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Uranio Impoverito: tutto da rifare

Nel 2001 l'indagine Mandelli negò una relazione certa tra linfoma di
Hodgkin e uranio. Conclusioni criticate, messe in dubbio persino da ex
membri della Commissione. Ora il direttore generale della Sanità
militare annuncia un altro studio epidemiologico

(28/07/2004)
Un articolo tratto da "La Nuova Ecologia"


Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che è anche capo
delle forze armate, intervenga sul caso dei militari italiani esposti
all'uranio impoverito. Lo chiede il presidente dell'Associazione
italiana assistenza vittime arruolati nelle forze armate (Anavafaf),
Falco Accame.

Un altro militare, fa sapere Accame, è morto per linfoma di Hodgkin. Si
tratta di Fabio Porru di Cagliari e il fatto, prosegue il presidente
dell'Anavafaf, «si è saputo al solito casualmente, dal padre nel corso
di un convegno, mentre si tratta di dati che il Ministero della Difesa
dovrebbe comunicare alle Commissioni parlamentari della Difesa.
Finalmente - ha proseguito - dopo le errate valutazioni espresse a
seguito della Relazione Mandelli, nella quale si dava per certo che
l'uranio impoverito non presentasse pericoli, sta emergendo la verità:
la Relazione era affetta da gravissimi errori di calcolo, solo in
piccola parte evitati nelle relazioni successive». Ora, ha aggiunto,
«vista l'indifferenza delle istituzioni, è necessario che intervenga
direttamente il capo dello Stato».

A poche ore dalle dichiarazioni di Accame, il direttore generale della
Sanità militare, generale Michele Buonvito, nel corso di un'audizione
alla commissione Difesa della Camera ha reso noto che a cominciare dal
prossimo agosto partirà uno studio epidemiologico sull'uranio
impoverito promosso dalla stessa Sanità militare. I primi risultati ci
saranno dopo 18 mesi e cioè all'inizio del 2006. Mille militari
italiani impegnati in missioni all'estero saranno monitorati nel tempo
per avere, in meno di 10 anni, una risposta «inequivocabile» sui
possibili legami tra esposizione all'uranio impoverito e aumento
dell'incidenza dei tumori. L'iniziativa, ha detto il generale,
«rappresenta la logica conclusione dei tanti sforzi sin qui posti in
essere dalla Difesa per cercare di sgomberare il campo dai dubbi sul
tema dei rischi per la salute legati ai vari teatri operativi».

Lo studio si propone di valutare la presenza di esposizione a uranio
impoverito; evidenziare la presenza di esposizione non previste a
sostanze cancerogene; stimare il rischio di tumore in funzione della
variazione della frequenza delle sostanze tossiche studiate. La
principale innovazione di questo studio, ha proseguito il direttore
della Sanità militare, «consiste nella caratteristica prospettica e
seriale della ricerca, in base alla quale per ogni militare sottoposto
alle indagini è prevista l'analisi di campioni di urine prelevati prima
e al termine dell'impiego in area di operazione». Tra le ipotesi da
verificare quella sostenuta da Antonietta Morena Gatti dell'Università
di Modena, che avendo rinvenuto delle nanoparticelle di elementi
metallici in campioni bioptici di militari italiani affetti da
patologie tumorali, reduci da aree balcaniche, ha supposto che
potessero derivare da inalazione o ingestione di polveri fini. Queste
polveri, che possono risultare dall'impatto dei dardi contenenti uranio
impoverito contro obiettivi «duri», sarebbero in grado secondo la
studiosa di innescare, se inalati o ingeriti, un processo neoplastico.

Lo studio è basato sull'adesione volontaria e ciò comporta la necessità
di avviare iniziative di informazione preliminari, in modo da
raccogliere il consenso alla partecipazione. Questa, secondo il
generale, «rappresenta l'unica via in grado di raggiungere un'ottima
sensibilità nei sottogruppi di soldati potenzialmente esposti a vari
agenti genotossici ed evidenziare, in un ragionevolmente breve
intervallo di anni, l'esistenza di importanti incrementi nel rischio di
tumore».


Vedi dal nostro archivio [ http://www.osservatoriobalcani.org ] :

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» Fonte: © Osservatorio sui Balcani