(sul Manifesto-Appello per il Kosmet e sulla conferenza stampa di cui si parla qui si veda: 




 Guido Ricci,  31 maggio 2007


Iniziative     

Una conferenza organizzata dal senatore del Prc Fosco Giannini per non dimenticare la martoriata terra jugoslava. Hanno partecipato anche Franca Rame, Lidia Menapace, Haidi Giuliani, Falco Accame, Don Gallo e il presidente del Forum Belgrado 



Sebbene non se ne parli quasi mai, nonostante quei luoghi passino raramente sulla bocca della classe dirigente italiana, con le regioni dell'ex-Jugoslavia l'Italia mantiene un legame saldissimo. Se non altro dal punto di vista militare: su 24 missioni e 7516 uomini impegnati nelle missioni all'estero, nei Balcani il nostro paese ne vede operare 2255, un impegno che risulta secondo solo a quello sul territorio libanese, dove i militari italiani sono solo 200 in più.
Una regione, quindi, in cui il nostro ministero della Difesa ha investito molte energie per difendere, evidentemente, altrettanti interessi. D'altronde come ha dichiarato il viceministro alle Attività produttive con delega al commercio estero, Adolfo Urso, "sono circa 30.000 le imprese italiane registrate nei Balcani. Una cifra che fa dell'Italia il primo paese per presenza numerica nei Balcani". Eppure queste cifre non dovrebbero generare stupore. Cos'altro ci saremmo dovuti aspettare, dato l'impegno con il quale l'Italia si è prodigata nella vergognosa "guerra umanitaria" (termine coniato ad hoc dal governo di centro-sinistra) 8 anni fa?
Eppure in questi 18 anni che ci separano dai bombardamenti con cui la Nato ha devastato qualsiasi speranza di pace nei Balcani, molte pentole si sono scoperchiate, rivelando l'orrenda mistura generata da quell'aggressione: lo scandalo della missione Arcobaleno, la tragedia dell'uranio impoverito (con il quale l'occidente ha contaminato non solo i soldati, ma intere generazioni balcaniche), il golpe di Belgrado dell'ottobre 2000, il riconoscimento da parte della Commissione Onu della montatura attorno alla falsa strage di Racak. Tutto senza l'onore dei riflettori, tutto semi ignorato dalla grande informazione, interessatasi, solo per poco, unicamente alla morte-evento di Milosevich.
Ma cosa rimane in Kosovo? In estrema sintesi: 300.000 serbi, rom e albanesi non irredentisti cacciati dalle loro terre; 3.000 desaparecidos (1.300 dei quali dati per morti); un regime di vero e proprio apartheid con le minoranze costrette a vivere in enclavi circondate dal filo spinato; un intero patrimonio culturale distrutto e dato alle fiamme; testimoni scomodi eliminati. E' questo il Kosovo dell'Uçk, quel Kosovo che il "mediatore" Ahtisaari vorrebbe indipendente (con tanto di Costituzione e bandiera), stracciando la stessa risoluzione Onu 1.244 con la quale si era posto fine ai bombardamenti e rendendo così concreta la nascita dell'ennesimo narco-stato nella regione, passaggio obbligato per armi, droga, esseri ed organi umani come nuove e orrende fonti di lucro.
Ma il Kosovo non è solo un problema serbo: è un problema europeo perché la tentazione di una soluzione superficiale della questione, pronunciandosi frettolosamente a favore dell'indipendenza, rischia di rappresentare un pericoloso precedente, una nuova ingerenza ingiustificata che rischierebbe di gettare nel caos altri scenari in cui la richiesta di indipendenza ha una storia anche più lunga e meno contraddittoria di quella della regione kosovara.
Ma è anche un problema italiano, e non solo per i motivi di cui dicevamo prima. E' un problema italiano perché se venisse proclamata l'indipendenza in quei territori si ricomincerebbe a sparare ed i nostri soldati sarebbero lì a partecipare nuovamente ad un conflitto. Da che parte spareranno questa volta? Dalla parte dei ribelli serbi, a cui a quel punto ogni speranza verrebbe strappata, o dalla parte dell' Uçk, pronto a massacrare nuovamente tutte le minoranze che vivono in questa sfortunata zona dei Balcani?
E' necessario che l'occidente rialzi lo sguardo verso i Balcani, è vitale per la costruzione della pace non trascurare quel territorio ancora così a rischio, non riporlo in un angolo della nostra coscienza per riconsiderarlo unicamente quando il sangue riprenderà a scorrere. Questo è stato il fine principale della conferenza stampa organizzata oggi (31/05 ndr.) dal senatore del Prc Fosco Giannini. Come egli stesso ha dichiarato "Vogliamo farci strumento, cassa di risonanza di un popolo che chiede verità e giustizia.". Una conferenza importante, grazie alla quale abbiamo potuto raccogliere le importanti testimonianze di Franca Rame, che ha descritto le torture e le violenze cui sono state sottoposte le donne serbe, prime e principali vittime del conflitto. Abbiamo avuto la straordinaria occasione di ascoltare il Presidente del Forum Belgrado, che ci ha descritto la realtà tremenda in cui sono costretti a vivere i profughi serbi e le violenze cui sono sottoposti quelli del Kosovo Metohija, illuminandoci, al contempo, sulle plateali violazioni della risoluzione 1244 dell'Onu. Abbiamo avuto anche la fortuna di prestare attenzione alle importanti riflessioni di Don Gallo e Lidia Menapace sulla assurdità e la barbarie dei conflitti. Ed a loro si sono affiancati altri importanti interventi come quello di Haidi Giuliani e di Falco Accame. L'intento è chiaro e lo riassume bene Giannini: "Amplificando tutte queste voci abbiamo tentato di ripuntare i riflettori sul Kosovo, di rilanciare un percorso di discussione che siamo sicuri continuerà in tutta Italia anche grazie all'appello lanciato dal Forum Belgrado e che grazie all'impegno portavoce italiano Enrico Vigna sta raccogliendo numerose e qualificate adesioni. E' fondamentale che in tutte le sedi politiche, sociali, istituzionali si riapra il ‘caso Kosovo' anche rimettendo in discussione la natura della missione militare italiana in quelle terre".

 


Commenti

#1 · Ras-Putin

31 maggio 2007, 20:35
Finalmente un po di luce nel tunnel delle menzogne che hanno accompagnato sistematicamente le tragedie della ex Yugoslavia. E badate bene, quello che leggete e’ solo una “piccola lampadina” in un un ambiente enorme. Ci sara’ ancora tanto da “rischiarare”, se ci sara’ la volonta’ di andare fino in fondo...

#2 · Max

1 giugno 2007, 10:00
Intanto per capire il perche’ del Kosovo bisogna conoscere il “babau” e cioe’ il defunto Presidente Milosevic e le circostanze della sua morte. E’ appena uscito un libro di John Laughlands sull’argomento:ecco alcune recensioni:http://www.morningstaronline.co.uk/index2.php/free/culture/books/the_law_in_their_own_hands e amcora http://www.spectrezine.org/reviews/precious6.htm

#3 · MR

1 giugno 2007, 14:19
E vergognoso con quanta parzialità sia scritto questo articolo. Vergognoso e ridicolo. Studiate la storia!

#4 · quirino

1 giugno 2007, 17:20
ho avuto l’opportunità di guardare un documentario ‘i dannati del kossovo’ e ne sono rimasto impressionato. Perchè nessuno racconta ciò che sta succedendo in quella terra? giustifico quanto ha scritto MR, in quanto spero che come me, egli sia rimasto vittima del silenzio dei media in questi anni: solo un nazista potrebbe giustificare tanto razzismo e tanta atroce violenza.

#5 · Max

1 giugno 2007, 19:43
Temo che sara’ difficile che gli occhi si rialzino sul Kosovo di oggi, in quanto la vergogna del fallimento della nostra politica estera e’ tale che ci vorrebbe un coraggio da leoni per rimettere in discussione la storia a “lieto fine” che ci hanno propinato fino ad oggi.Non occorre andare in Cecenia per difendere i diritti umani, basterebbe fare un centinaio di km da qui per scoprire un “buco nero” senza fondo sui diritti calpestati dell’uomo. Direi che e’ proprio in Kosovo ed ancora prima nella ex Yugoslavia che la sinistra italiana ed europea ha ammainato la bandiera bianca della resa al necolonialismo occidentale a guida USA.