'GUERRA' DI SCRITTE SUL M. SABOTINO, TRA ITALIA E SLOVENIA

(ANSA) - GORIZIA, 21 MAR - Continua la battaglia a suon di scritte sul
versante sloveno e italiano del monte Sabotino, alle porte di Gorizia,
dove corre il confine tra Italia e Slovenia. Una battaglia realizzata
mediante l' opportuna sistemazione di pietre bianche in mezzo alla
vegetazione, per formare slogan visibili a distanza, che, sotto l'
apparenza della burla, rischiano pero' di rinfocolare - come ricordano
oggi ''Il Piccolo'' e il ''Corriere della sera'' - i mai del tutto
sopiti nazionalismi di queste zone. E' di poche ore fa, infatti, la
comparsa sul versante italiano del Sabotino della scritta ''W l'
Italia'', in evidente contrapposizione al ''Nas Tito'' (ovvero Nostro
Tito), che era tornato a campeggiare dal 5 marzo scorso sulla parte
slovena del monte. La scritta ''italiana'' e' stata realizzata 'ex
novo', non si tratta di un intervento di restauro come lo fu per il
''Nas Tito'', fatto ricomparire nel marzo dello scorso anno, dalla
vegetazione che lo stava inghiottendo, dopo che era rimasto nell' oblio
dagli anni Settanta, quando la scritta, lunga un centinaio di metri e
alta 25, era apparsa per la prima volta in occasione di un raduno della
gioventu' socialista, avvenuto a Nova Gorica. La scritta inneggiante al
Maresciallo Tito, corredata da una bandiera slovena, era poi stata
rinnovata il 30 aprile 2004, alla vigilia della cerimonia di Gorizia
per l' ingresso della Slovenia nell' Unione europea. Il 26 giugno 2004,
con un blitz notturno, ''Nas Tito'' venne trasformata in ''Nas Slo'',
sigla che indica la Slovenia. Poi, il 5 marzo scorso, la versione
originale della scritta e' tornata sul Sabotino. Il goriziano David
Peterin, di 23 anni, ha rivelato di esserne stato l' autore, assieme a
una cinquantina di persone. ''Non c' e' nessuna lettura politica
particolare - ha detto - ma semplicemente la volonta' di non
dimenticare quella che e' un' importante pagina di storia''. Il 19
marzo sul Sabotino si e' realizzata anche una beffa: qualcuno, di
notte, ha modificato la prima ''T'' del nome del Maresciallo jugoslavo
in una ''F'' e la seconda in una ''D''. Ed e' spuntato ''Nas Fido'',
come dire ''il nostro cagnolino''. L' ultimo atto e' avvenuto neanche
ventiquattr' ore dopo, con il ripristino di ''Nas Tito'' e la scritta
alternativa sul versante italiano. Sul rischioso ''gioco'' delle
scritte il sindaco di Gorizia, Vittorio Brancati, non si sbilancia.
Anche se le sue convinzioni ce l' ha. ''Le teste calde - ha osservato -
ci sono al di qua e al di la' del confine. Saranno quattro gatti. L'
importante e' isolarli ed emarginarli. Ne abbiamo parlato anche con il
sindaco di Nova Gorica, Mirko Brulc''. Ma la preoccupazione c' e',
perche' ''e' chiaro - ha aggiunto il primo cittadino - che tutte queste
azioni non vanno certamente nella direzione della collaborazione
transfrontaliera che faticosamente stiamo cercando di costruire''. Nel
maggio del 2004, in un' interrogazione, il deputato triestino di
Alleanza Nazionale Roberto Menia aveva chiesto ai ministri dell'
Interno e degli Esteri interventi per rimuovere la scritta sul monte
Sabotino. Nel giugno dello stesso anno un' imponente scritta, sempre
inneggiante a Tito, era stata ripristinata anche sul versante sloveno
del monte Concusso, nei pressi del valico confinario con l' Italia di
Basovizza, situato alla periferia di Trieste. (ANSA). CAU
21/03/2005 14:06

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Nasv Tito a Bagnacavallo

Di Moni Ovadia

Sul confine fra Italia e Slovenia ricompaiono da qualche giorno
bellicose scritte di tono nazionalista. C’era da aspettarselo:
revisionismi e nostalgie di casa nostra, del tutto illegittimi, hanno
prodotto quello che può essere considerato a tutti gli effetti il loro
frutto avvelenato.
Non va infatti dimenticato che è stata portata alla sensibilità delle
popolazioni slave, che hanno sofferto la brutalità nazifascista già a
partire dagli anni Venti, un’inutile e pretestuosa provocazione.

Una provocazione rappresentata da una retorica patriottarda, che non ha
lo scopo di rendere giustizia a ogni vittima, ma ha lo scopo politico
di raggranellare voti e di tentare una larvata riabilitazione
dell’esperienza fascista italiana. Un esempio di questa operazione
strumentale è stata l’imbarazzante fiction televisiva "La luna nel
pozzo".
Ma va chiarito che non ci sarà un’Europa libera e democratica, e noi
italiani non ne faremo parte nel modo che ci compete, finchè la nefanda
eredità del fascismo non sarà collocata nel posto che le spetta:
l’infamia morale senza remissione.
Il nazionalismo è l’ultimo rifugio dei peggiori mascalzoni. Non c’è
stata nella storia dell’umanità pestilenza peggiore, come il Novecento
ha dimostrato. Ma prima che venga usato dai mascalzoni, questo rifugio
viene preparato dai cretini. Si comincia imbrattando i muri, con
scritte di odio, con slogan improntati soprattutto alla
criminalizzazione dell’altro. E se questa è stata una devastazione nel
Novecento, immaginiamoci che cosa può essere oggi, mentre stiamo
costruendo l’Europa politica.
La separazione consensuale di Cechia e Slovacchia oggi si rivela
abbastanza insensata, visto che adesso entrambi gli stati siedono in
Europa. E che le vere sfide sono quelle della globalizzazione, del
multipolarismo. Bisogna entrare in relazione con i nuovi colossi
economico-politici, che sono la Cina e l’India.
Oggi sappiamo che l’essere umano è uno solo: ce l’ha spiegato la
scienza con la mappatura del genoma. Ma la Bibbia lo sapeva già
quattromila anni fa, quando ci diceva che tutti discendiamo da Adamo.
Oggi ogni forma di nazionalismo, prim’ancora che pericolosa, è dunque
insensata. La reazione ai processi di globalizzazione porta i soggetti
più deboli a reagire con isterie localiste.
A questo fenomeno ha dato una risposta geniale l’attore Ivano
Marescotti con il suo monologo "Bagnacaval". Nel quale si chiede:
perchè Emilia Romagna? Io voglio stare solo in Romagna. Poi ci pensa, e
distingue: però, quelli di Ravenna, via col Veneto; e quelli di Rimini,
via con le Marche.
Un pezzo alla volta, il protagonista stacca tutti i pezzi della
Romagna. Che finisce per coincidere con la sua città, Bagnacavallo. Poi
si accorge che di quella città la parte a Sud non gli piace: via anche
quella... Alla fine rimane solo casa sua, la sua famiglia: questa -
dice trionfante - è la Romagna.
Ma arriva il giorno in cui pensa che anche suo fratello, in fondo, è un
deficiente: allora via anche lui. Alla fine rimane solo, si guarda allo
specchio e dice: finalmente in Romagna, la vera autentica unica
Romagna. Adesso sì, dice con orgoglio, che sono in Romagna. Ma viene
colto da una leggera depressione e sibila: se non fosse che qualche
volta proprio non mi sopporto...

Moni Ovadia

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Ho inviato questo messaggio al sito di Rifondazione di Gorizia che ha
segnalato tra l'altro un articolo di Moni Ovadia sulla questione delle
scritte "Tito" sui monti sloveni che guardano verso Trieste:
 
Cari compagni,
ho letto gli articoli segnalati e mi è sinceramente spiaciuto dover
leggere nell'intervento di una persona che stimo sia come artista, sia
come analista di questioni politiche anche internazionali che  "Sul
confine fra Italia e Slovenia ricompaiono da qualche giorno bellicose
scritte di tono nazionalista". Ora, io non comprendo dove stia la
"bellicosità" in una scritta a Tito (né d'altra parte, colgo sentimenti
"bellicosi" se ci si limita a scrivere "W l'Italia").
Temo che la "bellicosità" in tutta questa vicenda sia invece quella dei
commentatori dei giornali, perché mi sembra che si voglia fare di
episodi sui quali si potrebbe tranquillamente sorvolare delle questioni
internazionali, fuori luogo in un momento in cui invece dovremmo
pensare soltanto a come programmare un futuro comune tra popoli che
confinano tra di loro.

Saluti comunisti
Claudia Cernigoi - Trieste