"Essere comunisti" sul progetto di risoluzione del Consiglio d'Europa
"contro i crimini del comunismo"

di Essere comunisti

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Sul progetto di risoluzione del Consiglio d'Europa "contro i crimini
del comunismo"

Al Presidente dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa
Sig. Renè van der Linden

Spett. Sig. Presidente,

siamo venuti a conoscenza in questi giorni che il 13 settembre 2005 il
Bureau dell'Assemblea discuterà un progetto di risoluzione sulla
"necessità di una condanna internazionale dei crimini del comunismo",
elaborato dalla Commissione politica del Consiglio, da sottoporre
all'approvazione dell'Assemblea nella sua sessione dell' ottobre 2005.
Nella stessa seduta verrà discussa contestualmente anche una
risoluzione di "condanna di ogni apologia e giustificazione del nazismo".

Consideriamo grave e apertamente reazionaria tale iniziativa, resa
ancora più indegna da tale contestualità. Protestiamo contro di essa,
chiediamo che essa venga ritirata. Tanto più che essa si sviluppa in
occasione del 60° anniversario della Liberazione dell'Europa e del
mondo dal nazi-fascismo, resa possibile da una coalizione di forze di
cui i comunisti furono componente essenziale.

Nel progetto di risoluzione si giunge ad affermare che "i crimini
compiuti in nome del comunismo" furono anche "la conseguenza diretta
della teoria della lotta di classe", "parte integrante di un'ideologia
comunista che imponeva l'eliminazione delle persone considerate
dannose per la costruzione di una nuova società"; che la "caduta dei
regimi comunisti in Europa non è stata seguita da adeguate ricerche e
dibattiti internazionali sui crimini commessi in nome dell'ideologia
comunista" e che "tali crimini non sono stati condannati dalla
comunità internazionale così come è stato fatto per gli orribili
crimini commessi in nome del Nazismo". Per cui "ne è conseguito che
l'ostilità verso i crimini del comunismo è assai debole", al punto che
vi sono "partiti comunisti che sono legali e operano in alcuni paesi
nonostante essi non abbiano preso apertamente le distanze" da quei
crimini. Ed esistono pure "regimi comunisti tuttora operanti dove tali
crimini continuano a compiersi".

La principale fonte citata dagli allegati al progetto di risoluzione è
il "Libro nero del comunismo", il cui principale autore e curatore,
Stéphane Courtois, è uno dei tre relatori alla Commissione che ha
elaborato il progetto di risoluzione, insieme all'ex dissidente
sovietico Vladimir Bukovsky e al Sig. Toomas Hiio, Presidente estone
di una "Fondazione per la ricerca dei crimini contro l'umanità".

Al progetto di risoluzione viene allegato un memorandum che, citando
il "libro nero del comunismo", giunge tra l'altro a conteggiare in "un
milione" le persone "uccise dal regime comunista in Vietnam" (sic),
considera "similari" i crimini compiuti da comunismo e nazismo,
esprime preoccupazione per "una sorta di nostalgia del comunismo
ancora viva in alcuni paesi, il che crea il pericolo che i comunisti
possano prendere il potere in questo o quel Paese".

Al progetto di risoluzione viene pure allegato un significativo testo
di "raccomandazioni" in cui si auspica – tra l'altro - che il
Consiglio d'Europa "promuova una campagna pubblica europea sui crimini
del comunismo, che comporti anche una revisione dei libri di scuola";
e chiede che "vengano rimossi, dove ancora non è stato fatto,
monumenti, nomi di vie e ogni altro simbolo che possa avere una
qualche connessione coi crimini commessi in nome del comunismo".

Respingiamo tale approccio, che suscita in noi indignazione politica e
morale. Sappiamo che essere comunisti oggi è difficile, anche perché
più che mai violento è l'attacco alle nostre idee, alle nostre
aspirazioni, alla nostra storia. Il revisionismo storico, che punta a
criminalizzare l'idea stessa della lotta di classe, stravolge l'intera
esperienza del movimento rivoluzionario operaio e comunista
presentandola come una sequenza di violenze e di fallimenti, come un
cumulo di macerie. Contro le rivoluzioni proletarie e la stessa
Resistenza antifascista vengono intentati processi sommari con
condanne senza appello.

Non ci riconosciamo in questi bilanci, che riteniamo storicamente e
politicamente errati. Il movimento comunista ha dato forza alla
rivendicazione dei diritti fondamentali delle masse lavoratrici e si è
sempre schierato contro la guerra, per la pace e per la giustizia
sociale. L'insegnamento dei suoi più grandi dirigenti del Novecento –
da Lenin a Gramsci – è ancora un contributo prezioso per l'analisi
critica della società capitalistica. Le grandi rivoluzioni che si sono
susseguite dopo il 1917, hanno liberato sterminate masse di popolo e
inaugurato una nuova epoca storica, nella quale si colloca la nostra
esperienza di comunisti. La Resistenza antifascista – nella quale
furono in prima fila i partigiani comunisti – ha permesso al nostro
paese di riconquistare dignità e democrazia dopo l'infame vicenda del
fascismo, delle sue leggi razziste e della guerra al fianco di Hitler.

Di questa storia siamo orgogliosi. Non ne dimentichiamo limiti e
pagine buie. Pensiamo che occorra, certo, procedere nella ricerca e
nella riflessione. Ma rivisitare la storia non significa rimuoverla.
Occorre evitare tanto difese acritiche quanto atteggiamenti liquidatori.

È necessario porre un argine al revisionismo storico che cancella o
riduce le colpe della borghesia e del capitalismo e criminalizza la
storia del movimento operaio e comunista. Finché il revisionismo
storico sarà egemone, il capitalismo riuscirà a nascondere le proprie
responsabilità per la maggior parte delle pagine più oscure della
storia moderna e contemporanea (la tratta degli schiavi, la miseria
delle masse proletarizzate, i genocidi del colonialismo, le guerre
mondiali, il nazifascismo e – oggi – la guerra preventiva e permanente).

Ciò di cui abbiamo bisogno è un bilancio critico della storia del
movimento operaio in 150 anni di lotta di classe. La critica netta
degli errori e dei processi degenerativi che hanno macchiato alcuni
momenti della storia del movimento comunista e del «socialismo reale»
fa irreversibilmente parte del nostro patrimonio culturale, politico e
morale. Siamo consapevoli della loro portata e delle gravi conseguenze
che ne sono derivate anche per chi non ha disertato la lotta nel nome
del comunismo. Avvertiamo ogni giorno l'esigenza di capire meglio ciò
che è avvenuto, ciò che non ha funzionato, ciò che ha infine
determinato la sconfitta di grandi esperienze storiche. Ma il
necessario riconoscimento delle pagine buie della storia del movimento
operaio e comunista non ci impedisce di comprendere che oggi il
pericolo maggiore è di fuoriuscire da questa storia.

A tale rischio rispondiamo rivendicando la storia del movimento
operaio e comunista, riconoscendola come la nostra storia. Ricordarne
i limiti non implica negarne i successi. L'Ottobre bolscevico e la
costruzione dell'Urss, la rivoluzione cinese, quella vietnamita e
quella cubana – per limitarci ad alcune tra le più importanti
esperienze del movimento comunista – hanno consentito la liberazione
di sterminate masse di donne e di uomini da condizioni di fame e di
miseria, e hanno rappresentato il tentativo di costruire società
alternative al capitalismo e orientate verso il socialismo.
L'importanza di queste esperienze non si è peraltro esaurita
all'interno dei Paesi che furono teatro di processi rivoluzionari.

Del resto, a chi nutrisse dubbi sull'aspetto prevalente
dell'esperienza rivoluzionaria del movimento comunista dovrebbe
bastare riflettere sulle conseguenze mondiali della scomparsa
dell'Unione sovietica. Nei quindici anni che ci separano dalla caduta
del Muro di Berlino, il mondo ha conosciuto un continuo radicalizzarsi
dei conflitti internazionali e interetnici, e ha assistito al ritorno
della guerra nella cronaca quotidiana, alla ricolonizzazione di interi
Paesi, al dilagare delle devastanti conseguenze sociali (povertà,
schiavitù, lavoro minorile, precarietà, epidemie) di un capitalismo
selvaggio e senza regole, al pesante arretramento del movimento
operaio in tutto il mondo occidentale e al peggioramento della
condizione di vita e di lavoro delle donne. La storia dell'umanità si
troverebbe oggi a uno stadio ben più arretrato se le rivoluzioni
socialiste del Novecento non avessero segnato vaste aree del mondo.

"Essere comunisti"
Area politica del Partito della Rifondazione Comunista
(Italia)

10 settembre 2005