I nazionalisti pan-albanesi premono per le privatizzazioni

[ NOTA: Radio Free Europe e' l'emittente internazionale plurilingue
controllata dal Dipartimento di Stato degli USA; Notizie Est e' un
bollettino di orientamento anti-jugoslavo che da anni esprime le
posizioni dell'irredentismo pan-albanese; Balcani e' una mailing list
di discussione di Peacelink]


Resent-From: balcani@ peacelink.it
Da: "Davide Bertok"
Data: Mer 16 Giu 2004 14:10:46 Europe/Rome
A: balcani@ peacelink.it
Oggetto: (Fwd) N.E. Balcani #817 - Kosovo


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Date sent: 16 Jun 2004 08:48:34 -0000
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Subject: N.E. Balcani #817 - Kosovo
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N.E. BALCANI #817 - KOSOVO
16 giugno 2004


L’ONU, UNICA RESPONSABILE DELLA CATASTROFE ECONOMICA IN KOSOVO
a cura di Olsi Sulejmani

La situazione economica in Kosovo è disastrosa, i funzionari ONU
pensano solo ai loro stipendi e il mantra degli standard prima dello
status non fa che peggiorare il tutto

Mentre in tutta l’Europa dell’Est le privatizzazioni sono state
fortemente osteggiate dalle popolazioni, e come conseguenza i governi
che le hanno varate hanno pagato un prezzo in termini di voti, in
Kosovo succede il contrario. E’ la società civile che vuole le
privatizzazioni e il governo (quello dell’ONU) che le ha sospese. Il
Kosovo versa in una situazione tragica. Le cifre della disoccupazione
sono vicine al 60-70%, gli investitori internazionali non investono a
causa dell'assenza di una legislazione chiara che protegga i loro
investimenti e l’ONU decide di interrompere le privatizzazioni a
tempo indefinito (è questa la notizia che proviene dal palazzo di
vetro). Lo status non definito del Kosovo, inoltre, sta creando una
generazione di giovani che vedono ormai come il loro nemico numero
uno l’amministrazione ONU. Sarebbe facilissimo oggi in Kosovo per le
organizzazioni oltranziste raccogliere sostenitori. Tutti i giornali
del Kosovo continuano a rendere pubblici i salari dei funzionari ONU,
e sono tutte cifre che basterebbero a sfamare una famiglia del Kosovo
per un anno intero. Sempre secondo i quotidiani, i funzionari
vorrebbero che la situazione rimanesse cosi per sempre.

La comunità internazionale in genere, e l’Occidente in particolare,
non hanno il coraggio necessario per affrontare la questione dello
status e, senza risposte a breve, il Kosovo esploderà. Non sarà più
una vendetta contro i serbi, ma diretta verso quei funzionari che il
giovane disoccupato kossovaro non vede più come amici, oppure, verso
entrambi. Per lui ormai sono il principale ostacolo del suo futuro.
Il 10 giugno c’è stata la prima manifestazione contro l’UNMIK in
Kosovo. Manifestazione pacifica, e non perché c’erano più forze
dell’ordine che manifestanti. Nei vari cartelli si leggeva: “Holkeri,
portateli via tutti”, “UNMIK fuori dal Kosovo” ed altri ancora. Sarà
pacifica anche la prossima? Le voci in Kosovo diventano sempre più
insistenti e sempre meno cordiali. Il governo del Kosovo a breve si
ritirerà dalla commissione per le privatizzazioni, che non lavora
ormai da diversi mesi. A nulla è servito il licenziamento della
funzionaria Fucci da parte di Holkeri. Come d’altronde aveva
anticipato il governo provvisorio, da solo non sarebbe bastato. E
intanto il responsabile UNMIK sulle privatizzazioni, Nicola
Lampsdorf, si porta all'ONU proprio la Sig.ra Marie Fucci quale
consulente. Risultato ottenuto? La sospensione definitiva delle
privatizzazioni e un ulteriore sberleffo politico alle istituzioni
kossovare, che con tante insistenze e fatiche avevano ottenuto il
licenziamento della Fucci. Holkeri nel suo discorso conclusivo aveva
detto che le privatizzazioni erano il problema più urgente, ma ora è
andato via e nessuno sa come la penserà il prossimo. L’Unione Europea
vuole un suo rappresentante e sicuramente sarà cosi. Vuole più voce
in capitolo, ma sbaglia le comunicazioni al popolo del Kosovo (vedi
anche l’intervista all’analista di Radio Free Europe sotto). Solana
si è lamentato della ricostruzione lentissima delle abitazioni dei
serbi nella sua visita in Kosovo. Secca e fulminea la risposta del
governo provvisorio, “…in tre mesi è stato costruito il 33% delle
case danneggiate. Nessun paese al mondo ha avuto questi ritmi. Stiamo
anche infrangendo le leggi sugli appalti per velocizzare i lavori.
Abbiamo portato a tre soli giorni la pratica che per legge deve
essere di trenta. E poi, è sulle leggi varate dalla comunità
internazionale che stiamo lavorando ed esse ci impediscono di essere
più veloci”, ha dichiarato la portavoce del governo del Kosovo,
Mimoza Kusari.

Il terzo partito politico, l’AAK ha già detto che in Kosovo ci vuole
un’opposizione e che non rifarebbe un governo a tre con Rugova e
Thaci, ma si schiererebbe solo con uno dei due.
Quest’ultimo dopo la proposta di applicare gli accordi di Ohrid anche
in Kosovo, e ricevuti diversi no internazionali, comincia a chiedere
a gran voce il trasferimento dei poteri. Il leader del PDK, in
un'intervista per l’agenzia Reuters, ha affermato che: “Le Nazioni
Unite in Kosovo hanno fallito in quanto la missione dell’UNMIK ha
perso la fiducia del popolo del Kosovo. L’UNMIK si deve trasformare
in una missione consultiva dopo le elezioni di ottobre. La
maggioranza dei funzionari dell’UNMIK sono qui per dormire, guardare
e poi bloccare le nostre iniziative. Lo status non definito del
Kosovo non consente l’esecuzione dei progetti delle nostre
istituzioni” ha concluso Thaci la sua intervista per la Reuters.

Rugova, nei festeggiamenti del quinquennio della “Liberazione di
Pristina” ha detto che il sesto sarà festeggiato con l’indipendenza.
Ma non si è spinto più in la. Dacia, capo del parlamento del Kosovo,
lo segue a ruota con toni più decisi. “Il governo del Kosovo è pronto
al passaggio delle competenze”. I serbi si aspettano le elezioni, e
già hanno fatto sapere che useranno come sempre il ricatto della loro
partecipazione. E se nelle elezioni serbe dovesse vincere
l’ultranazionalista Nikolic… Le elezioni sono alle porte e i partiti
politici devono raccogliere voti. Di certo, non butteranno acqua sul
fuoco che arde. Ormai è la società civile che pressa il governo, come
nel caso degli imprenditori della Camera di Commercio del Kosovo
(vedi intervista sotto), e i partiti non potrebbero fare diversamente
in quanto adesso non sono più loro a condurre il gioco. L’America ha
altro a cui pensare e la polveriera dei Balcani comincia avere la
miccia sempre più corta.

SE LA PRIVATIZZAZIONE NON CONTINUA IL GOVERNO DEVE AGIRE
Intervista di Radio Free Europe a I. Kastrati, Direttore della Camera
di Commercio del Kosovo, 11 giugno 2004

Radio Free Europe:
Sig. Kastrati, ultimamente ci sono state voci per la sospensione
totale del processo di privatizzazione. Come le valutate?

Kastrati:
Purtroppo dalle Nazioni Unite non arrivano segnali buoni e si attende
la sospensione delle privatizzazioni. Si vede che per l’UNMIK è una
normale dinamica, in quanto l’UNMIK è un amministrazione che desidera
avere competenze e ottime paghe, ma non responsabilità. E’ per questo
che si fermano questi processi. Si difendono sempre con la scusa
dell’immunità del AKM (Agenzia Kossovara delle Privatizzazioni) e in
un modo o nell'altro hanno inciso e contribuito palesemente alla
situazione di stallo dello sviluppo economico del Kosovo e alla
distruzione della proprietà pubblica, sia con la sospensione della
privatizzazione, sia con la corruzione e il crimine economico, dove
sono coinvolti direttamente anche uomini dell’UNMIK.

Radio Free Europe:
Sig. Kastrati, come inciderà sull’economia kossovara e sull'intero
processo l’eventuale totale sospensione delle privatizzazioni?

Kastrati:
Le aziende pubbliche si distruggeranno gradualmente, si svaluteranno,
avremo tensioni sociali, una disoccupazione alta, si fermerà lo
sviluppo economico. La proprietà nella quale un popolo intero ha
investito per anni il proprio sudore e il proprio capitale oggi viene
contestata da burocrati ai quali non interessa il problema del
Kosovo, ma le proprie paghe.

Radio Free Europe:
Come inciderà sui potenziali investitori stranieri questa sospensione?

Kastrati:
Per quanto riguarda la proprietà pubblica sicuramente esiteranno a
investire in Kosovo, perché si è creata una cattiva opinione, si è
creato una situazione paradossale in cui non si rispetta la proprietà
e il diritto di proprietà e sotto l’aspetto giuridico non ci sono
garanzie. Per questo si esiterà a investire. Ma noi dobbiamo
orientarci sempre di più a sviluppare l’economia privata sotto forme
di promozione del lavoro in aziende piccole e medie. Li concentreremo
tutte le nostre risorse e aspetteremo la soluzione del problema della
privatizzazione, che si è trasformato in un problema
politico e non più economico.

Radio Free Europe:
In questo quadro, Sig. Kastrati, il governo del Kosovo ha ammonito
che i suoi rappresentanti nel consiglio dell'AKM si ritireranno
definitivamente. Come valutate questo ammonimento del governo?

Kastrati:
Quel consiglio non ha funzionato che otto mesi. Sarebbe illogico che
qualcuno possa pretendere di dire che ne fa parte. Se un consiglio
non funziona per interi mesi perché se ne deve far parte? Ma io penso
che se l’UNMIK non vuole avere responsabilità per quanto riguarda il
contesto della proprietà pubblica, quella responsabilità se la deve
accollare il governo del Kosovo perché noi siamo quelli che, oggi,
domani e in prospettiva, saremo qui, avremo la responsabilità dello
sviluppo economico nei confronti dei cittadini del Kosovo,
indipendentemente a quale nazionalità loro appartengano. Non dobbiamo
aspettare che burocrati, i quali non hanno altro interesse oltre alle
loro paghe, risolvano i nostri problemi economici.

Radio Free Europe:
Sig. Castrati, secondo voi qual è la via per uscire da questa
situazione?

Kastrati:
Credo che si debba insistere anche in futuro affinché il processo
ricominci. Noi come imprenditori abbiamo spedito una richiesta in
merito e se non ricomincia, a un certo punto questa responsabilità se
la deve prendere il governo del Kosovo. Questo patrimonio è dei
kosovari e non delle Nazioni Unite.


MOORE: “STANDAR CON LO STATUS, NON STATUS DOPO GLI STANDARD”
Intervista di Radio Free Europe all’analista Patrick Moore, 12 giugno
2004.

Radio Free Europe:
Havier Solana questa settimana a Prishtina ha detto che l’uccisione
del giovane serbo dimostra che il Kosovo non è una società sana, e
che una società simile non appartiene all’Europa. C’è il rischio che
il Kosovo venga scomunicato dall’Europa?

Patrick Moore:
Sappiamo tutti che quello che è successo a questo adolescente è stato
una tragedia e qualcosa di imperdonabile. Comunque devo dire che
quando ho sentito questa dichiarazione di Solana non volevo credere
alle mie orecchie. Sembrava un maestro di scuola arrogante, che stava
parlando a dei piccoli bambini. Se voi analizzate con attenzione
questa dichiarazione, in un certa maniera vuol dire che in ogni paese
dove vengono uccisi sedicenni non appartiene alla Comunità Europea.
So che nella città di Detroit (USA), dalla quale provengo, vengono
uccisi ogni anno diversi adolescenti in “giochi di guerra”. Ho
telefonato a un mio amico noto giornalista e gli ho chiesto se ci
sono vittime adolescenti in Germania e se questo volesse dire che
loro non appartengono all’Europa. Mi ha risposto subito che in
Germania, Francia, Spagna e altri paesi non solo gli adolescenti sono
vittime, ma a volte anche i bambini di 7 anni. Secondo questa logica
nessun paese dovrebbe far parte dell’Unione Europea. Credo di non
essere l’unica persona ad aver pensato così, o che abbia fatto questa
lettura a proposito di questa dichiarazione. Spero che la prossima
volta, quando qualcuno vorrà tenere una lezione alla gente del
Kosovo, o di qualche altro stato balcanico, ci penserà due volte
prima di parlare.

Radio Free Europe:
Sig. Moore, il Kosovo si sta confrontando con una grave crisi
sociale. La disoccupazione è del 60-70%, il processo di
privatizzazione si sta fermando e investimenti dall’estero non ce ne
sono. Lo sviluppo economico nel periodo dopo il giugno 1999 era un
dovere dell’Unione Europea (ricordiamo il caso dell'America, della
guerra e della ricostruzione dell'Europa). Si può andare avanti sul
piano politico con questa situazione economica?

Patrick Moore:
Cominciamo da quello che durante questi 4-5 anni doveva fare l’Unione
Europea. Sono più o meno gli stessi paesi fortemente critici per il
fato che l’Iraq (degli Stati Uniti) non funziona come la Svizzera in
meno di un anno. Ma torniamo alle cifre della disoccupazione in
Kosovo: 60-70%.
Qualche anno fa ero a una conferenza che si svolgeva in Macedonia, a
Ohrid e lì ho incontrato un funzionario della Banca Mondiale. Quel
giorno ho visto le cifre della disoccupazione nella Repubblica Serba
della Bosnia ed ero fortemente sorpreso per quanto erano alte. Anche
quelle si avvicinavano al livello del 50-60%, specialmente tra i
giovani.
Il funzionario mi ha spiegato che ogni qualvolta che le cifre della
disoccupazione superano il livello del 30% si entra in una categoria
filosofica, con altre parole è una catastrofe. E ogni cifra ulteriore
sopra il livello del 30% non ha importanza. Per questo si può
sostenere che il Kosovo si trova in una situazione catastrofica.
Bisogna andare a vedere chi è stato il responsabile dell’economia,
per esempio delle privatizzazioni e degli investimenti. Quello che
abbiamo imparato dalla Bosnia è che serve stabilità politica e una
legislatura chiara, in modo che si possano attuare questi processi.
Ho paura che in Kosovo non ci sarnno né la stabilità politica né una
legislatura chiara fino a quando la soluzione dello status rimarrà
irrisolta. Vediamo infatti continuamente che, fin quando la soluzione
dello status viene rimandata, i problemi che possono essere risolti
solo con la chiarezza dello status vanno ad aggravarsi.

Radio Fre Europe:
Un'organizzazione non governativa in questi giorni ha sostenuto che
il cittadino del Kosovo si trova tra l’impotenza e l’inefficienza
delle istituzioni locali e il potere assoluto e l’incompetenza
dell’UNMIK. Chi è il responsabile?

Patrick Moore:
E’una frase che descrive esattamente la situazione e la questione in
gioco. Tutti sappiamo che ci sono degli standard da realizzare e
questo è assolutamente vero. Ma se si deve aspettare all’infinito per
una realizzazione assolutamente perfetta degli standard, bisognerà
aspettare tutta la vita e le problematiche alle quali ha accennato
continueranno e si aggraveranno. Penso che l’idea dello status
insieme agli standard, che è stata menzionata recentemente
dall’ambasciatore del Pakistan alle Nazioni Unite, quando era
presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, cioè la combinazione
parallela dei due elementi, invece dell’uno prima dell’altro, offre
la speranza di uscire da questo vicolo cieco.

(traduzioni dall'albanese di Olsi Sulejmani)

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