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Dal Corriere della Sera del 03-12-06, pag. 19

autore: Rinaldo Frignani categoria: REDAZIONALE

L'incidente all'alba in una casa container a Roma, nel campo dove
vivono 48 famiglie. Giallo sulle attrezzature anti incendio

Rogo tra i nomadi, morti gli sposini
Il sacrificio di Sasha salva i familiari

Strappa alle fiamme i genitori, due sorelle, la nipotina. Non riesce
ad aiutare la moglie, 16 anni, incinta

ROMA — Giocava a pallone in una squadra di periferia. Voleva essere
un campione, magari della Roma, la sua squadra del cuore, ma prima di
questo, sognava di diventare papà. Invece Sasha Traikovic, 17 anni,
nomade serbo, sarà ricordato come un eroe: all'alba di ieri ha
salvato tutta la sua famiglia dal rogo del container dove abitava in
un accampamento a Centocelle, ma poi è morto tra le fiamme nel
tentativo di trascinare fuori sua moglie Ljuba Mikic, incinta al
secondo mese, prigioniera del fuoco scatenato dal corto circuito di
una stufa elettrica. Anche la ragazza, di appena 16 anni, non ce l'ha
fatta. I pompieri, chiamati inspiegabilmente quando ormai il rogo
aveva distrutto tutto, li hanno trovati carbonizzati, abbracciati
nella loro piccola stanza. A Sasha devono la vita il padre Pete, la
madre Gordana, due sorelle e una nipotina di 9 mesi.
Il dramma si è consumato alle 5.20 nell'accampamento in via dei
Gordiani, periferia est della Capitale. Un'area riqualificata dal
Campidoglio tre anni fa, quando il Comune donò a 48 nuclei familiari
di nomadi serbi e bosniaci (separati da vecchie ruggini e da una
recinzione metallica) altrettanti containers «ignifughi» prodotti da
una ditta di Parma. Strutture decisamente migliori delle baracche
fatiscenti dove, fino all'anno prima, i rom avevano abitato
dall'altra parte della strada in un campo non attrezzato distrutto da
un devastante incendio. Ma l'acqua corrente, i servizi igienici,
l'energia elettrica e le fognature non sono bastati per strappare due
giovanissimi sposi a una fine terribile. Il campo in via dei Gordiani
è anche lo stesso visitato a Ferragosto dal ministro dell'Interno
Giuliano Amato, che agli auguri nelle sale operative delle forze
dell'ordine preferì il contatto con le pattuglie su strada. E fra
quei containers grigi il ministro fu avvicinato da un giovane
apolide, Zwonko Djorgevic, nato in Italia ma condotto al cpt di Ponte
Galeria non appena maggiorenne perché non aveva mai fatto la
richiesta del permesso di soggiorno. Un episodio-simbolo, e non solo
per il ministro, della situazione esistente nell'accampamento, da
mesi in balìa anche di spacciatori di eroina e cocaina. Ma Sasha e
Ljuba, chiamati dagli amici «Sale» e «Lilli», erano lontani da tutto
questo. Lui, dopo aver lasciato gli studi, lavorava in un centro
sportivo del quartiere. La moglie, invece, voleva fare l'esame di
terza media e frequentava una scuola serale. Due giovani perbene in
un posto difficile, ben conosciuti fin da bambini anche dai volontari
della Comunità di Sant'Egidio, invitati al loro matrimonio in stile
gitano lo scorso 30 settembre. Sul rogo di ieri mattina la procura ha
aperto un'inchiesta per morte come conseguenza di altro reato.
Nella ricostruzione della tragedia c'è qualcosa che non convince i
carabinieri e i vigili del fuoco, intervenuti in forze dopo la prima
chiamata arrivata al «115» solo alle 6.10. Le prime squadre sono
giunte in via dei Gordiani otto minuti dopo. Le fiamme avevano già
avvolto tutto, compresa una veranda in legno costruita dagli amici di
Sasha per ingrandire il container della famiglia Traikovic. Ci sono
dubbi sulla presenza nel campo di attrezzature anti-incendio: i
bocchettoni esistono (uno si trova proprio sotto alla veranda
bruciata), ma gli investigatori hanno trovato solo una lancia usata
per spegnere il rogo dagli altri nomadi. Le altre, in dotazione ai
containers, sono scomparse. Così, per salvare i Traikovic, i vicini
di casa non hanno potuto fare altro che utilizzare un piccolo
estintore e un minuscolo tubo di gomma per innaffiare le piante.
Troppo poco contro un inferno che non ha lasciato scampo ai due sposi.