L'articolo che segue appare sull'ultimo numero (4/2005) de L'ERNESTO
(vedi l'indice al sito: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=53&did=4 )

Si svolgerà ad Atene il 29-30 ottobre 2005

Verso il congresso del Partito della Sinistra Europea

L'esperienza del primo anno e mezzo di vita della SE conferma tutti i
problemi che erano già emersi alla sua fondazione.
Resta aperta l'esigenza di un Forum pan-europeo, capace non di
dividere, ma di unire i comunisti e le sinistre anticapitalistiche di
tutto il continente.

di Fausto Sorini


Il 29-30 ottobre 2005 si terrà ad Atene, ospite il Synaspismos, il
primo Congresso del Partito della Sinistra Europea (SE), a un anno e
mezzo di distanza dal Congresso costituente svoltosi l'8-9 maggio 2004
a Roma. Come è noto, noi ci esprimemmo criticamente su quella scelta.
E poiché riteniamo che, nella sostanza e sulla base dell'esperienza
compiuta, non sono venute meno le ragioni di quella critica, vogliamo
riprenderle e attualizzarle.

1) Avevamo condiviso – e seguitiamo a condividere - la Tesi 35 e il
documento politico conclusivo del 5° Congresso nazionale del Prc
(2001), dove si prospettava l'esigenza della "costruzione di un nuovo
soggetto politico europeo (non si parlava di un partito- ndr) per
unire…le forze della sinistra comunista, antagonista e alternativa su
scala continentale … nelle loro diversità politiche e organizzative" e
senza pensare "né ad una fusione organizzativa, né ad un compattamento
su base ideologica". Il punto è che il progetto concreto che è stato
messo in campo e perseguito, le sue modalità di attuazione, il suo
profilo politico e identitario, non hanno unito, ma diviso tali forze;
non hanno avuto un profilo continentale, ciò pan-europeo (inclusivo di
tutte le grandi aree del continente, dal Portogallo agli Urali), bensì
sostanzialmente rivolto ai soli Paesi dell'Unione europea; e nella
definizione del profilo identitario e dello Statuto fondante della SE
si sono deliberatamente introdotte formulazioni di natura ideologica
(in relazione alla storia del movimento comunista), ben sapendo che
quelle formulazioni, che si prestano a svariate interpretazioni,
sarebbero state inaccettabili per numerosi e importanti partiti
comunisti europei, dell'Est e dell'Ovest. Tale rigidità era quindi
volta coscientemente (non troviamo altra spiegazione plausibile) ad
escluderli o a provocarne artificiosamente divisioni interne. Tanto è
vero che si è respinto e si continua a respingere ogni tentativo di
dire la stessa cosa (e cioè la critica ai processi degenerativi
manifestatisi in alcune fasi e situazioni della storia del movimento
operaio) con formulazioni su cui sarebbe possibile avere un consenso
pressoché unanime, proprio perché non interpretabili come un giudizio
liquidatorio di tutta una fase dell'esperienza storica del movimento
comunista del `900. (1)

2) Si sono dunque prodotte divisioni tra i maggiori partiti comunisti
e di sinistra alternativa europei ed una incrinatura del rapporto di
fiducia reciproca, che non si sono certo ricomposte nel corso
dell'ultimo anno, ma che tendono anzi a cristallizzarsi, e a
riproporre – in un contesto storico-politico assai diverso - una
divaricazione in due poli del movimento comunista in Europa, come ai
tempi dell'"eurocomunismo" (solo che ieri quella divisione era
politica, oggi tende addirittura a strutturarsi in un partito
sovranazionale, e scusate se è poco…). Una situazione che rende più
difficile operare in un clima di autentica solidarietà e unità
d'azione e tende ad accentuare e polarizzare divergenze politiche,
programmatiche, identitarie.
Con differenti motivazioni, si sono pronunciati in modo critico sulle
modalità di formazione della SE (e oggi riconfermano le loro critiche)
il Pc portoghese, quello greco (Kke), l'Akel di Cipro, la quasi
totalità dei Pc dell'Europa orientale e delle regioni europee
dell'area ex sovietica, i partiti della cosiddetta `Sinistra verde
nordica', e altri. Constatiamo, dunque, che la parte di gran lunga più
consistente delle forze politiche a sinistra dell'Internazionale
Socialista resta fuori o è fortemente critica sulla SE : e stiamo
parlando non di gruppuscoli testimoniali, ma di partiti che hanno
reali dimensioni ed influenza di massa, alcuni dei quali riscuotono
nei loro rispettivi paesi percentuali di consenso elettorale a due
cifre. In questi casi, il numero fa sostanza ed è fedele specchio di
un metodo unitario. E se è vero che alla SE aderiscono partiti
comunisti e di sinistra alternativa che fanno parte di alcuni dei
Paesi chiave dell'Unione europea (Germania, Francia, Italia, Spagna),
è anche vero :
- che in almeno due di questi quattro paesi (Francia e Italia) la
sinistra comunista e alternativa è profondamente divisa rispetto alla SE;
- che tutta la sinistra comunista e alternativa della Gran Bretagna,
paese chiave al pari di Francia e Germania, è fuori dalla SE;
- che in ogni caso l'Ue non rappresenta tutta l'Europa.

3) Il processo di costruzione e di sviluppo della SE è stato dunque e
continua ad essere viziato da un approccio politicamente e
ideologicamente selettivo, come non mancano di rilevare tutte le forze
comuniste e di sinistra alternativa che non vi hanno aderito o che
sottolineano la loro criticità mantenendo uno status di osservatori.
Ed ha prodotto un processo inverso a quello, unitario e ricompositivo,
che si era prodotto in Europa, e segnatamente nei paesi dell'Ue, dopo
la grande crisi del 1989 e il crollo del campo socialista in Europa.
Basti pensare che nel 1989 la sinistra comunista presente nel
Parlamento europea era divisa in due gruppi parlamentari distinti, e
ciò in conseguenza della scelta compiuti alcuni anni prima dall'ultimo
Pci e da Izquierda Unida di rompere il gruppo comunista unitario, dove
essi si trovavano insieme ai comunisti francesi, portoghesi e greci,
per dare vita ad un gruppo distinto (la storia viene da lontano…).
Dopo il terremoto dell'89 si aprì un travagliato processo
ricompositivo che portò infine, nel 1994, alla formazione del GUE-NGL
(Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Verde Nordica), cioè al gruppo
unitario al Parlamento europeo, che sussiste ancora oggi. E dovrebbe
indurre a qualche riflessione la semplice constatazione che dei 41
deputati europei che oggi compongono il GUE-NGL, sono solo 17 quelli
che fanno parte di partiti membri a pieno titolo della SE (e stiamo
parlando qui dei soli partiti dei Paesi dell'Ue). (2)

4) Si è voluto talvolta ironizzare sulla "contabilità" che abbiamo
evidenziato in rapporto a tali divisioni. Sta di fatto che su oltre 40
partiti comunisti e di sinistra alternativa attivi nei paesi dell'Ue,
che diventano una sessantina se si considera tutta l'Europa, solo 15
vi hanno aderito a pieno titolo. Tutti gli altri ne hanno preso più o
meno nettamente le distanze, o scegliendo di partecipare ai suoi
lavori con lo status di osservatori (9 partiti), o restandone fuori. (3)
Dei 15 partiti che oggi sono membri a pieno titolo della SE (di cui
tre sono articolazioni di Izquierda Unida spagnola), uno solo è un
nuovo ingresso dopo la fondazione del maggio 2004, e si tratta del
Blocco di Sinistra portoghese : una formazione politica che è un mix
di componenti trotzkiste, ex maoiste e di nuova sinistra e che si
caratterizza nel panorama politico portoghese per una forte
contrapposizione politica e ideologica al PCP (oltre ad essersi
opposta alla eventualità che al congresso di Atene fosse presente, tra
gli invitati extra-europei,anche una delegazione del PC cinese…).
E poiché, certamente, non solo il numero dei partiti conta, ma anche
la loro influenza, consistenza e identità, ci permettiamo di
rammentare ai nostri critici che questi 15 partiti organizzano oggi
complessivamente 300-350.000 iscritti, con un bacino elettorale di
circa 8 milioni di voti (di cui la metà dovuti al recente successo
elettorale della Die Linke-Pds tedesca, che Le Monde Diplomatique
definisce come "alleanza socialdemocratica di sinistra"). Gli altri
contano nella sola UE circa 400.000 iscritti e circa 6 milioni di
voti; e complessivamente, considerando l'insieme del continente, circa
1 milione di iscritti e oltre 20 milioni di voti.
Sono ovviamente dati approssimativi, con una qualche mobilità
elettorale, che servono solo per avere un'ordine di grandezza, non già
per fare i conti col bilancino del farmacista. Ma che consentono di
affermare che gli "inclusi" a pieno titolo nella SE contano oggi in
voti e iscritti circa il 25% dell'insieme della sinistra comunista e
alternativa del continente. E queste sono, grosso modo, le proporzioni
che esistevano all'atto della fondazione della SE, senza cioè che nel
corso degli sviluppi dell'ultimo anno e mezzo si siano determinate
dinamiche ricompositive. Alcuni tentativi fatti ad esempio dal KSCM
(PC ceko, osservatore nella SE) per avviare processi inclusivi, sono
stati stroncati sul nascere dai rappresentanti dei partiti "leader"
della SE, nonostante essi fossero visti con favore anche da altri
osservatori e membri effettivi. (4) Il che segnala un malessere
diffuso per una gestione poco collegiale della vita interna della SE.

5) E' sconcertante che, mentre i partiti europei socialdemocratici e
conservatori lavorano sull'insieme del continente, Russia compresa, e
così le borghesie e le élites più lungimiranti (si pensi all'asse
franco-tedesco-russo), siano proprio i gruppi dirigenti dei maggiori
partiti della SE (la più parte di essi) ad operare come se vi fosse
ancora il Muro di Berlino e a ignorare l'altra parte dell'Europa. Dove
si trovano alcuni dei maggiori partiti comunisti e di sinistra
anticapitalistica del continente, che vengono sistematicamente esclusi
dai processi di aggregazione della sinistra europea, sulla base di
veti e preclusioni di natura ideologica.
Nel Consiglio d'Europa (organismo dove sono presenti delegazioni dei
Parlamenti nazionali di tutti i paesi europei, non solo Ue) esiste un
gruppo parlamentare che si chiama anch'esso Gue, presieduto da uno
svedese, che comprende non solo esponenti di partiti che fanno parte
del Gue del Parlamento europeo, ma anche rappresentanti comunisti e di
sinistra di paesi esterni all'UE, come Norvegia, Russia, Ucraina,
Moldavia…Una sorta di GUE pan-europeo, di cui non si parla mai…(5).
Basterebbe far funzionare questo Gue-bis congiuntamente al GUE del
Parlamento europeo (entrambi hanno sede a Strasburgo) ed ecco che già
esisterebbe una sede politica e istituzionale in cui operare su un
piano pan-europeo, senza preclusioni nei confronti di alcuno. Solo che
manca la volontà politica, da parte di alcune forze della sinistra
dell'Europa occidentale, di operare in questo senso, superando
preclusioni che non sono geografiche, ma di natura politico-ideologica.

6) E' difficile negare che, al di là delle migliori intenzioni,
l'attività della SE nell'ultimo anno e mezzo abbia avuto scarsa
visibilità ed incidenza sugli eventi politici, su scala europea e
anche nella vita politica nazionale dei singoli Paesi, a partire da
quelli dei maggiori partiti promotori (praticamente non se ne è quasi
mai sentito parlare, neanche in Italia, che pure è il paese dove se ne
è parlato di più). Più che di una critica si tratta di una
constatazione, che non registriamo certamente con soddisfazione.
La SE non ha trovato alcuno spazio neppure nel congresso di Izquierda
Unida dell'anno scorso, anzi recentemente una nota del PCE in
relazione al congresso di Atene rileva proprio la "visibilità assai
modesta" di questo nuovo soggetto politico. E non è privo di
significato che il congresso del PCE del giugno 2005 abbia approvato,
col 76% di voti a favore, un emendamento che respinge l'idea di
associare il logo con la scritta "Sinistra europea" al simbolo del PCE.
Si è voluto da parte di alcuni attribuire alla SE un ruolo "trainante"
nella campagna per il NO alla Costituzione europea nei referendum di
Francia e Olanda (una scelta di per sé assolutamente positiva), le cui
dinamiche interne sono state determinate essenzialmente dalle forze
politiche nazionali, indipendentemente dalla loro appartenenza alla
SE. Il Olanda il Partito Socialista (che fa parte del GUE ed è stato
l'anima del NO di sinistra nel suo paese) non fa parte neppure come
osservatore della SE. E persino in Francia, non è privo di significato
che nel Comitato nazionale del PCF che ha discusso della vittoria del
NO, né la relazione, né gli interventi, né la risoluzione conclusiva
(tutti riportati dalla stampa di partito) abbiano fatto,
sorprendentemente, neppure un solo cenno al ruolo della SE.
Anche in Italia, che pure è il Paese dove più si è parlato della SE –
anche se essenzialmente su Liberazione – bisogna riconoscere che la
questione è sostanzialmente assente dal dibattito politico a sinistra
degli stessi addetti ai lavori, dalla campagna delle primarie e
persino dall'iniziativa sul territorio dei quadri dirigenti del PRC :
cosa di cui il gruppo dirigente nazionale vicino a Bertinotti (che è
anche Presidente della SE) ha avuto motivo più volte di lagnarsi coi
suoi stessi quadri. Tanto più che l'attuale maggioranza del PRC
ritiene che "sul fronte italiano, la SE riveste un ruolo centrale nel
nostro partito in vista della costruzione della Sinistra Alternativa",
per non "essere schiacciati da una parte dalla proposta Asor
Rosa-Diliberto, dall'altra per non essere inglobati come la parte più
radicale e di sinistra all'interno dell'Unione".
Più complesso il caso tedesco, ma pressochè tutti gli osservatori
tedeschi e internazionali tendono a presentare il successo importante
delle liste della Die Linke-Pds - cui hanno concorso forze diverse,
non tutte appartenenti alla SE (a partire dal capolista Lafontaine e
dal suo raggruppamento) - come determinato essenzialmente da dinamiche
interne alla sinistra tedesca.

7) Per quanto riguarda le Tesi politiche e programmatiche del
Congresso di Atene, proprio mentre siamo in chiusura di giornale, ci
viene fatto conoscere un testo non ancora ufficiale . Vi ritorneremo,
in modo più puntuale, nel dibattito che presumibilmente si aprirà
sulle pagine di Liberazione. Allo stato attuale ci limitiamo ad
evidenziare alcune questioni generali di impianto.

- Il documento esprime posizioni su molte delle quali è possibile e
auspicabile una convergenza di tutte le forze comuniste e progressiste
interne ed esterne alla SE. Positivo è certamente il sostegno alla
battaglia dei NO nei referendum sulla Costituzione europea, anche se
il progetto di "un'altra Europa" resta confinato nei limiti
dell'Unione europea, come se essa fosse tutta l'Europa. Scompare ogni
riferimento pan-europeo, all'Europa "dall'Atlantico agli Urali", che
pure era presente nei documenti varati l'anno scorso a Roma, dove si
affermava, diversamente da oggi, di respingere "una UE intesa come
alleanza militare". Si contesta giustamente un' ipotesi di "esercito
europeo sotto il controllo della Nato – che significa sotto il
controllo USA – come una minaccia all'indipendenza e all'autonomia
dell'UE" e si contrastano ipotesi di riarmo europeo; ma non si indica
su quali basi (non velleitarie) dovrebbe fondarsi "una politica estera
e di sicurezza comune a tutta l'UE" che ha implicazioni anche militari
(quali?) e che, per essere tale ed escludere ipotesi di riarmo, non
può riguardare solo l'UE, ma deve fondarsi su accordi interstatuali
che coinvolgono tutta l'Europa, Russia compresa.
Viceversa, si ignora la Russia, ma si sostiene "l'ingresso della
Turchia nella UE", ovvero l'ingresso di uno dei principali bastioni
dell'imperialismo USA e della NATO nella regione, destinato a far
pendere l'equilibrio nell'UE sempre più a favore dell'influenza USA
sul continente. Si chiede il ritiro dall'Iraq delle truppe occupanti,
ma non dall'Afghanistan, dove truppe di Paesi UE operano sotto comando
NATO. E manca ogni riferimento al grave coinvolgimento di tanti paesi
UE nella guerra della NATO contro la ex Jugoslavia, dove permangono
truppe di occupazione.

- Positiva è la "proposta di taglio delle spese militari, la chiusura
delle basi USA e la dissoluzione della NATO". E così pure la scelta di
"opporsi ad ogni genere di cooperazione militare con la NATO e
prevenire il dispiegamento di forze armate come quelle che supportano
gli USA dove essi intervengono"; e, su scala globale, "la distruzione
di tutte le armi di di massa" : su questi punti decisivi – che sono
forse i passaggi migliori del documento - il problema è che ben poco
si è fatto da parte della SE (non basta "proporre") e nulla si
prospetta nelle Tesi in termini di mobilitazione organizzata su base
continentale (mentre in Italia anche PRC e PdCI sottoscrivono con
Prodi un documento di intenti per un eventuale governo dell'Unione in
cui si conferma "il rispetto degli impegni derivanti dai Trattati e
dalle Convenzioni internazionali liberamente sottoscritti"
dall'Italia, tra cui appunto la NATO!).

- Il profilo politico-programmatico e identitario complessivo richiama
(nei contenuti, nel linguaggio, nella cultura politica) quello di una
socialdemocrazia di sinistra, che si distingue sia dalle prevalenti
impostazioni social-liberali e atlantiste della maggioranza della
socialdemocrazia europea, sia da posizioni comuniste o di sinistra
dichiaratamente anti-capitalistica e antimperialista. Esso richiama,
attualizzandoli, approcci che furono presenti nella sinistra laburista
(prima della svolta di Blair) o nella socialdemocrazia tedesca alla
Willy Brandt (comunque interni alla svolta di Bad Godesberg).
Nel linguaggio spicca un certo "genericismo di sinistra" (che sovente
copre ambiguità e nodi irrisolti). Si prospettano "alternative e
proposte per la necessaria trasformazione delle società capitalistiche
contemporanee" (che è cosa assai diversa da una prospettiva di
superamento); con l'obbiettivo di "una società più egualitaria…che
contribuisca alla promozione di solidarietà e di alternative
democratiche, sociali ed ecologiche".
Si prospetta "un nuovo contratto sociale del XXI secolo che faccia gli
interessi di tutti i popoli della terra, delle questioni ambientali,
dei valori democratici, della pace, della giustizia sociale, della
coesistenza tra i popoli". E' assente ogni orizzonte strategico
anti-capitalista, antimperialista, che prospetti l'obiettivo storico
del socialismo e della costruzione di una società alternativa al
capitalismo. Scompare anche ogni nozione "anti-imperiale", che pure
qualche fortuna aveva avuto nel lessico del movimento
alter-mondialista. Scompare il termine "comunista", comunque lo si
voglia declinare, e non è poco per un forza europea che è sorta
ponendosi come punto di riferimento per l'insieme della sinistra
alternativa europea, di cui i comunisti e i partiti comunisti sono
parte rilevante. E non si dice una parola sul sostegno alla lotta del
popolo irakeno contro l'occupazione militare.

- Il progetto strategico che si profila (sarebbe diverso se esso fosse
indicato come obbiettivo tattico di fase) appare quello di un
capitalismo regolato, riformato e temperato nelle sue pulsioni
liberiste e militariste, con il recupero di uno Stato sociale e di uno
"spazio pubblico" nell'economia e nei servizi, che consenta appunto di
contenere e bilanciare, nell'ottica tradizionale della
socialdemocrazia, le spinte più pericolose del capitalismo. Si dirà :
non è poco, coi tempi che corrono. E' vero. Ma può essere questo il
profilo strategico e politico-identitario di una forza che voglia
tenere aperto, in Europa e nel mondo, l'obiettivo storico del
socialismo come "nuovo mondo possibile"?

8) Che fare, dunque? Per non cristallizzare divisioni irrimediabili
tra le forze comuniste e di sinistra alternativa europee e tenere
aperto un processo unitario e ricompositivo, è necessario riprendere
l'iter della discussione per la costruzione di un soggetto europeo su
basi unitarie e paritarie, bandendo veti, pregiudiziali, esclusioni di
ogni tipo: aprendo a tutte le forze comuniste e di sinistra
alternativa del continente, per pervenire insieme a soluzioni
unitarie. "Proprio la consapevolezza dell'importanza del terreno
europeo e la necessità di coinvolgere tutte le forze che si collocano
a sinistra della socialdemocrazia, ci inducono a ribadire la necessità
di costruire un Forum o un Coordinamento permanente e strutturato (sul
tipo di quello realizzato a San Paolo del Brasile), in grado di
comprendere l'intera sinistra comunista, anticapitalista e
antimperialista dell'Europa, dall'Atlantico agli Urali". E' evidente
che, se la SE europea dovesse prendere iniziative in questa direzione
(come auspicano anche importanti partiti membri e osservatori di essa)
tutta la discussione potrebbe essere suscettibile di evoluzioni
positive.

(20 settembre 2005)

NOTE

(1) In una intervista rilasciata il 19 agosto 2005 ad Halò noviny,
quotidiano del Partito comunista di Boemia e Moravia (KSCM), il
responsabile esteri del partito ha dichiarato in proposito : "Nel
preambolo dello statuto della SE l'utilizzo della nozione di
"stalinismo" dà origine a una quantità di diverse possibili
interpretazioni e reminiscenze riguardanti il passato. La nozione di
"stalinismo" non è affatto comunemente e univocamente accettata. Si
tratta di una nozione di cui tra l'altro si è abusato per attaccare
tutta la storia del socialismo in Europa. Peraltro la nozione di
"stalinismo" non è neppure comprensiva di tutte le pratiche non
democratiche e di tutti i delitti, che lo stesso movimento comunista
ha già per parte sua condannato, distanziandosene, e che considera
anche per il futuro inaccettabili.
Oggi sono soprattutto gli avversari politici che definiscono alcuni
partiti come "stalinisti".
Abbiamo proposto di sostituire l'espressione : "pratiche e crimini
stalinisti", con termini più estensivi, come ad esempio "tutte le
pratiche e i crimini antidemocratici". Nell'incontro del luglio scorso
con i rappresentanti della Pds tedesca abbiamo proposto, come
possibile compromesso, un' eventuale aggiunta: "compresi quelli cui
prese parte Stalin", oppure la cancellazione del testo oggetto della
controversia". [vedi il testo integrale alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4546 ]
Tutte le proposte del KSCM sono state finora respinte.

(2) Sui 41 euro-parlamentari del GUE-NGL, sono solo 17 quelli che
fanno parte di partiti membri a pieno titolo del Partito della
Sinistra Europea-SE [ i MEP di PCF (2), PRC (5), Izquierda Unida (1,
membro del PCE), Synaspismos (1), PDS tedesca (7), Blocco di Sinistra
portoghese (BE) (1) ].
Dieci sono quelli di partiti "osservatori" della SE (i 6 MEP del KSCM
(PC di Boemia e Moravia), i 2 di AKEL, i 2 del PdCI).
Quattordici sono i MEP di partiti che non partecipano in alcun modo
alla SE [ (KKE (3), PCP (2), Socialisti olandesi (2), Sinn Fein (1),
Socialisti scozzesi (1), Sinistra Verde Nordica (4 = 1 danese, 2
svedesi, 1 finlandese), il PC di Reunion – territori francesi
d'Oltremare (1) ].

(3) Ecco l'elenco dei partiti membri della SE e degli osservatori (tra
parentesi, la prima percentuale si riferisce al risultato delle ultime
elezioni politiche, la seconda alle europee del 2004).

Membri effettivi:
-PC austriaco (0,6% - 0,8%);
-Partito del socialismo democratico ceko (0,1% - 0,1%);
-Sinistra di Estonia (= - 0,5%);
-PC francese (4,8% - 5,3%);
-PDS tedesca (4,0 % nelle politiche del 2002, 8,7% nelle recenti
politiche, dopo si presentava insieme al raggruppamento di Lafontaine
- 6,1% alle europee);
-Synaspismos greco (3,3% - 4,2%);
-Partito operaio ungherese-Munkaspart (2,2% - 1,6%);
-PRC (5,0% - 6,1%);
-Rifondazione comunista di San Marino (3,4% - = );
-Alleanza socialista di Romania (0,3% - =);
-Partito svizzero del lavoro (0,7% - =);
-Blocco di Sinistra portoghese (5,1% - 6,5%);
-Izquierda Unida spagnola , PC di Spagna, EUiA di Catalogna : iscritte
alla Sinistra Europea come tre formazioni distinte, ma che alle
elezioni nazionali ed europee fanno parte di un'unica entità
politico-elettorale (5,0% - 4,2%).

Osservatori:
-PC ceko – KSCM (18,5% - 20,3%);
-PC slovacco (6,3% - 4,6%);
-AKEL di Cipro (34,8% - 27,4%);
-Alleanza rosso-verde danese (3,4% - =);
-PdCI (1,7% - 2,4%);
-PC tedesco-DKP (= - 0,1%);
-Sinistra lussemburghese (1,7% - 1,7%);
-PC finlandese (0,9% - 0,6%);
-Partito della Libertà e Solidarietà (ODP) di Turchia (0,3% - =).

DKP e PC finlandese sono entrati da poco come osservatori, con una
scelta che – obbiettivamente - non nasce da affinità
politico-ideologiche con la SE (cui rivolgono le nostre stesse
critiche), ma per tentare in qualche modo di uscire da un isolamento
pesante in cui si trovavano nel circuito della sinistra europea,
dovuto ai veti subiti da parte dei "fratelli maggiori" dei rispettivi
Paesi (il DKP da parte della PDS tedesca, il PC finlandese da parte
della Sinistra Verde nordica). Discorso analogo vale per il Munkaspart
ungherese, membro effettivo della SE, che in più subisce nel suo paese
vere e proprie persecuzioni sulla base della vigente legislazione
anticomunista (per cui ad es. è reato esibire simboli con la falce e
il martello) e cerca quindi anche una sorta di "protezione"
nell'adesione a un partito europeo legittimato dalla UE. Nel suo
recente congresso (cfr. intervista del suo Presidente, in questo
stesso numero de l'Ernesto) il Munkaspart ha deciso di assumere il
nome di "comunista", chiede alla Presidenza della SE – con una
risoluzione - di "rafforzare i contenuti comunisti nell'elaborazione
della linea politica di questo nuovo soggetto" e dichiara di voler
"favorire lo sviluppo di relazioni con gli altri partiti comunisti,
inclusi quelli degli attuali paesi socialisti".

(4) In un articolo pubblicato su Halò noviny l'11.02.2005, e ripreso
dal n.3 de l'Ernesto, il responsabile esteri del KSCM dichiara : "Il
profilo della SE deve essere pan-europeo. Il Partito della sinistra
europea deve profondere ogni sforzo per il raggiungimento di questo
obbiettivo. Abbiamo chiesto che fossero invitati almeno 27 partiti
comunisti e di sinistra di tutta l'Europa (tra questi i Partiti
comunisti di Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Paesi baltici,
Scandinavia, ex Jugoslavia, Turchia, Gran Bretagna, Portogallo,
Grecia, ecc.) per un incontro finalizzato a dibattere con loro le
questioni riguardanti l'unità della sinistra europea. Ciò avrebbe
consentito a tutti di prendere conoscenza delle loro opinioni e
condizioni ed anche di ciò che impedisce loro di collaborare con il
Partito della sinistra europea…Niente di quanto contenuto nelle nostre
proposte è stato accolto…si è evidenziata l'arroganza dei partiti
leader della SE …Ci siamo convinti che non vi è alcuna volontà
politica di cambiare il profilo della SE in senso pan-europeo e che il
principio delle decisioni prese col consenso in pratica esiste". E
aggiunge, nella citata intervista del 19 agosto 2005 (cfr. nota 1) :
"Delle proposte presentate dal KSCM non ne è stata accolta nemmeno
una…La presidenza della SE, ci ha negato al congresso fondativo ogni
possibilità di modifica dello statuto; ha sostenuto che lo spazio
principale di azione politica della SE è nell'Unione europea e non
nell' Europa nel suo insieme. Alla richiesta di trasformare la SE in
partito di carattere pan-europeo, ha risposto in modo arrogante: la SE
esiste, chi vuole entrarci, entri; chi vuole uscirne, esca; chi vuole
restare come osservatore, resti come osservatore…Per quanto riguarda
il principio della ricerca del consenso, la prassi ci ha dimostrato
che esso è nei fatti assolutamente ignorato".

(5) Il GUE del Consiglio d'Europa si compone di 34 membri,
appartenenti a forze comuniste o di sinistra alternativa europee,
provenienti dai seguenti Paesi : uno svedese (che presiede il gruppo),
un cipriota (vice-presidente), un norvegese, 2 danesi, 2 olandesi, 2
francesi, un portoghese, 2 greci, 1 spagnolo, 2 ceki, 8 ucraini (tra
cui il segretario generale del PC ucraino, Simonenko), 6 moldavi, 5
russi (tra cui il segretario generale del PCFR, Ziuganov).