Slovenia: "izbrisani", "erased", cancellati.

Jugoslavi di ieri, sono gli apolidi di oggi: privati di ogni diritto di
cittadinanza.


Da Angelo Floramo e Tina Smole riceviamo questa significativa
testimonianza sulla sorte di 18.305 persone private di qualsiasi
diritto in un paese che confina con l'Italia. È la logica conseguenza
della cosiddetta "autodeterminazione", e della negazione del diritto ad
essere ciò che si è: jugoslavi.

1. Introduzione
2. Intervista al Giudice della Corte Costituzionale di Ljubljana che
difende i "cancellati"
3. Intervista ad uno di loro


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Izbrisani, erased, cancellati. Sul passaporto un timbro laconico ne
inghiotte l’identità e li condanna all’amputazione della vita civile.
In tutto sono 18.305 storie diverse con un unico destino tragicamente
comune: sloveni fino a ieri e oggi indesiderati clandestini, numeri in
lista d’attesa per ottenere la cittadinanza di un paese nel quale, per
la maggior parte dei casi, sono nati e cresciuti, un paese che amano
perché considerano tenacemente loro e che non li vuole più, perché
troppo evidentemente juzˇnjaki, sudisti, monumento o relitto vivente di
quella che un tempo fu la grande balena jugoslava, comunista,
interetnica, multirazziale, a più velocità. Una cosa da dimenticare e
in fretta, se si vuole diventare simili al mondo occidentale da sempre
vagheggiato e ora così vicino, a portata di primo maggio 2004 ! Già
funzionari di Stato, ex ufficiali dell’Armata di Belgrado, o anche
soltanto colpevoli di esserne i figli, i cancellati hanno evidentemente
cromosomi troppo meridionali per le algide piazze in stile teresiano
pronte ad issare sui pennoni dei palazzi governativi la nuova bandiera
dell’Europa a venticinque. Così, da quando la giovane Repubblica di
Slovenia ha ottenuto l’indipendenza, ha messo in soffitta i vecchi
cimeli di un passato ritenuto scomodo e fastidioso. E come la pulizia
etnica formato slow food ha eliminato dai menù delle gostilne i
cevapcici e i monumentali “piatti alla serba” in favore delle più
tradizionali salsicce carniolane, anche 18.305 indesiderati sono stati
più o meno gentilmente invitati a ricongiungersi con il caotico
guazzabuglio del sud dal quale, in qualche modo, erano pur venuti un
giorno ad “occupare” la felice repubblica di Slovenia, quella verde
isola di serena operosità che già si sente molto più vicina a Bruxelles
di quanto non lo sia mai stata al Montenegro. La campagna è stata
appoggiata dai governi di centro destra e supportata dai partiti
conservatori, fortemente xenofobi, radicalmente in opposizione a tutto
quello che può ricordare anche solo lontanamente Belgrado e il passato
socialista. Poche voci si sono levate, ferme e coraggiose, per
denunciare questa campagna discriminante e contraria ai diritti
dell’uomo e del cittadino. Una tra queste, la più autorevole, è quella
di Matevzˇ Krivic, già giudice della Corte Costituzionale, che da anni
sostiene la causa dei cancellati. Anche grazie alla forza delle sue
argomentazioni il problema degli Izbrisani è uscito dai confini della
Repubblica slovena ed è diventato un caso di giustizia a livello
internazionale. Così il 15 novembre del 2003, durante l’ultima giornata
del Social Forum europeo di Parigi, un gruppo di attivisti e di
disubbidienti ha oscurato i simboli dell’ambasciata slovena. Sulla
piazza antistante l’edificio è stata tracciata una grande ics bianca
con la scritta: “cancellato”. 18.305 storie diverse ma con un solo,
tragico destino.

Tina Smole e Angelo Floramo

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Matevzˇ Krivic è nato a Ljubljana nel 1942. Dopo la maturità classica
ha conseguito la laurea in legge. Dal 1970 al 1990 è stato assistente
e poi professore di Diritto Costituzionale alla Scuola Diplomatica
Superiore di Ljubljana. Autore di numerosissimi articoli e saggi
scientifici nonché di un’ importante opera monografica sulla
Costituzione Slovena, dal 1990 al 1998 ha rivestito l’alto incarico di
giudice della Corte Costituzionale. Molto attivo in campo politico e
sociale, è stato un membro della Lega dei Comunisti dal 1959 al 1984,
anno in cui ha dichiarato le sue dimissioni per le sue posizioni da
sempre orientate alla dissidenza interna e al libero pensiero. Dal 1984
si è fatta più intensa la sua attività di protesta per la salvaguardia
dei diritti sociali, anche come giornalista editorialista di Mladina,
voce libera e prestigiosa testata di Ljubljana. Dal 1988 al 1990 è
stato chiamato a far parte della commissione d’inchiesta parlamentare
contro Janez Jansa. Negli stessi anni, come espressione
dell’opposizione, ha lavorato alla commissione per la preparazione
della nuova legge elettorale. Dal febbraio del 2002 è il rappresentante
legale dell’associazione izbrisani, ovvero i cancellati.

***
 
Che cos’è un provvedimento di annullamento della cittadinanza ? Quali
sono le sue implicazioni giuridiche, sociali, politiche per un apolide ?
 
Non si tratta di un annullamento della cittadinanza, ma di un
annullamento della residenza permanente (o di domicilio) che queste
persone hanno subito già da alcuni anni, certuni addirittura da decine
di anni, prima ancora dell'indipendenza della Slovenia, quando si sono
trasferite in Slovenia dalle altre repubbliche dell’ex-Jugoslavia:
quella che potremmo definire “immigrazione interna”. Mantennero lo
stato di cittadini Jugoslavi legalmente residenti in Slovenia,
nonostante fossero nati altrove (per questa ragione erano iscritti nei
registri anagrafici di altre repubbliche e non in Slovenia). Non si
tratta nemmeno di apolidi: non sono mai divenuti cittadini del nuovo
Stato (Slovenia) perché non lo hanno nemmeno richiesto entro il termine
prescritto di sei mesi dopo l’indipendenza (alcuni per ignoranza, altri
per espressa volontà politica); per questa ragione dal 26 febbraio del
1992 sono di fatto considerati stranieri: provengono dalla Bosnia
(60%), dalla Croazia (20%), dalla Serbia e Montenegro (15%), dalla
Macedonia (5%). Dopo la cancellazione del loro domicilio in Slovenia,
le autorità competenti hanno richiesto loro di esibire certificati di
nascita, cittadinanza, le fedine penali, in modo tale da ottenere
prima il permesso per la residenza temporanea e poi, dopo un certo
numero di anni, anche la residenza permanente. Alcuni potevano farlo,
altri no – visto lo stato di guerra che in quegli anni vigeva in
Croazia, Bosnia e Serbia. Ed è proprio per questa ragione che adesso,
12 anni dopo, dal numero complessivo dei 18.305 cittadini cancellati,
circa in 11.500 hanno nuovamente ottenuto il permesso di residenza
permanente, alcuni persino la cittadinanza (quasi 500 già nel 1992,
oltre 7.000 nel 1999); circa in 2.500 si sono visti riconoscere il
permesso di residenza temporanea, ma quasi 4.000 persone sono rimaste
escluse da tutto e vivono ancora oggi senza essere in possesso di alcun
documento valido e riconosciuto dallo Stato. Pertanto hanno vissuto
tutti nell’illegalità: i primi 500 per parecchi mesi, gli altri per
due, cinque o dieci anni, gli ultimi 4.000 fino ad oggi; nessuno sa
nulla di loro, nemmeno se abbiano abbandonato la Slovenia. Le
conseguenze sociali? Gravi, gravissime, fino al suicidio di qualche
decina di persone; altre sono morte nell’ indigenza o perché non aventi
diritto all’assistenza medica.
 
Cosa accadde nel 1992 ? Intendo dire: cosa ha portato il governo
sloveno dell’allora neonata repubblica a formulare quel provvedimento ?
Perché quei cittadini sono stati cancellati ? Scomodi politicamente ?
Considerati indesiderabili per qualche motivo ?
 
Per capire questo si deve sapere che, prima dell’indipendenza, in
Slovenia su due milioni di abitanti 200.000 provenivano dalle altre
repubbliche dell’ex-Jugoslavia. La Slovenia promise solennemente che
avrebbe concesso a tutti la cittadinanza, senza intoppi legali. La
promessa di fatto è stata mantenuta. Quasi tutti coloro che l’avevano
chiesta la ottennero: 171.000 persone in totale. Ma ho detto quasi. Ad
esempio tutti gli ufficiali dell’ex-armata jugoslava videro respinta la
loro richiesta di ottenere la cittadinanza slovena: illegalmente, cioè
senza ragioni valide e legali. Le altre 11.000 persone se ne sono
andate per sempre. Ecco chi sono gli 18.305 “cancellati” (tra loro
alcune centinaia di ufficiali dell’ex-armata jugoslava). Le cifre
esatte restano ancora segrete, per facilitare la propaganda contro i
cancellati, che sono stati presentati tutti come nemici della
Slovenia, gente che ha “sparato contro di noi”. Qual è dunque il
motivo di questa cancellazione vergognosa, indegna di un Stato di
diritto ? A mio parere si tratta di una “vendetta politica” sul resto
della grande massa dei 200.000 “sudisti” (“juzˇnjaki”) dopo che 171.000
di loro sono divenuti cittadini della nuova Repubblica Slovenia e dopo
il tentativo della destra xenofoba di annullare tutte queste
cittadinanze, un tentativo fallito davanti alla Corte Costituzionale.
Così hanno cercato di creare per loro condizioni di vita impossibili,
in modo tale da spingere queste persone e loro famiglie a un esodo
“volontario”. Certo, lo Stato non ha osato espellere una massa così
grande di persone, sebbene, secondo la legge, queste potevano e
addirittura dovevano essere espulse (non avendo alcun documento che
giustificasse la loro presenza in Slovenia)! Le espulsioni sono state
molto rare: una discriminazione ulteriore, riservata a certi “casi
speciali”. Ma il tentativo di spingere queste persone a lasciare
Slovenia da sole è fallito: con l’aiuto delle loro famiglie, spesso in
condizioni di vita veramente gravi e gravissime, la grande maggioranza
di loro è riuscita a sopravvivere in tutti questi durissimi anni. E
adesso, naturalmente, chiedono che vengano fatti valere i loro diritti,
chiedono di essere risarciti per ciò di cui sono stati privati in un
modo indegno, come gia dissi, di un Stato di diritto. Se posso, mi
lasci fare un confronto, che mi pare interessante. La Lettonia (2,4
milioni di abitanti) non ha mantenuto la promessa di concedere la
cittadinanza ai 500.000 Russi ivi residenti all’indomani
dell’indipendenza ottenuta dalla repubblica baltica, come invece dice
di aver fatto la Slovenia nei confronti dei suoi “jugo-stranieri” (mi
si passi il neologismo). Ma, dall’altra parte, nessuno dei Russi
residenti in Lettonia è stato privato dei suoi diritti sociali ed
economici, a nessuno è stata negata l’opportunità di lavorare, di
godere dell’assistenza medica e di altri elementari diritti. Non si
sono visti negare il diritto al domicilio: soltanto alcuni posti
“strategici” sono stati dichiarati “inaccessibili” per i Russi.
 
All’epoca vi furono reazioni nell’opinione pubblica ? Venne dato
rilievo all’episodio dai mezzi di comunicazione ?
 
Le reazioni dell’opinione pubblica sono state poche e timide, ad
eccezione della rivista politica “Mladina”, che non aveva allora una
grande influenza. Ma, per essere onesti, si deve dire che allora non si
sapeva bene che cosa fosse davvero accaduto; certe conseguenze erano
davanti agli occhi di tutti, ma tanto le cause quanto le dimensioni
giuridiche di tutto questo restavano oscure. L’anno scorso è stato
molto interessante l’intervento pubblico del professore Ljubo Bavcon,
presidente del Consiglio per la tutela dei diritti umani tra il 1988 e
il 1994. Egli ha reso pubblici le sue numerose pressioni sul Ministero
degli affari interni e sul Primo ministro Drnovsek in favore di queste
persone; interventi destinati a cadere tutti nel vuoto. Pertanto la
conclusione del prof. Bavcon è stata che, ovviamente, non si trattava
di casi isolati, ma di una sistematica politica ostile nei confronti di
queste persone.
 
Cosa la spinse a sposare la causa di quei cittadini ? Lei è una
personalità in ambito giuridico in Slovenia. E ha scelto di diventarne
difensore civico. Mi spieghi quali sono state le sue motivazioni
professionali e morali.
 
La prima ragione: ho conosciuto questo problema gia come giudice alla
Corte Costituzionale (1990-1998), quando alla fine del 1994 abbiamo
trattato il primo caso, al quale ne sono seguiti molti altri. Data la
composizione della Corte di allora, non era possibile fare nulla,
almeno fino al giugno del 1998, quando finalmente abbiamo preso la
prima decisione favorevole ai cancellati, provvedimento ratificato poi
nel febbraio del 1999 dal mio successore. Ma, questa decisione è
rimasta inattuata dal Governo e dal Parlamento, e così, nel febbraio
del 2002, è nata un’associazione: izbrisani che significa appunto i
cancellati, e io sono stato invitato di aiutarla dal punto di vista
legale. Naturalmente ho accettato subito questo invito. A chi mi pone
una domanda simile, rispondo sempre con le parole del nostro grande
scrittore Ivan Cankar: “Per la disonestà ci sono sempre 99 ragioni; per
l’onestà invece, ce n’è una sola.”
 
Da noi in Italia non se ne è mai saputo nulla. Ora questa grave
violazione dei diritti umani (dell’uomo e del cittadino) è stata
portata all’attenzione dall’European Social Forum di Parigi. E solo
adesso se ne comincia a parlare. Come mai ?
 
Nemmeno qui da noi non se ne è saputo nulla: le voci isolate di
“Mladina” e del prof. Bavcon sono state presto soffocate. Della
sentenza espressa dalla Corte Costituzionale nel 1999 non se n’è
parlato affatto: io stesso ne ero all’oscuro, fortemente occupato in
altri gravi problemi (tra gli altri anche gli accordi tra Stato e Santa
Sede, che ho criticato severamente come anticostituzionali). Soltanto
la nascita dell’associazione dei cancellati, nel febbraio 2002, ha
finalmente resuscitato l’interesse per questo grave problema.
 
Qual è lo stato attuale della situazione ? Come procedono i lavori ?
 
Lo situazione attuale è difficilissima. E al contempo paradossale:
ciascuna nuova vittoria nel campo giuridico significa per noi
un’ulteriore sconfitta, sempre piu grave, nel campo politico. Abbiamo
vinto almeno tre volte davanti alla Corte Costituzionale: nel febbraio
1999, nell’ aprile 2003 ed in dicembre 2003. La prima decisione è stata
ignorata dal governo Drnovsek (non totalmente, ma attuata attraverso
una legge che ne ha di fatto ignorato i contenuti); e si può capire
facilmente perché nemmeno nel 2002 esisteva la volontà politica per
riparare alle ingiustizie fatte nel 1992 dal governo “Demos” (di
destra) e mai più riparate da tutti i successivi governi Drnovsek. Nel
dicembre 2002 Drnovsek diventa Presidente della Repubblica, ma la
storia continua: il suo ministro degli interni resta al suo posto e
continua la stessa politica. Nell’ aprile 2003 una nuova sentenza della
Corte Costituzionale ci dà ragione giuridica su tutti i punti. Il
ministro promette di attuare la sentenza, ma fin da subito fa di tutto
per non doverlo fare, con l’aiuto di molti giuristi, professori
d’università ed altri tecnici del settore. Manovre che non sono degne
nemmeno di essere criticate seriamente, sebbene per parecchi mesi io
non abbia fatto altro ! Le ho demolite una ad una, pubblicamente, ho
accusato il ministro persino per le bugie che ha pronunciato: non ho
ottenuto nessuna risposta, nè da parte sua, nè dalla parte degli altri
politici. Adesso sono stanco di farlo. Le manovre del Governo si sono
rincorse senza interruzione: legge “tecnica”, legge “quadro” o “di
sistema”, legge costituzionale, cui hanno fatto seguito un veto, un
referendum, e il varo di una terza legge per evitare un ulteriore
intervento della Corte Costituzionale contro nuove soluzioni
anticostituzionali…..e cosi via. Ma non sono l’unico ad essermi
stancato di questi giochi politici: persino il giornale politico
principale sloveno, “Delo”, ha pubblicato un editoriale senza
precedenti, credo, nella storia del giornalismo: “Basta con questi
giochi politici!” e si è rifiutato di pubblicare notizie sulle nuove
“invenzioni” politiche cui il Governo ricorre quotidianamente e che da
mesi occupavano le prime pagine di nostri giornali!
 
E l’attuale governo sloveno come si pone nei confronti di questo
problema ? E’ ovvio che la questione è prevalentemente politica. Pare
che in particolare i partiti di destra non vogliano che la questione
sia risolta.
 
No, la questione non è e non può essere “prevalentemente politica”: é
una questione prevalentemente giuridica e morale, una questione che
riguarda la tutela dei diritti umani. E’ un “esame” davanti al quale
sono “caduti” tutti i partiti politici, sia quelli di governo che
quelli di opposizione. Le posizioni xenofobe della destra non sono
sorprendenti, visto che in Slovenia non esiste un “muro sanitario”
come in Francia, per esempio, tra l’estrema destra e la destra
moderata, “europea”. E’ molto più triste – sopratutto per noi,
intellettuali di sinistra – che i partiti di governo “liberale e di
sinistra” si siano comportati in questa vicenda in una maniera così
vergognosa, pensando solo ai loro interessi elettorali e cercando di
scendere a “sporchi compromessi” con le tendenze xenofobe della destra.
Persino l’unico partito che ha sempre coraggiosamente e principalmente
difeso i diritti dei cancellati - il partito “ex-comunista” dei
“socialdemocratici riuniti” (ZLSD) – è stato costretto, in quei ultimi
mesi, a rivedere un po’ le sue posizioni principiali. Sto parlando dei
suoi deputati mentre (che paradosso!) il ministro degli interni, il
maggior responsabile della situazione attuale, è membro proprio di
questo partito! E cosa ancora peggiore: la tendenza a scendere a patti
con la destra xenofoba è stata rafforzata, in quei ultimi mesi, anche
in virtù del supporto decisivo del Presidente del Parlamento Pahor,
che è nello stesso tempo presidente dei “socialdemocratici riuniti”!
Difficile a capire, persino per noi.
 
Nel caso in cui venissero riconosciuti i diritti degli apolidi, cosa
accadrebbe ? Alcuni dicono che si potrebbe verificare una crisi di
governo gravissima e molto pericolosa.
 
Quale crisi di governo, vi prego? Sono tutti d’accordo che i bravi
cittadini leali non pagheranno nulla a questi nemici, e che non
diranno nemmeno “scusateci per le ingiustizie subite”. Va bene, il
Governo dichiara che vuole rispettare i diritti umani e le sentenze
della Corte Costituzionale, ma a cosa serve se poi non lo fa? In un
mio articolo apparso su “Mladina” ho gia citato il cantautore italiano
Giorgio Gaber e la sua famosa canzone del San Remo 1967: “E allora dai,
e allora dai, le cose giuste tu le sai – e allora dai, e allora dai,
dimmi perché tu non le fai!?”
 
A suo parere l’entrata della Slovenia in Europa sarà di aiuto alla
vostra causa ? E in che modo ?
 
No, queste sono speranze vuote. L’Unione Europea è un’associazione
d’interessi economici e politici: tutto il resto è soltanto decorativo.
Nemmeno in Austria, quando la minaccia di Haider fu molto seria,
l’Unione Europea ha potuto fare nulla di serio. Noi abbiamo già
ricevuto un sopporto importante da un’altra parte: dalle istituzioni
del Consiglio dell’Europa, sopratutto dal commissario per i diritti
umani Alvaro Gil Robles e dalla commissione ECRI (European Commission
against Racism and Intollerance). Hanno redatto il loro rapporto sulla
situazione in Slovenia; sono stati molto critici, chiedendo sopratutto
la soluzione immediata del problema dei cancellati e l’osservanza
assoluta delle sentenze della Corte Costituzionale. Gli effetti non
sono ancora visibili, ma speriamo che ci saranno.
 
Quali saranno le sue prossime mosse ?
 
Adesso aspettiamo la legge che dovrebbe risolvere i nostri problemi. Ma
non lo farà. Anzi, sortirà addirittura effetti contrari. E nello stesso
giorno in cui la legge sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, noi
presenteremo alla Corte costituzionale la nostra ennesima richiesta di
annullare anche questa legge come anticostituzionale. Speriamo che la
varino presto, perchè nel 2007 due terzi dei giudici costituzionali
cambieranno. Sarà lo stesso Drnovsek a proporre la loro elezione – e
poi chi lo sa come andranno le cose ... Naturalmente, c’e sempre la
Corte Europea per i diritti umani a Strasburgo, ma gli anni passano, e
ogni anno, a ciascuno dei cancellati, resta un anno in meno da vivere. 

Angelo Floramo

--- 3 ---

Ljubljana – Tina Smole

Dusˇan Vulovic´ è nato il 26 novembre del 1958 a Ljubljana, dove ha
trascorso tutta la sua vita. Quando nel 1992 si è presentato in un
ufficio anagrafico per richiedere i documenti necessari al rinnovo
della patente di guida, gli hanno detto che era uno straniero e che di
lui non c’era memoria anagrafica in Slovenia. E’ stato cancellato dai
registri senza che nessuno glielo abbia mai notificato, senza nemmeno
sospettare che ciò potesse mai accadere e nemmeno perché. Come del
resto è accaduto a tutti gli altri, un tempo cittadini e ora solamente
dei cancellati.

Come ha saputo si essere stato cancellato dal registro anagrafico
sloveno ?

Nel febbraio del 1992 dovetti rinnovare la mia patente di guida. Una
patente di guida slovena. Con mia grande sorpresa l’impiegata allo
sportello mi rispose che avrei dovuto rinnovare il documento nello
stato da cui provenivo, dal momento che non esisteva memoria storica
relativa al mio nome in Slovenia. Quando le chiesi di che paese stesse
parlando mi rispose che le carte, siglate dal Ministero degli Interni
sloveno, certificavano la mia cittadinanza Jugoslava. Le dissi che
probabilmente c’era un errore, dal momento che sono nato a Ljubljana,
ho frequentato le scuole in Slovenia e non ho mai abitato in nessun
altro paese all’infuori della Slovenia. Mi rispose semplicemente che in
base a quello che emergeva dal suo database io figuravo come un
cittadino Jugoslavo, pertanto si rifiutò di rilasciarmi la nuova
patente di guida. Le dissi che era mio diritto averla, e che se non me
l’avesse concessa avrei comunque guidato senza patente. Qualora la
polizia mi avesse fermato lei sarebbe stata citata per danni per tutte
le conseguenze del caso. L’impiegata consultò il suo capo ufficio. Dopo
una mezz’oretta mi rilasciò la nuova patente. Fu in quella occasione
che mi accorsi per la prima volta di essere stato cancellato
dall’anagrafe slovena.

E i suoi familiari ? Sono stati tutti cancellati ?

I miei genitori vivevano in Slovenia. Mio padre era un ufficiale
dell’armata Jugoslava, ma risiedeva qui dal 1948. Non ebbe alcun
problema ad acquisire la cittadinanza slovena, dopo l’indipendenza.
Riceveva regolarmente la pensione, senza fastidi. Anche i miei figli,
nati rispettivamente nel 1986 e nel 1990 hanno acquisito
automaticamente la cittadinanza. Lo stesso è valso per mio fratello e
mia sorella. Ma per la burocrazia slovena io sono, evidentemente,
l’unica pecora nera della famiglia: e dall’oggi al domani sono
diventato un cittadino Jugoslavo !

Quale fu la sua prima mossa, dopo aver saputo di essere stato
cancellato ?

All’epoca ero titolare di una bottega artigianale con otto dipendenti.
Capii immediatamente che dovevo a tutti i costi salvaguardare la
validità dei miei documenti legali. Un consulente del settore mi disse
che per prima cosa avrei dovuto ottenere un visto di soggiorno per
poter rimanere in Slovenia, dal momento che da quel momento ero
considerato a tutti gli effetti uno straniero. Non importava che fossi
nato e vissuto sempre qui, che tutta la mia famiglia risiedesse qui: se
non avessi ottenuto il visto sarei stato considerato un semplicemente
un clandestino, e quindi rimpatriato in un paese nel quale non ero mai
vissuto e con il quale non avevo mai avuto contatti. Ovviamente
considerai la cosa già fatta. Ma dal momento in cui ero entrato a far
parte della categoria degli stranieri, mi applicarono tute le leggi del
caso. Ero considerato alla stregua di chi avesse oltrepassato
illegalmente il confine qualche giorno prima, un cinese o qualcun altro
arrivato senza documenti, chissà da dove. Ho perso tutti i miei
diritti. Avrei dovuto farmi rilasciare documenti nuovi e validi, anche
se in tasca avevo il passaporto sloveno.

Che cosa ha fatto allora ?

Per prima cosa ho dovuto richiedere il permesso di soggiorno
provvisorio per i non residenti, in modo tale da poter avere il diritto
di soggiornare legalmente entro i confini della Repubblica Slovena. Per
richiedere tali documenti ho dovuto dimostrare di avere un lavoro, di
non aver commesso atti illegali e criminali e di non essere cittadino
di alcun altro paese. Non appena la macchina per il rilascio dei
documenti si mise in moto, l’unico documento valido in mio possesso era
la mia patente di guida scaduta; un documento non sufficiente a
dimostrare la mia identità; per quella erano necessari il passaporto e
la carta di identità. Finalmente ottenni il permesso di soggiorno
lavorativo per un anno. Ma il problema ora era un altro: non sapevano
dove registrarlo. L’impiegata aveva ormai distrutto il mio vecchio
passaporto dell’ex Jugoslavia – tutti noi cittadini dell’ex Jugoslavia
avevamo quel tipico passaporto rosso, allora: ed era un documento
considerato valido. Ma quella efficiente impiegata di Ljubljana lo ha
annullato con un timbro che diceva: “distrutto”, il che stava a
significare che quella carta non aveva più alcun valore legale. In
quello stesso passaporto avevano registrato anche il visto di soggiorno
che mi avrebbe garantito la permanenza in Slovenia per un anno, assieme
al mio visto di lavoro. Questo dimostra che ogni loro azione è stata
illegale. Non sono ancora sicuro di cosa sarebbe accaduto se fossi
stato fermato dalla polizia e avessi esibito quel documento; non so se
quel timbro avesse realmente un significato. Ma siccome la mia carta di
identità era ancora valida, mi sequestrarono il passaporto. Protestai
fermamente, visto che sarebbe scaduto soltanto di lì a cinque anni. Non
mi diedero alcun altro documento sostitutivo nel quale si attestasse
che la mia carta di identità era stata rilasciata dalle autorità
competenti di Ljubljana.

Ha cercato di ricorrere a una qualche forma di assistenza legale ?

No, all’inizio di questa avventura proprio no. Mi sono sempre occupato
da me dei miei documenti. Pensai che avrei potuto fare lo stesso anche
in questa circostanza. Inoltre avrei dovuto pagare per un avvocato. E
pensavo davvero che non mi sarebbe servito. Poi, quando le cose si sono
messe al peggio, ho dovuto ricredermi.

Una volta ottenuto il visto per motivi di lavoro come si sono messe le
cose per la sua attività lavorativa ?

Dopo un po’ sono stato costretto a chiuderla. Ciò significava che non
avrei più potuto dimostrare di avere un lavoro sicuro; inoltre la mia
situazione economica peggiorò per mancanza di entrate. Il budget
familiare ne risentì parecchio. Così feci di tutto per ottenere i
documenti che mi avrebbero permesso di richiedere la cittadinanza
slovena, in modo tale da essere immesso nuovamente in quella condizione
di diritti-doveri di cui un tempo avevo goduto. Tra gli alti diritti,
ovviamente, anche quello di voto. Per questo ho formulato la mia
esplicita richiesta di cittadinanza alla fine del febbraio del 1992.
Dovevo provare di avere un lavoro stabile, un’abitazione, un domicilio,
di saper parlare fluentemente la lingua slovena, di avere la fedina
penale pulita e di non essere cittadino di alcun altro stato. Come è
noto nel 1992 scoppiò una guerra crudele tra i paesi della ex
Jugoslavia. Le linee telefoniche per Belgrado e le altre città
jugoslave vennero interrotte. Avevo richiesto agli uffici anagrafici di
Cˇacˇak, il paese natale di mio padre, il certificato che dimostrasse
che io non ero cittadino serbo. Quello era un documento importantissimo
per me, davvero cruciale.

E’ riuscito ad ottenerlo ?

In quei giorni era davvero impossibile contattare la Jugoslavia. Anche
oggi non abbiamo alcun contatto ad est di Zagabria Non potevamo recarci
in viaggio laggiù, nemmeno comunicare tramite telefono. Ma riuscii
comunque ad ottenere i documenti grazie ad alcuni amici che raggiunsero
la Jugoslavia attraverso l’Ungheria. In tutto ci vollero sei mesi,
molti soldi e un esaurimento nervoso. Gli uffici di Cˇacˇak finalmente
mi inviarono il documento in cui si dichiarava che io non ero mai stato
registrato nelle loro liste anagrafiche. Un traduttore giurato lo volse
in Sloveno, dal momento che il documento era stato redatto in serbo.
Così, quando raggiunsi gli uffici di Ljubljama per inserire tale
documento nel mio dossier personale, l’impiegata dell’ufficio mi chiese
di parlare in sloveno. Non appena si rese conto che lo parlavo
fluentemente, volle controllare il mio diploma di scuola superiore;
avevo conseguito la licenza con il massimo dei voti. Quando l’impiegata
lo vide, mi disse che avrei comunque dovuto superare un esame di lingua
slovena. Le risposi che per me non sarebbe stato affatto un problema,
ma lei avrebbe dovuto comunque rilasciarmi una certificazione scritta
in cui dichiarava che quel diploma, rilasciato da una scuola slovena,
non aveva di fatto nessun valore per il suo ufficio. Dopo essersi
consultata con il suo superiore mi disse che non c’era nessun bisogno
di un altro esame di lingua slovena. Mi chiese quindi di esibirle il
documento che mi era appena arrivato dalla Jugoslavia. Dopo essersi
ancora consultata con il suo capoufficio mi spiegò che, siccome la
Slovenia non aveva nessuna relazione diplomatica con la Serbia, quel
documento non aveva nessun valore legale. Per avere quel pezzo di carta
ci avevo messo un anno. So bene che si comportarono così con ognuno di
noi “cancellati”. E lo fecero nel modo più ostinato e feroce possibile.
Prima ti dicevano che dovevi procurarti quel documento, poi ti
comunicavano che quel documento non aveva nessun valore per loro. Nel
frattempo i giorni passavano e noi eravamo di fatto dei clandestini in
terra slovena.

Quanto durò il suo visto di soggiorno ?

Un anno. Ogni anno avrei dovuto rinnovarlo, ma dal momento in cui avevo
iniziato a raccogliere la documentazione necessaria ad ottenere la
cittadinanza, non necessitavo di alcun altro visto. Fu il mio avvocato
a dirmelo. Ma molti altri nella mia condizione non lo sapevano e così
dovettero rinnovare il visto ogni sei o dodici mesi, con un costo molto
alto in denaro, dal momento che dovevano andare a Trieste o a Vienna
per poterlo richiedere alle ambasciate Jugoslave di pertinenza più
facilmente accessibili.

Ma cosa accadde quando le dissero che il documento utile alla richiesta
di cittadinanza non era comunque valido per la repubblica Slovena ?

Pretesi che il documento venisse comunque inserito nel mio dossier.
L’impiegata si rifiutò di farlo. Ma poi, non so come, venne messo agli
atti. Non potevo fare altro che inoltrare la richiesta direttamente al
Ministero degli affari interni. La risposta del Ministero fu ovviamente
negativa. Portava la data del 1994, quasi un anno da quando avevo
consegnato le carte necessarie per intraprendere l’iter faticoso della
cittadinanza. La giustificazione di questa negazione venne addotta in
basa alla legge che vieta di fare rumore in luogo pubblico. Ebbene sì !
All’epoca gestivo un baretto. Alla sera, durante i fine settimana,
qualche volta suonavamo dal vivo. Avevo ottenuto il regolare permesso
per farlo, era tutto in regola. Ma un vicino protestò per il rumore. E
mi denunciò alla polizia. Le cose in verità stanno così: costui mi
aveva chiesto di sponsorizzare una sua attività. Io mi ero rifiutato e
così ora me la faceva pagare. La musica non era certamente alta. Quando
la polizia arrivò infatti parlammo ad un tono di voce normale. Non ci
fu bisogno di urlare. La casa di costui si trovava a diverse centinaia
di metri….è evidente che la musica non era il problema. Tuttavia la
denuncia venne registrata e il Ministero si sarebbe appigliato a tutto
pur di rifiutare la cittadinanza a gente come me. Per quanto mi
riguarda, il motivo addotto fu appunto il rumore. Fu allora che mi
rivolsi al mio avvocato. Il tribunale mi diede ragione.

Dovette intraprendere un nuovo processo per ottenere la cittadinanza ?

Si. Era ormai il 1997. Potevano negarmi la cittadinanza e lo fecero.
Dissero semplicemente di no. Nient’altro. Era questo il modo in cui si
comportavano generalmente con il personale che aveva prestato servizio
nell’Armata jugoslava. Pensavano che tutti avessero fatto qualcosa di
sbagliato. Ma non potevano provarlo. E così ci cacciavano dal Paese.
Per un po’ non feci nulla. Poi passò la legge sul diritto di soggiorno.
E io potei finalmente ottenere lo status. Il che significava che non
ero più un clandestino. Ma l’anno scorso sono state apportate alla
legge alcune modifiche. Per questo ho dovuto ripetere la mia domanda.
Non ho ancora avuto una risposta. Forse ho dimenticato di inserire un
si, o un no, o di compilare qualcuno degli infiniti campi richiesti dai
moduli. Ma ancora niente. Non so ancora chi sono. Eppure sono
ottimista. Spero proprio che la Slovenia chiuda questo capitolo prima
di entrare nell’UE, il primo maggio prossimo. Se così non sarà,
prenderò la cittadinanza europea. Sono ancora un apolide in una paese
nel quale sono nato, cresciuto e vissuto ininterrottamente per 45 anni.

Ma lei non è mai stato citatdino di un altro paese ?

No. E la semplice informazione che io non sono mai stato iscritto ai
registri anagrafici jugoslavi dovrebbe bastare per ottenere i documenti
necessari. Così accade in ogni paese democratico. Ma qui ancora nessuno
sa chi abbia spostato i documenti di alcuni cittadini sloveni
nell’archivio stranieri. Certo è stato fatto per motivazioni politiche.
A nessuno interessa che siamo nati qui, che qui vivono i nostri
parenti, che ci sono vissuti per tutta la loro vita. E’ una situazione
assurda, davvero bizzarra.

Suo padre era un impiegato dell’Armata Jugoslava. E lei ?

No, io no. Ho semplicemente prestato il servizio di leva, come tutti.
Una recluta come tante.

E il suo lavoro ?

Ho dovuto chiudere il mio laboratorio artigianale. Dal momento in cui
la Slovenia si è resa indipendente dalla Jugoslavia, ho perso il
mercato sul quale tradizionalmente vendevo i miei prodotti. Avevo otto
dipendenti, tra cui mia moglie. Ho vissuto per un po’ con i soldi messi
da parte. Ho fatto molti lavori, tutto quello che mi capitava. Poi sono
riuscito ad avere in gestione quel baretto per tre anni. E’ stata dura.
Hanno fatto in modo che chi perdesse il diritto di cittadinanza non
venisse cacciato via. Ma restasse qui. Soggetto ai loro soprusi. Quando
cominci a combattere contro la burocrazia ti rendi conto che alla fine
il sistema vincerà sempre. Molti così se ne sono andati. I documenti
sono miracolosamente emersi. E così si è potuto dimostrare che chi se
ne è andato lo ha fatto di sua spontanea volontà.

Si dice che i cancellati chiederanno un grosso risarcimento alla
Repubblica Slovena. Intenterà anche lei una causa per essere in qualche
modo compensato ?

Non chiederò i danni, nulla di tutto ciò. Vorrei semplicemente che lo
stato mi pagasse tutte le spese processuali e tutti soldi che ho
investito in documenti e burocrazia. Sono anche convinto che coloro i
quali per dodici anni non hanno ricevuto la pensione, abbiano il
diritto di riavere il loro legittimo denaro. Non si tratta di
risarcimento. Si tratta di riavere ciò che ti apparteneva e non ti è
mai stato dato. Per quanto riguarda poi i danni morali, le sofferenze e
le umiliazioni di ogni tipo, beh, tutto si trova nella testa di quei
politici che vogliono manipolare il loro elettorato. Sappiamo bene che
la nostra condizione è stata esplicitamente voluta dai partiti di
destra di allora. E sono proprio i partiti di destra di oggi che
parlano di risarcimento. No, non ci interessa questo tipo di
risarcimento. E questi politicanti come Janez Jansa (leader del partito
socialdemocratico di centro destra – n.d.r.) pensano di poter entrare
nel Parlamento europeo. Ma con la politica fascista e di destra che
hanno impostato negli anni scorsi – e si è trattato proprio di pulizia
etnica – beh, voglio proprio sperare che per loro non ci siano poltrone
disponibili, a Bruxelles.

[fine]

[Sono state eliminare la parti non di testo del messaggio]