MARCIA PACE: GENERALE CAMPORINI, APRIRE DIALOGO CON PACIFISTI
(AGI) - Roma, 7 dic. - E' tempo che Forze armate e movimento pacifista avviino un dialogo. L'opinione e' stata espressa al massimo livello, vale a dire dal capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini. Il generale, invervistato da Ritanna Armeni e da Emanuele Giordana nella penultima puntata della trasmissione 'Soldati', in onda oggi su Radio3 alle 18, ha sottolineato che questo processo puo' iniziare nel rispetto delle diversita' e a patto che si sia disposti "a rimuovere le barriere ideologiche". L'intervista, che occupa gran parte della trasmissione, e' stata fatta poi ascoltare nella parte riferita al movimento pacifista a Flavio Lotti, esponente di punta di quel movimento e organizzatore della Perugia-Assisi.
Lotti non ha esitato a cogliere quest'apertura e ha invitato i militari italiani a partecipare "alle giornate di discussione", preparatorie della storica marcia della pace che si tiene da anni in Umbria. "Se cio' avvenisse", hanno commentato i due conduttori della trasmissione, "significherebbe che le Forze armate italiane sono davvero cambiate. E che lo e' anche ilmovimento per la pace che evidentemente riconosce nel dialogo, com'e' sua tradizione, lo strumento migliore per combattere la guerra".
Nelle 15 puntete di 'Soldati' sono stati intervistati una trentina di militari, sottufficiali e non, tra cui -oltre a Camporini- i generali Cabigiosu, Graziano, Bertolini, D'Alessandro e Fogari. (AGI)
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Mercoledi' 12 Maggio 2010
C'è un grande assente all'incontro che, per la prima volta, vede la più alta carica militare italiana, il generale Vincenzo Camporini, a colloquio con i responsabili della Tavola della pace, gli organizzatori della Perugia Assisi, la più famosa camminata del pacifismo italiano. E' la politica il convitato di pietra che, sia il generale, sia Flavio Lotti, coordinatore della Tavola, evocano più volte. (...) Alla viglia della Perugia Assisi (domenica), Camporini tende una mano e dice che se la politica non riesce a risolvere le crisi e non può sperare che le risolvano al suo posto i soldati, la presenza dei civili nei teatri di conflitto è non solo auspicabile ma necessaria: “Le forze armate da sole non bastano” specie se, chiarisce, ci mandano a svolgere “compiti impossibili” che, da soli, i militari non possono risolvere. (...)
I militari (e gli italiani più di altri), sono invece convinti che l'aiuto umanitario possa, anzi debba, far parte della loro presenza nel teatro, della loro missione. Questo intervento viene rivendicato come parte di quella diversità italiana di cui vanno orgogliosi. Ma molti sono i critici di questa posizione. Si tratta – dicono - di una pericolosa confusione di ruoli, che schiaccia la neutralità del medico che cura le ferite e lo apparenta all'esercito occupante di turno. E tuttavia su questa ambiguità sono nati in Afghanistan e in Iraq, i Provincial Reconstruction Team (Prt) unità civili-militari che, attraverso cellule specializzate (Cimic) sono a metà tra un avamposto militare e un ufficio di cooperazione di prima emergenza.
Il generale Marco Bertolini già capo di Stato maggiore di Isaf in Afghanistan difende questa posizione. “Se un militare interviene all'estero per riportare la pace non lo si può staccare dal contesto generale. E proprio in Afghanistan si è cercata una collaborazione con i civili, pur rispettando la neutralità delle Ong che fa parte del loro statuto e che noi rispettiamo. Ma ciò non vuol dire che lo sforzo del militare possa venir 'incapsulato', isolato”.
Non è d’accordo Nino Sergi presidente di Intersos, una delle più attive Organizzazione non governative presenti in Afghanistan:“Credo che in Afghanistan le operazioni dei militari definite umanitarie in realtà siano funzionali alle strategie del contingente e questo è l'esatto contrario della neutralità e dell'imparzialità. Un esercito è, per forza di cose, di parte. Ciò finisce a creare un'ambiguità nociva soprattutto per gli umanitari”. Ma Sergi ricorda anche l'esperienza del Libano dove è stato creato un Tavolo di coordinamento tra Ong, militari, ambasciata che è stato forse uno dei primi tentativi di definire ruoli e comportamenti. Piccoli passi. Ma problemi ancora aperti.