirittura
un Congresso fondativo prima delle elezioni europee.
L’ultimo CPN aveva dato un esplicito mandato alla Direzione nazionale
per definire PRIMA DI OGNI DECISIONE contenuti e modalità del percorso
e del progetto. Oggi, a decisione presa, si riuniscono gli organismi
dirigenti del partito. Bisognava fare il contrario. Da quasi un anno e
in diversi incontri internazionali i rappresentanti di vari partiti
europei si sono riuniti per discutere bozze di manifesti politici e di
statuti, che a tutt’oggi sono ancora in discussione. E’ stato un errore
non portare questa discussione e questi testi negli organismi dirigenti
del partito.
Una scelta che divide
2) Nel merito, la principale divergenza sta nel fatto che le modalità
scelte per il dibattito su scala europea e le accelerazioni impresse
dalle leadership di alcuni partiti hanno prodotto una situazione di
divisione profonda e preoccupante tra i maggiori partiti comunisti e di
sinistra alternativa europei, e in molti casi all’interno di essi,
persino tra i partiti promotori dell’”Appello” di Berlino (come è il
caso del Pcf e dello stesso Prc); divisioni profonde all’interno stesso
del GUE (il gruppo parlamentare al Parlamento europeo) che rischiano,
se non si cambia strada, di pregiudicarne una ricomposizione unitaria
nella prossima legislatura.
Invece di UNIRE, si moltiplicano le divisioni e le dissociazioni; e
questo sì contraddice lo spirito e la lettera della Tesi 35 del nostro
Congresso.
Su oltre 40 partiti comunisti e di sinistra alternativa attivi nei
paesi dell’UE, che diventano oltre 60 se si considera l’Europa SU SCALA
CONTINENTALE, solo 11 hanno sottoscritto l’Appello di Berlino, e già
due di essi (il Partito comunista ceko e il Partito comunista slovacco,
presenti a Berlino come “osservatori”) hanno rivisto nei giorni scorsi
la loro posizione e preso le distanze da ipotesi precipitose di
Congresso costituente.
Partiti a “sovranità limitata”
3) Con il regolamento sullo “Statuto e finanziamento dei partiti
politici europei”, approvato nel febbraio 2003 dal Parlamento europeo,
è stata formalizzata un’idea di “partiti europei” che, diversamente
dal ruolo previsto per i partiti politici nelle Costituzioni nazionali
(dove essi sono espressione della società civile e non emanazioni dello
Stato), sono invece subordinati ai Trattati e alle istituzioni della
UE. Per cui è il Parlamento europeo che ne approva l’esistenza, che
giudica se il loro Statuto è conforme o no ai principi e ai Trattati su
cui si fonda l’UE “riguardo libertà, democrazia, diritti umani e norme
di legge”, e che può quindi al limite deciderne lo scioglimento. E’ il
caso di notare qui che il diritto di eliminare un partito per decisione
di un Parlamento è una “inquietante” novità nella democrazia borghese e
liberale.
Dunque, questi “partiti europei” rischiano di essere a “sovranità
limitata” e saranno per molti versi dipendenti dalle istituzioni UE
che, come sappiamo, non sono neutrali, ma configurano un processo di
concentrazione neo-imperialistica del capitale europeo.
Anche per questo sarebbe preferibile un Forum o un coordinamento
permanente e strutturato - tipo quello di San Paolo, che comprende
tutta la sinistra antagonista latino-americana – aperto a tutti i
partiti comunisti e di sinistra alternativa del continente che abbiano
un minimo di influenza di massa.
L’UE non è tutta l’Europa.
4) Mentre i partiti europei socialdemocratici e conservatori lavorano
sull’insieme del continente, Russia compresa (Gorbaciov è uomo che
lavora a stretto contatto dell’Internazionale socialista), e così le
borghesie più lungimiranti (si pensi all’asse franco-tedesco-russo), i
partiti comunisti e di sinistra alternativa (alcuni di essi) operano
come se ci fosse ancora il Muro di Berlino e ignorano l’altra parte
dell’Europa. Benchè alcuni dei maggiori partiti comunisti e di sinistra
anticapitalistica si trovino ad Est, nelle repubbliche europee dell’ex
Urss, essi vengono sistematicamente esclusi dai processi di
aggregazione della sinistra europea, sulla base di veti di natura
ideologica (che essi sì contraddicono la citata Tesi congressuale 35).
Nel Consiglio d’Europa (organismo dove sono presenti delegazioni dei
Parlamenti nazionali di TUTTI i paesi europei, non solo UE) esiste un
gruppo parlamentare che si chiama anch’esso GUE, che comprende non solo
i partiti del GUE del Parlamento europeo, ma anche rappresentanti
comunisti e di sinistra di Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia…
Basterebbe far funzionare questo GUE-bis ed ecco che già esisterebbe
una sede politica e istituzionale in cui operare su un piano
pan-europeo, senza preclusioni nei confronti di alcuno. Solo che manca
la volontà politica, da parte di alcune forze della sinistra
dell’Europa occidentale, di operare in questo senso.
I partiti i cui leader sembrano disposti a partecipare ad un congresso
costituente del “partito europeo” prima delle elezioni europee, contano
complessivamente circa 300.000 iscritti, con un bacino elettorale di
circa 6 milioni di voti. Gli altri contano nella sola UE circa 400.000
iscritti e circa 6 milioni di voti; e complessivamente, considerando
l’insieme del continente, circa 1 milione di iscritti e oltre 20
milioni di voti. Ovvero : gli “inclusi” contano in voti e iscritti
circa il 20% dell’insieme della sinistra comunista e alternativa
europea. Se si vuole UNIRE, è necessario quindi operare per coinvolgere
il numero di partiti il più ampio possibile.
Percorso e metodo a livello europeo.
5) Assai discutibili sono le modalità con cui si è giunti all’incontro
di Berlino del 10-11 gennaio 2004, dal punto di vista della pari
dignità tra le diverse forze della “sinistra alternativa” (nei primi
due incontri, convocati dal Synaspismos ad Atene a partire dall’aprile
2003, è stato escluso “d’ufficio” il PC greco-KKE, che in conseguenza
di ciò si è ritirato dal processo; nei successivi incontri si è
confermata l’esclusione di quasi tutti i partiti comunisti e di
sinistra alternativa dell’Est europeo e dei Balcani, e di altri).
Discriminazioni che hanno creato un clima di sfiducia reciproca, di
scarsa trasparenza, nelle relazioni tra i partiti, che stanno
incrinando i presupposti di una vera solidarietà e unità d’azione, già
resa complessa dall’esistenza, tra i partiti del GUE, di importanti
divergenze politiche, programmatiche, strategiche, identitarie. Esse
rendono precaria l’unità e l’iniziativa comune e a tutti
consiglierebbero di evitare forzature, come è appunto quella della
costruzione accelerata di un “partito europeo”, che presupporrebbe ben
altre convergenze strategiche.
Tra gli stessi 4 partiti “di testa” del partito europeo (PRC, IU, PDS,
PCF) non esiste una posizione comune nemmeno sul progetto attuale di
Costituzione europea. Il PRC e il PCF sono contrari; in IU e nella PDS
esistono tutte le posizioni. Per non parlare delle divergenze nel GUE :
pro e contro l’euro, pro e contro l’UE, pro e contro l’esercito
europeo, pro e contro un’Europa federale, pro e contro Cuba, ecc….Per
non parlare delle valutazioni storiche sul ‘900, sul “socialismo
reale”, ed altre questioni identitarie : con posizioni tra loro più
distanti di quelle che si registrano ai lati estremi del dibattito in
Rifondazione.
CHE FARE ?
6) Il minimo che si possa fare a questo punto, per non cristallizzare
divisioni irrimediabili tra le forze comuniste e di sinistra
alternativa europee e tenere aperto un processo unitario, è di :
-rinviare ogni decisione formale e fondativa del “partito europeo” a
dopo le elezioni europee, anche al fine di evitare che tali divisioni
pesino negativamente nella campagna elettorale e si ritorcano
negativamente sull’immagine dell’insieme dello schieramento di sinistra
alternativa, con un danno per tutti;
- operare perché le forze comuniste e di sinistra alternativa, a
partire da quelle collegate al GUE, si presentino alle elezioni con un
documento politico-programmatico comune che metta in evidenza i punti
di convergenza e di maggiore impatto sui popoli europei (lotta contro
la guerra, antiliberismo, difesa dello Stato sociale e dei diritti dei
lavoratori, ecc.). Come dimostrano recenti incontri svoltisi a Parigi e
a Lisbona e i documenti unitari che ne sono scaturiti, tale convergenza
è non solo necessaria, ma possibile, e ben al di là dei confini del GUE;
- dopo le elezioni europee, riprendere l’iter della discussione per la
costruzione del soggetto europeo come previsto dalla Tesi 35, quindi su
basi unitarie e paritarie, bandendo veti, pregiudiziali, esclusioni di
ogni tipo: aprendo a tutte le forze comuniste e di sinistra alternativa
del continente, per pervenire insieme, senza precipitazioni né
forzature organizzativistiche, a soluzioni unitarie.
Claudio Grassi (segreteria nazionale P.R.C.)
Bianca Bracci Torsi
Guido Cappelloni
Bruno Casati
Gianni Favaro
Rita Ghiglione
Damiano Guagliardi
Gianluigi Pegolo
Fausto Sorini
Giuseppina Tedde
Comunista svoltasi oggi 28/1/2004 a Roma, il partito si e' mostrato
profondamente spaccato (21 voti contro 17) rispetto alla scelta del
segretario Bertinotti di aderire al cosiddetto "Partito della Sinistra
Europea".
Per comprendere meglio l'oggetto della discussione diffondiamo il testo
del documento alternativo presentato dall'area de "L'Ernesto", che ha
ottenuto dieci voti.
---
Una scelta per unire o per dividere?
1) Abbiamo condiviso la Tesi 35 e il documento politico conclusivo del
5° Congresso nazionale del Prc, dove si prospetta la “costruzione di un
nuovo soggetto politico europeo (non si parla di un partito) per
UNIRE…le forze della sinistra comunista, antagonista e alternativa SU
SCALA CONTINENTALE … nelle loro diversità politiche e organizzative” e
senza pensare “né ad una fusione organizzativa, né ad un compattamento
su base ideologica”.
Non è su questo la nostra divergenza, ma sul metodo, sulla modalità e
sul progetto peculiare che ci viene proposto, dopo l’incontro di
Berlino del 10-11 gennaio scorsi, con un “Appello” che annuncia la
nascita del “Partito della Sinistra europea” e ne prevede addirittura
un Congresso fondativo prima delle elezioni europee.
L’ultimo CPN aveva dato un esplicito mandato alla Direzione nazionale
per definire PRIMA DI OGNI DECISIONE contenuti e modalità del percorso
e del progetto. Oggi, a decisione presa, si riuniscono gli organismi
dirigenti del partito. Bisognava fare il contrario. Da quasi un anno e
in diversi incontri internazionali i rappresentanti di vari partiti
europei si sono riuniti per discutere bozze di manifesti politici e di
statuti, che a tutt’oggi sono ancora in discussione. E’ stato un errore
non portare questa discussione e questi testi negli organismi dirigenti
del partito.
Una scelta che divide
2) Nel merito, la principale divergenza sta nel fatto che le modalità
scelte per il dibattito su scala europea e le accelerazioni impresse
dalle leadership di alcuni partiti hanno prodotto una situazione di
divisione profonda e preoccupante tra i maggiori partiti comunisti e di
sinistra alternativa europei, e in molti casi all’interno di essi,
persino tra i partiti promotori dell’”Appello” di Berlino (come è il
caso del Pcf e dello stesso Prc); divisioni profonde all’interno stesso
del GUE (il gruppo parlamentare al Parlamento europeo) che rischiano,
se non si cambia strada, di pregiudicarne una ricomposizione unitaria
nella prossima legislatura.
Invece di UNIRE, si moltiplicano le divisioni e le dissociazioni; e
questo sì contraddice lo spirito e la lettera della Tesi 35 del nostro
Congresso.
Su oltre 40 partiti comunisti e di sinistra alternativa attivi nei
paesi dell’UE, che diventano oltre 60 se si considera l’Europa SU SCALA
CONTINENTALE, solo 11 hanno sottoscritto l’Appello di Berlino, e già
due di essi (il Partito comunista ceko e il Partito comunista slovacco,
presenti a Berlino come “osservatori”) hanno rivisto nei giorni scorsi
la loro posizione e preso le distanze da ipotesi precipitose di
Congresso costituente.
Partiti a “sovranità limitata”
3) Con il regolamento sullo “Statuto e finanziamento dei partiti
politici europei”, approvato nel febbraio 2003 dal Parlamento europeo,
è stata formalizzata un’idea di “partiti europei” che, diversamente
dal ruolo previsto per i partiti politici nelle Costituzioni nazionali
(dove essi sono espressione della società civile e non emanazioni dello
Stato), sono invece subordinati ai Trattati e alle istituzioni della
UE. Per cui è il Parlamento europeo che ne approva l’esistenza, che
giudica se il loro Statuto è conforme o no ai principi e ai Trattati su
cui si fonda l’UE “riguardo libertà, democrazia, diritti umani e norme
di legge”, e che può quindi al limite deciderne lo scioglimento. E’ il
caso di notare qui che il diritto di eliminare un partito per decisione
di un Parlamento è una “inquietante” novità nella democrazia borghese e
liberale.
Dunque, questi “partiti europei” rischiano di essere a “sovranità
limitata” e saranno per molti versi dipendenti dalle istituzioni UE
che, come sappiamo, non sono neutrali, ma configurano un processo di
concentrazione neo-imperialistica del capitale europeo.
Anche per questo sarebbe preferibile un Forum o un coordinamento
permanente e strutturato - tipo quello di San Paolo, che comprende
tutta la sinistra antagonista latino-americana – aperto a tutti i
partiti comunisti e di sinistra alternativa del continente che abbiano
un minimo di influenza di massa.
L’UE non è tutta l’Europa.
4) Mentre i partiti europei socialdemocratici e conservatori lavorano
sull’insieme del continente, Russia compresa (Gorbaciov è uomo che
lavora a stretto contatto dell’Internazionale socialista), e così le
borghesie più lungimiranti (si pensi all’asse franco-tedesco-russo), i
partiti comunisti e di sinistra alternativa (alcuni di essi) operano
come se ci fosse ancora il Muro di Berlino e ignorano l’altra parte
dell’Europa. Benchè alcuni dei maggiori partiti comunisti e di sinistra
anticapitalistica si trovino ad Est, nelle repubbliche europee dell’ex
Urss, essi vengono sistematicamente esclusi dai processi di
aggregazione della sinistra europea, sulla base di veti di natura
ideologica (che essi sì contraddicono la citata Tesi congressuale 35).
Nel Consiglio d’Europa (organismo dove sono presenti delegazioni dei
Parlamenti nazionali di TUTTI i paesi europei, non solo UE) esiste un
gruppo parlamentare che si chiama anch’esso GUE, che comprende non solo
i partiti del GUE del Parlamento europeo, ma anche rappresentanti
comunisti e di sinistra di Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia…
Basterebbe far funzionare questo GUE-bis ed ecco che già esisterebbe
una sede politica e istituzionale in cui operare su un piano
pan-europeo, senza preclusioni nei confronti di alcuno. Solo che manca
la volontà politica, da parte di alcune forze della sinistra
dell’Europa occidentale, di operare in questo senso.
I partiti i cui leader sembrano disposti a partecipare ad un congresso
costituente del “partito europeo” prima delle elezioni europee, contano
complessivamente circa 300.000 iscritti, con un bacino elettorale di
circa 6 milioni di voti. Gli altri contano nella sola UE circa 400.000
iscritti e circa 6 milioni di voti; e complessivamente, considerando
l’insieme del continente, circa 1 milione di iscritti e oltre 20
milioni di voti. Ovvero : gli “inclusi” contano in voti e iscritti
circa il 20% dell’insieme della sinistra comunista e alternativa
europea. Se si vuole UNIRE, è necessario quindi operare per coinvolgere
il numero di partiti il più ampio possibile.
Percorso e metodo a livello europeo.
5) Assai discutibili sono le modalità con cui si è giunti all’incontro
di Berlino del 10-11 gennaio 2004, dal punto di vista della pari
dignità tra le diverse forze della “sinistra alternativa” (nei primi
due incontri, convocati dal Synaspismos ad Atene a partire dall’aprile
2003, è stato escluso “d’ufficio” il PC greco-KKE, che in conseguenza
di ciò si è ritirato dal processo; nei successivi incontri si è
confermata l’esclusione di quasi tutti i partiti comunisti e di
sinistra alternativa dell’Est europeo e dei Balcani, e di altri).
Discriminazioni che hanno creato un clima di sfiducia reciproca, di
scarsa trasparenza, nelle relazioni tra i partiti, che stanno
incrinando i presupposti di una vera solidarietà e unità d’azione, già
resa complessa dall’esistenza, tra i partiti del GUE, di importanti
divergenze politiche, programmatiche, strategiche, identitarie. Esse
rendono precaria l’unità e l’iniziativa comune e a tutti
consiglierebbero di evitare forzature, come è appunto quella della
costruzione accelerata di un “partito europeo”, che presupporrebbe ben
altre convergenze strategiche.
Tra gli stessi 4 partiti “di testa” del partito europeo (PRC, IU, PDS,
PCF) non esiste una posizione comune nemmeno sul progetto attuale di
Costituzione europea. Il PRC e il PCF sono contrari; in IU e nella PDS
esistono tutte le posizioni. Per non parlare delle divergenze nel GUE :
pro e contro l’euro, pro e contro l’UE, pro e contro l’esercito
europeo, pro e contro un’Europa federale, pro e contro Cuba, ecc….Per
non parlare delle valutazioni storiche sul ‘900, sul “socialismo
reale”, ed altre questioni identitarie : con posizioni tra loro più
distanti di quelle che si registrano ai lati estremi del dibattito in
Rifondazione.
CHE FARE ?
6) Il minimo che si possa fare a questo punto, per non cristallizzare
divisioni irrimediabili tra le forze comuniste e di sinistra
alternativa europee e tenere aperto un processo unitario, è di :
-rinviare ogni decisione formale e fondativa del “partito europeo” a
dopo le elezioni europee, anche al fine di evitare che tali divisioni
pesino negativamente nella campagna elettorale e si ritorcano
negativamente sull’immagine dell’insieme dello schieramento di sinistra
alternativa, con un danno per tutti;
- operare perché le forze comuniste e di sinistra alternativa, a
partire da quelle collegate al GUE, si presentino alle elezioni con un
documento politico-programmatico comune che metta in evidenza i punti
di convergenza e di maggiore impatto sui popoli europei (lotta contro
la guerra, antiliberismo, difesa dello Stato sociale e dei diritti dei
lavoratori, ecc.). Come dimostrano recenti incontri svoltisi a Parigi e
a Lisbona e i documenti unitari che ne sono scaturiti, tale convergenza
è non solo necessaria, ma possibile, e ben al di là dei confini del GUE;
- dopo le elezioni europee, riprendere l’iter della discussione per la
costruzione del soggetto europeo come previsto dalla Tesi 35, quindi su
basi unitarie e paritarie, bandendo veti, pregiudiziali, esclusioni di
ogni tipo: aprendo a tutte le forze comuniste e di sinistra alternativa
del continente, per pervenire insieme, senza precipitazioni né
forzature organizzativistiche, a soluzioni unitarie.
Claudio Grassi (segreteria nazionale P.R.C.)
Bianca Bracci Torsi
Guido Cappelloni
Bruno Casati
Gianni Favaro
Rita Ghiglione
Damiano Guagliardi
Gianluigi Pegolo
Fausto Sorini
Giuseppina Tedde