Bosnia, la conta dei morti

1. Bosnia, dimensioni di un massacro (E. Remondino)
2. L'ultima conta dei morti (T. Di Francesco)
3. Il nostro commento agli articoli apparsi su Il Manifesto (CNJ)


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http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Gennaio-2006/art30.html

il manifesto
07 Gennaio 2006

Bosnia, dimensioni di un massacro

Il Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo ha diffuso le prime
cifre documentate sui morti della guerra in Bosnia: 93.837 quelli
accertati fino al dicembre 2005. Analisi e riflessioni su una tragedia
che non ottiene oggi dignità di memoria e di indignazione, per
comprendere meglio la dimensione di quanto avvenne dieci anni fa a tre
passi da noi

ENNIO REMONDINO

Adieci anni dalla fine della guerra in Bosnia, sono finalmente
disponibili i dati documentati sulla dimensione diquel macello. 200
mila, 250 mila morti, diceva sino a ieri l'inutile propaganda politica
costruita attorno al massacro. Secondo il Centro di ricerca e
documentazione di Sarajevo (RCD) diretto da Mirsad Tokaca, le vittime
della guerra civile nel cuore dei Balcani jugoslavi si avvicinano in
realtà alle 100 mila. Una cifra da brivido che non richiedeva certo
moltiplicatori demagogici. Dati ancora incompleti, precisa il dottor
Tokaca, ma sostanzialmente vicini alla verità finale. 93 mila 837 morti
accertati sino a dicembre, il cui conteggio completo dovrebbe
concludersi entro il marzo di quest'anno. Di quelle vittime accertate,
in larghissima parte civili, il centro di documentazione storica ci
offre anche la ripartizione per appartenenza nazionale-etnica: 63 mila
687 morti sono Bosniacchi, cittadini di religione musulmana che
risultano le principali vittime del conflitto col 67,87% di tutti i
morti accertati. 24 mila216 le vittime serbe, pari al 25,8% dei morti.
5 mila 57 le vittime di origina croata (5,39%) e 877 (0,93%) i morti di
«Altre nazioni o etnie», cittadini bosniaci frutto di matrimoni misti
autodefinitisi «jugoslavi» al censimento del 1991, o stranieri.

Le percentuali che accompagnano i numeri assoluti sono il risultato di
miei calcoli. Nessun cinismo contabile, ma un aiuto a comprendere
meglio la dimensione di quanto è accaduto dieci anni fa a tre passi da
casa nostra. Una cifra per tutte, prima di approfondire. Le principali
vittime di quella guerra civile sono stati i bosniacchi, allora
definiti come «musulmani». Abbiamo calcolato che i 63 mila 687 morti di
quella parte, rappresentassero il 3,36% di tutta la popolazione
musulmana registrata nel censimento 1991 in Bosnia. Abbiamo provato a
trasferire quei numeri da ragionieri nella dimensione della nostra
realtà italiana. Quel trascurato e dimenticato macello bosniaco, se
trasferito a casa nostra e sul numero dei nostri abitanti, avrebbe
prodotto quasi 2 milioni di morti. Moltiplicando per due o per tre i
nostri caduti nelle due guerre mondiali del `900. Oppure possiamo
immaginare una guerra che cancelli assieme tutta la popolazione della
nostre quattro regioni meno abitate, Valle d'Aosta, Molise, Basilicata
e Trentino (1.989.000 di abitanti). Oppure tutti gliabitanti di
Firenze, Venezia, Verona, Bologna, Genova, e Trieste assieme.

Chiarita con questo confronto terrorizzante la dimensione del dramma
bosniaco, proviamo ad analizzarecon un minimo di razionalità quelle
cifre. Innanzitutto l'identità etnica della popolazione della Bosnia. I
datidisponibili sono sovente contraddittori fra loro. Per esempio, il
censimento 1991 (l'ultimo censimento della Jugoslavia), ci dice 4
milioni e 300 abitanti, di cui il 44% s'è dichiarato «musulmano», il
31% di origine serba, il 17% di origine croata, mentre il 6% s'è
dichiarato «jugoslavo».

Secondo i dati forniti dalla Cia nel suo World Factobook del 2000, gli
abitanti rimasti dopo la guerra civile sarebbero al 48% bosniacchi,
37,1% serbi, 14,3% croati e 0,6% «altri». Crescono dunque
percentualmente le due etnie principali (bosniacchi e serbi), mentre
calano vistosamente i croati e quasi scompaiono gli «altri». Fatto
salvo il fenomeno dell'emigrazione, ancora da valutare, risulta
evidente come la guerra abbia spinto quel 6% di «jugoslavi» ad
identificarsi in una etnia di parte.

In mancanza di studi documentati sul fenomeno, non è possibile neppure
definire l'attuale numero di cittadini bosniaci realmente residenti sul
territorio. Per esempio, i dati WinkipediA 2001, ci dicono di 3 milioni
e 922mila 205 bosniaci (-380 mila abitanti rispetto al 1991). Altri
dati riferiti al 2005 ci dicono di un lieveincremento della popolazione
(forse rientri di profughi dall'estero), con 4 milioni e 25 mila
abitanti.

Ma le cifre da esaminare con maggiore attenzione, visto che sono anche
le prime attendibili, sono quelle delle vittime della guerra civile.
Alcuni elementi balzano immediatamente all'occhio. L'identità delle
vittime principali: i bosniacchi (musulmani) con più di 63 mila morti.
L'altra parte principale in conflitto, a sua volta segnata da un numero
elevato di morti (quasi 25 mila), è quella serba. Come a dire che un
morto su quattro, in Bosnia, era serbo. I 5 mila morti croati, frutto
della somma del conflitto sia contro i serbi che contro i bosniacchi,
relegano gli scontri in Erzegovina, ai margini della dimensione
complessiva del conflitto.

I dati resi noti servono a diradare dai fumogeni della propaganda e
dell'occultamento una tragedia che non ottiene oggi neppure la dignità
della memoria e dell'indignazione. Per i criminali di guerra, è al
lavoro il Tribunale internazionale dell'Aja. Mancano i numeri dei
milioni di profughi, dei senza casa, dei senza patria, delle
popolazioni trasferite dalla pulizia etnica e di quelli emigrati per
nuovi confini inventati da statisti improvvisati e diplomazie
indifferenti.

Sappiamo invece delle oltre 20 mila donne bosniache stuprate, e dei
circa 500 figli nati da quelle violenze. Oggi hanno 10, 11 anni, e
quelli che hanno ancora una famiglia, godono dell'aiuto di 18 euro al
mese. Con i milioni di dollari che, si scopre oggi, sono stati rubati
da alcuni governanti bosniaci dagli aiuti internazionali,
l'indignazione di chi l'eroismo dell'allora Sarajevo multietnica della
guerra l'ha vissuto dall'interno si trasforma in rabbia incontenibile.


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http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/10-Gennaio-2006/art70.html

il manifesto
10 Gennaio 2006

L'ultima conta dei morti

«Nuove» dalla Bosnia 93.837 le vittime, tante, troppe, ma non 250.000
come per la propaganda di guerra. L'«enfasi» ha nascosto le
responsabilità di tutti i nazionalismi e dell'Occidente

TOMMASO DI FRANCESCO

Il sapiente resoconto di Ennio Remondino che sabato scorso ha ripreso
sul manifesto i dati del Centro di documentazione di Sarajevo, manda a
dire alcune cose dirompenti per la maggior parte della stampa
internazionale e nazionale spesso persa nei Balcani dentro i fumi
della propaganda di guerra. Dunque i morti sono stati 93.837 e in
larghissima parte civili, «soltanto» 93.837. E' un massacro
spaventoso, ma meno devastante dei 200-250mila morti, tutti musulmani,
che addirittura a novembre 1992, solo sei mesi dopo l'inizio ad aprile
del conflitto interetnico e fratricida, Henry Bernard-Levy da Parigi
vantava già di aver contato a Sarajevo. Decine di migliaia, non
centinaia di migliaia, ma che avrebbero potuto essere,
percentualmente, milioni da noi, ricorda Remondino. Eppure la
questione non sta solo nella provocatoria paragonabilità tra vittime
di Bosnia e quelle possibili appena di qua dal mare. Il nuovo numero
dei morti civili in Bosnia segnala infatti altre evidenze. La prima è
amara: che la guerra, solo 13 anni fa, sia tornata all'ordine del
giorno, anzi della notte, in piena Europa non interessa più nessuno,
figurarsi poi in campagna elettorale. Giacché parrebbe chissà perché
fuori tema e perfino «irresponsabile» ricordare le responsabilità
criminali delle cancellerie europee e occidentali che, avviando la
pratica dei riconoscimenti delle indipendenze di Slovenia e Croazia
autoproclamate su base etnica dalla Federazione jugoslava, avrebbero
aiutato poi i vari nazionalismi interni ad accendere la miccia nella
multietnica Bosnia Erzegovina, mosaico in piccolo di tutta l'ex
Jugoslavia. A chi volete che interessi che le basi dell'Unione europea
siano marce proprio perché poggiate sulla legittimità dei
riconoscimenti di nuove nazioni etniche? Quale leadership o opinione
pubblica bi-partisan vorrebbe ora riconoscersi in queste
responsabilità? Quei morti sono seppelliti, una volta per tutte.
Bicameralmente. Del resto è per l'appoggio ad una scalata finanziaria
non per il sostegno alla discesa nella guerra - quella buona e
«umanitaria» del 1999 - che la leadership dei Ds è giustamente sotto
accusa a sinistra.

Eppure sono tanti 93.837 morti. Ed erano di tutte le parti: di più,
63.687 musulmani di Bosnia,il 3,36% su circa 1.900.000 musulmani di
Bosnia secondo il censimento del 1991; di meno, 24.216 serbi di
Bosnia, l'1,81% sui circa 1.300.000 serbi di Bosnia secondo lo stesso
censimento; certo «pochi» i croati, 5.057, lo 0,69% sui circa 731mila
croati erzegovesi, ma con un errore da parte di Remondino secondo il
quale i 5mila morti «sia contro i bosniacchi che contro i serbi,
relegano gli scontri in Erzegovina ai margini della dimensione
complessiva del conflitto». Non è così: perché, se il ragionamento
vale per le vittime croate in Erzegovina, non vale per quelle
musulmane. Il fronte di Mostar fu infatti feroce come se non più di
quello di Sarajevo e le vittime, scomposte per località, danno una
percentuale molto alta dei musulmani uccisi in Erzegovina. Senza
dimenticare che il ministero della Repubblica serba di Bosnia contesta
i dati di Sarajevo e aggiunge di suo altri 4-5mila desaparecidos
civili serbi di Sarajevo; e non scordando inoltre i fronti «anomali»,
come la guerra sanguinosa tra musulmani, quelli del governo di
Sarajevo e gli insorti musulmani della Sacca di Bihac. E che tra gli
«altri» - oltre a 800 civili che testardamente hanno continuato a
definirsi «jugoslavi» fino allla morte - c'è anche un centinaio di
mujaheddin arrivati da Afghanistan, Pakistan, Algeria a combattere con
il lasciapassare insieme di Arabia saudita e Iran e il beneplacito
degli stessi Stati uniti che adesso vanno ad arrestarne in Bosnia i
superstiti quali feroci terroristi di Al Qaeda.

Ma l'ultima conta dei morti ci dice un'ulteriore verità. Tutte le
leadership nazionaliste responsabili del conflitto si macchiarono di
stragi contro i civili. Per molto tempo non è stato vero, nemmeno per
il Tribunale dell'Aja orientato ad attribuire ogni colpa solo e
soltanto ai serbi di Bosnia. Per ritrovarsi poi sì alla caccia dei
principali imputati serbobosniaci di crimini di guerra, il generale
Ratko Mladic e il presidente Radovan Karadzic, ma, di fronte
all'evidenza dei crimini, a dover riconoscere le responsabilità non
solo di Slobodan Milosevic ma anche del croato Franjo Tudjman e del
musulmano Alja Izetbegovic; arrivando fino all'incriminazione
sorprendente quanto taciuta dai media internazionali del generale
Rasim Delic responsabile della difesa di Sarajevo e di Naser Oric
responsabile musulmano di Srbrenica. Lì nelle città della Bosnia
Erzegovina e a Sarajevo sotto tiro e sotto assedio era la
multietnicità jugoslava che doveva essere uccisa e cancellata da tutte
le milizie, serbe, musulmane e croate. I profughi furono così due
milioni, di questi solo la metà è ritornata e la maggior parte non
nelle terre d'origine.

Un'ultima considerazione. I morti non sono 93.837, ma 93.838. C'è un
omicidio in più commesso in questi giorni. Una donna serbo bosniaca di
46 anni Rada Abazovic è stata infatti uccisa a Rogatica, nella
Serbo-Bosnia, venerdì 6 gennaio 2006, dai carabinieri italiani
impegnati in una vera e propria battaglia per catturare un indiziato
di crimini di guerra, Dragomir Abazovic - finito «suicida» durante la
sparatoria - marito della donna uccisa e padre di Dragoljub, ragazzo
dodicenne rimasto ferito gravemente. La Bosnia sotto protettorato
militare conta i suoi morti. Quella guerra non è finita.


=== 3 ===

IL NOSTRO COMMENTO

Ennio Remondino riporta aggiornamenti recenti su di un argomento - il
computo delle vittime della guerra in Bosnia - che è da tempo oggetto
di articoli e commenti in lingua inglese. Si tratta da una parte di
ridimensionare la sparata giornalistica-propagandistica corrente, che
voleva 200-250 mila morti già nel 1992, come ben stigmatizza Di
Francesco; e dall'altra di andare a vedere chi sono effettivamente le
vittime della guerra fratricida.

Remondino in effetti va poco oltre la mera comunicazione della
notizia: allude ad una propaganda pregressa, prova a fare qualche
conto e confronto percentuale, ma non commenta davvero il significato
dei dati, tantomeno li critica. Di Francesco, parzialmente, rimedia;
noi vorremmo però aggiungere ancora qualcosa di essenziale.

Cosa c'è in questi dati?
Da una parte, esce fuori che ci sono delle vittime serbe, e che sono
tante.
Dall'altra, sia in questi dati che in quelli di fonte CIA appare ben
poco credibile il numero degli "jugoslavi" - sia i morti, che i vivi.
I dati CIA danno un esiguo 0,6% di jugoslavi attualmente abitanti in
Bosnia-Erzegovina (famiglie miste e jugoslavi per convinzione); nei
dati del Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo le vittime
jugoslave sono ridotte allo 0,93%: anche da morti, dunque, cancellati,
rimossi, insomma: fuori dai coglioni!
A questa epurazione "etnica" degli jugoslavi anche dopo morti
Remondino e Di Francesco non oppongono alcuna seria controdeduzione.

Eppure, innanzitutto, va detto che il 6% di jugoslavi abitanti della
Bosnia risultanti dall'ultimo censimento unitario era GIÀ una
sottostima, poichè il processo di appropriazione identitaria
nazionalistica era GIÀ stato avviato.
Per una stima seria bisognerebbe leggere bene nei censimenti degli
anni precedenti, come sono cambiati nel tempo; oppure, ancora meglio,
sarebbe sufficiente andare a contare i matrimoni misti rispetto a
quelli mononazionali: erano molto di più del 6%, e sono ancora
tantissimi (anche se spesso celebrati all'estero), nonostante i vari
fascismi sul campo.
In TUTTA la RFS di Jugoslavia si dichiaravano jugoslavi in 273.000
(1,3%) nel 1971, e poi ben 1.219.000 (5,4%) nel 1981 (fonte: S.G. SFRJ
- Annuario statistico della RSF di Jugoslavia - Savezni zavod za
statistiku, Beograd 1985). Il trend era dunque in crescita; c'è voluta
la guerra imperialista e fratricida per spezzare questo andamento. E
si noti anche che i dati completi del censimento del 1991 (in tutte le
Repubbliche) non sono mai stati resi disponibili. Guarda caso. In
Bosnia, territorio da sempre "misto", e cuore dello jugoslavismo
socialista, quelle percentuali erano certamente più alte.

Il Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo ha molto
probabilmente"arruolato" tra le vittime "bosgnacche" tutti quelli che
nel corso della guerra abitavano nella Bosnia di Izetbegovic, e si
definivano magari "bosniaci" ma non certo "bosgnacchi", tantomeno
"musulmani" - e quindi, in particolare, tantissimi bosniaci di
famiglia mista. Se a questo aggiungiamo, come fa notare Di Francesco,
che in quel 67,87% di vittime "bosgnacche" vanno annoverati anche i
bosniaci morti nel conflitto inter-musulmano (Izetbegovic-Abdic),
oltre ai tantissimi morti nel conflitto musulmano-croato, ci rendiamo
bene conto che, non solo nella vulgata corrente sulla guerra in
Bosnia, ma anche nel quadro (solo apparentemente oggettivo) fornito
dal Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo, sono troppi gli
elementi che non quadrano.

(a cura del CNJ)