KOSMET (italiano / francais)

1. Le Monde, le journal qui ment

2. BREVI e LINK

3. Renvois: le HCR inquiet, Lausanne catégorique

4. Entretien avec Mgr Artemije


=== 1 ===

Le Monde, le journal qui ment

Dans son article « 1995 (sic) : la purification ethnique au Kosovo »
paru dans Le Monde du 12/12/04, Christophe Châtelot écrit :

« Le 24 mars 1999, les avions de l'OTAN bombardaient pour la première
fois le sol yougoslave. La campagne aérienne durera soixante-dix jours.
Sur le terrain, les forces yougoslaves s'emploient à vider la région de
sa population. Plus d'un million de personnes - soit 50 % de la
population - seront contraintes au départ, essentiellement vers
l'Albanie ou la Macédoine. Des milliers de maisons sont incendiées. Les
exécutions sommaires, viols, pillages se multiplient. Plus de 10000
Albanais périront avant que Slobodan Milosevic ne jette l'éponge, en
juin 1999. »

En février 2003, l'Office on Missing Persons and Forensics, organisme
officiel dépendant du Département de la Justice de la MINUK (Mission
d'administration intérimaire des nations unies au Kosovo), dénombrait
2212 victimes identifiées et 4233 disparus (3324 Albanais et 909
non-albanais), 169 de ces disparus étant d'ores et déjà considérés
comme morts sans que leur corps ait été retrouvé ou identifié (cf.
UNMIK/PR/917, http://www.unmikonline.org/press/2003/pressr/pr917.htm).

Selon les dernières statistiques publiées dans le dernier rapport de
l'OMPF paru fin 2004 (cf.
http://www.unmikonline.org/justice/ompf/reports/
OMPF_activ_rep_2002_04.pdf), le nombre de victimes identifiées s'élève
désormais à 3105 (2212 + 893) et le nombre de disparus à 3192 (2460
Albanais, 529 Serbes, et 203 personnes d'autres nationalités).

En ajoutant le nombre de victimes identifiées aux personnes disparues
(en considérant que celles-ci auraient toutes perdu la vie durant le
conflit de 99) on obtient un nombre total de morts - toutes
nationalités confondues - de l'ordre de 6300. On peut en déduire que le
nombre d'Albanais tués n'a certainement pas excédé 5500. Par
conséquent, on est bien loin des « plus de 10 000 Albanais » qui
auraient prétendument péri en raison de l'obstination du monstre
Milosevic à défendre l'intégrité de son pays.

Par ailleurs, contrairement à ce qu'affirme Châtelot, le nombre
d'habitants du Kosovo ayant quitté (volontairement ou sous la
contrainte) la province entre mars et juin 1999 est de l'ordre de 550
000 (voir les estimations corrigées données par Christophe Chiclet dans
Kosovo : le piège, L'Harmattan 2000) et non du million.

Conclusion (empruntée à Jean-Marie Colombani) : Pour que Le Monde
redevienne « le journal dans les colonnes duquel la recherche de
l'exactitude permet aux lecteurs de trouver une référence, une réponse
sûre, une validation. Le journal où la compétence prime sur toutes les
connivences », il faudra certainement plus qu'un simple - mais
néanmoins nécessaire - changement de tête à sa direction.

Marc-Antoine Coppo


=== 2 ===

SERBIA/MONTENEGRO:MIGLIAIA PROTESTANO DOPO UCCISIONE ALBANESE

(ANSA-REUTERS) - PRESEVO (SERBIA/MONTENEGRO), 10 GEN - Sale la tensione
nella nella valle del Presevo, nel sud della Serbia, dove migliaia di
albanesi hanno inscenato una protesta dopo che venerdi' una guardia di
frontiera serba ha sparato e ucciso un albanese di 16 anni che cercava
di passare il confine con la Macedonia. I cartelli innalzati e gli
slogan scanditi nella manifestazione - tesa e affollata da almeno 5.000
partecipanti - chiedono soprattutto il ritiro delle truppe di Belgrado
dalla regione, abitata, come il vicino Kosovo e il nord della
Macedonia, in maggioranza da albanesi, e la loro sostituzione con una
forza di pace internazionale. Durante il fine settimana almeno 10.000
persone hanno partecipato ai funerali del giovane albanese Dashnim
Hajrulahu. La guardia di frontiera che l'ha ucciso ha detto che il
ragazzo cercava di passare illegalmente la frontiera macedone.
(ANSA-REUTERS). GV
10/01/2005 17:42

KOSOVO: ESPLOSIONE UCCIDE UFFICIALE POLIZIA ONU

(ANSA-REUTERS) - PRISTINA, 13 GEN - Un membro della polizia dell'Onu e'
stato ucciso nell'esplosione della sua auto nel Kosovo occidentale. Lo
ha detto un portavoce dell'Onu. Il portavoce, che non ha specificato la
nazionalita' del morto, ha detto che la polizia di Prizren sta
verificando ''la natura dell'ordigno esplosivo''. Le Nazioni Unite
hanno piu' di 3.000 poliziotti in Kosovo. (ANSA-REUTERS) DG
13/01/2005 11:06

KOSOVO: ANCORA 3MILA I DISPERSI,APPELLO CICR E ONU A DIALOGO

(ANSA) - GINEVRA, 14 GEN - A cinque anni dalla fine del conflitto del
Kosovo, la sorte di ben 3mila dispersi resta ignota, hanno deplorato
oggi a Ginevra l'Onu e la Croce rossa internazionale. Al termine di un
incontro presso la sede dell'organizzazione umanitaria, il presidente
del Cicr (Comitato internazionale della Croce rossa) Jakob Kellenberger
ed il reppresentante dell'Onu in Kosovo Soren Jessen-Petersen hanno
quindi lanciato un appello alla ripresa del dialogo diretto tra
Belgrado e Pristina sulla questione dispersi. Il Cicr e' pronto a
favorire tale ripresa ed ad assumere la presidenza di un gruppo di
lavoro sulla sorte dei dispersi, ha detto Kellenberger. Sulla
questione, anche l'Unmik (l'amministrazione dell'Onu in Kosvo) e'
pronta ad agire con l'appoggio della comunita' internazionale, ha
affermato Jessen- Petersen. La dolorosa questione e' in primo luogo
''umanitaria. Le famiglie dei dispersi soffrono da troppo tempo'', ha
detto Jessen-Petersen. Ulteriori rinvii nelle ricerche aggraverebbero
solo la sofferenza dei familiari che hanno il diritto di sapere cosa e'
successo ai loro cari. Un apposito gruppo di lavoro e' gia' stato
creato e riunisce autorita' serbe e del Kosovo. Ma dalla sua creazione
nel marzo 2004 si e' riunito una sola volta. Una ripresa del dialogo
diretto tra Pristina e Belgrado accelererebbe il processo per la
restituzione delle spoglie e la ricerca di notizie, ha sottolineato il
Cicr. (ANSA). XBV
14/01/2005 17:35

[SI NOTI CHE IL DISPACCIO ANSA QUI SOPRA OMETTE DI SPIEGARE CHE LA
GRANDE MAGGIORANZA DEI DESAPARECIDOS SONO SERBI, ndCNJ]

KOSOVO: PROCURA SERBA INCRIMINA ALBANESE PER CRIMINI GUERRA

(ANSA) - BELGRADO, 18 GEN - La procura speciale serba per i crimini di
guerra ha incriminato un albanese kosovaro ex membro dell'Uck
(l'esercito di liberazione del Kosovo attivo durante il conflitto degli
anni 1998/'99) per l'uccisione di civili serbi a Djakovica (Kosovo
meridionale) nel 1999. Lo riferisce l'agenzia Beta. L'accusato, Anton
'Pindjo' Lekaj, faceva parte secondo la procura di un gruppo che aveva
sequestrato 11 civili serbi, li aveva portati in un hotel e li aveva
per alcuni giorni torturati ''con particolare ferocia'', prima di
ucciderne quattro. Stando alla procura, Lekaj era un componente del
commando 'Cipat', struttura guidata dall'allora capo dell'Uck per la
zona di Dukadjini e attuale primo ministro kosovaro Ramus Haradinaj.
L'incriminazione odierna e' la prima della procura speciale - istituita
nel 2003 - contro un albanese kosovaro. (ANSA). OT
18/01/2005 13:59

KOSOVO: CAMBIO COMANDO TASK FORCE ERCOLE AVIAZIONE ESERCITO

(ANSA) - ROMA, 18 GEN - Si e' svolta oggi all' aeroporto di Djakovica
(Kosovo) la cerimonia del cambio di comandante della task force
'Ercole' tra il colonnello Antonino Giunta - cedente - ed il colonnello
Resbo Beritognolo, subentrante. Erano presenti il comandante della
Brigata Multinazionale Sud-Ovest (Mnbsw), generale Richard Rossmanith
ed il vice comandante della Brigata e comandante del contingente
italiano, colonnello Alberto Zuccaro. Il colonnello Giunta, dopo aver
comandato la task orce Ercole per oltre sei mesi, torna al 5/o
Reggimento dell' Aviazione dell' Esercito 'Rigel', con sede a Casarsa
(Pn). Il colonnello Bertignolo, anche lui pilota di elicotteri
proveniente dal 5/o 'Rigel' di Casarsa, ha alle spalle una
considerevole esperienza in operazioni fuori area. Ha infatti gia'
operato in Namibia, Somalia, Libano e Kosovo. I militari della task
force 'Ercole', assieme ai colleghi tedeschi, austriaci e svizzeri
della task force 'Mercury', forniscono con i loro elicotteri l'
indispensabile trasporto aereo tattico alla componente terrestre della
Brigata Multinazionale Sud-Ovest, permettendo tempestivi spostamenti di
materiali e uomini in tutta l' estesa area di responsabilita'. (ANSA).
NE
18/01/2005 17:30

---

Vallata di Presevo: nuove tensioni

13.01.2005 - Un giovane albanese è stato ucciso da militari
serbo-montenegrini mentre illegalmente attraversava il confine tra la
Serbia e la Macedonia. Mentre la comunità albanese torna a chiedere la
smilitarizzazione dell'area, da Belgrado Dusan Janjic, del forum delle
relazioni interetniche, chiede che al confine i militari vengano
sostituiti dalla polizia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3770/1/51/

Kosovo: nuovi disordini per colpa della KEK?

14.01.2005 - Da più parti giungono segnali di allarme per un
peggiorarsi della situazione in Kosovo. Tuttavia non sembra trattarsi
solo delle tensioni tra la maggioranza albanese e la minoranza serba,
un elemento di instabilità potrebbe essere innescato dalle misure
draconiane messe in atto dalla società elettrica kosovara, KEK, la
quale, per evitare il collasso finanziario, ha deciso di togliere il
servizio in quei villaggi [serbi, ndCNJ] che presentano una bassa
percentuale di pagamento delle bollette. Da Pristina scrive Francesco
Martino

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3777/1/51/


=== 3 ===

http://www.24heures.ch/home/journal/gros_titres/
index.php?Page_ID=6445&art_id=44535&Rubrique=Gros+titres
 
15 janvier
 
Renvois: le HCR inquiet, Lausanne catégorique
 
Le Haut-Commissariat aux réfugiés met en garde les autorités vaudoises
contre les dangers que comportent des expulsions vers le Kosovo. La
Municipalité s’oppose à tout départ forcé. De son côté, l’UDC Vaud
s’impatiente.
 
[ Sur la photo, prise il y a un an dans une église serbe, le message
peint en rouge témoigne de la vague de violences interethniques qui a
marqué le Kosovo en mars 2004 AFP ]
 
Aujourd’hui, la trêve prend officiellement fin. Mais les requérants
déboutés vaudois menacés de renvoi devront encore attendre mardi pour
en savoir plus. En effet, le Conseil d’Etat ne communiquera pas avant
cette date. En attendant, les positions se précisent. La Municipalité
de Lausanne appelle à renoncer aux renvois tandis que l’UDC Vaud veut
que les autorités passent aux actes. De sa position d’observateur
privilégié, le Haut-Commissariat des Nations Unies aux réfugiés (HCR)
met en garde contre les risques que comportent des renvois au Kosovo,
comme il l’avait déjà fait pour la Bosnie (24 heures du 25 novembre
2004). Interview d’Olivier Delarue, responsable du HCR pour la Suisse
et le Liechtenstein.
 
— Quelle est la situation sur place, cinq ans après l’intervention de
l’OTAN?
 
— Elle est extrêmement fragile, surtout pour les minorités. Cette
fragilité a été largement illustrée par l’éruption de violences
interethniques en mars 2004. Elle implique beaucoup de prudence dans le
cadre de renvois au Kosovo.
 
— Quelles sont ces minorités?
 
— Il y a les Roms, les Ashkaelis, les Egyptiens, les Bosniaques, les
Goranis et, bien sûr, les Serbes. Mais les Albanais du Kosovo sont
aussi minoritaires dans certaines régions au nord. En outre, ceux qui
ont fait un mariage interethnique ou qui ont été associés avec le
régime serbe après 1990 peuvent aussi être en danger.
 
— Que risquent ces minorités?
 
— Bien qu’il y ait une amélioration sur le terrain, cela n’empêche pas
qu’elles soient régulièrement la cible d’attaques, qui vont de la
violence verbale au jet de pierre, en passant par le vol systématique,
l’agression physique, ou même l’attaque à la grenade et le meurtre. De
plus, un sentiment d’impunité prévaut et tous les incidents ne sont pas
forcément rapportés par peur de représailles.
 
— Que préconise donc le HCR?
 
— Le retour d’une personne appartenant à l’une de ces minorités ne doit
se faire que sur une base volontaire. En outre, il faut évaluer la
situation de chaque personne qu’on envisage de renvoyer au cas par cas.
Et, pour ce faire, contacter le HCR et l’administration onusienne sur
place. Nous dénonçons l’alternative qui consiste à renvoyer les gens au
Kosovo mais pas chez eux, pour éviter qu’ils ne soient dans une zone où
ils sont minoritaires. Cela va à l’encontre de l’esprit de la
résolution des Nations Unies de juin 1999, en faisant du nettoyage
ethnique une réalité. Enfin, les retours doivent s’accompagner de
mesures pour améliorer la situation économique du pays. La Suisse en a
proposé, il faut maintenant les mettre en œuvre. Sans cela, il n’y a
pas de retour durable dans la dignité et ces gens risquent, à terme, de
revenir. De plus, ça n’a pas de sens de renvoyer des personnes qui ont
ici un travail, qui sont indépendantes financièrement et intégrées, à
un chômage certain. Il faut aussi tenir compte des enfants, pour ceux
qui ont grandi ici, c’est un déracinement.
 
— Qu’en est-il des personnes qui suivent un traitement ou encore des
femmes seules?
 
— Comme les enfants, elles font parties des personnes vulnérables. Pour
elles, il faut particulièrement bien évaluer les risques d’un renvoi,
et de son coût humain.
 
— Que pensez-vous de l’attitude du gouvernement vaudois?
 
— Nous espérons que les autorités vaudoises ont pris connaissance de
nos rapports (n.d.l.r.: le Service de la population reçoit ces rapports
et les lit «mais pas systématiquement» (dixit), il estime cependant que
ces considérations concernent les autorités fédérales) et qu’elles se
déterminent en toute conscience. Nos rapports sont très documentés du
fait de notre présence sur place et ne peuvent être soupçonnés de
partialité vu qu’ils ne sont pas rédigés pour la Suisse en particulier.
En dernier ressort, c’est aux Cantons d’organiser les renvois et de d
écider de ne pas les effectuer si les risques sont trop élevés.
Derrière les statistiques se cachent des familles et des situations
complexes et nous espérons que nos informations aideront le
gouvernement vaudois à prendre les bonnes décisions.
 
En cas de renvois, les requérants pourraient être exposé a des risques
d’attaques allant «de la violence verbale au jet de pierres, en passant
par le vol systématique, l’agression physique», selon les termes
d’Olivier Delarue, responsable pour la Suisse du HCR.
 
Lucia Sillig

Source :
http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Cette liste est gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN.
Les opinions éventuellement exprimées n'engagent que les auteurs des
messages, et non le CSO.


=== 4 ===

Kosovo: "La communauté internationale est coupable d'avoir toléré la
destruction de nos Eglises" - Entretien avec Mgr Artemije

http://religion.info/french/entretiens/article_136.shtml
 
Propos recueillis par Jean-Arnault Dérens
17 Jan 2005
 
L’Église orthodoxe serbe vient de déposer une plainte auprès de la Cour
européenne de justice contre les pays membres de l’OTAN pour la
destruction des églises et du patrimoine religieux serbe du Kosovo. Mgr
Artemije, évêque de Prizren et Raska, dont le diocèse couvre
l’essentiel du Kosovo, s’explique sur la position de l’Église.
 
 
Jean-Arnault Dérens - Mgr Artemije, dans quelles conditions l’Église
orthodoxe serbe a-t-elle célébré les fêtes de Noël (le 7 janvier, selon
le calendrier julien) au Kosovo?
 
Mgr Artemije - Vous le voyez vous-même: je ne peux pas me rendre à
Pristina sans une escorte de véhicules blindés de l’OTAN. Les Serbes
n’ont toujours aucune liberté de circulation, aucune assurance de
sécurité. Les frères et les sœurs sont revenus dans la plupart des
monastères détruits durant les pogroms de mars dernier, même si
parfois, ils doivent vivre dans les ruines.
 
Par exemple, j’ai participé, il y a quelques jours, en présence de
centaines de fidèles, aux célébrations de la saint Ioaniki, le
protecteur du monastère de Devic, en Drenica. Les sœurs y vivent à
nouveau, malgré le pillage et l’incendie du monastère.
 
Les moines sont aussi revenus vivre dans le monastère médiéval des
Saints Archanges, à côté de Prizren, entièrement détruit par les
émeutiers albanais. L’Église a financé l’installation d’un petit
édifice provisoire, pour qu’ils puissent survivre aux rigueurs de
l’hiver dans cette zone de montagne.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Église orthodoxe serbe vient de déposer une
plainte auprès de la Cour européenne de justice. Sur quoi porte cette
plainte?
 
Mgr Artemije - Cette plainte couvre l’ensemble des destructions
commises depuis l’entrée des troupes de l’OTAN au Kosovo et Metohija,
en juin 1999. Les violences du mois de mars 2004 ne représentent pas le
début le début des violences, elles en marquent seulement le point
culminant. Cette plainte concerne exclusivement les violences commises
contre l’Église et ses possessions, elle ne concerne donc pas les vols,
les viols, les pillages, les meurtres dont la communauté serbe a été
victime durant cette même période. L’Église orthodoxe serbe est une
victime par excellence, rien d’autre qu’une victime. Depuis 1999, c’est
la principale des victimes. Si le régime de Slobodan Milosevic avait
violé les droits des Albanais, rien de tel ne peut être reproché à
l’Église.
 
Jean-Arnault Dérens - Pourquoi cette plainte a-t-elle déposée auprès de
la Cour européenne de justice?
 
Mgr Artemije - Nous voulons la vérité et la justice. Or, ici, depuis
1999, il n’y a plus de justice pour les Serbes et leur Église. Aucune
instance judiciaire du Kosovo n’était capable de répondre à notre
attente. Le Kosovo et Metohija a été divisé en cinq secteurs militaires
par l’OTAN. Notre plainte concerne seulement les quatre pays européens
qui exercent le commandement militaire dans ces secteurs, c’est-à-dire
la France, l’Allemagne, l’Italie et la Grande-Bretagne. Le cinquième
secteur est placé sous commandement américain, or les USA ne répondent
bien sûr pas de la juridiction de la Cour européenne de Strasbourg.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Union européenne a proposé un plan pour la
reconstruction des édifices religieux détruits, mais vous l’avez
rejeté...
 
Mgr Artemije - Si la reconstruction s’effectuait dans le cadre de la
Mission des Nations Unies au Kosovo (MINUK), celle-ci la déléguerait
aux «institutions provisoires» albanaises du Kosovo. C’est-à-dire que
l’on confierait la reconstruction de nos églises aux autorités et aux
personnes qui sont responsables de leur destruction! La communauté
internationale explique qu'il doit revenir à ceux qui ont détruit les
églises de les reconstruire. Nous disons au contraire que c'est au
peuple serbe de reconstruire ses églises.
 
Depuis les émeutes de mars, beaucoup de maisons serbes ont été
officiellement reconstruites, mais aucune de ces nouvelles maisons
n’est habitable tellement les travaux ont été bâclés, je n’ose donc pas
imaginer ce qu’il pourrait en être pour des églises du Moyen-ge! De
toute façon, sans le retour des 250 000 Serbes chassés du Kosovo,
aucune reconstruction n’est possible. S’il n’y a plus de fidèles, à
quoi cela sert-il de reconstruire une église? Cette église sera de
nouveau rapidement détruite. De surcroît, l’Europe ne parle de la
reconstruction que des églises détruites en mars 1999, sans évoquer la
centaine de lieux de culte qui avaient déjà été détruits ou saccagés
entre 1999 et 2004.
 
Cependant, si quelqu'un veut nous apporter une aide, nous y sommes
favorables. La communauté internationale est coupable d'avoir toléré la
destruction de nos églises. Il est donc normal qu'elle paie pour leur
reconstruction. Nous sommes favorables au principe de la coopération
avec l’Union européenne et toutes les institutions internationales,
mais envisager une politique de reconstruction dans les circonstances
actuelles est illusoire. Je viens de me rendre à Strasbourg, à
l’invitation du secrétaire général du Conseil de l’Europe. Nous n’avons
pas pu trouver de terrain d’entente, mais les voies du dialogue ne sont
pas fermées pour autant.
 
Jean-Arnault Dérens - Avez-vous les moindres contacts avec le diocèse
catholique du Kosovo?
 
Mgr Artemije - Je n'ai aucun contact avec ce diocèse et son évêque
depuis des années. Je crois que l'évêque catholique de Prizren aurait
trop peur d'être accusé d'être accusé de mauvais patriotisme par les
extrémistes albanais pour oser s'adresser à l'Église orthodoxe.
 
De surcroît, l'Église catholique du Kosovo reprend et véhicule la thèse
selon laquelle nos églises et nos monastères orthodoxes auraient été
construits sur les ruines d'édifices catholiques plus anciens. Ce
mensonge que toutes les traces archéologiques démentent sert uniquement
à justifier les prétentions à l'autochtonie des nationalistes albanais.
Nous regrettons que l'Église catholique le reprenne à son compte.
 
Aujourd'hui, certains voudraient d'ailleurs bien que nous
reconstruisions nos églises détruites, mais pas à l'endroit où elles se
trouvaient! Il s'agit toujours de la même stratégie, visant à faire
disparaître toutes les traces de la présence serbe au Kosovo et
Metohija.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Église avait appelé au boycott des élections
parlementaires du Kosovo le 23 octobre dernier. Comment jugez-vous la
situation politiqu actuelle?
 
Mgr Artemije - 99,7% des Serbes ont dit non aux institutions actuelles
du Kosovo. En 2001, nous avions fait le choix de la participation aux
élections et de la coopération. Qu’avons-nous obtenu? Les émeutes de
mars. En 2001, j'avais moi-même appelé les électeurs serbes à
participer aux élections, mais cette année les conditions les plus
élémentaires n'étaient absolument pas remplies. Comment cautionner une
parodie de démocratie, quand les Serbes sont toujours privés de la
moindre sécurité, cantonnés dans des ghettos, contraints à se déplacer
sous escorte des soldats de l'OTAN?
 
Jean-Arnault Dérens - Avez-vous rencontré le nouveau chef de la MINUK,
Soren Jessen-Petersen?
 
Mgr Artemije - Bien sûr, il est venu me rencontrer ici-même, au
monastère de Gracanica. Je pense malheureusement que, comme ses
prédécesseurs, il travaille dans l’intérêt exclusif des Albanais, et je
lui ai dit.
 
Jean-Arnault Dérens, qui collabore régulièrement à Religioscope, est le
rédacteur en chef du Courrier des Balkans.
© 2005 Jean-Arnault Dérens