L'articolo che segue è in uscita sul prossimo numero de "La Montaigne"

Paola Cecchi - Nino Moscato

Il Kosovo in Italia:
i profughi delle guerre jugoslave nei "campi nomadi"

Nel precedente numero de "La Montagne" è stato presentato il libro
"Kosovo: buco nero d'Europa", scritto da U. Tommasi e M. Cataldo (ed.
Achab), che cercano di focalizzare l'attenzione sul Kosovo e
raccontano dei loro recenti viaggi in questo paese. A. Catone nella
prefazione ricordava che nella primavera del 1999, fu rovesciato dalla
NATO, Italia inclusa, un torrente di missili e bombe, bombe a grappolo
e proiettili all'uranio impoverito compresi, su tutto il territorio di
quella che si chiamava ancora Repubblica Federale Jugoslava. Egli
scrive: "dietro il McDonald troviamo McDonnel Douglas, il costruttore
degli F15 e di tanti caccia USA, poiché gli interessi economici delle
grandi potenze vengono sostenuti dalla potenza di fuoco dei
bombardieri. Ecco che la guerra contro la Jugoslavia frutta agli USA
la più grande base militare in Europa, Camp Bondsteel, che fra soldati
e uomini può ospitare fino a 50.000 persone: 25 chilometri di strade,
300 edifici, 14 chilometri di barriere di cemento, 84 chilometri di
filo spinato". Metteva inoltre in evidenza che "si nota un silenzio
imbarazzato e complice sul fatto che in Kosovo si sta realizzando un
etnocidio".
In Kosovo vivevano insieme non solo i Serbi e gli Albanesi, ma anche
i Rom, i Turchi, gli Askalija, i Goranzi, ecc… A scuola venivano
insegnate anche le lingue di origine; le radio, le televisioni, i
giornali trasmettevano e scrivevano nelle diverse lingue; persone non
credenti vivevano insieme a cristiani e musulmani, rispettandosi
reciprocamente e convivendo in pace. Per decenni la Repubblica
Jugoslava, socialista, ha integrato popoli e culture diverse, nel
pieno rispetto di tali diversità. Lo Stato jugoslavo è stato
deliberatamente fatto crollare a causa dell'ingerenza delle potenze
imperialiste che hanno, dapprima, stretto sul collo del paese il
cappio dell'indebitamento estero. La grave crisi economica degli anni
'80 ha strozzato il paese, ha provocato una profonda crisi sociale e
in questo contesto è stato fomentato il secessionismo e l'odio etnico,
che ha causato le guerre balcaniche e la frammentazione in tanti e
instabili staterelli a base etnica.
Questa situazione consente ai paesi imperialisti, pur in competizione
tra loro, di dominare e imporre i loro interessi. La partita si sta
ancora giocando.
Non dobbiamo dimenticare che in Kosovo si trovano importanti risorse
minerarie: oro, argento, piombo, cadmio nella zona di Trepca e i più
importanti giacimenti di lignite d'Europa. Nel bel video di Michel
Collon e Vanessa Stojilkovic, "I Dannati del Kosovo", si ascolta la
voce dei serbi, dei rom, degli egiziani, dei turchi, ecc…, che hanno
subito persecuzioni o hanno visto morire persone care. Nel video si
parla delle miniere di Trepca, si vede un'immagine del miliardario
George Soros e viene messo in evidenza che l'International Crisis
Group, finanziata da Soros, sta manovrando per la privatizzazione
delle miniere.
Si deve denunciare che le guerre e le persecuzioni in Jugoslavia hanno
causato morte e distruzione; migliaia e migliaia di persone che
vivevano in quel paese sono state costrette a fuggire e tanti sono
arrivati in Italia. Una legge, la n°. 390 per le persone che
scappavano dall'ex-Jugoslavia, è stata approvata dal Parlamento
italiano nel settembre del 1992, ma era in vigore un d.l. dal luglio
dello stesso anno e sono state aperte caserme per accogliere i
profughi nel Nord Italia. Alcuni gruppi di rom jugoslavi vivevano già
in Italia e avevano trovato una sistemazione provvisoria nei
cosiddetti "campi nomadi". Di recente (11 aprile) sul sito di
Repubblica è apparso un articolo sul famoso fotografo Berengo Gardin e
accanto all'articolo si nota una foto di una bimba nel fango, delle
roulotte scassate e sotto la scritta Firenze 1993, campo nomadi. Così
questi campi sono stati in buona parte l'approdo dei profughi che
fuggivano dalla Jugoslavia. Ma i nostri amici sono stati costretti a
diventare nomadi, infatti in Jugoslavia avevano case e lavoro.
Poche città italiane hanno avuto il privilegio di poter usufruire dei
fondi della legge 390; sono stati stanziati circa 400 milioni di
vecchie lire e, pare, che quasi la metà dei fondi non siano stati
usati. Qui a Firenze invece una parte delle persone che vivevano nei
campi sono state riconosciute profughe ed hanno avuto accoglienza
nelle case nel 1994. Nel 1999, dopo la fine dei bombardamenti della
NATO, in Kosovo sono iniziate le pulizie etniche da parte del UCK
contro i gruppi non albanesi e migliaia di persone sono scappate in
Serbia, in Macedonia, in Europa. I mezzi di comunicazione di massa,
dopo aver seguito con grande attenzione i 78 giorni dei micidiali
bombardamenti, hanno chiuso i collegamenti. Di nuovo a Firenze ed in
altre città sono arrivate migliaia di persone, provate dalla guerra e
da viaggi incredibili. Sono arrivati Rom del Kosovo, Askalija, e a
Siena centinaia di Goranci, un gruppo musulmano che viveva in una zona
di montagna del Kosovo. Di nuovo problemi, per trovare case o
sistemazioni di fortuna, la questione dei documenti, disagi di ogni
genere. Ancora oggi a distanza di sei anni alcune decine di famiglie
vivono in un campo vicino al fiume Arno nel quartiere 4. L'8 giugno
del 2003 in questo campo c'è stato un violento incendio e circa 30
famiglie hanno perso di nuovo tutto. Sono state fornite roulotte e
bagni chimici, ma sopravvivono, ad esempio, senza docce. Tra queste
persone ci sono alcuni ex operai della Zastava, la famosa fabbrica di
auto di Kraguievac (Serbia); adesso hanno difficoltà a trovare lavoro
anche qui in Italia. Alcuni nuclei familiari sono riusciti ad accedere
alle case popolari, avendo ottenuto un buon punteggio per la famiglia
numerosa e per la condizione di essere residenti in baracche.
Il buco nero del Kosovo esiste anche qui in Italia e nella ricca
Firenze. Il buco nero è qui la situazione dei campi e l'ipocrisia di
vederli abitati da nomadi incorreggibili che vivono così per loro
scelta. Vivere nei campi è un marchio che ti espone a mille pregiudizi.
Le guerre non rispondono mai alle esigenze dei popoli, ma sono gli
interessi dei paesi imperialisti ad usare le guerre per coprire altri
scopi, e a questo proposito non si deve ignorare l'attività delle
Fondazioni legate al miliardario americano Soros, definito speculatore
e "filantropo". In un articolo, pubblicato nel giugno del 2003 sulla
rivista della sinistra inglese "New Statesman", il giornalista Neil
Clark mette in evidenza che dal 1991 Soros attraverso il suo "Open
Society Insitute" canalizzò fondi all'opposizione anti-Milosevic,
fondando partiti politici, case editrici e media "indipendenti" come
Radio B92. L'articolo continua dicendo che Soros vuole una società
"aperta", non al rispetto dei diritti umani e alle libertà basilari,
ma aperta a lui e ai suoi soci e ai loro affari. L'Uck si dice che sia
stata finanziata da Wall Street e nel "Sole 24 ore" del 10 giugno 1998
si poteva leggere che era arrivato un milione di dollari di donazioni
per finanziare la guerriglia albanese.
Nelle ultime elezioni Soros, come molti ricordano, ha appoggiato e
finanziato J. Kerry e attaccato Bush, ma il giornalista Neil Clark
sostiene che Soros attacca Bush solo per il modo di procedere e
scrive: "Per anni Soros e le sue ONG hanno lavorato per estendere i
confini del mondo libero in modo così abile che nessuno se ne è
accorto. La visione convenzionale, condivisa da molti a sinistra, è
che il socialismo è collassato in Europa Orientale a causa della sua
debolezza strutturale e per il fallimento della élite politica nel
costruire un rapporto popolare. Ciò è parzialmente vero, ma il ruolo
di Soros è cruciale. Dal 1979 ha finanziato i dissidenti come
Solidarnosc in Polonia, Charta 77 in Cecoslovacchia e Andrei Sakarov
in Unione Sovietica. A più di dieci anni dopo la caduta del muro di
Berlino, Soros è il re senza corona dell'Europa Orientale. Il suo
Central European University, con campus a Budapest, Varsavia e Praga e
programmi di scambio negli USA, sfacciatamente spaccia l'etica del
capitalismo neo liberale e clona la prossime generazioni pro USA di
leaders politici della regione. La strategia di Soros per estendere la
Pax Americana differisce da quella di Bush, è molto più sottile. Ma è
ambiziosa e mortale."
E' sufficiente andare a vedere in internet alla voce George Soros. Si
arriva subito all'Open Society Institute, si vede che le sezioni si
aprono verso i vari continenti e paesi: Europa, Stati Uniti, America
Latina e Caraibi, Russia, Ucraina e Bielorussia, Asia, Africa, Turchia
e Medio Oriente. Dall'Open Society Institute è facile collegarsi con
ERCC (European Roma Rights Centre), un'organizzazione che si interessa
in maniera specifica del popolo Rom. La Fondazione centrale ha sede
in Ungheria, a Budapest. Fra i compiti principali dovrebbe combattere
il razzismo contro i Rom.

Attualmente si può vedere dal sito che l'organizzazione opera a
"favore" dei Rom in ben 39 paesi e fra questi è presente anche
l'Italia. Nel 2000 è uscito in edicola un libro, "L'Italia il paese
dei campi", con delle accuse molto gravi sul razzismo contro i rom che
si può rilevare in Italia, e sulla condizione terribile in cui sono
costretti a vivere nei campi. Sicuramente l'Italia ha dei problemi ad
affrontare la questione dei Rom. A Prato, ad esempio, vive una nutrita
comunità di Sinti (Rom italiani), i più anziani sono stati deportati
durante il fascismo e ancora adesso non hanno una vita facile in
Toscana. Ma è importante anche cercare di smascherare il gioco che i
personaggi come Soros portano avanti, mostrare che tante persone hanno
perso tutto, case, lavoro, affetti per colpa di una politica di guerra.

Nel marzo del 2004 un vero e proprio pogrom si è scatenato di nuovo
contro i serbi e i rom in Kosovo; ci sono stati morti, feriti e di
nuovo case bruciate e profughi.