(slovenski / italiano)

Giorno del Ricordo: revanscismo bipartisan

0) Per infangare la Resistenza il TG3 manomette le foto dei crimini italiani nella Slovenia occupata

1) Giornata del Ricordo o giornata della mistificazione? / Dan spomina ali dan mistifikacije? 
(Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia)

2) Memoria IN CAMPO
(Giacomo Scotti)

3) Libri e cartine per Alemanno
(Tommaso Di Francesco)

4) GIORNO DEL RICORDO: SE LA STORIA NON E' UN'OPINIONE
Volantino del Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia

5) NON SANNO NEPPURE DI COSA STANNO PARLANDO
Il Presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth, scavalca a destra l'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia: attacca Chiamparino per una mostra basata sulla documentazione fornita dall'ANVGD
(A. Kersevan + ANSA)

6) IL GIORNO DEL RICORDO DELLE FOIBE E DELL’ESODO E DELL’AMNESIA STORICA 
(nuovaalabarda.it)


Segnaliamo inoltre:


VOLANTINO DI PIATTAFORMA COMUNISTA per il Giorno del Ricordo 2010:

https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/volPIATTCOM2010.pdf


Incongruenze nei riconoscimenti agli "infoibati" segnalate dall'ANPI di Viterbo. I casi di Carlo Celestini e Vincenzo Gigante:

https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm#viterbo09


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Per infangare la Resistenza il TG3 manomette le foto dei crimini italiani nella Slovenia occupata

Nei video mostrati il 10 febbraio dai telegiornali di Rai 3 e su Linea Notte, tra filmati e immagini sulle foibe sono state subdolamente inserite anche foto che documentano invece i crimini italiani nella Slovenia occupata.

Il servizio per il TG3 di Sergio Criscuoli, montato da Roberto Barbanera, si può ancora vedere al sito:   
Le foto si trovano più o meno al punto fra i minuti  2'17'' e 2'21''. Una, in cui si vedono alcune persone scavare una fossa, è la stessa che si può visionare in http://muceniskapot.nuovaalabarda.org/galleria-ita-3.php tra le tante foto dei crimini commessi dall'esercito di occupazione italiano. 

Nel suo articolo "La malastoriografia" in Revisionismo storico e terre di confine (http://www.kappavu.it/catalog/product_info.php?products_id=216) Alessandra Kersevan già aveva documentato un caso analogo: sul Messaggero Veneto, tre anni fa avevano usato una immagine della fiction "Il cuore nel pozzo" apponendo la didascalia: "Immagini d'epoca. [sic] Rastrellamenti di partigiani jugoslavi contro la popolazione" [sic].

(segnalato da Alessandra Kersevan, che ringraziamo)


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Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia

Piazza Oberdan 6,  34133 Trieste telefono 040 3773257 
fax 040 362052 email:  cr.gr.sa@...



Ai mezzi di comunicazione
Con cortese preghiera di pubblicazione
COMUNICATO STAMPA

 

Giornata del Ricordo o giornata della mistificazione? 

  Da qualche anno siamo abituati, in questo paese e nell’Unione Europea “dei confini definitivamente caduti”, grazie soprattutto alla tendenza generalmente revisionista delle più svariate politiche europee della memoria - che continuano pervicacemente a confondere i crimini fascisti e nazisti in una narrazione generale sulle vittime del 20° secolo, il cosiddetto secolo dei totalitarismi -  a sentirci raccontare di tutto ed a sopportare cumuli di sciocchezze senza nemmeno indignarci. In Italia il fascismo di oggi si presenta solitamente svestito della propria uniforme e dei costumi che l’hanno caratterizzato storicamente, a volte però si traveste da “democrazia formale” ed egemonizza il dibattito e la scena mediatica nella Giornata del Ricordo.
Ogni anno crescono esponenzialmente i numeri dei presunti infoibati e delle vittime della barbarie slavocomunista, mentre le Istituzioni fanno ormai fatica a rintracciare famigliari, congiunti e discendenti di tanta umanità tragicamente perita: fossero tutte vere le affermazioni in proposito, verbali e scritte, ci dovrebbe essere almeno una certa corrispondenza tra numero di vittime ed onorificenze e medaglie assegnate…
Da ieri sembra che la Giornata del Ricordo possa servire anche per dare inizio all’ennesima campagna negazionista. Sembra che lo scrittore – giornalista Arrigo Petacco abbia affermato, nel corso di una trasmissione radiofonica RAI in prima serata, che la Risiera di San Sabba non sarebbe stata un campo di sterminio (l’unico lager nazista in Italia), ma che sarebbe una sorta di montatura storica per attenuare la tragedia delle foibe. Chissà cosa saprà dire in proposito il Presidente Napolitano...

Trieste, 11.02.2010
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno

--- slovenski ---

Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia

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fax 040 362052 email:  cr.gr.sa@...


P.n. sredstva javnega obveščanja
Vljudno prosimo za objavo
TISKOVNO SPOROČILO 

Dan spomina ali dan mistifikacije? 

  Že nekaj let smo vajeni, v tej državi in v sklopu Evropske unije “dokončno padlih meja”, predvsem zaradi prisotne splošno revizionistične težnje raznovrstnih evropskih politik spominjanja – ki vztrajno utapljajo fašistične in nacistične zločine v brezbrežno morje brezoblične pripovedi o žrtvah 20. stoletja, tako imenovanega stoletja totalitarizmov -  da nam servirajo kakršnekoli lažne kvaziinformacije in da nas dobesedno sipajo z vsakovrstnimi neumnostmi, ne da bi se pretirano razburjali. V Italiij se današnja različica fašizma navadno predstavlja brez uniform in preoblek, ki so ga zgodovinsko okarakterizirali. Včasih se preobleče v “formalno demokracijo” in hegemonizira razpravo in medijsko sceno ob Dnevu Spomina.
Vsako leto eksponenčno raste število domnevnih infoibirancev ter žrtev slavokomunističnega barbarstva, medtem ko pristojne Inštitucije le stežka pridejo na sled sorodnikom in potomcem tolikšnega človeštva, ki je tragično preminulo: ko bi bile tovrstne trditve in zapisi blizu resnici, bi moralo obstajati neka skladnost vsaj med številom žrtev in izdanimi spominskimi kolajnami…
Od včeraj bo Dan Spomina lahko služil tudi za začetek nove negacionistične kampanje. Zdi se namreč, da je znani pisatelj in časnikar Arrigo Petacco, med potekom večerne radijske oddaje vsedržavne mreže RAI izjavil, da Rižarna pri Sv. Soboti naj bi ne bila koncentracijsko taborišče (edini nacistični lager v Italiji), ampak da bi v resnici šlo za zgodovinsko podtaknjeno verzijo, ki bi služila prav političnemu namenu, da se omili tragedija fojb. Kdove kaj nam bo o tej trditvi znal povedati Predsednik Napolitano…

Trst, 11.02.2010
Igor Kocijančič
Deželni svetnik SKP – EL
Predsednik svetniške skupine Mavrične Levice


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Memoria IN CAMPO

di Giacomo Scotti

Ogni anno, dal 2004, il «Giorno del ricordo» viene usato dalla retorica dei partiti della destra italiana che affonda le sue radici nell'ideologia fascista, per cancellare le responsabilità italiane e repubblichine nei massacri in terra slava e per ricordare foibe ed esodo dall' Istria e da Zara in modo, dice Claudio Magris, «regressivo e profanatorio». E alla fine per riattizzare gli odii nazionalistici antislavi all'origine dell'aggressione fascista del 1941


Ogni anno, a cominciare dal 2004, celebrando il «Giorno del Ricordo» per ricordare la tragedia delle foibe e dell'esodo, rischiamo inevitabilmente di guastare i buoni rapporti che intercorrono fra i popoli delle due sponde adriatiche. Nel 2007 rischiammo addirittura una crisi con la Croazia che, per fortuna, rientrò nel giro di una settimana. E poi nel 2008 con la Slovenia. Temo però che, a causa delle ferite non rimarginate, il pericolo di rotture continuerà a incombere, soprattutto se da parte italiana si dovesse continuare a ignorare la vera storia, se si continuerà a coltivare una memoria parziale, che non tenga conto dei torti subiti dagli altri, del dolore degli altri, delle tragedie altrui. Queste crisi ricorrenti, oltretutto, mettono in pericolo la coesistenza, la convivenza e la tranquillità della minoranza italiana nel territorio istro-quarnerino, di quei trentamila italiani rimasti in Croazia e Slovenia, che hanno saputo tenacemente e pazientemente costruire, insieme ai conterranei croati e sloveni, una vita di reciproco rispetto, di tolleranza, la convivenza nella multiculturalità. Bisognerebbe però cambiare linguaggio e smetterla di guardare a croati e sloveni come a dei barbari, come li chiamava Mussolini e come li definiscono i neofascisti che oggi scrivono sui muri di Trieste «slavi di merda» e «slavi boia», pensando invece a mettere in mare nuove navi traghetto accanto a quelle esistenti, di cui si servono italiani, croati e sloveni per transitare ogni giorno dall'una all'altra sponda dell'Adriatico e del confine giuliano. In Istria e nel Quarnero, le cui popolazioni hanno visto e subito nel secolo scorso tutte le violenze del fascismo e di altre ideologie nazionalistiche, aggressioni e oppressioni, fino all'esodo, si sa riconoscere il dolore di tutti, dei rimasti e degli esodati, dei profughi di tutte le popolazioni.
Le recriminazioni e i rancori tipici di una destra dalle origini fasciste e missine, oggi sono fuori della storia.
Certo, la storia non si può cancellare e non va dimenticata ma ciascun popolo deve saper fare i conti con la propria, senza sottacere o negare i buchi neri. 

Esagerare, fino all'assurdo

Non si possono giustificare i crimini commessi in Istria tra il 10 settembre e il 4 ottobre 1943 nell'insurrezione contadina seguita alla capitolazione dell'Italia, quei crimini che vanno sotto il nome di foibe; ma nel ricordarli bisognerebbe sempre condannare anche i crimini e le violenze dei fascisti; dall'una e dall'altra parte dovrebbero essere assunte le responsabilità politiche delle rispettive pagine nere del passato. Ognuno ha diritto alla memoria, ma non ci possono essere memorie condivise se basate sulla falsificazione e sul revisionismo storico, e nessuno ha diritto di usare il passato per attizzare nuovi e vecchi rancori.
Sono fuori della storia e rappresentano un'offesa terribile non solo alla verità storica ma anche alle popolazioni croate e slovene certe truculente fiction cinematografiche prodotte in Italia come «Il cuore nel pozzo» nelle quali in maniera manichea i buoni e le vittime sono tutti italiani, mentre i malvagi e gli assassini sono tutti slavi. A che scopo bollare come barbare intere popolazioni che pure soffersero l'oppressione, la persecuzione, l'aggressione, l'occupazione degli italiani? E perché poi certi avvenimenti storici dolorosi e tremendi come le foibe istriane vengono presentati al di fuori del contesto storico delle «tormentate vicende del confine orientale», senza una seria analisi storica, con l'enfatizzazione, l'esagerazione dei numeri fino all'assurdo?
Spesso, grazie a una libellistica di stampo ultranazionalistico viene elevata al rango di certezze inconfutabili un'interpretazione della storia del confine orientale che è esclusivamente politica, strumentale, centrata su una chiave nazionale e sulla mitologia nazionalistica, che non tiene conto del male arrecato agli altri e, come dicevo all'inizio, del dolore degli altri.

La barbara razza slava

Quando parlo del dolore altrui, ovvero dei cosiddetti «barbari slavi» nostri vicini di casa non alludo soltanto ai 20 anni di oppressione e repressione fascista subita dalle popolazioni croata e slovena dei territori annessi all'Italia dopo la prima guerra mondiale, repressioni che portano centinaia e migliaia di «allogeni» nelle carceri del Tribunale speciale, al confino ma anche davanti ai plotoni di esecuzione, alla cancellazione della lingua e dei cognomi sloveni e croati eccetera in tutto il territorio della Venezia Giulia e del Quarnero; non alludo soltanto ai 350.000 civili montenegrini, croati e sloveni massacrati, fucilati o bruciati vivi nelle loro case durante i cosiddetti rastrellamenti delle nostre truppe che aggredirono l''ex Jugoslavia nell'aprile 1941 occupando il Montenegro, la Dalmazia e parte della Slovenia annettendosi larghe fette di quei territori; non alludo agli oltre centomila civili, compresi donne, vecchi e bambini, che furono deportati e rinchiusi in oltre cento campi di internamento disseminati dalle isole di Ugljan, Molat e Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli ed alle migliaia di essi che non rividero più la loro casa perché falciati dalla fame, dalle malattie e dai maltrattamenti in quei «campi del Duce». Parlo soprattutto delle vendette fasciste, dei crimini compiuti dai fascisti repubblichini italiani al servizio del tedeschi nei territori della Venezia Giulia e del Quarnero dopo l'occupazione di quelle terre da parte della Wehrmacht, della loro annessione al III Reich ovvero alla costituzione della Zona del Litorale Adriatico, dopo la prima decade di ottobre del 1943 e fino alla fine di aprile del 1945. Nella sola Istria i tedeschi, con la collaborazione della X Mas italiana, della cosiddetta Milizia Difesa Territoriale italiana inquadrata nei reparti germanici e di altre formazioni militari o paramilitari, massacrarono oltre 5.000 civili, distrussero col fuoco alcune decine di villaggi, deportarono 12.000 altri civili; e tutto ciò per «vendicarsi delle foibe», ovvero per «sterminare la barbara razza slava».
In realtà sterminarono italiani, croati e sloveni senza distinzione, all'epoca tutti cittadini italiani al di là dell'etnia. Ma oggi di questo si preferisce non parlare. Invece proprio a questa pagina orrenda dimenticata, oggi vorrei tornare per un attimo.

«Qui regna il terrore»

Il periodo che va dal 4 ottobre 1943 al 30 aprile 1945, durante il quale l'Istria fu «gestita» con le armi dai fascisti italiani e dai tedeschi, fu un continuo susseguirsi di stragi. In questi massacri, i fascisti repubblichini fecero da guida, da informatori/delatori, ma furono pure quasi sempre esecutori. Tra i reparti italiani al servizio delle SS che si distinsero nelle stragi ricordiamo il Reggimento «Istria» comandato da Libero Sauro, il reparto «Mazza di Ferro» comandato dal capitano Graziano Udovisi (Udovicich) e l'unico reparto di combattimento formato da sole donne, il Gruppo d'azione «Norma Cossetto» che alla sua costituzione fu passato in rassegna a Trieste dal segretario generale del Partito Fascista Repubblicano Alessandro Pavolini, colui che, fucilato dai partigiani italiani il 28 aprile 1945, viene oggi onorato a Rieti con una via intitolata al suo nome,
Vi risparmio la cronaca degli eccidi che indica da dieci a settanta vittime al giorno fino a raggiungere le 300 del villaggio di Lipa (30 aprile 1944) con il cielo notturno quasi sempre illuminato dalle fiamme degli incendi dei paesi. Mi limiterò ad alcuni documenti firmati dal vescovo di Trieste, Antonio Santin, grande patriota italiano oriundo di Rovigno d'Istria. Dopo aver denunciato mese dopo mese l'assassinio di vari sacerdoti istriani impiccati o fucilati dai nazifascisti, il prelato così scrisse in una nota apparsa sul settimanale Vita Nuova in data 18 aprile 1944: «Quello che avviene nell'Istria è spaventoso». «Le povere popolazioni stanno pagando un terribile contributo di sangue e di distruzione delle loro case. Lo spavento incombe su tutto e su tutti. Molti innocenti sono stati uccisi. Questo dopo la prima invasione dei partigiani e il conseguente rastrellamento che avevano giù prodotto rovine ingenti e un numero così elevato di morti. Noi assistiamo angosciati a tanta rovina». Cinque giorni dopo, il 23 aprile, Mons. Santin scrisse una lettera al comandante tedesco Wolsegger. In essa si legge:
«In gran parte dell'Istria non vi è più traccia di vita civile. Regna il terrore». «La popolazione dell'Istria è sottoposta a prove che hanno raggiunto il limite estremo dell'umana sopportazione. In vastissime zone della provincia si conduce una vita da allucinati». La gente era costretta a vivere nei fienili, in grotte, in rifugi di fortuna, per non essere presi. «Quando passano le formazioni SS allora avvengono le cose più atroci e più disonorevoli: uccisioni di innocenti trovati a casa o sul lavoro, ruberie, distruzioni di case e di beni. Cose indescrivibili e ignominose. La gente fugge terrorizzata».
Anche delle SS facevano parte, persino con funzioni di comando, fascisti italiani istriani come Bradamante, Ravegnani, Niccolini ed altri. Ecco, anche questi fatti vanno ricordati. Come va ricordato che molti dei civili massacrati in quel periodo dai nazisti e fascisti furono gettati nelle foibe.

Sdoganare la relazione condivisa

Vorrei concludere con lo sguardo volto a un futuro senza rancori. Per crearlo sarebbe bene accettare la proposta della Slovenia di sdoganare la relazione condivisa ed approvata all'inizio degli anni Duemila da una commissione paritetica di storici sloveni e italiani sul comune passato, che sta chiusa da allora negli armadi del governo di Roma; accettare la proposta avanzata nel 2007 dal governo di Zagabria e finora rimasta senza risposta di rimettere in funzione la commissione mista degli storici italiani e croati per scrivere una storia vera di quanto è avvenuto sulla sponda orientale dell'Adriatico durante tutta la prima metà del Novecento; accettare la proposta di una ricerca comune sui crimini perpetrati «prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale nell'ex Jugoslavia», appurando l'esatto o approssimativo numero delle vittime italiane, croate, slovene e montenegrine. Serve infine un gesto solenne di riconciliazione che faccia incontrare i presidenti dell'Italia, della Slovenia e della Croazia per onorare le vittime delle foibe ma anche le vittime dei massacri compiuti dagli italiani. La Slovenia e la Croazia, a livello governativo ma anche della stragrande maggioranza della popolazione, hanno più volte ammesso e finalmente condannato le stragi delle foibe e la politica jugoslava che nei primi 15 anni del dopoguerra portò all'esodo di 200.000 italiani e croati; ma non si possono tollerare i discorsi razzisti antislavi pronunciati ogni anno in Italia nel mese del «Giorno del Ricordo» da esponenti dell'estrema destra. Le foibe ci sono state, l'esodo c'è stato, ma prima ci sono state le persecuzioni italiane (fasciste) e l'aggressione fascista che portò all'annessione della cosiddetta Provincia di Lubiana (Slo) di quasi metà Croazia, dell'intero Montenegro. Resta il nostro dolore per le vittime delle foibe e per l'esodo. A livello politico Croazia e Slovenia non giustificano più quei tristi fatti con i precedenti crimini del fascismo, perché non si giustifica la vendetta. È però anche comprensibile il dolore dei figli e nipoti sloveni e croati i cui padri e nonni furono vittime del terrore italiano in uniforme fascista o addirittura al servizio del nazismo. 
È un dolore comprensibile anche quello; non si può negare a sloveni e croati di ricordare i loro morti, le sofferenze subite dai loro padri. Bombardati come sono ogni anno di questi tempi da accuse di genocidio, molti croati e sloveni ricordano a loro volta «la terribile occupazione italiana» delle loro terre, «le stragi compiute dall'esercito fascista italiano» ed aspramente rimproverano quella parte dell'Italia che non vuole ricordare i crimini italiani. Purtroppo in troppi continuano a non rimuovere i buchi neri del loro passato. 

La ferita oltre il confine

Bisogna ricordare tutto, contestualizzando la storia, senza dimenticare una parte e senza falsificarla. In Croazia, Slovenia e Montenegro, dove vivono i figli e le figlie e i nipoti delle vittime dell'occupazione italiana di quelle terre, del duro regime instaurato ancor prima per venti anni dal regime fascista in Istria ai danni dei cosiddetti «barbari slavi», c'è inevitabilmente chi si sente ferito dalla retorica dei partiti e gruppi italiani che affondano le loro radici nell'ideologia fascista e che ricordano le foibe e l'esodo dall'Istria e da Zara in modo «regressivo e oggettivamente profanatorio» come direbbe Claudio Magris, per riattizzare quegli odii nazionalistici antislavi che furono all'origine dell'aggressione fascista dell'aprile 1941 e della storia orrenda conclusasi con la sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale con la conseguente perdita dei territori ottenuti dopo la guerra del Quindici-Diciotto. Una storia orrenda, ripeto, conclusasi purtroppo anche con le foibe, con il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 e quindi con l'esodo di gran parte delle popolazioni, dai territori definitivamente assegnati alla Jugoslavia; e gli esuli, le grandi vittime, le vere vittime dell'avventura mussoliniana sulla sponda orientale adriatica, non furono soltanto italiani, ma anche croati e sloveni. Sono tredici secoli che in quelle terre si mescolano il sangue, le famiglie, i cognomi, le lingue e le culture.
Voglio ancora dire che il sangue dei vinti e dei vincitori, degli aggressori e degli aggrediti è sempre sangue umano, e va rispettato, non strumentalizzato ai fini politici. Bisogna parlarne con rispetto, senza l'ossessione e il rancore dell'offesa subita da chi vuole riconoscere il sangue versato dagli altri e le offese subite dagli altri. Con i ricordi selezionati e unilaterali si perpetua soltanto la catena delle violenze e delle vendette, si inocula nelle nuove generazioni l'odio etnico. Dobbiamo invece ricordare tutte le vittime, di ogni parte, e contestualizzare storicamente gli orrendi fatti che precedettero la seconda guerra mondiale, che caratterizzarono quella guerra di aggressione fuori i confini d'Italia. Bisogna ricordare tutto questo, come direbbe il già citato amico mio triestino Claudio Magris, «senza reticenze e senza strumentalizzazioni, senza quell'orribile calcolo dei morti cui assistiamo in Italia ogni anno». «Anche se i vostri morti fossero davvero quindicimila o ventimila, come qualcuno afferma senza esibire documenti e nominativi - ha commentato un ex partigiano croato - non si avvicinerebbero mai ai 350.000 jugoslavi massacrati». Io dico: rispettiamo tutte le vittime. Come scrisse qualche anno fa il sindaco di Muggia sul confine con la Slovenia, non vanno contrapposte foibe e guerra di liberazione dal nazifascismo. Nerio Nesladek, sindaco di quell'unico comune istriano rimasto in Italia, ritiene giustamente che «rifiutare il dialogo e continuare con le contrapposizioni - come fanno i circoli ultranazionalisti italiani di Trieste, non ci porterà da nessuna parte. Dobbiamo andare oltre le divisioni e i rancori e guardare avanti». Ben detto, io questo volevo dire.


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IL GIORNO DEl RICORDO
Libri e cartine per Alemanno

di tommaso di francesco

Dal 18 al 20 febbraio, 216 studenti delle scuole superiori di Roma saranno in «Viaggio nella civiltà istriano-dalmata», nei luoghi della tragedia delle foibe. Il viaggio della memoria «come per Auschwitz» - equiparando la Shoah, e quindi banalizzandola, alle foibe - è stato presentato in Campidoglio dal sindaco Gianni Alemanno. Scopo del viaggio è «sconfiggere qualsiasi forma di negazionismo e revisionismo», sottolineando che «per la Shoah, il negazionismo ha riguardato una minoranza. Mentre per le foibe questo è stato dominante». Gli stessi libri di storia, per Alemanno, «hanno negato o minimizzato questo evento drammatico». Il «percorso» di Alemanno, oltre Fiume e Trieste, prevede: Sacrario di Redipuglia, Cimitero Austro-ungarico, Foiba di Basovizza, Centro raccolta profughi di Padriciano, Risiera di San Saba, Sacrario di Cosala (quello dei legionari di D'Annunzio).
A proposito di «sconfiggere ogni forma di revisionismo»: ce ne fosse - al di là della Risiera di San Sabba - una di località dove i fascisti e i militari italiani massacrarono e deportarono migliaia di slavi, rom ed ebrei. Ecco alcuni luoghi della cartina dei «nostri» campi e stragi: Gonars e Visco (Udine), Uglyan e Molat in Dalmazia, Arbe-Rab (4mila donne e bambini morti di fame), Lipa con 320 civili massacrati (Fiume), Pothum (fucilati 88 uomini e tutta popolazione deportata in Italia) e in più 60 località distrutte col fuoco tra 4 ottobre e fine di dicembre '43 per «vendetta contro le foibe» con 5mila fucilati e 12mila deportati in Germania solo in quel periodo. A proposito di libri che negano le foibe, consigliamo di pubblicare un'antologia scolastica tratta da: «Dossier foibe», Giacomo Scotti, Manni 2005; «Foibe, una storia italiana», Joze Pirjevec, Einaudi 2009; «I campi del duce», S. Capogreco; «Lager italiani», Alessandra Kersevan, Nutrimenti 2008; «La storia negata» a cura di Angelo Del Boca, Neri Pozza 2009; «L'occupazione italiana dei Balcani», Davide Conti, Odradek 2008.


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GIORNO DEL RICORDO: SE LA STORIA NON E' UN'OPINIONE
 
Revisionismi e invenzioni degni del peggior oscurantismo medioevale
 
Ogni anno il 10 febbraio si celebra in Italia l'esodo e il massacro (!) degli italiani dell'Istria, del Quarnero e della Dalmazia da parte delle truppe partigiane della Lotta di Liberazione Popolare Yugoslava, negli anni immediatamenti successivi alla fine della guerra. Si parla di sradicamento nazionale degli italiani, centinaia di migliaia di espulsi, e decine di migliaia di infoibati.
 
Sfondo storico I popoli slavi, sotto il dominio fascista, erano privati di ogni diritto, furono vietate le lingue slave nelle scuole, i cognomi vennero italianizzati, gli impieghi pubblici affidati quasi esclusivamente ad italiani. Fu messo in atto un barbaro tentativo di sradicamento nazionale (questo si reale!) da parte del violento regime fascista.
 
I fatti Dopo l'8 settembre in Istria ci fu una sollevazione, un’insurrezione di contadini (croati, sloveni e italiani) che assalirono i Municipi, le case dei fascisti, di coloro che facevano parte della milizia volontaria della sicurezza nazionale, degli agenti dell’OVRA (la polizia segreta fascista) ammazzandone parecchi nelle loro case, e alcuni gettandoli nelle foibe. L’insurrezione istriana durò per circa un mese, finché non arrivarono i Tedeschi che misero a ferro e fuoco l’Istria. Le vittime dell’insurrezione furono per la maggior parte gerarchi fascisti, ma ci sono state anche vendette personali fra gente che aveva dei conti da regolare. Molti morti ci furono tra gli stessi abitanti slavi, quindi non si può dire in alcun modo che ci sia stato un odio generalizzato verso gli italiani.
 
Dalle foibe furono estratte 203 salme da parte autorità nazifasciste. Nel dopoguerra, gli storici più obiettivi hanno stimato in 500 le persone infoibate dai partigiani. Oggi il termine di infoibati viene erroneamente esteso a tutti, quindi anche alle persone che furono catturate in combattimento negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, per esempio i repubblichini della Repubblica di Salò che operavano in Istria al servizio della Gestapo e dei nazisti, o in generale i caduti italiani negli scontri con i partigiani nei territori dell'Istria e del Quarnero. Inoltre gli “storici” di estrema destra, per gonfiare le cifre, inseriscono negli elenchi nominativi degli infoibati anche vari caduti in battaglia, deportati, partigiani inclusi!
 
Gli italiani furono la maggioranza dei giustiziati perché in stragrande maggioranza erano stati italiani i podestà, i segretari del Fascio, i detentori del potere politico ed economico, i grandi proprietari terrieri ed altri esponenti del regime. Ma non mancarono, come già detto, esecuzioni di collaborazionisti slavi. Riassumendo, l'Istria ha subito in totale 17.000 morti tra vittime della repressione nazifascista, morti nei lager e caduti nella Resistenza armata, contro non più di 500 fascisti e collaborazionisti giustiziati dai partigiani.
 
Esodo Anche qui le cifre sono distorte. Se fosse vero che 350 mila persone se ne andarono dai territori in questione, non sarebbe rimasto che il 10% della popolazione locale. Gli emigrati furono in realtà 240 mila, di cui 20 mila slavi, e 40 mila funzionari venuti dall'Italia durante il fascismo. Tra gli italiani che optarono per la cittadinanza italiana (non furono “cacciati con la forza” come si vuol far credere) ci furono principalmente funzionari delle istituzioni dell'Italia fascista con le loro famiglie, che non si opposero minimamente ai crimini spietati dei seguaci del Duce. Ancora oggi in Istria c'è una forte minoranza italiana (di cui chi scrive fa parte), che conta circa 35 mila persone, e può vantare tra i suoi iscritti deputati, sindaci, assessori, vicegovernatori... Insomma non c'è stato un odio anti-italiano, semmai una forte avversione antifascista, a dimostrazione di ciò rimane il fatto che diversi italiani lasciarono l'Italia occupata dagli alleati occidentali, per trasferirsi nella Jugoslavia socialista, nella quale i diritti civili e del lavoro furono imparagonabilmente migliori, e dalla quale furono accolti a braccia aperte. Sono stati eretti inoltre molti monumenti dedicati ad eroi partigiani di nazionalità italiana.
 
Per approfondire:
 
Analizzando questi dati, ci troviamo chiaramente di fronte ad un tentativo di revisione e falsificazione della storia, perpetuata dal governo nazionalista delle destre, che in un colpo solo vuole rafforzare le campagne anticomunista, presente in tutta Europa, antislava, e di riabilitazione del fascismo.
 
Socijalisticka Radnicka Partija
Partito Socialista dei Lavoratori Croato


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DELLA SERIE: NON SANNO NEPPURE DI COSA STANNO PARLANDO

Riporto qui sotto l'ANSA sulla lettera che Toth ha scritto a Chiamparino. La mostra per cui si lamenta, «Fascismo Foibe ed Esodo» è quella fatta alcuni anni fa dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione, che nel quadro iniziale ha questa dicitura:

PER SAPERNE DI PIÙ
Il litoriale adriatico
nel nuovo ordine europeo 1943-1945
di Enzo Collotti (Vangelista editore)
Foibe
di Raoul Pupo e Roberto Spazzali
(Bruno Mondadori)
Esodo
a cura dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia -dvd
Il lungo esodo
di Raoul Pupo (Rizzoli)

 Se ne deduce che il presidente dell'ANVGD o non sa di cosa sta parlando, o non gli vanno bene neppure le mostre che si basano sui testi prodotti dalla sua associazione. Inoltre nel suo testo scrive che la mostra: «ripropone contenuti e assunti ampiamente posti in discussione e superati dalla più avveduta storiografia contemporanea, anche di sinistra (Marina Cattaruzza, Gianni Oliva, Giuseppe Parlato, Raoul Pupo, Fulvio Salimbeni, Roberto Spazzali ed altri). Come si legge, alcuni dei professori che secondo lui metterebbero in discussione i contenuti della mostra, sono proprio coloro che hanno collaborato alla mostra (Pupo e Spazzali).

Incommentabile.

Un cordiale saluto,
Alessandra Kersevan


martedì 02 febbraio 2010 

Il Presidente nazionale dell'ANVGD Lucio Toth ha inviato un messaggio a Sergio Chiamparino, Sindaco di Torino e presidente dell'ANCI (Associazione nazionale Comuni Italiani), per sollecitarlo ad un particolare interesse delle istituzioni locali

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