Ringraziamo Ivan per la trascrizione dell'intervento.

---------------------------
Intervento di Vitomir Grbac, all?iniziativa "Partigiani", Roma, 7-8 maggio
2005

Sono onorato dell?invito a partecipare a questo raduno di antifascisti e
partigiani, in occasione del sessantesimo anniversario della vittoria ul
fascismo, soprattutto per il fatto che ho aderito alla lotta armata primadel
compimento del mio sedicesimo anno di età.
In questa lotta mi ha coraggiosamente accompagnato mia madre Maria, che vi
ha perso la vita l?11 agosto 1942, quale primo operatore sanitario della
regione.
Sono stato il più giovane tra le guardie di Tito, e ho trascorso al suo fianco
otto mesi di guerra, impegnato nelle due più cruenti battaglie della nostra
lotta. Riguardo a quest?esperienza ho pubblicato un libro intitolato "Al
seguito di Tito" (U Titovoj pratnji).
Durante la seconda guerra mondiale, sotto la direzione del Partito comunista,
con a capo Josip Broz Tito, in Jugoslavia è stata organizzata una guerra
antifascista vittoriosa e di grandi proporzioni.
In essa ha svolto un ruolo di rilievo anche la Croazia antifascista, che
si è opposta alla dittatura di Pavelic; le è stato reso merito nella Costituzione
dell?attuale stato autonomo di Croazia, che in essa viene definito "un paese
fondato sulle conquiste della lotta antifascista".
Purtroppo in questa stessa Croazia, dopo i cambiamenti sociali degli anni
novanta, sono pur sempre presenti, come in nessun?altra parte al mondo, idee
e attività di estrema destra.
Per illustrare quanto affermo citerò solo alcuni dati.
In Croazia, dopo i cambiamenti sociali degli anni novanta sono stati demoliti
o danneggiati 3.000 mila monumenti e lapidi dedicate alla lotta antifascista.
I diritti acquisiti dai combattenti antifascisti sono stati radicalmente
limitati. Alcune vie sono state intitolate a politici fascisti (ustascia).
I libri di testo traboccano di errori storici relativi all?epoca recente,
cosicché i giovani non hanno modo di trarre alcun insegnamento riguardo alla
lotta antifascista. Sono stati eretti e successivamente smantellati anche
dei monumenti dedicati a delinquenti fascisti. A Zara i neofascisti hanno
organizzato una marcia indossando uniformi e recando insegne fasciste.
Il 27 dicembre è stato minato anche il monumento al maggiore e più noto combattente
antifascista, Josip Broz Tito, nei pressi della sua casa natale a Kumrovec.

Poco tempo fa, sull?isola di Murter è stato minato ancora uno dei tanti monumenti
partigiani.
La lotta antifascista nel litorale croato e nella regione del Gorski kotar
si è evoluta prima e in modo più massiccio rispetto alle altre regioni croate.
Vi hanno contribuito il movimento operaio consolidato prima della guerra,
la forte influenza del Partito comunista della Croazia, l?orientamento antifascista
della popolazione stessa ed altri fattori.
Per tali motivi, già nel 1941 venne creato un numero considerevole di accampamenti
partigiani; sul finire dello stesso anno quello del Tuhobic contava ben 120
combattenti.
Parallelamente, evolvevano anche altre istituzioni ed organi del potere popolare
legate al movimento di liberazione. Continuava ad aumentare il numero dei
membri e delle organizzazioni del Partito comunista e della gioventù, venivano
istituite le organizzazioni del partito comunista e della gioventù, venivano
istituite le organizzazioni del fronte antifascista delle donne e della gioventù,
che avrebbero rivestito un ruolo importantissimo nel corso della guerra.
L?entità numerica delle unità partigiane andava aumentando di giorno in giorno.
Il 10 marzo 1942 il Distaccamento litoraneo montano contava 608 combattenti.
Le unità partigiane portavano a termine operazioni di successo in tutte le
direzioni.
L?eco di queste gesta faceva accorrere un numero sempre più grande di nuovi
partecipanti. Dalla cittadina di Delnice si unirono alla lotta ben 150 giovani.
Alla fine di marzo fu costituito ancora un battaglione. In meno di un mese
il distaccamento aumentò di 700 nuovi combattenti, mentre il 10 aprile ne
contava già 1.136.
A quei tempi, in base alle esperienze positive delle prime brigate proletarie,
il Comandante supremo Josip Broz Tito diede il via ad un?azione su vasta
scala, tesa a fondare truppe e battaglioni proletari d?assalto e giovanili
in tutte le regioni della Jugoslavia, in quanto aveva già una visione netta
riguardo alla progressiva creazione di un esercito di liberazione popolare
della Jugoslavia, poiché solo un organismo militare regolare avrebbe portato
alla realizzazione dei fini strategici.
Alla fine del 1942 vennero pertanto formate 28 brigate partigiane e 85 distaccamenti.
Nel corso del 1943 furono istituite 21 divisioni e 90 brigate. Si proseguì
inoltre con la formazione di distaccamenti partigiani il cui compito era
quello di coprire e difendere i territori e mobilitare nuovi combattenti.
L?Esercito di liberazione popolare contava allora 350 mila combattenti. Durante
il 1944 vennero formati 15 corpi d?armata, 35 divisioni, 180 brigate e 142
distaccamenti.
Durante l?intero corso della guerra, in Jugoslavia vennero costituite 68
divisioni, 4 delle quali italiane, 367 brigate e 556 distaccamenti partigiani.
L?Esercito di liberazione popolare e i distaccamenti partigiani della Jugoslavia
contavano, alla fine della guerra, all?incirca 800.000 mila combattenti.
La creazione e l?evoluzione dell?Esercito di liberazione popolare della Jugoslavia
è un esempio unico nella storia. Praticamente dal nulla, oltre ai 6.000 membri
del Partito comunista
e ai 12.000 membri della gioventù comunista (SKOJ), in un clima popolare
antifascista, fu costituito un esercito sotto la guida di Tito, che alla
fine della guerra fu in grado di combattere ad armi pari a fianco degli Alleati,
per sbaragliare il nazismo, ossia il male più grande della storia umana.
L?esercito di liberazione popolare della Jugoslavia s?impegnò, nelle operazioni
finali, a difendere parte del fronte alleato dall?Ungheria al mar Adriatico.
Sfondando il fronte dello Srijem il 12 aprile 1945, continuò a procedere
vittoriosamente verso occidente liberando il paese con le proprie forze.
Il forte afflusso di combattenti nelle unità della regione di Brinj, portò
alla costituzione del Quarto battaglione battezzato col nome della coraggiosa
partigiana Ljubica Gerovac, caduta il 16 aprile.
Alla compagnia delle cittadine di Susak e Kastav si accodò in una quindicina
di giorni un centinaio di nuovi combattenti per cui venne istituito anche
il Quinto battaglione, che ebbe il nome del partigiano istriano Vladimir
Gortan. E? di particolare importanza il fatto che esso venne costituito nei
pressi del confine italo - jugoslavo, col compito di penetrare con una parte
delle sue forze in Istria, per sostenere lo sviluppo del movimento di liberazione
popolare.
La situazione militare e politica nel territorio della Quinta zona operativa
era molto favorevole. Le azioni militari erano frequenti e di successo. La
mobilitazione dei combattenti nuovi procedeva molto bene. Il comando della
zona istituì pertanto due nuovi distaccamenti verso la fine del 1942.
L?occupatore non riusciva ad arginare la situazione, terrorizzava e minacciava
il popolo. Iniziò bruciare i villaggi e ad uccidere la popolazione inerme.
Nel Castuano, il 5 giugno furono uccisi dodici giovani, mentre il 12 luglio
del 1942 nel villaggio di Podhum furono fucilati oltre 100 uomini dai 16
ai 65 anni d?età; le case furono depredate e incendiate e le donne, i vecchi
e i bambini furono deportati nei campi di concentramento.
L?occupatore italiano diede quindi il via all?offensiva denominata "Operazione
Risnjak". Le forze impiegate erano di 20.000 uomini circa e furono dispiegate
nel territorio controllato dal Secondo distaccamento.
Venne però catturata nei boschi parte della popolazione che vi aveva trovato
rifugio e che quindi venne deportata nei campi di concentramento.
Nel settembre 1942 l?occupatore italiano intraprese un?operazione ancor più
massiccia, denominata "Velika Kapela", diretta nuovamente al territorio del
Secondo distaccamento. L?occupatore ingaggiò 40.000 soldati, parte dei quali
erano traditori del popolo.
Il comandante della Quinta zona operativa aveva però eseguito la ritirata
di tutte le forze partigiane per cui l?offensiva andò a vuoto. I villaggi
abbandonati furono messi a ferro e fuoco. Otto battaglioni partigiani riuscirono
ad attaccare l?occupatore alle spalle infliggendogli notevoli perdite.
Fallì ancora un tentativo dell?occupatore di distruggere le forze partigiane
della zona litoraneo montana.
Si verificò invece un loro sostanziale rafforzamento, cosicché subito dopo
l?operazione "Velika Kapela" (nome della montagna), il 6 ottobre 1942 a Dreznica
venne fondata la prima brigata litoraneo montana, cui fece seguito la seconda
il 26 novembre. Queste due unità tattico - operative diedero molto filo da
torcere all'occupatore nel periodo successivo.
Verso la metà dell?aprile 1943 dalla loro fusione nacque la Tredicesima divisione
litoraneo montana.
L?Italia fascista di Mussolini capitolò l?8 settembre. L? esercito di liberazione
popolare della Jugoslavia si preparava già a quest?evento.
Le unità vennero indirizzate alle guarnigioni italiane per effettuarne il
disarmo. Nel corso della capitolazione dell?Italia vennero requisiti grandi
quantitativi di armi e materiale bellico.
In tutte le regioni si manifestò un? insurrezione di massa. In Istria venne
fondata la Prima brigata "Vladimir Gortan".
Un gran numero di militari italiani passò all?esercito di liberazione popolare.
Si costituirono anche delle unità italiane speciali, ovvero ben 14 brigate
e 2 divisioni.
L?occupatore tedesco reagì tempestivamente e in modo energico, allo scopo
di calmare il vuoto venutosi a creare con la capitolazione dell?Italia.
Numerose unità dell?esercito popolare, completate con gran numero di combattenti
inesperti, vennero a trovarsi in una situazione difficile. Alcune di esse
furono temporaneamente smembrate.
Era l?inizio dell?inverno 1943/1944, le unità della Tredicesima divisione
continuavano la lotta nel territorio montano della Lika e del Gorski Kotar.
Dopo scontri cruenti con i tedeschi, circa 1.600 combattenti vennero sorpresi
l?11 e il 12 di febbraio da una tremenda tormenta nella regione montana quasi
del tutto disabitata, poiché la popolazione si era ritirata nei boschi.
Un simile raggruppamento di soldati e civili in una regione inospitale provocò
tutta una serie di problemi sia per quanto riguardava il riparo che i rifornimenti.
La seconda brigata si trovò nella situazione più difficile. Essa si riunì
alla propria divisione dopo tre mesi di marce quotidiane e di scontri violenti
e sfibranti, oramai ridotta allo stremo. Persero la vita, furono feriti o
si ammalarono gravemente più di 200 dei suoi combattenti.
Più della metà dei rimanenti giunse priva di calzature, vestita di indumenti
nient?affatto idonei al rigore d?inverno.
Prendendo in considerazione tutto ciò si fece strada l?idea di trasferire
tutto il contingente in un altro territorio per evitare conseguenze tragiche.
Venne quindi approvata la proposta del comando della Seconda brigata di organizzare
il trasferimento nel Gorski kotar. Il 19 febbraio 1944, al mattino presto,
dopo una frugale colazione, la Seconda brigata con 680 combattenti circa
partì in marcia da Dreznica diretta a Mrkopalj attraverso Jasenak e la piana
di Matic.
I combattenti e i loro ufficiali erano contenti di trasferirsi in una zona
che avrebbe offerto loro condizioni di sopravvivenza migliori. Nessuno di
essi immaginava ciò che sarebbe accaduto la tragica notte tra il 19 e il
20 febbraio. La giornata invernale era rigida ma serena. Dopo un paio di
soste, la brigata giunse al villaggio di Jasenak, dove si sarebbe rifocillata
e avrebbe pernottato. Qui però non trovò né cibo né rifugio, per cui i combattenti
proseguirono la marcia.
Gli inverni della zona sono noti per loro rigidità e lunghezza. Alle ore
17 il freddo si fece più pungente. Nella neve alta e nel gelo i cavalli e
i muli cominciarono dapprima a perdere il passo, poi a cadere ed infine a
soccombere. Alcuni furono fatti tornare a Dreznica, per cui i combattenti
si sobbarcarono il loro carico.
Il tempo cominciò a peggiorare. La neve, cadendo sempre più fitta, rallentava
il passo e allungava la colonna dei combattenti. La stanchezza, la fame e
lo sfinimento rendevano l?avanzata quasi impossibile.
La tormenta non dava tregua, il vento schiantava i rami e addirittura gli
alberi. La lunga colonna conduceva una battaglia impari con le forze della
natura. Il freddo gelava il sangue nelle vene, sventrava gli alberi di faggio
come nemmeno un?arma sarebbe riuscita a fare. Chi conosce quei luoghi dice
che ciò accade a temperature inferiori ai 35° sotto zero.
La colonna procedeva ormai quasi impercettibilmente; i combattenti si trascinavano
le gambe quasi fossero di piombo.
Il comando cercava di alleviare la marcia alternando le unità alla testa
ella colonna, per aprire la pista nella neve alta due metri. Parte degli
armamenti pesanti venne abbandonata e nascosta. Tornare era impossibile e
proseguire sempre più difficile. La morte bianca affilava i suoi denti e
prima ancora di giungere alla piana di Matic falciò i più esausti e affamati.
Ci fu chi sparò con i fucili automatici per strappare i compagni da quello
strano sonno che portava direttamente alla morte. Alcuni morirono già lungo
la salita. Il peggio però li aspettava nella piana di Matic dove la temperatura
era ancora più bassa e la tormenta più forte.
Proprio qui, non molto lontano dal paese di Mrkopalj, designato come punto
di arrivo, trovarono la morte ben 26 partigiani e circa 200 subirono pesanti
conseguenze dovute all?assideramento.
Le 17 donne partigiane superarono tutte la tremenda marcia. Nessuna di esse
morì per assideramento. Antonia Dovecar era al settimo mese di gravidanza.
Due mesi dopo partorì un maschietto dal peso di 5 kg destando la sorpresa
di tutti. Il medico della divisione gli diede il nome di Ratimir (guerra
e pace), come buon auspicio di una vita serena.
Il "partigiano" più piccolo di questa colonna ha oggi 61 anni, è professore
alla Facoltà di marineria di Portorose (Slovenia) ed è qui tra noi, oggi.
Sua madre Antonija ha 90 anni e vive a Capodistria. Il padre, uno sloveno
di nome Miroslav, combattente della prima ora, si è spento vent?anni fa.
Durante questa marcia la brigata riportò le perdite maggiori dal giorno della
sua fondazione. Riuscì però a recuperare, arricchita di forze nuove e a reinserirsi
nella divisione al suo posto di combattimento.
C?era ancora tanto da combattere fino alla fine della guerra, per annientare
la Germania nazista.
La Seconda brigata diede il suo contributo sino alla fine del suo cammino,
ossia alla liberazione del paese.
La marcia eccezionale della Seconda brigata è il tema centrale del mio libro
intitolato "LA MORTE BIANCA".

Grazie!

Vitomir Grbac, master in Scienze storiche

Il libro "La morte bianca" (Bijela smrt), edito dalla Casa editrice Adamic
s.p.a, Rijeka ? Fiume, 2004

__________________________________________________________________
TISCALI ADSL 1.25 MEGA a soli 19.95 euro/mese
Solo con Tiscali Adsl navighi senza limiti di tempo
a meno di 20 euro al mese. E in piu' telefoni senza
pagare il canone Telecom! Scopri come, clicca qui
http://abbonati.tiscali.it/adsl/sa/1e25flat_tc/