(castillano / english / francais / italiano)

L'eroica resistenza del popolo iracheno (5)

1. MOBILITAZIONE PERMANENTE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI
DALL'IRAQ E RILASCIO IMMEDIATO DEGLI OSTAGGI

2. Iraq: "Sequestri mirati" (Radio Città Aperta)
3. Ostaggi: i rapitori non sono né islamici né iracheni... (Réseau
Voltaire - Lega Antimperialista)
4. IRAK: EL SECUESTRO DE PERIODISTAS ES UNA OPERACIÓN DE LA CIA
5. US blamed for spoiling French release (Aljazeera.net)
6. Les Etats-Unis mettent en danger la vie des otages (AFP) /
Communiqué de l'Association des Amitiés-Franco-Irakiennes


ALTRE SEGNALAZIONI:

Abu Ghraib, non è finita

Lisa Ashkenaz Croke (Nuovi Mondi Media) - ... Il team di avvocati ha
documentato abusi datati luglio 2003 fino allo scorso mese, quando un
ragazzo iracheno di appena 15 anni disse che i suoi carcerieri in una
struttura americana lo rapirono. “Gli fu detto di spogliarsi insieme
agli altri quattro e li sodomizzarono”, Akeel riporta la testimonianza
del quindicenne. “Ha detto che lo fecero ballare e che lui piangeva”.
Akeel e i suoi colleghi hanno registrato un numero di incidenti
accaduti tra Gennaio e Luglio di quest’anno...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5434&s2=08

«Senza legge a Nassiriya»

R. Saviano (il manifesto 4/9/2004) - «Arrestavamo tutti, vecchi, donne,
bambini per fare numero, per dimostrare che combattevamo i terroristi.
Ma poi dovevamo star fermi, anche davanti al traffico di armi, per non
provocare la guerriglia. Come quando venne Berlusconi». Il racconto dei
militari della Garibaldi tornati dall'Iraq

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5313&s2=04

Falluja, i marine americani: "Uccisi oltre cento miliziani". La
popolazione in fuga dalla città, scene di panico

(La Repubblica) - L'uccisione di un centinaio di miliziani della
resistenza sunnita irachena nei combattimenti odierni! a Falluja è
stata vantata stasera dal comando dei marines americani (...) Pennacchi
di fumo si alzano verso il cielo, dopo che gli aerei da combattimento
americani hanno mitragliato il quartiere industriale. Molte famiglie
sono state viste scappare frettolosamente dalla città, lasciandosi
dietro - come raccontano i fuggiaschi ai giornalisti - un numero
imprecisato di morti sulle strade della città, la cui popolazione è in
preda al panico...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5425&s2=08

Families flee US bombardment of Falluja

(Aljazeera.net) - The Iraqi city of Falluja is coming under heavy
artillery fire, sending families fleeing and causing civilian
casualties, hospital sources have said (...) One ambulance driv! er
told Reuters that he had transported two dead and 15 wounded to
hospital, while families fleeing the air raids said there were more
corpses and wounded trapped in the zones under attack. A central
Falluja hospital official, Dr Muhammad Aboud, said the dead included an
eight-year-old child and a 65-year-old man...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5413&s2=08

Il Partito Baath di Saddam ritorna in gioco

Hannah Allam (Knight Ridder Newspapers - Lega Antimperialista) - ... Il
gruppo ha tenuto un incontro segreto a Londra all’inizio della scorsa
primavera, secondo alcune notizie riservate ! e fonti dei familiari dei
partecipanti. “Questa riunione... ha sottolineato una cosa: che non c’è
differenza tra il Partito Baath e la resistenza”, ha detto il
professore. “Sono la stessa cosa”. Dopo un anno dalla caduta del
vecchio regime, il Partito Baath è stato ristrutturato come
un’organizzazione ombrello per i gruppi dell’opposizione che vanno
dalla vasta gamma di nazionalisti anti-occupazione agli estremisti
islamici, secondo Sabah Kadhim portavoce del Ministero dell’Interno
iracheno...

http://www.anti-imperialism.net/lai/
texte.php?langue=5§ion=BD&id=23008

Olimpiadi: goal a Bush dalla squadra di calcio irachena

(David Zirin) - La squadra di calcio irachena è forse la rivelazione di
tutti i Giochi Olimpici. Ma nonostante gli applausi, i giocatori si
sono infuriati quando hanno sentito che il cervello di George Bush,
Karl Rove, aveva lanciato una campagna mediatica che mostrava il
successo iracheno come un brillante sotto prodotto della guerra contro
il terrore.

http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?langue=5§ion=&id=22963


=== 1 ===

COMUNICATO STAMPA
COMITATO NAZIONALE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL'IRAQ
 
MOBILITAZIONE PERMANENTE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL'IRAQ
E RILASCIO IMMEDIATO DEGLI OSTAGGI
 

DI FRONTE ALL'ESCALATION DELLA SITUAZIONE IN IRAQ IL MOVIMENTO PER LA
PACE DEVE MOBILITARSI IMMEDIATAMENTE PER CHIEDERE IL RITIRO DEI
MILITARI ITALIANI E L'ATTIVAZIONE DI TUTTI I MEZZI POLITICI E
DIPLOMATICI PER OTTENERE IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI ED IMPEDIRE UN ALTRO
CASO BALDONI.
 
VENERDI', SABATO E DOMENICA PROSSIMI CI SARA' IN ITALIA LA VISITA DEL
"PRESIDENTE " IRAKENO .
SABATO 11 SETTEMBRE ALLE ORE 17.00 -
P.ZZA DELLA REPUBBLICA - ROMA -
MANIFESTAZIONE
 
PER IL RITIRO DELLE TRUPPE DALL'IRAQ, IL RILASCIO IMMEDIATO DEGLI
OSTAGGI ITALIANI E LA FINE DELLA COMPLICITA' CON IL GOVERNO IRAKENO.
 
per info:
v i a d a l l i r a q o r a @ l i b e r o . i t
tel.064393512


=== 2 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5430&s2=08

Iraq: "Sequestri mirati"

Radio Città Aperta

8 settembre 2004 - Il sequestro dei volontari del Ponte per Bagdad
aggiunge un ulteriore drammatico tassello all’escalation della
situazione in Iraq. Il Ponte è una delle organizzazioni non governative
presenti in Iraq da più tempo. Si era adoperata contro l’embargo che ha
decimato per più di un decennio la popolazione irachena, ha in campo
progetti di solidarietà da tredici anni e si è sempre schierata
apertamente contro la guerra.

Chi, dunque, ha ideato, guidato ed organizzato il commando che è
penetrato direttamente e non casualmente nella sede del Ponte a Bagdad
e ne ha sequestrato i volontari? Questo sequestro, come quelli appena
precedenti del giornalista pacifista Baldoni – barbaramente ucciso
insieme al suo interprete - e di due giornalisti francesi - cioè di un
paese schierato contro la guerra e che non partecipa all’occupazione
militare del paese-sono sequestri diversi da quelli precedenti. Lo sono
negli obiettivi e nella pratica.

Lo scenario appare infatti più simile al modello degli squadroni della
morte latinoamericani che conducono la guerra sporca al fianco di
quella convenzionale condotta dagli eserciti. Il loro obiettivo è di
fare la terra bruciata intorno alle ragioni della resistenza colpendo i
testimoni scomodi, i giornalisti o attivisti schierati contro la
guerra. Queste cose non le insegnano nelle moschee ma nelle scuole
antiguerriglia negli Stati Uniti.

In secondo luogo, il fatto che ad essere colpiti non siano più i
mercenari o chi collabora con l’occupazione ma chi, in modi diversi,
questa occupazione la critica o vi si oppone, dovrebbe servire a fare
anche qui terra bruciata intorno alle ragioni di chi ha avversato la
guerra dimostrando che il nemico non fa distinzioni. Dunque tanto
varrebbe stringersi intorno alla campagna militare della coalizione
anglo-americana-italiana e lasciarsi cooptare nella crociata
antiterrorista di Bush, Blair e Berlusconi. I partiti dell’opposizione
farebbero bene ad evitare di cadere in questa trappola.

Eppure, proprio in queste ore di angoscia per la sorte di ostaggi a
noi sicuramente più vicini dei mercenari sequestrati alcuni mesi fa,
dobbiamo avere il coraggio di riaffermare alcune cose molto precise:

- L’imbarbarimento del conflitto tra occupanti e resistenza in
Iraq è la conseguenza e non la causa della guerra e dell’intervento
militare della coalizione anglo-americana-italiana;

- Gli ultimi sequestri sembrano avere una regia più interna e
funzionale alle forze che sostengono il governo fantoccio iracheno
piuttosto che ai gruppi islamici che vi si oppongono;

- Il ritiro immediato delle truppe e la fine della complicità
italiana con l’occupazione dell’Iraq non sono un cedimento al ricatto
del terrorismo ma l’unica, ragionevole e dignitosa via d’uscita da una
guerra illegale e criminale che ne espone tutto il paese alle
conseguenze;

- Il governo italiano, questa volta, deve sentire forte il
fiato sul collo per impedire il criminale disimpegno che c’è stato nel
caso del sequestro e dell’uccisione di Baldoni, un caso che ha rivelato
una compromissione della Croce Rossa con i servizi segreti che ne ha
minato neutralità e credibilità e la latitanza della diplomazia
italiana con l’ambasciatore in Iraq che se ne andava in vacanza mentre
un cittadino italiano veniva sequestrato.

Sulla richiesta del ritiro delle truppe e dell’attivazione di tutti i
mezzi politici e diplomatici tesi ad ottenere il rilascio degli ostaggi
del Ponte per Bagdad, dobbiamo mettere in campo una mobilitazione
permanente e decisa che non lasci spazio alle ambiguità del governo e
alla sua complicità con una guerra ingiusta ed una occupazione che
incentiva la barbarie.

http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?lang
ue=5§ion=BD&id=23019


=== 3 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5337&s2=05

Ostaggi: i rapitori non sono né islamici né iracheni...

Réseau Voltaire - Lega Antimperialista

4 settembre 2004 - Un’analisi rigorosa della questione degli ostaggi
francesi dimostra che il sedicente "Esercito Islamico in Irak" non è né
islamico, né iracheno. Sconosciuto alle organizzazioni
dell’opposizione, ha finora stabilito dei contatti dichiarati solo col
governo di Iyad Allawi e serve gli interessi della Coalizione. E’ per
questo che le autorità francesi, lungi dall’entrare nella logica voluta
dai rapitori, hanno dispiegato tutte le proprie risorse diplomatiche
per trasformare questo dramma in una mobilitazione internazionale
contro il progetto statunitense della guerra di civiltà.

Christian Chesnot e Georges Malbrunot

Mentre la scomparsa dei giornalisti francesi Christian Chesnot e
Georges Malbrunot e del loro autista siriano Mohammed Al-Joundi, il 24
agosto 2004, nella zona d’occupazione statunitense in Irak, aveva
provocato un silenzio costernato, il messaggio dei loro rapitori,
diffuso quattro giorni più tardi, ha sollevato una protesta
internazionale.

Si tratta di una cassetta video nella quale parlano i due giornalisti
francesi, senza che appaiono i rapitori. Il comunicato inserito nel
video precisa che i due uomini sono detenuti dall’Esercito Islamico in
Irak; che questo chiede alla Francia di abrogare "la legge sul velo" e
che gli da 48 ore per rispondere. Non c’è alcuna notizia su Mohammed
Al-Joundi.

Il ricatto

E’ importante innanzitutto analizzare la forma di questo documento.

La cassetta è giunta anonimamente ad Al-Jazeera che ne aveva già
ricevute altre che portavano la stessa firma. Il network televisivo può
quindi confermare che le differenti cassette firmate "Esercito Islamico
in Irak" provengono da una unica fonte.

La realizzazione differisce dai video abituali dei gruppi clandestini
del Vicino Oriente. La realizzazione è molto curata ed il montaggio è
preciso: due brevi piani fissi. I rapitori non appaiono mai in video.

Il documento è concepito con un intervento in francese ed uno in arabo
per la diffusione sulle catene televisive francofone ed arabe. Ma le
televisioni francesi, eccetto LCI, si sono rifiutate di diffonderlo per
non lasciare che i rapitori imponessero la propria volontà.

Una seconda cassetta è stata diffusa due giorni più tardi. È
realizzata nello stesso modo, ma questa volta, i due giornalisti si
esprimono tutti e due in inglese. I rapitori, che hanno l’esperienza
della non-diffusione del primo video da parte delle televisioni
francesi, si rivolgono ora ad un pubblico anglofono.

Dobbiamo analizzare adesso il contenuto del video.

Così come ci precisa Hassan Gharib, autore dell’opera di riferimento
sui gruppi politici pubblici e clandestini in Irak, la denominazione
"Esercito Islamico in Irak" non rimanda a nessuna organizzazione
conosciuta tra le forze di opposizione. Non ne esisteva più nemmeno
"mediaticamente" da quando aveva piegato il governo filippino.

In un comunicato video, diffuso il 10 luglio da Al-Jazeera, Angelo de
la Cruz, si dichiarava ostaggio del cosiddetto "Esercito Islamico in
Irak" e chiedeva alla presidentessa Gloria Arroyo di ritirare le sue
truppe entro 72 ore errore altrimenti sarebbe ucciso dai suoi rapitori.
Le Filippine cedettero al ricatto, il 12 luglio. Le truppe furono
ritirate completamente il 20 luglio e l’ostaggio venne rilasciato.
Numerosi membri della Coalizione deplorarono la debolezza di Manila,
mentre "l’Esercito Islamico in Irak" appariva come il solo gruppo della
resistenza che aveva vinto un contingente straniero.

Ma, si trattava evidentemente di una messa in scena. Il presunto
"Esercito Islamico in Irak", per liberare il proprio paese occupato da
più di 200.000 militari e mercenari stranieri, aveva preso di mira il
contingente filippino composto da 80 uomini. Aveva preteso il loro
ritiro prima del 20 luglio, mentre questo era già iniziato e doveva
essere completato il 20 agosto. Nei fatti, ha ottenuto semplicemente
che una trentina di poliziotti filippini venissero spostati in Kuwait
con un mese di anticipo. Le Filippine che sono una vecchia colonia
statunitense, notoriamente non hanno nessun margine di manovra in
materia di politica estera ed il suo esercito è interamente inquadrato,
addestrato ed equipaggiato dal Pentagono. La presidentessa Gloria
Arroyo è stata scelta da Bill Clinton, di cui era stata amica intima
all’epoca dei loro studi universitari. Il ritiro anticipato non aveva,
in altri termini, nessun significato concreto e la sua decisione non
sarebbe stata possibile senza l’avallo di Washington, indipendentemente
da tutte le rimostranze esibite per la platea.

Più sorprendente ancora: durante i dieci giorni di crisi, sono stati
condotti dei negoziati tra il governo filippino e "l’Esercito Islamico
in Irak" per intercessione del governo di Iyad Allawi. In quei giorni,
il governo di Collaborazione restava il solo canale che aveva
dichiarato apertamente di aver stabilito un contatto con quei rapitori.
La cosa era allora sembrata così chiara, che l’ayatollah Ali Khamenei,
che tutti ammettono essere molto ben informato su ciò che accade in
Irak, ha dichiarato di sospettare che tale "Esercito islamico in Irak"
sia composto da agenti che lavorano per conto degli Stati Uniti e di
Israele. (Per un’analisi più precisa di questo episodio, vedere il
nostro articolo "Il vero-falso ritiro filippino").

Enzo Baldoni

La stessa firma è ricomparsa con il rapimento e la morte del
giornalista italiano Enzo Baldoni. Si trattava questa volta di
costringere Roma a ritirare entro 48 ore i suoi 3.000 uomini stanziati
in Irak. Una richiesta tecnicamente irrealizzabile.

Tuttavia, secondo la stampa italiana, sembrerebbe che il signor
Baldoni non sia stato ucciso in un’esecuzione, ma che sia morto durante
la detenzione. L’operazione sarebbe dunque fallita senza che si sappia
quale sceneggiatura era stata inizialmente prevista [1].

La rivendicazione dell’abrogazione della "legge sul velo", richiesta
dall’organizzazione in cambio della vita degli ostaggi francesi, è
scollegata dalla realtà irachena. Mentre il paese è occupato dalle
potenze straniere, "l’Esercito Islamico in Irak" si preoccupa di
modificare una legge in un paese "amico". Sarebbe dunque sorprendente
che i mandanti siano iracheni. I rapitori sono informati che la
riapertura delle scuole, che segnerà l’inizio dell’applicazione di
questa legge, avrà luogo il 6 settembre e che le decisioni devono
essere prese prima del week-end. Ma ignorano, o fingono di ignorare,
che solo il Parlamento può abrogare una legge e che questo è in vacanza.

Il principio del rapimento e del ricatto non manifesta fede, ma
brigantaggio. È condannato da tutte le autorità religiose musulmane che
hanno ripetuto ampiamente il loro messaggio da quando questa pratica si
è diffusa in Irak. Sarebbe sorprendente dunque che "l’Esercito Islamico
in Irak" sia animato da fede musulmana.

Da questi primi elementi, possiamo tirare le prime conclusioni.

Come aveva già notato l’ayatollah Ali Khamenei, "l’Esercito Islamico
in Irak" manifestamente non è composto da musulmani iracheni. Non ha
contatti con gli altri movimenti di opposizione, pubblici o
clandestini, e non discute ufficialmente che col governo Allawi che
tuttavia pretende di combattere. In questo nuovo affare, non cerca di
liberare l’Irak, ma di immischiarsi nella vita politica francese.

Le reazioni

Analizziamo ora la reazione delle autorità francesi.

Fin dalla diffusione della notizia, il Primo ministro riunisce un
comitato ministeriale di crisi. Il ministro degli Interni convoca il
Comitato francese del culto musulmano (CFCM). Il Primo ministro
riunisce un secondo comitato ministeriale di crisi, si mette poi in
contatto coi presidenti delle due Assemblee. Il presidente della
Repubblica si rivolge alla nazione. L’indomani, il ministro degli
Affari Esteri incontra al Cairo il segretario generale della Lega
Araba, poi il suo omologo egiziano e, ad Alessandria, il capo dei
servizi segreti egiziani. Una delegazione diplomatica e militare
francese si reca a Baghdad. Il presidente della Repubblica si
intrattiene col suo omologo russo ed il cancelliere tedesco a Sotchi.
Il ministro degli Affari Esteri va ad Amman per incontrare il capo dei
servizi segreti giordani. In meno di tre giorni, le reti diplomatiche
francesi sollecitano ed ottengono il sostegno della totalità dei
dignitari religiosi musulmani riconosciuti e di tutte le formazioni
politiche e delle istituzioni arabe.

Questa reazione, comparata a quelle che seguirono ai rapimenti di
ostaggi in Libano ed in Jugoslavia, può sembrare sproporzionata, dal
momento che la rivendicazione dei rapitori è al limite del grottesco.
Non sarebbe comprensibile, così come le reazioni degli Stati arabi, se
non nella misura in cui ogni protagonista è cosciente della posta in
gioco nascosta. La lettura attenta della dichiarazione del presidente
della Repubblica alla nazione fa apparire una cura meticolosa nel non
qualificare i rapitori, lasciando così aperta per l’avvenire le domande
sulla loro identificazione. Il capo di stato annuncia pubblicamente la
missione che ha affidato al suo ministro degli Affari Esteri. Mette
avanti, soprattutto, il principio di laicità, non in riferimento alla
polemica sul velo, ma come antidoto al progetto statunitense di guerra
di civiltà.

Veniamo alla reazione delle autorità di Collaborazione irachene.

Iyad Allawi

Il Primo ministro, Iyad Allawi, che non nasconde di essere stato al
soldo dal MI6 britannico, della CIA statunitense, ma anche dei servizi
egiziani e giordani, si è confidato ad alcuni giornalisti occidentali
durante una discussione animata. Le Monde ne ha dato una versione
ricostruita sotto forma di intervista. Le dichiarazioni riportate non
sono confermate negli stessi termini dai giornalisti anglosassoni che
hanno assistito alla discussione. Non sono confermate né da questi, né
dal signor Allawi. Il Primo ministro, che ricordiamo è la sola
personalità ad avere dichiarato un contatto diretto con "l’Esercito
Islamico in Irak", ha spiego che il rifiuto francese di sostenere la
Coalizione non protegge Parigi dal terrorismo. Al contrario, secondo
lui, si verificheranno degli attentati negli Stati che negano il
sostegno alla Coalizione e addirittura nelle città statunitensi che
hanno preso posizione per il ritiro delle truppe USA [2].

In poche parole, il signor Allawi frequenta sufficientemente
"l’Esercito Islamico in Irak" per sapere quale saranno i suoi prossimi
bersagli. Ed che minaccia di attentati gli Stati e le collettività che
si oppongono alla Coalizione, non solo contro i loro interessi in Irak,
ma sui loro stessi territori.

La reazione delle autorità statunitensi ed israeliane

A Washington, il Dipartimento di Stato è muto. Il portavoce della Casa
Bianca risponde ad una domanda di un giornalista al margine di un
meeting del candidato Bush, per affermare che i terroristi vogliono
indebolire la determinazione della comunità internazionale. Sono tutti
i commenti ufficiali. George Bush padre dichiara sulla NBC che, vedendo
ciò che gli capita, i francesi devono dire adesso che il presidente
Bush aveva ragione a proposito dei terroristi.

Un’analisi chiarificante della linea che fu sviluppata dai dirigenti
statunitensi dopo gli attentati di Madrid, senza essere condivisa dagli
elettori spagnoli. I networks USA diffondono la seconda cassetta,
registrata in inglese per la loro attenzione. I due ostaggi fanno
appello ai francesi per manifestare contro la legge sul velo che, si
sa, era stata condannata severamente dal Dipartimento di Stato. I
commentatori spiegano che il governo francese raccoglie ciò che ha
seminato a forza di essere intollerante coi musulmani e lassista coi
terroristi.

Tale-Aviv, d’abitudine tanto prodiga nel commentare tutto ciò che
accade nella regione, si trincera nel silenzio. Da questo silenzio
assordante, possiamo concludere che né gli Stati Uniti, né Israele
esprimono la minima compassione, anche per semplice cortesia, per gli
ostaggi o per la Francia. Il clan Bush spera anche che questo affare
serva di lezione ai francesi.

Il ribaltamento diplomatico

Infine, osserviamo la strategia francese.

Fin dall’inizio, Jacques Chirac ha capito che la crisi superava
ampiamente la questione della vita dei due ostaggi o quella della legge
sul velo e che la posta in gioco era la posizione diplomatica della
Francia di fronte al progetto statunitense della guerra di civiltà.
Come non abbiamo mai smesso di ripetere davanti a numerosi governi e
media del mondo musulmano da ormai tre anni, la diplomazia francese sul
lungo termine non è dettata da interessi effimeri, ma dal contratto
sociale repubblicano. Quale che siano le vicissitudini dei suoi
dirigenti, la Francia ritorna sempre ad una concezione laica delle
relazioni internazionali. È opposta intimamente al progetto di guerra
di civiltà, perché la sua stessa esistenza si posa sul principio
inverso: vivere insieme senza discriminazioni fondate sulle
appartenenze e sulle convinzioni private. Dal punto di vista francese,
la guerra di civiltà non è una guerra tra l’Oriente e l’Occidente, ma
una guerra civile. Non per motivi di equilibri demografici interni tra
comunità, ma perché si tratta della definizione stessa del progetto
repubblicano.

Mentre questa operazione di guerra psicologica era stata concepita per
provocare una divisione tra i francesi e porli di fronte a delle
contraddizioni diplomatiche, l’Eliseo ha ribaltato la situazione e
trasformato questo dramma in un concerto di sostegno unanime nel mondo
musulmano. E, alla luce di tutto ciò che abbiamo compiuto nel corso di
questi ultimi tre anni nei paesi coinvolti e qualunque siano le
incomprensioni di cui noi abbiamo accusato la Francia, possiamo
rivendicare con fierezza la nostra parte di lavoro nella riuscita di
questa mobilitazione.

Negli Stati Uniti, la stampa filtra le dichiarazioni dei dirigenti
arabi, omettendo le condanne morali e religiose dei rapimenti ed
occultando i sostegni politici alla diplomazia francese.

In pochi giorni, la Francia ha visto riconoscersi da tutti gli attori
medio-orientali, eccetto i Collaboratori iracheni ed Israele, la
correttezza delle proprie posizioni diplomatiche e la propria
leadership di fronte al bellicismo della Coalizione. Nessun dirigente
arabo dubita più di ciò che si nasconde dietro "l’Esercito Islamico in
Irak" senza che ci sia stato bisogno per la Francia di chiarirlo
pubblicamente.

Note

[1] "La rivendicazione del rapimento di Enzo Baldoni", AFP, 29 agosto
2004.

[2] Iyad Allawi, primo ministro iracheno: "La Francia non sarà
risparmiata. Ci saranno degli attentati a Parigi, a Nizza, a
Cannes...", Le Monde, 30 agosto 2004. (Tribune trattate in: Tribune
libere internazionali del 2 settembre-rub909).


http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?lang
ue=5§ion=BD&id=22994


=== 4 ===

03-09-2004

http://www.rebelion.org/noticia.php?id=4116

IRAK :
L'ENLEVEMENT DES JOURNALISTES EST UNE OPERATION DE LA CIA

Par Manuel Freytas (IAR Noticias/Rebelión)

Profitant de l'enlevement des deux journalistes francais en Irak, Iyad
Allaoui, administrateur des interets de Washington dans ce pays, a
avertis la France et l'Europe qu'ils devaient appuyer la lutte des
Etats Unis contre le terrorisme, affirmant que : "celui qui ne lutte
pas avec nous se retrouvera avec la terreur dans sa maison". (Voir la
suite en Espagnol)


03-09-2004

IRAK:
EL SECUESTRO DE PERIODISTAS ES UNA OPERACIÓN DE LA CIA
Por Manuel Freytas (IAR Noticias/Rebelión)

Aprovechando el secuestro de dos periodistas franceses en Irak, Iyad
Allawi, administrador de los intereses de Washington en ese país,
advirtió a Francia y a Europa que deben apoyar la lucha de EEUU contra
el terrorismo, afirmando que "quien no lucha junto a nosotros se
encontrará el terror en su casa". El primer ministro iraquí aseguró que
"Francia deberá esperar ataques terroristas en su territorio", los
cuales se van a realizar en París, en Niza, y en Cannes". La operación
beneficia electoralmente a Bush, que en la Convención del Partido
Republicano en Nueva York fundamentará su discurso reeleccionista en la
"guerra contraterrorista" y en la defensa cerrada de la ocupación
militar de Irak. El secuestro de los periodistas apunta a obligarlo a
Chirac a "negociar con el terrorismo" y a apoyar militarmente la
política de Washington en ese país petrolero. Hace un mes, el ayatolá
Jameini, el principal líder espiritual de Irán, denunció que la CIA y
los israelíes se encontraban detrás de los secuestros en Irak

Allawi y una operación de prensa

El secuestro de dos periodistas franceses en Irak tomó un inesperado
"giro" cuando en la mañana del martes 31 se conocieron declaraciones
del primer ministro iraquí, Yyad Allawi, advirtiendo a la comunidad
internacional sobre la conveniencia de apoyar a su gobierno contra los
grupos rebeldes y "terroristas" porque "quien no lucha junto a nosotros
se encontrará el terror en su casa". En una entrevista publicada por el
diario Corriere della Sera, de Milán, Allawi aseguró que "ningún país
cívico se puede echar atrás, porque la lucha contra el terrorismo es
global". "Quizás el caso del
asesinato de Enzo Baldoni y el secuestro de los dos periodistas
franceses convenza finalmente a los medios de comunicación
internacionales para que, de una vez por todas, llamen por su verdadero
nombre a los criminales que actúan en Irak. Basta ya de llamarles
resistencia. Se trata de auténticos terroristas", remató el hombre de
confianza de Bush en Irak.

Iyad Allawi señaló que España, Francia y Egipto no se librarán del
terrorismo islámico aunque sigan cediendo a las amenazas. "Se
equivocaban los franceses si pensaban que se iban a mantener al margen
de esta guerra.
Ahora los extremistas les atacan incluso a ellos, señaló el primer
ministro cuando el periodista le preguntó porque Francia no tiene
tropas en Irak.
Simultáneamente se conocían nuevas declaraciones de Yyad Allawi, un ex
agente de la CIA devenido en "estadista" de la mano de la Casa Blanca,
al diario francés Le Monde. "A pesar de su oposición a la guerra de
Irak, Francia deberá esperar ataques terroristas en su territorio",
advirtió Allawi en el diario Le Monde. "Francia no se librará, no menos
que Italia, España o Egipto", añadió. «Irak se ha convertido en el
principal teatro del desafío terrorista. Es en Irak donde ustedes se
deben unir (para combatir el terrorismo), de una vez por todas», remató
el jefe del gobierno interino iraquí. Según Iyad Allawi, los gobiernos
que no están lo suficientemente implicados en Irak "serán los próximos
blancos de los terroristas". Y los franceses, "pese a todo el ruido que
hacen (al afirmar) "no queremos guerra" se verán pronto obligados a
combatir a los terroristas». Luego, en una increíble muestra de
"clarividencia", el funcionario de Bush en Irak advirtió que "va a
haber ataques terroristas en París, en Niza, y en Cannes".

Objetivo Europa

La operación de prensa de Allawi sorprendió a los expertos y analistas
-tanto de EEUU como de Europa- por lo directa, descarada, y carente de
medias tintas, lo que hizo recordar a los discursos "contraterroristas"
de Bush destinados al electorado estadounidense, mayoritariamente
afectado por el "miedo al terrorismo", como lo demuestran todas las
encuestas hasta ahora. Sin embargo, se sabe que Iyad Allawi -tanto en
su país como en el exterior- cumple aceitadamente el rol de "vocero de
Washington" y que sus advertencias a Francia y a Europa no hubieran
sido pronunciadas sin el explícito aval de la Casa Blanca y de sus
servicios de inteligencia. Allawi no tiene estatura política ni
reconocimiento internacional para lanzar semejantes declaraciones,
precisamente en Europa, donde desde los ataques del 11-M en Madrid se
vive una ola de "psicosis terrorista" que obligó, incluso, a los
gobiernos a desempacar un "plan contraterrorista" orientado a
neutralizar posibles atentados en sus territorios.

Explotando esa situación Allawi dijo al Corriere della Sera: "me han
ofrecido la posibilidad de preparar a nuestra policía con las fuerzas
de seguridad europeas. Me parece una idea óptima. Mañana (el martes
para el lector), intentaremos concretar los detalles. Nosotros le
pediremos a la UE el máximo de colaboración para luchar contra el
terrorismo internacional".
Estas palabras del "mensajero de Bush" se orientaban claramente a
influir en los gobiernos europeos que apoyan a Washington en la ONU,
para que presionen sobre los países que, con Francia a la cabeza, se
niegan a dar un apoyo militar abierto a la política de Washington en
Irak

Indicios CIA

Miradas desde un prisma estratégico, las declaraciones de Allawi,
adquieren relevancia significativa si se atiende a los siguientes
factores:
1) Fueron realizadas a pocas horas del secuestro de los dos periodistas
franceses, en plena efervescencia mediática de la crisis, y en momentos
que en Nueva York se celebra la Convención del Partido Republicano,
cuyo discurso (orientado a conseguir la reelección de Bush) se centra
en la "guerra contraterrorista" y en la defensa de la ocupación militar
de Irak.
2) Francia junto con España y Alemania, no tiene tropas en Irak, y se
opuso (junto a los dos países citados) a las iniciativas de EEUU y Gran
Bretaña sobre ese país , tanto en el Consejo de de Seguridad de la ONU
como en la última cumbre de la OTAN, aunque luego firmó las
resoluciones con "reservas".
3) Las declaraciones del primer ministro iraquí fueron simultáneamente
publicadas por un diario italiano (el Corriere della Sera) y por el
periódico más influyente de Francia, Le Monde, lo que revela una
maniobra estudiada para producir impacto en dos países claves de Europa
(Italia encabeza el "bloque aliado" de EEUU en Irak, y Francia lidera
la oposición
centrada en el eje París-Berlín-Madrid).
4) Allawi instaló el "peligro terrorista" en Europa en el momento que
los secuestradores de los periodistas daban un plazo al gobierno
francés para negociar su liberación, y cuando la presión de los medios
y la opinión pública presionaban con más fuerza para obligarlo a Chirac
a ceder a los requerimientos de los captores.
5) La operación del secuestro, que sorprendió al gobierno francés, fue
acompañada de una exigencia política -la anulación de la llamada ley
del velo en Francia-, y fue ejecutada por un grupo ignoto, sin
inserción conocida en el mundo islámico, y cuya metodología no coincide
con ninguna organización de la resistencia que actúa en Irak.

Un solo beneficiario: Bush

El martes 31, en el momento de mayor presión de la ciudadanía francesa
sobre el gobierno de Chirac para que acceda a las demandas de los
secuestradores, apareció en un página web "islámica" el anuncio del
secuestro y el asesinato
de doce nepalíes, que habrían sido degollados por un supuesto grupo
fundamentalista, Ansar al Suna, en un típico procedimiento orientado a
"infundir terror" con fines políticos. El líder espiritual de Irán,
ayatolá Alí Jamenei, señaló hace 45 días que agentes estadounidenses e
israelíes están detrás de los secuestros y ejecuciones de extranjeros
en Irak. Otras
hipótesis por esos días situaban esas operaciones en el marco de una
maniobra de inteligencia orientada a "sacar de escena" la ocupación
militar de EEUU e instalar la "guerra contraterrorista" de Bush en el
escenario mediático internacional. Una extensión del caos y de la
violencia con los
secuestros como protagonistas principales, permiten a la administración
Bush salirse de la mira mediática y colocar en su lugar al terrorismo
musulmán dirigido contra los ciudadanos extranjeros no estadounidenses.

En este contexto, el asesinato este martes de los 12 nepalíes aparece
como una operación "complementaria" al secuestro de los periodistas
franceses, y su objetivo no parece ser otro que obligar al gobierno de
Chirac a "negociar" con los secuestradores, lo que tácitamente le
obligaría a reconocer la existencia del terrorismo en Irak, legitimando
las afirmaciones de Bush. Según decía la agencia Reuters el martes 31,
"la muerte de los doce rehenes nepalíes a manos de un grupo de
extremistas iraquíes independiente puso de relieve la gravedad de la
situación de los periodistas", lo que es claramente indicativo de que
el objetivo que se perseguía con esos asesinatos -forzar a negociar al
gobierno de Chirac- se había cumplido. Otro indicio está dado por la
condición de "desconocido" que reviste el Ejército Islámico, el grupo
que capturó a los periodistas franceses en Irak, aunque ese mismo grupo
se atribuyó la semana pasada la muerte de un periodista italiano,
posiblemente como maniobra preparatoria de la operación contra el
gobierno de Francia.

Por otra parte, hasta ahora ninguna organización de la resistencia
iraquí reconoció como propios a estos grupos de secuestradores y
asesinos, que aparecen y desaparecen sin dejar rastros, en "zonas
liberadas" por las fuerzas norteamericanas y la policía iraquí. Tanto
suníes, chiítas, como nacionalistas, coinciden en señalarlos como
"grupos operativos de la CIA", cuya metodología y principios de acción
nada tienen que ver con el mundo islámico y su lucha contra la
ocupación estadounidense en Irak. Drogas, armas, prostitución, dinero
negro, los clásicos condimentos de infiltración de la CIA en el mundo
islámico, estarían jugando un papel fundamental para la constitución de
estos nuevos grupos operativos que, disfrazados de organizaciones
fundamentalistas dedicadas al "secuestro terrorista", sirven a los
objetivos electorales del gobierno de Bush. Simultáneamente líderes
políticos, gobiernos y organizaciones armadas del mundo musulmán
condenaban ayer martes los secuestros de los periodistas franceses como
"ajenos" a los principios y valores islámicos.

El gobierno de Irán condenó el secuestro de los trabajadores de prensa
calificándolo de contrario a "los valores humanos y a los principios
islámicos", y afirmó que "espera" su liberación cuanto antes.
Políticos, diplomáticos, periodistas, responsables musulmanes, grupos
islámicos y miles de ciudadanos anónimos de religiones diferentes
unieron sus voces para condenar el secuestro y pedir la liberación de
los dos reporteros franceses secuestrados. La organización palestina
Hamás difundió un comunicado diciendo "instamos al Ejército Islámico de
Irak a que libere rápidamente a los dos periodistas" y pensamos que una
decisión así tendrá repercusiones positivas sobre las posiciones
políticas de Francia a nivel popular y oficial. Al líder rebelde chií,
Moqtada Al Sadr se sumó a la autoridad más influyente del sunismo, el
jeque Mohamed Sayed Tantaui, condenando los secuestros y enmarcándolos
fuera de cualquier procedimiento o principio islámico. En síntesis, si
el secuestro de los dos periodistas franceses no respondió a
requerimientos económicos, solo queda la finalidad política, en este
caso vinculada a una reinvindicación de la comunidad islámica en
Francia.

Pero el islamismo condenó el secuestro y negó que el grupo de
secuestradores pertenezca a su comunidad, lo mismo que hicieron líderes
y organizaciones de Irak y otras partes del mundo. Descartada cualquier
relación del secuestro con el mundo islámico, la operación solo
beneficia electoralmente a Bush, que en la Convención del Partido
Republicano en Nueva York fundamentará su discurso reeleccionista en la
"guerra contraterrorista" y en la defensa cerrada de la ocupación
militar de Irak. El secuestro de los periodistas franceses, además de
consolidar el discurso de Bush en el electorado estadounidense, apunta
a obligarlo a Chirac a "negociar con el terrorismo" y a apoyar
militarmente - o por lo menos a reconocer- la política de Washington en
ese país petrolero.

5 DE SETIEMBRE DE 2004 - COMCOSUR / MONTEVIDEO


=== 5 ===

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5362&s2=05

US blamed for spoiling French release

Aljazeera.net

Sunday 05 September 2004 - An influential cleric has lambasted US-led
forces for conducting a damaging military raid that he says has harmed
efforts to secure the release of two French journalists.
"The attack on Latifiya disrupted the process of their release,"
senior Iraqi cleric Shaikh Mahdi al-Sumaidi said on Sunday.
Experts have warned that increased military activity against
resistance strongholds in the area could harm the chances of rescuing
Radio France International's Christian Chesnot and Georges Malbrunot of
Le Figaro.
He also issued a religious decree calling on the hostage-takers to
release the Frenchmen.
"We issued a fatwa urging the group [of hostage-takers] to immediately
free and not to harm the two French reporters, in recognition of
France's position on Iraq," he said.

French still hopeful

Meanwhile France remained hopeful that the two French hostages in Iraq
would be freed, although its foreign minister returned empty-handed
from a Middle East mission intended to secure their release.
"We have serious reasons to believe both of them are in good health
and that a favourable outcome is possible," Foreign Minister Michel
Barnier said on Sunday, after discussing the hostage crisis with
President Jacques Chirac.
"Our top priority today remains to secure their release. Our priority
is their safety," he said. "We are working hard, calmly, cautiously and
discreetly."
Chesnot and Malbrunot have been held in Iraq since 20 August.
Comments by government officials have become increasingly cautious
since hopes that they would be released on Friday were dashed.
Barnier, who returned from Amman, Jordan, late on Saturday, spent an
hour with Chirac and was due to meet Prime Minister Jean-Pierre
Raffarin and senior cabinet members later on Sunday. Raffarin said he
remained cautious but hopeful.

Muslim delegation

A Muslim delegation which went to Iraq to try to help the hostages
said the main obstacle seemed to be difficulties in arranging a safe
handover since US led forces conducted military operations in the area.
The delegation returned to Paris on Saturday.
Abd Allah Zekri, who was part of the delegation, said he was confident
the two hostages would be freed.
"It is a question of security," he said on Saturday, echoing other
members of the delegation who said the risk of violence was
complicating efforts to arrange a safe handover.
Barnier said he was ready to return to the Middle East at any time
after his talks in Jordan, Qatar and Egypt rallied the support of Arab
and Muslim leaders. He has set up a crisis team in Amman.

Headscarf ban

There was no fresh word from the hostage-takers in Iraq, who stunned
France when they seized the men and demanded Paris revoke a law banning
Muslim headscarves in state schools.
France refused to bow to the demands and the law banning all
conspicuous religious symbols went into force on Thursday.
Meanwhile, Iraqi police said on Sunday the body of an Egyptian who was
kidnapped in Iraq last month had been found in the northern part of the
country.
Scores of hostages from dozens of countries have been seized in the
past five months, and more than 20 have been killed, as part of a
campaign to resist occupation forces and Iraq's US-appointed interim
government.
France was shocked to be caught up in the violence as it opposed the
US-led war in Iraq and has no troops there.

Agencies

http://english.aljazeera.net/NR/exeres/9BC9754A-45
96-4426-8D91-01DA6E6647AA.htm


=== 6 ===

----- Original Message -----
From: "Danielle Bleitrach"
Sent: Tuesday, September 07, 2004 4:35 PM
Subject: Les États-Unis mettent en danger la vie des otages

Les Etats-Unis mettent en danger la vie des otages

PARIS, 6 sept (AFP) - Les forces américaines "ne facilitent pas les
démarches" pour la libération des deux journalistes français retenus en
otages en Irak, mais mettent leur vie "en danger", a estimé lundi à
Paris l'association Amitiés franco-irakiennes.

"Visiblement, les forces d'occupation américaine et leurs supplétifs
irakiens n'apprécient ni l'immense élan de solidarité des pays arabes à
l'égard de la France, ni que l'issue d'un enlèvement servant leurs
intérêts, tourne en leur défaveur", ont estimé les Amitiés
franco-irakiennes dans un communiqué.

En procédant dans la nuit du 4 au 5 septembre à des "exécutions et à
plusieurs centaines d'arrestations dans la zone de Latifuya-Mahmoudiya,
au sud de Bagdad, où les deux journalistes ont été enlevés, et où ils
pourraient être libérés, les Etats-Unis ont mis sciemment en danger la
vie de Georges Malbrunot et de Christian Chesnot", a poursuivi
l'association.

"La France doit exiger du Pentagone la levée immédiate de tous les
obstacles qui entravent un dénouement heureux des deux journalistes", a
ajouté l'association dans son communiqué.

Les Amitiés franco-irakiennes regroupent des personnalités françaises
de diverses tendances politiques, hostiles dans les années 1990 à
l'embargo contre l'Irak, puis à la guerre.

* * * *

Communiqué de l'Association des Amitiés-Franco-Irakiennes

LES AMERICAINS ARRETENT A BAGDAD UN DES INTERMEDIAIRES IRAKIENS
OEUVRANT POUR LA LIBERATION DE GEORGES MALBRUNOT ET DE CHRISTIAN
CHESNOT

L'Association des Amitiés franco- irakiennes réclame la libération de
Abdul Jabbar Al-Kubaysi, président de l'Alliance Patriotique Irakienne
(IPA), arrêté à Bagdad le 3 septembre par les forces d'occupation US.

Pour les services secrets américains Abdul Jabbar Al-Kubaysi a servi
d'intermédiaire à la France pour obtenir la libération de Georges
Malbrunot, Christian Chesnot et de leur chauffeur syrien, dont les
motifs de l'enlèvement restent des plus troublants.

Selon des membres de l'Alliance Patriotique Irakienne, un commando
américain - protégé par des hélicoptères et des blindés - a opéré un
raid contre son domicile à 3 heures du matin, l'a molesté, menotté et
emmené vers une destination inconnue.

Des membres des services secrets américains sont ensuite revenus à son
domicile pour une seconde fouille, détruisant portes, fenêtres et
meubles. Quand on connaît les méthodes d'interrogatoire US, on est en
droit de craindre pour la vie de cet homme politique irakien.

Abdul Jabbar Al-Kubaysi a longtemps été réfugié politique en France où
il a participé ces derniers mois à diverses conférences de solidarité
avec la résistance irakienne.

L'Alliance Patriotique Irakienne (IPA) est un regroupement politique
qui cherche à unifier le mouvement de résistance irakien.

Le 6 septembre 2004

Contact : Gilles Munier -
Secrétaire général - Portable : 06 19 74 45 99