"...la Convezione Europea per i Diritti dell´Uomo non si applica nel
caso Blecic ratione temporis. La Croazia ha infatti aderito alla
Convenzione solo nel 1997... circa 30.000 famiglie, per la maggior
parte di origine serba, hanno perso i propri appartamenti..."

L'articolo di Osservatorio Balcani, qui sotto, ci parla di un nuovo
caso di legalizzazione della pulizia etnica da parte delle
"istituzioni internazionali".

Sulla situazione drammatica degli alloggi nella Croazia neoliberista
che privatizza selvaggiamente le ex proprietà sociali, si veda anche:
# CROAZIA: RESTITUIRE AGLI INQUILINI IL DIRITTO ALLA SICUREZZA
ABITATIVA! http://it.habitants.org/article/archive/450/
# CROATIE: RETABLIR LE DROIT DES LOCATAIRES A LA SECURITE DU LOGEMENT
! http://fr.habitants.org/article/archive/453/
# i CROACIA: RESTABLECER EL DERECHO DE LOS INQUILINOS A LA SEGURIDAD
DE LA TENENCIA ! http://es.habitants.org/article/archive/452/
# CROATIA: RESTORING THE TENANT'S RIGHTS TO SECURITY OF HOUSING TENURE
! http://www.habitants.org/article/archive/451/

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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5358/1/51/

Un appartamento a Zara

09.03.2006 scrive Andrea Rossini

La Corte Europea per i Diritti dell´Uomo ha definitivamente respinto
il ricorso di Krstina Blecic, cittadina di origine serbo montenegrina
che chiedeva la restituzione della proprietà persa in Croazia durante
la guerra. Le reazioni delle organizzazioni per i diritti umani e
dell´Osce


Krstina Blecic ha perso la sua battaglia. Ieri, a Strasburgo, la Corte
Europea per i Diritti dell´Uomo ha respinto il ricorso dell´ottantenne
cittadina di Zara di origine serbo-montenegrina, che chiedeva la
restituzione dell´appartamento confiscatole durante la guerra.

Nell´estate del 1991 la Blecic, che viveva a Zara dal 1953, si era
recata a Roma per visitare la figlia. Il conseguente assedio e
bombardamento di Zara da parte di truppe della JNA (esercito
jugoslavo) e della Repubblica serba di Krajna, le impedirono di fare
rientro a casa come previsto. Essendo l´appartamento rimasto
temporaneamente vuoto, le autorità croate avviarono un procedimento
per cancellare il diritto della Blecic a mantenere la propria
abitazione. La casa era stata assegnata alla Blecic in "proprietà
sociale", un istituto del diritto jugoslavo che permetteva agli
assegnatari e ai propri eredi di godere dell´utilizzo di un´abitazione
a vita. Nella battaglia giudiziaria che ne seguì, dopo aver esaurito i
ricorsi interni, la Blecic si rivolse alla Corte di Strasburgo. Dopo
che in primo grado (luglio 2004) non erano state riscontrate
violazioni, ieri la "Grand Chamber" della Corte Europea ha statuito,
senza entrare nel merito, che la Convezione Europea per i Diritti
dell´Uomo non si applica nel caso Blecic ratione temporis. La Croazia
ha infatti aderito alla Convenzione solo nel 1997, mentre il caso
della signora di Zara sarebbe iniziato (e finito) prima.

"Non capiamo per quale motivo i giudici abbiano prima deciso di
accettare la riapertura di un caso per poi dichiararlo inammissibile",
afferma Massimo Moratti, nostro collaboratore e direttore dell´ICHR,
organizzazione per i diritti umani basata a Sarajevo. "I giudici non
hanno neppure preso in considerazione il merito della questione, che
era il motivo per cui il caso è stato portato in appello. Hanno
considerato che la Convenzione non si applica perché gli eventi si
sono verificati prima del novembre 1997, entrando così in
contraddizione con la stessa decisione di ammettere e giudicare il
caso in prima istanza. La decisione finale delle corti croate sul caso
Blecic, peraltro, è dell´8 novembre 1999, data della sentenza della
Corte Costituzionale, quindi i termini vanno ben oltre l´entrata in
vigore della Convenzione. In questo modo Strasburgo ha semplicemente
deciso di non decidere sulla questione cruciale della cancellazione
dei diritti di proprietà di sfollati e rifugiati in Croazia".

Durante i conflitti in ex Jugoslavia, le diverse autorità cercarono in
vario modo di cancellare i diritti di proprietà sociale di quanti
fuggivano per la guerra. Nella gran parte dei casi, chi fuggiva
apparteneva alle minoranze. Terminati i conflitti, in Bosnia
Erzegovina, Kosovo e Serbia Montenegro fu garantito a rifugiati e
sfollati di riacquisire i propri diritti di occupazione. In Croazia
questo non è avvenuto, e circa 30.000 famiglie, per la maggior parte
di origine serba, hanno perso i propri appartamenti. La signora Blecic
rientra in questo gruppo, ed è stata la prima a portare il proprio
caso di fronte alla Corte Europea di Strasburgo.

"Noi, come ICHR, sosteniamo che nella regione vadano applicati gli
stessi standard in termini di restituzione della proprietà. In altri
termini, quello che va bene per la Bosnia Erzegovina deve andare bene
anche per la Croazia", sostiene Moratti.

La decisione della Corte non è passata in maniera indolore. Il
verdetto finale è stato di undici voti contro sei, con opinioni
fortemente dissenzienti riportate in calce alla sentenza. Il giudice
Zupancic, ad esempio, ha sostenuto laconicamente che "o la decisione
della maggioranza è incomprensibile sotto il profilo logico, oppure è
stata assunta per un dettaglio tecnico non convincente o, infine, per
una combinazione di questi due elementi".

"Se questa sentenza fa giurisprudenza - afferma ancora Moratti -
potrebbe cancellare tutti i diritti dei serbi di Croazia che avevano
case in proprietà sociale".

L´Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce)
non ha per il momento rilasciato alcune dichiarazione ufficiale sulla
vicenda. La portavoce dell´Osce in Croazia, Antonella Cerasino, ha
tuttavia dichiarato a Osservatorio sui Balcani: "Non crediamo che il
risultato del caso Blecic chiuda la porta ad altri casi. Il punto
importante per noi, però, è che la Croazia ha avviato un´iniziativa
concreta, il cosiddetto programma "Housing Care", per affrontare
questo problema, costruendo alloggi alternativi per le famiglie
rimaste senza casa. Si tratta di due progetti distinti, uno destinato
alle aree direttamente colpite dalla guerra ed uno alle aree urbane.
Entrati in vigore rispettivamente nel 2001 e nel 2003, hanno
cominciato ad essere realizzati nell´autunno 2005".

"Sinora sono state accolte 9.000 domande sui 30.000 casi potenziali -
continua Antonella Cerasino - e l´Osce interviene presentando alle
autorità una lista di casi considerati prioritari. Gli appartamenti
originari per la maggior parte non possono essere restituiti, perché
ormai già assegnati ed occupati da altri. Il governo non ha neppure i
mezzi finanziari per sostenere eventuali procedure di compensazione.
L´Osce riconosce tuttavia che il governo croato si sta impegnando
seriamente per risolvere il problema, e sono stati già stanziati i
fondi per la costruzione di nuovi alloggi. Ovviamente ci vorrà tempo,
ma da parte nostra continueremo a spingere in questa direzione."

Saranno le autorità croate a stabilire di volta in volta se i
richiedenti hanno i requisiti per accedere al programma Housing Care.
La conclusione del caso Blecic lascia un interrogativo amaro: perché
la comunità internazionale ha permesso che gli stessi diritti,
calpestati allo stesso modo nelle diverse regioni, fossero declinati
in maniera diversa?