http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/pose6f18.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 18-06-06

Giugno 2006 : Cronache di ordinaria violenza nel Kosovo degli
“standard europei”raggiunti.



Questo è il resoconto di una normale giornata ( intesa come eventi
quotidiani), verificatasi in quella regione, per la cui “liberazione“
e “democratizzazione”, la Repubblica Federale jugoslava fu bombardata
e aggredita per 78 giorni dai civilizzatori occidentali.
A sette anni da allora, questa è la situazione sul campo
quotidianamente.


Dal 7 giugno ero in Serbia nell’ambito dei Progetti di solidarietà
della nostra Associazione SOS Yugoslavia, nello specifico per il
Progetto SOS Kosovo Metohija; insieme alla delegazione del Sindacato
Samostalni della Zastava di Kragujevac (Rajka, Milja, Delke, Rajko,
Jasmina, Dragan), dopo un'attesa e rinvii vari durati un mese e
mezzo, avevamo finalmente avuto la conferma della scorta militare
della Kfor, per recarci nell’enclave di Gorazdevac, con un camion di
aiuti specifici, raccolti mediante i contributi avuti da tutta Italia
e comprati in Serbia, in seguito all’appello ricevuto dalla comunità
dell’enclave.

Il 7 giugno ci dicono che la scorta era rinviata, ma che nel
pomeriggio ci sarebbe stata ridata; dopo aver passato il
“confine” (come se per andare in Alto Adige o Valle d’Aosta, un
cittadino italiano dovesse chiedere il permesso e superare controlli
minuziosi, esibendo documenti e passaporti vari); mentre eravamo a
Kosovska Mitrovica (nella parte serba, a nord del fiume Ibar, dove vi
è ancora asserragliata, la più consistente concentrazione della
popolazione serba del Kosmet, alcune decine di migliaia di abitanti),
al mattino cominciano a giungere notizie di incidenti e dimostrazioni
di separatisti albanesi in alcune zone della regione, mano a mano che
passa il tempo le notizie si accavallano e cresce anche la percezione
che la tensione stia aumentando anche intorno a noi; insieme con il
nostro referente Ilija Spiric presidente dell’Associazione Sclerosi
Multipla del Kosmet e nostro referente per i Progetti in comune, mi
reco al quartier generale delle forze internazionali di K. Mitrovica
(Kfor, Unmik e OSCE, oltre al presidio della Polizia serba del
Kosovo), qui incontriamo prima un responsabile Kfor che ci aggiorna
sulla situazione di crescente tensione nell’area, poi un funzionario
dell’Unmik ci spiega che la situazione è molto delicata, perché la
stessa loro missione è ormai obiettivo quotidiano di attacchi e
pressioni, invitandoci a desistere; nel frattempo il responsabile
della polizia serba, un ufficiale corretto e assolutamente
disponibile a cercare una soluzione, ci aggiorna sulla situazione
definendola di ora in ora sempre più difficile, invitandoci ad
aspettare le tre del pomeriggio per capire se qualcosa si modifica
sul campo.

Di fatto la situazione era questa, come ci è stata spiegata negli
incontri: il movimento per l’indipendenza del Kosovo: “Vetevendosja,
autodeterminazione” che fa capo a Albin Kurti, di cui fanno parte i
veterani dell’UCK, aveva indetto a partire dall’8 giugno, una serie
di dimostrazioni, aprendo di fatto la campagna “politica” del
processo secessionista (quella militare dura dal 1999…), su due
questioni centrali: una quella dell’accelerazione senza trattative
del processo immediato di indipendenza e l’altra la cacciata della
missione Unmik, e il ridimensionamento del ruolo della Kfor, sotto la
direzione della dirigenza separatista albanese.

In questa ottica, la giornata dell’8 giugno è andata oltre lo
stillicidio delle violenze quotidiane contro i serbi e negli ultimi
mesi, sempre più anche contro la presenza ONU; di fatto è cominciato
un piano preparato a tavolino di dimostrazione di forza, con
tentativi di assalti a enclavi e assedio delle stesse; attacchi a
mezzi ONU e alla popolazione civile serba nel territorio; improvvisi
blocchi di strade provinciali e pestaggi di serbi se individuati come
tali; assaltato l’ufficio di Pristina della legazione Unmik con
conseguente assedio degli stessi uffici, di militanti secessionisti
accampati con tende che impediscono di entrare e uscire dagli stessi;
scontri con civili serbi che hanno reagito alle violenze e
intimidazioni; posti di blocco illegali con tende ai lati delle
strade provinciali.

In questa situazione arriviamo al tardo pomeriggio, dove ci dicono
che l’autobus con le effigi delle Nazioni Unite, quello a cui avremmo
dovuto accodarci come convoglio, che ogni giovedì porta i civili
serbi a fare compere dei beni di assoluta necessità a Mitrovica da
alcune enclavi, era stato attaccato a Rudnik da un gruppo di albanesi
che dopo avergli teso un imboscata, l’hanno assaltato e distrutto con
spranghe, bastoni e pietre (da rilevare che questi bus hanno vetri
antisfondamento, perché continuamente attaccati), terrorizzando i 50
passeggeri, tra cui molte donne e bambini, dileguandosi poi
all’arrivo delle forze Kfor. L’autista D. Perunicic ha raccontato che
l’attacco è avvenuto approfittando del fatto che negli ultimi mesi le
scorte Kfor sono collocate non vicino ai mezzi, ma in punti del
percorso, per dimostrare che la situazione si sta “normalizzando”;
egli ha detto che solo nel mese scorso, era stato attaccato due
volte: il 2 e il 12 maggio, per questo era stata rimessa la scorta,
ma l’8 giugno nuovamente era stata levata, con questi risultati; ha
anche detto che stavolta la violenza dell’assalto era stata molto
alta e determinata.

La KPS (Corpo di Protezione del Kosovo, di fatto una polizia locale,
tranne che nelle enclavi, interamente albanesi) è giunta sul posto
solo due ore dopo i fatti. Frattanto dall’enclave di Gorazdevac, dove
tutta la comunità era in attesa per la distribuzione degli aiuti e
per un momento di festa fraterna e solidale (per loro, soprattutto
per i bambini e ragazzi, un evento rarissimo), ci viene chiesto con
il cuore in mano di cercare di andare in qualsiasi modo, che essi ci
aspettano e ci ospiteranno a qualsiasi costo; lo sconcerto e la
tensione, insieme ad un senso di impotenza, crescono in noi di minuto
in minuto. Dagli uffici intanto le notizie che ci danno sono che gli
assalti all’enclave sono stati respinti, ma tutte le aree intorno
alle enclavi sono presidiate dalle forze militari perché la tensione
è altissima, ed è evidente che la giornata è pianificata dalla
dirigenza separatista e che è un piano a scacchiera, come ci spiega
un funzionario serbo, per cui in qualsiasi parte può scatenarsi una
conflittualità improvvisa.

Le ore di tensione crescente non hanno scalfito la nostra volontà e
determinazione di cercare di provare ad andare, alle 5 del pomeriggio
in un clima del nostro furgone, decisamente pesante e cupo per la
situazione, avviene un ennesima consultazione tra di noi per prendere
una decisione non certo facile o leggera, decidiamo (un solo voto
contrario) di tentare l’ultima possibilità, quella di accodarci ad un
altro autobus che alle 6 di sera partiva da Mitrovica o di lasciare
il nostro furgone e salire sull’autobus; consultiamo ancora il
responsabile della polizia serba, che in modo fraterno ma deciso ci
“consiglia” fermamente di non muoverci da dove siamo e di tornare
indietro; il rischio più probabile è quello di restare accerchiati in
aree di tensione e di violenza, in balia di chiunque, e ci dichiara
che non potrebbe fare nulla per salvarci o proteggerci neanche
volesse, in quanto loro non possono oltrepassare il ponte sul fiume
Ibar, che divide il nord dal territorio controllato dagli albanesi,
per cui lui da militare ci ribadisce che la sicurezza delle nostre
vite è in gioco. Ci comunica inoltre che si stanno facendo convergere
su Mitrovica altre truppe e mezzi militari, perché la situazione di
tensione sta crescendo e si preannunciano scenari di conflittualità
crescente, gli stessi palazzi della parte nord di Mitrovica dove
vivono famiglie albanesi, vengono presidiati da mezzi della Kfor per
evitare incidenti, anche perché il timore è che lo strano silenzio
che regna nella parte sud della città (solitamente un punto caldo
delle tensioni nel Kosovo), non lascia tranquilli e si teme che da un
momento all’altro scoppino incidenti. Intorno a noi comincia un via
vai di jeep, mezzi militari, dall’altra parte del fiume dove sono
stanziati carri armati e blindati militari della Kfor, si notano
movimenti, la stessa popolazione di Mitrovica, essendo abituata ad
uno stato di mobilitazione permanente, si muove con più fretta e
rapidità verso le proprie case, ma anche pronta a mobilitarsi in
pochi minuti, come sempre è successo finora, se dalla parte sud ci
sono segnali di attacchi; si preannunciano altri giorni duri per i
serbo kosovari e le altre minoranze che sono con loro, tra cui il
popolo rom.

Dopo l’ultimo colloquio con l’ufficiale serbo, in un silenzio
surreale e carico di sconforto, guardandoci negli occhi, perlopiù
colmi di lacrime represse e rabbia, decidiamo ciò che la situazione
ha di fatto deciso: si torna indietro, non c’è altra realistica e
sensata possibilità, siamo tutti d’accordo. Ora il momento più
difficile è comunicare all’enclave che non andiamo, come dire loro…
siete soli, ancora una volta, ma non ci sono altre possibilità
realistiche. L’unica notizia positiva è che il camion della Croce
Rossa Serba con i nostri aiuti, è riuscito nella notte, prima che
cominciassero le violenze, a raggiungere l’enclave, per cui la gran
parte degli aiuti ha raggiunto la comunità. Dopo la telefonata ai
nostri amici e fratelli di Gorazdevac, un senso di sconfitta, di
amarezza, di tristezza infinita ci avvolgono, il silenzio pesante
come un macigno cala nel furgone; mentre andiamo verso nord, lungo la
strada, incrociamo mezzi militari, ambulanze, truppe che si dirigono
verso quella terra martoriata che è il Kosovo di oggi, violentata da
interessi stranieri e da forze criminali che si sono messe al loro
servizio.

Ancora lo scorso mese, Soeren Jessen-Petersen, rappresentante
dell’ONU in Kosovo (dimissionario dal 12 giugno), aveva dichiarato
insieme ad altri esponenti internazionali occidentali, che la
situazione nella regione stava progredendo e che si stavano
raggiungendo i requisiti (di democrazia e libertà civili) per avere i
cosiddetti Standard minimi di democrazia richiesti dalla Comunità
Internazionale. Io penso che per rendere l’idea di qual è la
situazione reale in Kosovo sia sufficiente scorrere gli avvenimenti
degli ultimi mesi, partendo dal dato che tutta la popolazione serba
vive in veri e propri ghetti in una condizione di apartheid, come
documentato nel Video “Kosovo 2005, viaggio nell’apartheid” prodotto
dall’Associazione SOS Yugoslavia.

Ma ecco come si svolge la vita quotidiana nel Kosovo Methoija di oggi:


10-06-2006: Dragas, oltre 25 albanesi appartenenti alla polizia del
Kosovo (KPS) hanno attaccato e distrutto la casa del Presidente di
Iniziativa Civica dei Gorani (minoranza slava musulmana) D. Cemir,
che vive rifugiato a Belgrado.

8-06-06: il commissario della polizia dell’Unmik K. Vittrup, ha
annunciato oggi il rafforzamento delle forze militari nel nord del
Kosovo abitato dai serbi (oltre 500 uomini della polizia
internazionale e altri del KPS), a causa di un continuo aumento di
episodi di violenza nella zona.

8-06-06: Staro Gracko, scoperta mina collocata dentro il cimitero
ortodosso del villaggio. Disattivata dalla Kfor senza esplosione.

4-06-06: Priluzje, assassinata una donna serba da sconosciuti.


31-05-06: secondo un documento riservato dell’ONU datato 1 aprile,
venuto in possesso di giornalisti a Belgrado, le agenzie delle
Nazioni Unite hanno già predisposto un piano di evacuazione per
l’esodo di altri 70.000 serbi kosovari, che si stima scapperanno nei
prossimi mesi, alla proclamazione dell’indipendenza.

30-05-06: minato il ponte che unisce i due villaggi di Grabac e Bica,
dove vivono circa 300 serbi; l’esplosione ha gravemente danneggiato
ma non distrutto completamente il ponte.

28-05-06: Zvecan, assassinato in serata, un uomo serbo da tre
sconosciuti mentre camminava. L’uccisione rivendicata dall’ANA
(Armata Nazionale Albanese).

25-05-2006: Mala Krusa, Prizren, la polizia dell’Unmik ha dovuto
usare i gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di albanesi che ha
cercato di fermare e lanciava pietre contro un convoglio di serbi che
si spostavano dall’enclave. Feriti alcuni poliziotti ONU e
danneggiati due bus ONU.

23-5-06: i leader della comunità serba ancora presente in Kosovo,
hanno dichiarato lo “stato di emergenza” in tutte le enclavi, dato
l’intensificarsi delle violenze contro i civili da parte dei
separatisti albanesi.
18-05-06: Kosovska Mitrovica, scontri tra serbi e albanesi nel
quartiere di Bosnjaka Mahala, dopo che un albanese aveva sparato
colpi di pistola contro un poliziotto serbo in servizio di sicurezza
locale. L’autore della sparatoria, Bastri Hajdari è già noto come
appartenente all’ex UCK, e già più volte arrestato per episodi di
violenza e aggressioni, in questi anni. In seguito agli scontri
decine di persone sono state fermate.

11-05-06: K. Mitrovica, due ragazzi serbi di 19 e 21, sono stati anni
assassinati alle tre della notte ad un distributore di benzina, non è
stato rubato o rapinato nulla, quindi l’obiettivo era di colpire i
due ragazzi.

10-05-06: Podujevo, attaccata e devastata la chiesa ortodossa di S.
Elijah, nel 2004 era stata distrutta dai separatisti e si stavano
facendo dei lavori per ricostruirla; gli assalitori dopo aver
sfondato il portone hanno devastato l’interno ricostruito e tutte la
finestre.

9-05-06: Rudnik, attaccato e distrutti i vetri dell’autobus che
trasportava a Mitrovica per le visite mediche e l’approvigionamento
alimentare settimanale, gli abitanti dell’enclave serba di Osojane,
circa 60 persone tra cui molte donne e bambini.

8-05-06: Bica, rubato un trattore e distrutte le apparecchiature per
la fornitura dell’energia elettrica alle case.

7-05-06: Suvi Lukavac, nella notte uccisi i cani da guardia
dell’enclave e poi la notte seguente rubati alcuni trattori.
6-05-06: Rudare, due sconosciuti che bloccavano la strada con una
Golf nera senza targa, hanno sparato colpi di fucile contro la
macchina della Diocesi Ortodossa della regione, con sopra Padre
Srdjan, che tornava da una visita all’enclave; alcuni proiettili sono
rimasti conficcati nella vettura.Il padre è riuscito a scappare.
5-05-06: Pristina, nove poliziotti dell’Unmik feriti durante scontri
alla manifestazione indetta per l’indipendenza del Kosovo, mentre
cercavano di assaltare un edificio dell’ONU.

30-04-06: Bica, sconosciuti hanno aperto il fuoco contro fedeli serbi
che stavano celebrando la pasqua ortodossa.
23-04-06: K. Mitrovica, attaccata a colpi di pietra e distrutti i
vetri della casa di un profugo da Prizren, nella periferia della
città, da sconosciuti.
23-04-06: Suvi Do, attaccata con pietre una macchina guidata da un
serbo, lungo la strada provinciale, danneggiata la vettura.
22-04-06: Tucep, un gruppo di uomini armati ha attaccato con colpi di
fucile la casa di una famiglia serba del posto; la moglie che era in
casa è rimasta indenne dall’attacco.
16-04-06: Gojbulja, attaccata e danneggiata la chiesa ortodossa di
Sveta Petka nell’enclave serba, completamente circondata dalla
popolazione albanese.
15-04-06: K. Mitrovica, attaccata con bombe e bottiglie Molotov la
casa di un profugo di Istok, che vive nella periferia della città, la
momento dell’assalto vi erano sette membri della famiglia, tra cui i
bambini: Non ci sono stati feriti.
9-04-06: Suvi Lukavac e Tucep, attaccate nella notte alcune case
serbe e portati via quattro trattori e sette mucche.
4-04-06: Straza, attaccata nella notte con fucili automatici la casa
della famiglia serba di C. Ivkovic, ucciso il cane da guardia che
aveva dato l’allarme, i sei membri della famiglia sono rimasti illesi.

27-03-06: K. Mitrovica, un ragazzo serbo di 19 anni è stato picchiato
e pugnalato da un gruppo di giovani albanesi proveniente dall’altra
parte del ponte sul fiume Ibar, mentre passeggiava con la sua fidanzata.
26-03-06: Klina, lanciate due bombe contro la casa di un serbo
rientrato in Kosovo, gravi danni materiali ma nessun ferito nella
famiglia.

…..Questo è il Kosovo “liberato” per cui si è bombardato e devastato
il popolo jugoslavo, queste sono la democrazia e la libertà portate.



Enrico Vigna ( Associazione SOS Yugoslavia, Italia), 14 giugno 2006

“S’ALZO’ DI KOSOVO UNA FANCIULLA”
…Ella va di Kosovo sulla piana.
E scende sul campo la giovane donna…E rivolta nel sangue i guerrieri.
Qual guerriero in vita ella trova, lo leva da quel molto sangue, lo
lava con fresc’acqua.
E conforta con vino vermiglio… E ristora con pane bianco…”
(Antico poema epico del Kosovo)



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