( The original text, in english:
CounterPunch - Weekend Edition - June 4, 2007
Bernard Kouchner: Media Doc of "Humanitarian Intervention"
Sarko and the Ghosts of May 1968
By DIANA JOHNSTONE


CounterPunch – Weekend Edition – 4 giugno 2007

BERNARD KOUCHNER: Il dottore mediatico dell’”Intervento Umanitario”

 

SARKO E I FANTASMI DEL MAGGIO 1968

di Diana Johnstone

Parigi.

Nell’ultimo e più importante discorso della sua vincente campagna presidenziale, Nicolas Sarkozy ha scagliato un bizzarro attacco contro il Maggio del 1968. “Il maggio 1968 ha imposto a tutti noi un relativismo morale e intellettuale” ha dichiarato. Gli eredi del maggio ’68 hanno imposto l’idea che non esisteva più alcuna differenza tra il bene e il male, la verità e la falsità, la bellezza e la bruttezza. “L’eredità del maggio 1968 ha introdotto il cinismo nella società e nella politica.”

Sarkozy ha persino incolpato il Maggio ’68 dell’immoralità del mondo degli affari: il culto del denaro, il profitto a breve termine, la speculazione, gli abusi del capitalismo finanziario. L’attacco del Maggio ’68 alle questioni etiche ha aiutato “a indebolire la moralità del capitalismo, a preparare il terreno per il capitalismo senza scrupoli dei paracadute d’oro per i boss canaglia.”

Questo vuol dire che il nuovo presidente pensa di riportare la Francia a quel passato noioso e moralmente primitivo antecedente al Maggio ’68? Certamente no. Nicolas Sarkozy, che nel maggio del ’68 era un adolescente apolitico e tv-dipendente e che viveva in un ambiente borghese atterrito dai disordini per le strade, è lui stesso un erede esemplare di quell’ambiguo Maggio ’68 che ha castigato nella sua diatriba elettorale.

Il Maggio del ’68 in Francia fu un’esplosione sociale che trascinò il paese in una versione specifica della fase contemporanea dello sviluppo occidentale. Qualunque fossero le diverse intenzioni e illusioni dei suoi partecipanti, l’aspetto più straordinario del Maggio ’68 fu la sua stessa immagine riflessa nei media. La lezione più possente fu lo straordinario potere delle immagini nei media. Nessuno ha assorbito quella lezione in modo più profondo e vantaggioso di Nicolas Sarkozy.

La più fondamentale delle molte contraddizioni che hanno attraversato la rivolta del Maggio ’68 francese vedeva opposto il disciplinato Partito Comunista agli studenti radicali. La scoperta da parte degli studenti di un loro potere di scuotere le strutture dello stato creò la diffusa illusione  di un’imminente rivoluzione. Con sette milioni di lavoratori in sciopero, il Partito Comunista usò la sua influenza per condurre il massiccio sciopero dei lavoratori ad un accordo di compromesso con il governo de Gaulle in preda al panico. Che una sua propria rivoluzione fosse o meno una fantasia, la generazione del Maggio ’68 incolpò i comunisti di averla tradita accettando dei semplici aumenti di salario e benefici sindacali. Come risultato, l’anti-comunismo è una parte significativa dell’eredità ideologica della generazione del Maggio ’68.

Un elemento serio del movimento radicale cercò di portare la rivoluzione nelle fabbriche. Un elemento più vincente arrivò ai media. La “rivoluzione” spostò il suo centro di gravità dalla classe operaia e dalla liberazione del terzo mondo agli argomenti più personali e medio-borghesi della “nuova sinistra”, concentrata sulla libertà sessuale, la politica dell’identità, l’ecologia e i diritti umani.

La nuova Destra prende il controllo della vecchia Nuova sinistra

Nei primi giorni come presidente della Francia, Nicolas Sarkozy ha dimostrato che i valori della nuova sinistra sono perfettamente compatibili con la destra moderna. Sarkozy ha arraffato quei “valori” e se li è portati via.

* Parità tra uomo e donna. Sarkozy ha messo insieme un governo con otto ministri maschi e sette ministri femmina. Le donne occupano i due maggiori ministeri che trattano di ordine e legalità: la Giustizia e gli Interni. In occidente, non c’è più nessuna vera differenza tra sinistra e destra quando si tratta dell’uguaglianza delle donne.

* Uguaglianza etnica e razziale. Sarkozy ha nominato Ministro della Giustizia Rachida Dati, figlia quarantunenne di immigrati nordafricani. Ciò è in linea con il suo dichiarato desiderio di adottare una politica di “discriminazione positiva” a favore delle minoranze etniche, sul modello dell’azione affermativa degli Stati uniti. Il padre di Dati era un operaio di fabbrica immigrato dal Marocco e sua madre è algerina. Questa fotogenica signora sarà incaricata di portare a compimento il programma giudiziario di Sarkozy, inteso a colpire anche più duramente la criminalità giovanile nelle banlieues da cui la donna proviene. 

* Ecologia. L’ambiente è stato promosso da ministero minore con scarsi fondi a un livello più elevato: un nuovo Ministero dell’Ecologia e dello Sviluppo sostenibile retto dall’ex primo ministro Alain Juppé. Ciò può aver inflitto il colpo di grazia al Partito verde francese, les Verts, già alle corde dopo una miserabile esibizione nel primo round delle elezioni presidenziali. La consapevolezza universale del riscaldamento globale e dei suoi supposti pericoli, anziché rafforzare i Verdi gli ha strappato il tappeto da sotto i piedi, almeno per adesso. Il nuovo governo adotterà misure fiscali eco-tollerabili nella speranza di stimolare un nuovo ciclo economico, in contrasto con i progetti “verdi” restrittivi, spesso dipinti come anti-crescita e che dunque implicano un impopolare abbassamento dello stile di vita.

* Diritti umani. Questo è di gran lunga il più ambiguo e pericoloso dei “valori” che Sarkozy ha prelevato dalla sinistra post-economica. Scegliendo Bernard Kouchner come ministro degli Esteri, Sarkozy ha demolito il “realismo” a favore dell’”intervento umanitario” come base della politica estera francese.

La bella notizia è che il mondo è cambiato, così che persino la destra abbraccia tali cause progressiste.

La brutta notizia è che valori universalmente accettati possono, per loro stessa natura, essere usati per un’ampia gamma di scopi, anche come pretesti per l’oppressione e la guerra.

Kouchner: dalla medicina ai media

Presentare la nomina di Kouchner come una generosa “apertura a sinistra” è lo scherzo più amaro che Sarkozy ha giocato finora al Partito Socialista. Se il Partito Socialista è in imbarazzo, deve solo incolpare se stesso. Vista la fama di Kouchner nei media, i socialisti gli hanno lasciato usare il partito per avanzare nella carriera, anche se il suo “socialismo” consisteva nell’avvisarli di mollare completamente il socialismo, e una volta arrivato al Parlamento europeo con un biglietto socialista si è unito a un altro gruppo, i Radicali di Sinistra.

Kouchner non è “passato alla destra”: era già lì da circa tre decadi, ma il Partito Socialista era troppo opportunista per prestare attenzione. Il Maggio 1968 fu probabilmente l’ultima volta che Kouchner fu veramente a sinistra, ma da allora ha vissuto sugli allori, come socio fondatore dell’elite mediatica conosciuta come “il caviale di sinistra”.

Nel maggio del 1968, Kouchner si tuffò nella mischia politica come capo dello sciopero alla facoltà di Medicina dell’università di Parigi. La sua opposizione al sistema non durò a lungo. Quattro mesi più tardi, si unì a un’equipe medica organizzata dal governo francese per fornire aiuti umanitari alla neonata repubblica secessionista del Biafra. Questa missione medica era il lato umanitario di un intervento segreto della Francia che forniva anche aiuti miliari ai ribelli del Biafra, la cui regione scissionista nel sudest della Nigeria, guarda caso, includeva i vasti giacimenti petroliferi del paese.

Nel maggio del 1967, a seguito dell’escalation del conflitto tra gli ufficiali dell’esercito nigeriano appartenenti al gruppo etnico dell’Igbo Cristiano (o Ibo) e gli Hausas musulmani, i capi dell’Igbo proclamarono la loro Repubblica indipendente del Biafra. Ne derivò una sanguinosa guerra civile. Il Biafra ricevette aiuti segreti – militari e non solo - dalla Francia, dal Sud Africa, dal Portogallo e da Israele. Armato dalla Gran Bretagna e dall’Unione Sovietica, l’esercito nigeriano riuscì a imporre un blocco economico per affamare il Biafra e indurlo alla sottomissione. Nel gennaio del 1970, crollò la resistenza dell’Igbo e la regione ricca di petrolio fu rincorporata nella Nigeria.

Kouchner passò rapidamente dalla medicina alla propaganda. Tornato a Parigi nel 1969, collaborò con i servizi segreti francesi per fondare un Comitato contro “il genocidio in Biafra”. I civili del Biafra soffrirono certamente una fame terribile, ma l’uso del termine “genocidio” serve allo scopo politico di dipingere un conflitto per il controllo del territorio come l’attacco unilaterale per lo sterminio di una popolazione.

L’uso di missioni umanitarie per stimolare la solidarietà internazionale verso una sola parte dei belligeranti segnò una grossa frattura nella tradizione della Croce Rossa Internazionale di mantenere la stretta neutralità nei conflitti, necessaria per ottenere l’accesso alle zone di guerra. Nel dicembre del 1971, tredici dottori che avevano lavorato in  Biafra si staccarono dalla Croce Rossa per costituire Médecins sans Frontières (MSF, Medici senza Frontiere). Kouchner fu uno dei fondatori che, da allora in poi, si dedicò più assiduamente all’aspetto pubblicitario.

All’inizio, per via dei paragoni con il genocidio nazista della Seconda guerra mondiale, questo nuovo approccio fu accolto come più etico rispetto alla vecchia discrezione della Croce Rossa. Il guaio è che si basa su due presupposti discutibili. Primo, il presupposto che in ogni conflitto c’è un lato “buono” costituito dalle vittime e un lato “cattivo” che le vuole uccidere tutte. E secondo, che l’intervento occidentale, stimolato dai media, può risolvere questi problemi con la forza. A poco a poco, la scuola di pensiero “realistica” che solleva dubbi su questi presupposti è stata screditata come immorale.

La tragedia del Biafra ha stabilito un modello. Una o più potenze occidentali spalleggiano la secessione di una minoranza. Il regime esistente colpisce brutalmente i ribelli, ancor di più perché sospetta i fiancheggiatori occidentali di voler sfruttare la ribellione allo scopo di strappare territorio e risorse per i propri interessi. Gli operatori umanitari suonano l’allarme e i fotografi inviano ai media immagini strappalacrime di sofferenza umana. Gli umanitari occidentali descrivono la tragedia come “genocidio” e chiedono l’intervento militare. Che l’intervento arrivi o meno, le popolazioni coinvolte continuano ad essere vittime dell’odio reciproco, che è intensificato dalla drammatizzazione dei media.

Per tutti gli anni Settanta, una decade durante la quale si consumò un assortimento di gruppetti dell’estrema sinistra, preparando la strada all’offensiva anticomunista guidata dai “nuovi filosofi”, Kouchner scoprì l’utilità politica del giornalismo catastrofico. Il culmine si ebbe nel 1979, quando si unì ai nuovi filosofi in un gesto apparentemente umanitario, “una barca per il Vietnam”. Richiamando l’attenzione dei media sulla condizione dei “boat people” vietnamiti che abbandonavano la miseria economica del loro paese devastato dalla guerra, gli umanitari francesi non apportarono alcun contributo significativo al benessere dei vietnamiti sofferenti. Tuttavia, avevano trovato un modo accettabile per denunciare quello che chiamarono “il gulag vietnamita”, deviando così la solidarietà dal movimento di liberazione vietnamita che aveva conquistato una quasi universale ammirazione durante la sua resistenza alla guerra degli Stati uniti. Ignorando il fattore della privazione economica causata da anni di bombardamenti USA, il gesto fu un passo significativo nel ridefinire “la sinistra”come impegnata, in modo esclusivo e militante, nei “diritti umani”, a prescindere dal contesto. Non è certo un caso che questo coincise con la campagna per i “diritti umani” condotta dal presidente Carter e Zbigniew Brzezinski per recuperare la posizione morale degli USA dopo il disastro vietnamita.

A quel punto, lo sfruttamento da parte di Kouchner del suo ruolo di co-fondatore di Médecins sans Frontières come credenziale umanitaria per la sua propaganda aveva causato una profonda spaccatura all’interno dell’organizzazione. Kouchner lasciò MsF per creare un gruppo rivale, Médecins du Monde (MdM, Medici del mondo), che ha seguito la linea di Kouchner di abbracciare “l’intervento umanitario”, incluso l’intervento militare.

Nel gennaio e febbraio del 1993, Médecins du Monde spese circa due milioni di dollari in una campagna pubblicitaria, inclusi qualcosa come 300.000 manifesti e spot televisivi con le stelle del cinema Jane Birkin e Michel Piccoli, allo scopo di identificare il presidente serbo Slobodan Milosevic con Hitler e i campi di prigionia serbo-bosniaci con i campi di sterminio nazisti. (Vedi il mio libro “La crociata dei folli”, Monthly Review Press, p. 74).

Questa campagna pubblicitaria era zeppa di vere e proprie bugie. Ma, per Kouchner, lo zelo morale supera chiaramente la verità nella scala dei valori. L’idea originaria di etichettare i campi di prigionia temporanei serbo-bosniaci come equivalenti dei campi di sterminio nazisti venne dal capo dei musulmani bosniaci, Alija Izetbegovic. Nel 2003, Kouchner andò a trovare Izetbegovic sul letto di morte, dove ebbe luogo il seguente dialogo alla presenza di Richard Holbrooke (come raccontato da Kouchner nel suo “Les Guerriers de la Paix, Parigi, Grasset, 2004, pp. 373, 374).

Kouchner: “Ricorda la visita del presidente Mitterand? Nel corso di quella conversazione, lei parlò dell’esistenza di “campi di sterminio” in Bosnia. Lo ripetè anche davanti ai giornalisti. Ciò suscitò una profonda emozione in tutto il mondo. Francois mi mandò a Omarska e aprimmo altre prigioni. Erano posti orribili, ma le persone non venivano sterminate sistematicamente. Lo sapeva, questo?”

Izetbegovic: “Sì. Pensavo che le mie rivelazioni potessero accelerare i bombardamenti. Sì, ci ho provato, ma la dichiarazione era falsa. Non c’erano campi di sterminio, nonostante l’orrore di quei posti.”

Kouchner conclude: “La conversazione fu magnifica, quell’uomo in punto di morte non ci nascose nulla del suo ruolo storico. Richard ed io esprimemmo la nostra immensa ammirazione.”

Per Kouchner, il fatto che un “ruolo storico” sia basato sulla falsificazione suscita solo ammirazione. Le guerre jugoslave di disintegrazione furono l’occasione ideale per mettere in pratica quella che allora era diventata la sua dottrina di “intervento umanitario”. Questo coincise perfettamente col bisogno statunitense di fornire alla NATO una nuova dottrina post-guerra fredda, che consentiva all’alleanza militare di sopravvivere ed espandersi. La dottrina entrò in piena azione a marzo del 1999, quando la NATO iniziò i due mesi e mezzo di bombardamenti della Jugoslavia. Come ricompensa, Kouchner fu nominato Alto commissario delle Nazioni Unite, incaricato dell’amministrazione civile del Kosovo occupato (UNMIK). Come dittatore virtuale del Kosovo dal 2 luglio 1999 al gennaio del 2001, Kouchner dimostrò la natura del suo “umanitarismo”: ottenere favoritismi per le vittime designate dalla NATO, vale a dire, la maggioranza albanese, insieme a sporadici tentativi di usare il suo fascino per placare i rappresentanti dei Serbi assediati. Il risultato fu disastroso. Invece di promuovere la riconciliazione e la comprensione reciproca, egli permise che la provincia scivolasse ancor di più sotto il controllo di bande e banditi armati, che da allora hanno terrorizzato impunemente i non-albanesi.

Kouchner è un umanitario selettivo. Le vittime che suscitano la sua indignazione, guarda caso, riscuotono sempre il favore degli interessi imperialistici francesi o statunitensi: i biafrani, i vietnamiti non-comunisti, gli albanesi del Kosovo. Non si è mai entusiasmato così tanto per la condizione delle vittime in Nicaragua dei sabotaggi e degli omicidi dei Contras spalleggiati dagli USA negli anni Ottanta, né per la pulizia etnica subita dai Serbi e dai Rom in Kosovo dopo il suo arrivo, e ancor meno per le vittime palestinesi della pulizia etnica israeliana.

Neanche le vittime del duro governo militare in Birmania suscitano il suo zelo da crociato, almeno non nel 2003, quando fu pagato 25000 euro dalla compagnia petrolifera francese Total per redigere un rapporto sulle attività della Total in quella nazione. Le 19 pagine del rapporto, scritto dopo una breve visita guidata negli stabilimenti della Total, difendevano la costruzione di un gasdotto Total dalle accuse che la compagnia stava approfittandosi dell’uso governativo di manodopera schiavizzata nei progetti di costruzione. Ora, è anche possibile che la compagnia fosse innocente come affermava Kouchner, ma è certo che Kouchner non fu scelto per il suo rigore investigativo, quanto per la sua reputazione “umanitaria”.

Non desta stupore, dunque, che, dopo la sua nomina a Ministro degli Esteri, Médecins sans Frontières abbia pubblicamente invitato Kouchner a smetterla di usare il loro marchio come mezzo per stabilire le sue credenziali umanitarie. In realtà, Kouchner ha smesso da tempo di essere qualsiasi cosa, tranne un pubblicitario dell’intervento selettivo.

Un asse del bene franco-statunitense?

La prospettiva di questo mediocre cacciatore di pubblicità è allarmante quanto comica. Difficile capire se ridere o piangere.

Se vi occorre qualcuno per giustificare un intervento militare, Kouchner è l’uomo per voi. Se si fosse trovato al Quai d’Orsay nel marzo del 2003, il suo contributo alla débacle irachena sarebbe stato quello di consigliare a George W. Bush di abbandonare l’idea delle “armi di distruzione di massa” e intraprendere la sua guerra per i “diritti umani”, allo scopo di “sbarazzarsi del dittatore Saddam Hussein”. Almeno, è ciò che, da allora, lui ha detto ripetutamente. Kouchner ritiene un peccato che GWB abbia usato il pretesto sbagliato per distruggere l’Iraq. Ha persino incolpato la Francia di “forzare” le Nazioni Unite ad accelerare l’invasione brandendo la minaccia di un veto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Non gli è venuto in mente che la combriccola Cheney-Wolfowitz riteneva che spaventare il popolo americano con l’inganno della “autodifesa” avrebbe funzionato meglio che fare appello al suo altruismo. In entrambi i casi, l’Iraq è in rovina, il che non sembra disturbare l’umanitario in carriera più famoso di Francia.

Finora, non ci sono chiare indicazioni che Sarkozy voglia coinvolgere la Francia in una guerra. Allora, a che serve Kouchner? Certamente la sua esperienza come capo della missione ONU in Kosovo (UNMIK) non ha fatto nulla per alterare l’impressione che sia molto meno dotato nell’amministrazione che nella auto-promozione. Ma questo è il talento maggiore del suo nuovo capo, che non è certo uno che voglia dividere le luci della ribalta. A parte aiutare il partito di Sarkozy a vincere le imminenti elezioni parlamentari, non è chiaro quale sia l’utilizzo di Kouchner o per quanto tempo potrà conservare il posto di lavoro.

Ha iniziato nel modo classico, rilasciando dichiarazioni demenziali destinate a fare colpo sui media. La creazione di un tribunale internazionale speciale per processare gli assassini (non identificati) dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri “dimostra la volontà della comunità internazionale di rinforzare la stabilità in Libano”, secondo Kouchner. In realtà, la politicizzazione internazionale del caso finirà quasi certamente per aumentare la destabilizzazione di quel paese. Kouchner ha continuato dicendo che il tribunale speciale corrispondeva “ai desideri del popolo libanese, di tutte le parti e di ogni credo religioso”, e questo, di nuovo, semplicemente non è vero. Piuttosto, quasi metà della popolazione libanese sospetta che un tribunale internazionale sponsorizzato dalle potenze occidentali sia stato istituito per essere usato come strumento per incolpare la Siria, come pretesto per la guerra e per incriminare gli Hezbollah, costantemente descritti come “alleati della Siria”.  Questo tribunale sponsorizzato dall’Occidente non prenderà certamente in considerazione il sospetto, ampiamente diffuso, che gli israeliani, o i nemici interni della destra di Hariri, o entrambi, abbiamo maggiormente a che fare con la recente ondata di assassini della Siria, la quale è stata il perdente principale nel caso Hariri.

In seguito, Kouchner è entrato nella scena Darfur proponendo che le forze armate francesi in Ciad creassero un “corridoio umanitario” per proteggere gli aiuti umanitari alle vittime del conflitto Darfur nel vicino Sudan. Le stesse organizzazioni umanitarie francesi che avevano fornito le fondamenta morali iniziali per l’appoggio di Kouchner all’intervento rinnegarono immediatamente questa idea come inappropriata.

Denis Lemasson di Médecins sans Frontières, che attualmente ha 2000 operatori che aiutano i civili in Darfur, ha definito “pericolosa” la proposta di Kouchner, per via della confusione che creerebbe tra le operazioni militari e quelle umanitarie. Qualsiasi intervento militare costringerebbe al ritiro gran parte delle organizzazioni di soccorso e renderebbe la situazione peggiore di quella odierna, ha sottolineato.

Tutte le organizzazioni di soccorso francesi, MsF, Action contre la Faim, Solidarités e persino Médecins du Monde (MdM) concordano sul fatto che l’unico modo possibile per interrompere la guerra civile tra l’esercito sudanese, la milizia Janajaweed e vari gruppi ribelli deve essere un accordo politico, non un intervento militare. Il presidente di MdM Pierre Micheletti sottolinea che la popolazione è sparpagliata “a macchia di leopardo” in una regione grande quanto la Francia, all’interno di enclave controllate da una parte o dall’altra, senza linee di fronte.

Lemasson osserva che le passate esperienze di “interferenza umanitaria” confermano le loro preoccupazioni. L’operazione “milito-umanitaria” statunitense in Somalia nel 1992 e le “zone di sicurezza” in Bosnia hanno tutte creato illusioni e condotto al disastro. Inoltre, aggiunge Alain Boinet, capo di Solidarités, il fallimento in Iraq dimostra che la pace non può essere imposta.

Quindi Kouchner è arrivato troppo tardi. È in ritardo anche per saltare sul carrozzone di Bush diretto all’inferno iracheno. Ha già perso ogni credibilità tra coloro che sanno bene cos’è veramente un “intervento umanitario” e che tendevano a ritornare al vecchio modello di neutralità della Croce Rossa per avere accesso alle vittime. Mantiene la sua popolarità tra il pubblico generale solo perché la sua immagine mediatica, attentamente coltivata, non è stata sottoposta a uno scrutinio pubblico.

Kouchner può anche essere una figura comica, ma la sua commedia nasconde due tragedie. Una è la tragedia delle speranze di un autentico cambiamento sociale che fiorirono nel Maggio ’68, solo per essere distrutte quarant’anni dopo dall’alleanza tra un Sarkozy che le ripudia e un Kouchner che ne è la parodia. L’altra è la tragedia di quello che la politica estera francese poteva essere e sarebbe dovuta essere, come è apparsa fugacemente durante il memorabile 14 febbraio 2003, nel discorso di Dominique de Villepin al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Contrariamente alle regole e al costume, l’assemblea esplose in un applauso. Sembrò, per un momento, che la Francia potesse essere la voce della ragione, del realismo, della pace, per un mondo migliore.

Una Francia simile era, ed è, disperatamente necessaria. Ma ciò che abbiamo, invece, è un altro cagnolino da compagnia.


Diana Johnstone è l’autrice di “La crociata dei folli: Jugoslavia, NATO e le illusioni dell’Occidente”. Vive a Parigi e può essere contattata tramite dianajohnstone    @...

Traduzione a cura di Manuela per il CNJ