don Vitaliano Della Sala
Beatissimo Padre,
avrei voluto scriverti prima, ma ero sicuro che una mia lettera non
ti sarebbe mai giunta tra le mani, si sarebbe fermata tra quelle di qualche
tuo solerte collaboratore. Oggi sono sicuro che potrai finalmente leggermi
e ascoltarmi, leggere e ascoltare il mio cuore.
Ti ho voluto bene, ho ammirato il tuo coraggio nel difendere sempre
i poveri e la pace; oggi sono addolorato per la tua morte, come sono addolorato
ogni volta che muore un uomo o una donna, come sono stato addolorato per
la morte di mio padre. Non sono angosciato e non condivido lo strepito che
sta facendo "la folla" e i troppi potenti che dicono di piangerti; non credo
nell'angoscia nazionale raccontata dai giornali e dal "salotto buono" italiano
di Bruno Vespa, preoccupato solo dell'audience; non credo nemmeno nelle lacrime
dei tanti in piazza S. Pietro, che in questo modo scaricano collettivamente
altre angosce e altre paure, preoccupati esclusivamente di immortalare sul
display del loro telefonino l'immagine del tuo corpo esanime. I cristiani
non strepitano di fronte alla morte; noi cristiani crediamo nella resurrezione
dei morti, nella vita oltre la morte, e siamo certi che tu ora sei vivo,
come sono vivi tutti coloro che «ti hanno preceduto nel segno della fede
e dormono il sonno della pace», non importa se poveri e sconosciuti.

Forse ti faranno presto santo e noi tutti potremo considerarci privilegiati
per aver potuto vedere, sia pure purtroppo soltanto attraverso la televisione,
come sono gli occhi e il sorriso dei santi. Aggiungeranno il tuo nome all'elenco
delle migliaia di uomini e donne che tu, forse esagerando, hai canonizzato.
I potenti sfileranno, come in passerella, accanto alla tua salma muta; quegli
stessi potenti che causano le povertà sulle quali tu ti sei chinato; quegli
stessi potenti che scatenano le guerre contro le quali tu ti sei, a volte,
scagliato: se non hanno raccolto la tua sfida quando eri vivo, non illuderti,
non lo faranno neanche ora che sei morto.

Ti hanno definito "il grande" e forse è vero, ma sarei ipocrita se
mi accodassi a tutti quelli che stanno straparlando bene di te, perché così
conviene. Sai bene quello che il Vangelo dice: «Guai quando tutti diranno
bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti»
(Luca 6, 26). Tu non sei stato un falso profeta, ma uno che ha saputo dire
con coraggio quello che pensava. Ma, sotto il tuo pontificato è stato tolto
a tanti cattolici il diritto di parlare: hai giustamente combattuto il comunismo
illiberale che avevi subito nella tua Polonia, ma hai voluto una Chiesa che
rispecchia molto quel regime oppressivo.

E' strano, ti hanno sempre applaudito ipocritamente i potenti, dopo
che tu li avevi bacchettati; e i giovani, che realisticamente usano gli anticoncezionali,
ti hanno sempre acclamato dopo i tuoi discorsi di chiusura in campo morale,
continuando senza eccessivi scrupoli di coscienza a disobbedirti. Attorno
a te c'è stata una specie di isteria collettiva: più pretendevi dalla gente
e più ti acclamavano. Il segreto è stato probabilmente un efficiente ufficio
stampa, capace di gestire in maniera magistrale la comunicazione della tua
immagine e delle tue gesta.

Oggi la Chiesa, a conclusione della tua esperienza terrena, sembra
una di quelle case di un set cinematografico: la facciata bella e completa
che nasconde il vuoto. Ti dico questo perché ti voglio bene e voglio bene
alla nostra Chiesa, voglio il bene della Chiesa, e il volere bene esclude
l'ipocrisia e l'ossequio vile.

Qualcuno dovrebbe raccontare alle folle plaudenti le contraddizioni
del tuo pontificato, la tua, legittima, visione tradizionalista della Chiesa,
il tradimento verso il Concilio Vaticano II; il tuo esserti circondato di
collaboratori reazionari, che la dice lunga sulle aperture di facciata del
tuo pontificato; qualcuno dovrebbe spiegare la tua visione del potere, l'accentramento
di potere nelle tue mani, e in quelle del tuo entourage, che c'è stato sotto
il tuo pontificato e la mancanza di collegialità con l'episcopato; qualcuno
dovrebbe spiegare ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane e a
quelli delle altre religioni la tua idea di ecumenismo come riconoscimento
dell'unica verità posseduta esclusivamente dalla Chiesa cattolica; qualcuno
dovrebbe spiegarci come mai ti sei scagliato con forza contro la guerra in
Iraq e hai provocato la guerra in Jugoslavia quando il Vaticano ha riconosciuto
per primo l'indipendenza della Croazia, e perché non hai mai detto che ogni
guerra, la guerra in sé è ingiusta; qualcuno dovrebbe dirci che hai sbagliato
clamorosamente strategia quando, contribuito a far crollare i regimi comunisti
dell'est europeo, ti aspettavi, soprattutto per la tua Polonia, un prevalere
dei valori cristiani nella vita di quei Paesi e invece ha prevalso il consumismo
e il "neoliberismo sfrenato", ha prevalso quello che i tuoi predecessori
definivano «imperialismo capitalista del denaro».

Non avveniva da molto tempo che nella Chiesa ci fosse tanto terrore
ad esternare le proprie idee. In questi ultimi anni, si sono rafforzati i
tratti di una Chiesa intollerante, arrogante, inumana, che parla di diritti
dell'uomo all'esterno, ma non li rispetta al suo interno. Hai dichiarato
un numero elevatissimo di santi, ma al tempo stesso hai ignorato l'inquisizione
attuata nei confronti di teologi e sacerdoti. I nuovi santi, strumentalizzati
politicamente e commercialmente con spese ingenti e conseguenti profitti
per la Curia, sono soprattutto pie suore e fondatori di ordini religiosi
che spesso di "eroico" non hanno nulla. Uomini e donne (anche donne appartenenti
a ordini religiosi) che si sono distinti, per il loro pensiero critico e
per la loro energica volontà di riforme, sono stati invece trattati con metodi
da Inquisizione. Qualcuno dovrebbe raccogliere i frammenti di storia di tutti
i provvedimenti disciplinari, dei processi canonici o delle precisazioni
dottrinali, emanati dal Vaticano negli ultimi venticinque anni contro quei
sacerdoti, teologi e religiosi che hanno adottato un approccio molto più
ampio e flessibile nel trattare la delicata questione dei rapporti tra annuncio
evangelico, strutture religiose, contesti storico-sociali e norme morali.
Ne emergerebbe, tra l'altro, la storia del tentativo di difendere la visione
della Chiesa come istituzione - gerarchica, autoritaria e centralista - tutta
tesa a tradurre il messaggio rivoluzionario del Vangelo in norme morali e
giuridiche. Nel Vangelo c'è una parabola nella quale Gesù paragona il Regno
di Dio, quindi la Chiesa, a un granello di senape, il più piccolo tra semi
che però diventa un albero frondoso, «e fa rami tanto grandi che gli uccelli
del cielo possono ripararsi alla sua ombra»: paradigma della Chiesa-altra
che sempre più cattolici sognano e si impegnano a costruire. Una Chiesa inclusiva,
che non emargina, non usa la pesante scure del giudizio su nessuno, una «Chiesa
degli esclusi e non dell'esclusione», come ama affermare mons. Jacques Gaillot,
vescovo degli esclusi ed a sua volta vescovo escluso perché rimosso dalla
sua diocesi di Evreux, in Francia.

Nei tuoi ultimi giorni terreni ci hai, invece, dato grandi insegnamenti;
ci hai dimostrato come si soffre e si muore da cristiani, ci hai insegnato
che la morte, quando arriva, deve trovarci vivi. E' stata forse la tua lezione
più alta. Mi resterà sempre impresso nella memoria il tuo urlo silenzioso,
alla finestra del tuo apostolico appartamento l'ultima volta che ti sei affacciato,
quando hai capito che non saresti mai più riuscito a parlare. Allora, in
quel tuo silenzio straziante, ho ascoltato le urla di dolore di tutto il
XX secolo e di tutti i poveri del mondo. In quel momento mi sei parso grandissimo
e ti ho amato.

Ti saluto, nella certezza che tu, ora, non ti arrabbierai per quello
che ti ho scritto, perché abiti nel "mondo della verità", come dicono gli
anziani delle mie zone, e leggi nel mio cuore tutto l'affetto che provo per
te e per la nostra Chiesa. Sicuramente, invece, si arrabbieranno i tuoi collaboratori
e i miei diretti superiori; ma non importa, da te ho imparato che bisogna
sempre dire e amare «lo splendore della verità». Arrivederci in Paradiso.


parroco rimosso di Sant'Angelo a Scala (Av)

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