Ancora sul dibattito in merito a PRC/PSE (vedi anche su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3129)
diffondiamo il testo, appena pervenutoci, della mozione alternativa
presentata dall'area di Progetto Comunista alla Direzione Nazionale del
partito lo scorso 28/1/2004.

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La Direzione nazionale esprime un giudizio di dissenso profondo con
l'iniziativa intrapresa a Berlino di costituzione del "partito della
sinistra europea".

UN METODO BUROCRATICO

Il percorso seguito nella realizzazione di questo atto politico ha
avuto un carattere fortemente burocratico e verticistico. I gruppi
dirigenti e il corpo militante del Prc vengono "iscritti" di fatto in
un nuovo partito europeo senza che sia stata loro fornita la
possibilità di conoscere e discutere preventivamente la prospettiva
indicata. Senza che si sia loro fornita un'informazione elementare
sulla natura politica delle forze coinvolte, le loro scelte nei
rispettivi Paesi, il dibattito e le divergenze che le attraversano.

Né vale l'argomento secondo cui la Dn e il futuro Cpn hanno potere
decisionale: perché di fatto vengono convocati a fatto compiuto, ciò
che limita profondamente la libertà decisionale costituendo un indebito
fattore di pressione e condizionamento; e perché in ogni caso una
scelta così rilevante di fondazione di un nuovo partito in Europa
avrebbe richiesto un coinvolgimento ben più largo del Prc, un confronto
serio e prolungato, un reale potere decisionale dei militanti.

UN PARTITO EUROPEO NEORIFORMISTA

Ma soprattutto il merito della decisione assunta suscita un giudizio
radicalmente negativo.

La scelta compiuta configura la costruzione di un soggetto politico
dichiaratamente non comunista, non solo e non tanto per ragioni
"nominali", ma perché privo di un programma di alternativa
anticapitalistica e socialista all'Europa del capitale.

Il Manifesto programmatico prodotto a Berlino si riduce ad un semplice
richiamo di intenti e di valori "progressisti". Non mette in
discussione le basi strutturali e materiali della UE come costruzione
imperialistica, a partire dalla proprietà dei grandi monopoli e delle
banche. Non rivendica un'alternativa di potere della classe operaia e
delle masse oppresse alle classi dominanti del vecchio continente.
Semplicemente rivendica un continente europeo "più democratico,
sociale, ecologicamente sostenibile e di pace". E a tal fine chiede
alla UE e ai suoi governi "un'altra politica economica e sociale", "un
ruolo maggiore ai parlamenti nazionali e a quello europeo", "iniziative
per il disarmo e il rafforzamento del diritto internazionale".

UN RIFORMISMO UTOPICO E SUBALTERNO

E' questa un'impostazione del tutto subalterna e utopica che ignora non
solo la crisi del riformismo al punto di riproporlo, ma la radice di
fondo delle politiche controriformatrici e militariste della UE, che in
quel quadro non sono scelte "sbagliate" rimpiazzabili da altre
politiche ma la conseguenza strutturale della costruzione stessa
dell'Europa imperialista: in quella nuova competizione per i mercati,
per le materie prime, per le zone di influenza che si è aperta nel
mondo dopo il crollo dell'Urss e che investe l'intero scenario
internazionale.

Peraltro è significativo che la rinuncia ad ogni alternativa di potere
all'Europa del capitale finisca col sacrificare, nel manifesto
proposto, caratteri e portata delle stesse rivendicazioni immediate e
dei riferimenti di classe.

Nel Manifesto è assente ogni riferimento al Kosovo, all'Afghanistan,
all'Irak e alla relativa richiesta di ritiro immediato e incondizionato
delle truppe. E' assente ogni riferimento alle lotte della classe
operaia europea dentro una rappresentazione della questione sociale
come pura questione redistributiva tra "ricchi e poveri". E' assente,
clamorosamente, ogni denuncia della socialdemocrazia europea e delle
sue responsabilità antioperaie e filoimperialiste per tutto l'arco
degli anni Novanta.

UNA COMUNE VOCAZIONE DI GOVERNO

Nei fatti il Manifesto di Berlino definisce il profilo del nuovo
partito europeo come quello di una forza di sinistra "critica"
neoriformista proiettata verso prospettive di governo; una forza
misurata sullo stesso terreno delle rivendicazioni di riforma per
preservare o rilanciare spazi di intesa governativa con la
socialdemocrazia e/o con forze di centro liberale. Peraltro la
vocazione di governo è ben sperimentata e inscritta nell'indirizzo
politico-strategico delle principali forze politiche coinvolte
nell'aggregazione: dal Pcf, già partecipe dei bombardamenti in Kosovo
come forza del governo Jospin, alla Pds tedesca, già al governo con la
socialdemocrazia liberale di Schroeder in intere regioni e nella città
di Berlino, sulla base di una cogestione delle politiche di sacrifici e
di tagli alla spesa sociale.

Qui sta la coerenza tra la costituzione del nuovo partito europeo e la
svolta politica di governo che la segreteria nazionale del Prc persegue
in Italia. L'apertura di una prospettiva di governo col centrosinistra
sotto la guida di Prodi -la principale autorità politica dell'Europa
dei banchieri- è incompatibile con ogni politica comunista e di classe
non solo in Italia ma anche sul piano internazionale: essa ha oggi
trovato sul terreno europeo il proprio naturale risvolto e traduzione.
Così come le forze di altri Paesi coinvolte nell'aggregazione hanno
trovato nella svolta di governo del Prc in Italia una ragione di
consolidamento della propria vocazione governativa.

PER UNA PROPOSTA ALTERNATIVA COMPLESSIVA

Per queste ragioni è necessario opporre alla iniziativa assunta a
Berlino una linea politica e strategica complessivamente alternativa,
nazionale e internazionale.

Non si può sostenere la prospettiva di governo con l'Ulivo in Italia (o
non contrapporsi coerentemente ad essa) e al tempo stesso criticare
l'iniziativa di Berlino perché "insufficientemente anticapitalistica e
comunista". Questa impostazione "critica" è profondamente subalterna e
opportunista.

In un caso rivendica l'estensione dell'aggregazione di Berlino ad altri
partiti comunisti di più spiccata tradizione staliniana, il cui
orientamento strategico è anch'esso neoriformista e governista (si
pensi al Pdci): e così concorre a ridurre il comunismo a riferimento
simbolico, retorico, del tutto separato dalla azione politica reale.

In un altro caso si limita a richiedere al nuovo partito europeo un più
coerente rapporto con i movimenti e i conflitti sociali: come se il
rapporto con la lotta di classe non dipendesse dalla prospettiva
politica che si persegue; come se la prospettiva politica che si
persegue non fosse decisiva per lo sbocco dei movimenti e delle loro
ragioni e rivendicazioni.

PER UN'EUROPA SOCIALISTA, PER IL POTERE DEI LAVORATORI, PER
L'OPPOSIZIONE COMUNISTA AI GOVERNI BORGHESI

E' invece essenziale definire una svolta profonda, politica e
programmatica, del nostro partito, arrestando la sua attuale deriva.

Non c'è alternativa all'Europa del capitale dentro un orizzonte
riformistico, oltre tutto fittizio. Solo requisendo la proprietà
privata dei monopoli e delle banche, solo concentrando nelle mani della
classe operaia e della maggioranza della società le leve decisive
dell'economia e della finanza europea è possibile creare le condizioni
di una riorganizzazione su basi nuove della società del vecchio
continente e dare uno sbocco reale alle domande dei movimenti di lotta
che hanno ripreso, con forza, ad attraversarlo. Legare ogni lotta
parziale, ogni speranza di cambiamento alla prospettiva di un'Europa
socialista è il compito decisivo dei comunisti.

Ciò significa assumere apertamente la prospettiva di un'alternativa di
potere alle classi dominanti, in ogni Paese europeo e su scala
continentale. Solo i lavoratori, i giovani, le masse protagoniste dei
movimenti di lotta di questi anni possono costruire un ordine sociale
nuovo. E possono farlo solo rompendo con le forze della borghesia
europea, colpendo le loro basi materiali, le loro radici economiche, i
loro apparati statali, i loro legami internazionali: solo conquistando
il potere politico e basandolo sulla propria forza e sulla propria
autorganizzazione.

A sua volta la lotta per un'alternativa di potere in Europa richiama
l'esigenza dell'autonomia più rigorosa dal potere borghese esistente,
dalle forze di governo del capitalismo europeo.

Rosa Luxemburg, dirigente comunista rivoluzionaria -incredibilmente
celebrata come icona del nuovo partito europeo- affermava che "i
comunisti sono forza di opposizione sino alla conquista del potere
politico". E' questo un fondamento elementare del marxismo
rivoluzionario. La sua rimozione per opera dello stalinismo ha
comportato conseguenze disastrose per il movimento operaio e per i
partiti comunisti a partire proprio dall'Europa. Peraltro tutta la
recente esperienza europea dimostra che ogni subordinazione di forze
del movimento operaio a governi di coalizione con la borghesia
determina la sconfitta del movimento operaio e la crisi delle forze
politiche coinvolte. Non vi è, al riguardo, una sola eccezione.

PER UN'INTERNAZIONALE MARXISTA RIVOLUZIONARIA

Su queste basi programmatiche e di principio è necessario e possibile
lavorare per la rifondazione di un'Internazionale marxista
rivoluzionaria, capace di unificare l'avanguardia operaia e giovanile,
di lottare per l'egemonia nei movimenti di massa, di costruire
un'alternativa di direzione alla socialdemocrazia e ai gruppi dirigenti
neoriformisti. Ed oggi in Europa la crisi di consenso della
socialdemocrazia in settori centrali delle classi subalterne, la crisi
profonda di vecchi apparati di tradizione staliniana, l'emergere sul
terreno della lotta di una giovane generazione possono creare un
terreno più favorevole che in passato per questa politica di
raggruppamento rivoluzionario. Una politica aperta al coinvolgimento di
forze d'avanguardia di diversa collocazione e provenienza ma sulla base
dei principi e degli orientamenti programmatici del marxismo. Perché
fuori e contro quei principi, al di là di ogni eventuale intenzione, si
preparano solo vecchi disastri. Magari in nome del "nuovo".

NONVIOLENZA, RELIGIONE, BERLINO: UNA DERIVA TRASCINATA DALLA SVOLTA DI
GOVERNO CON L'ULIVO

In conclusione, la stessa discussione sull'iniziativa internazionale
del Prc, per il contesto in cui si svolge e per i caratteri che assume,
conferma una volta di più l'esigenza di un congresso straordinario del
nostro partito.

"Nonviolenza", esaltazione della religione, nuovo partito della
sinistra europea, non configurano ambiti separati o scissi ma diverse
angolazioni di un medesimo corso politico. Rappresentano il nuovo abito
politico-culturale della prospettiva di governo del Prc. Un abito che
incontra, non a caso, l'esplicito apprezzamento di settori crescenti
della stampa borghese e del centrosinistra. Com'era prevedibile la
svolta di governo del partito trascina con sé la sua deriva generale.

PER IL CONGRESSO STRAORDINARIO DEL PRC

La Dn ritiene che la deriva in corso vada arrestata, che l'opposizione
comunista vada salvata e rilanciata, che la rifondazione comunista vada
finalmente intrapresa sulle basi del marxismo rivoluzionario. Ma solo i
militanti del partito possono mettere una barra alla deriva. E solo un
congresso, sempre più urgente, può dare finalmente loro la parola.

MARCO FERRANDO
FRANCO GRISOLIA
MATTEO MALERBA