Tutti in Serbia a speculare

1) 
Le parole di Marchionne (OB 28/7/2010)
2) FIAT IN SERBIA: 30MILA POSTI (Sole24Ore 27/7/2010)
3) OMSA CHIUDE A FAENZA E APRE STABILIMENTO IN SERBIA (ANSA 26/07/2010)
4) Movimenti di Capitale all’estero: chi dopo l’OMSA? (G. Bugani, 30/7/2010)
5) FLASHBACK: Italia: firmato il prestito a Fiat per 400 milioni (16 giugno 2009)


LINK: 

A CHI CONVIENE ANDARE IN SERBIA
Parlano gli imprenditori italiani che hanno delocalizzato. Produrre per il mercato locale non è più redditizio. Ma i costi restano competitivi se l'obiettivo è esplorare. Come vuole fare Marchionne. (Economy - 29-07-2010)

http://www.confindustriamodena.it/file.html?_id1=9&_id2=0000011464.pdf


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Le parole di Marchionne

Cecilia Ferrara 
28 luglio 2010

Le reazioni in Serbia e in Italia all'annuncio Fiat sul trasferimento della produzione della nuova monovolume a Kragujevac. La lenta transizione dalla Zastava alla Fijat Automobili Srbije, l'attuale situazione della Punto classic. L'appello dei sindacati serbi all'unità tra i lavoratori del gruppo Fiat
“Produrremo in Serbia la nuova monovolume. Con sindacati più seri si faceva a Mirafiori”. Con questo virgolettato attribuito a Sergio Marchionne (amministratore delegato Fiat), l’apertura di Repubblica di giovedì 22 luglio ha fatto andare di traverso il caffè a molte persone tra la Serbia e l’Italia. Salvatore Tropea scrive che la Fiat è pronta a mandare avanti l’investimento di 1 miliardo di euro in Serbia di cui 400 milioni saranno dati dalla Banca per gli investimenti europei (BEI), 250 dal governo serbo e i restanti 350 dalla Fiat. Marchionne ci tiene a precisare che è colpa dei sindacati italiani se la nuova monovolume, L0, che dovrebbe sostituire la Musa, l’Idea e la Multipla, sarà prodotta a Kragujevac, dove prima si produceva la Yugo della Zastava, invece che a Mirafiori.
“Dopo la dichiarazione di Sergio Marchionne di spostare la produzione del nuovo modello in Serbia, si sono scatenate mail di soci che si congratulano e mi chiedono se a questo punto non si possano chiudere gli affidi”. Chi parla, arrabbiato, è Gilberto Vlaic presidente dell’Onlus “Non bombe ma solo caramelle” che dal 1999 si occupa di affidi a distanza per la città di Kragujevac.
L’Onlus triestina decise di aiutare la popolazione di Kragujevac perché i bombardamenti NATO avevano colpito anche la Zastava, la mitica fabbrica auto dell’ex Jugoslavia, privando i cittadini della loro principale fonte di sostentamento. Ogni tre mesi “Non bombe ma solo caramelle” organizza una visita a Kragujevac, incontra le 180 (c.a.) famiglie che sono sostenute da altrettante famiglie italiane, promuove con le autorità locali piccoli progetti di cooperazione, e incontra i lavoratori della Zastava. Il contatto locale per gli affidi è, infatti, da sempre il Sindacato Indipendente della Zastava oggi della FAS (Fijat Automobili Srbije). Secondo l’ultima relazione dell’associazione, in via di scrittura, la Fijat Srbija ha in forze 998 operai con uno stipendio medio di 270 euro mensili mentre altri 1200 circa sono ancora impiegati nella Zastava Automobili quindi pagati dallo stato con una media di 218 euro al mese. “In Italia non ci si rende conto che un serbo con 270 euro al mese muore di fame”, conclude Gilberto Vlaic.
Questo è solo un piccolo aspetto della vicenda che da Pomigliano d’Arco porta a Kragujevac passando per Mirafiori, ma è emblematico di come il comportamento di una multinazionale abbia ripercussioni “transfontaliere” sulla vita di molte persone.
Lo stesso arrivo della Fiat in Serbia fu determinante, secondo molti analisti, per la vittoria della coalizione democratica guidata da Boris Tadić. L’11 maggio del 2008, infatti, si sarebbero tenute le elezioni politiche in cui si confrontavano, sul filo del rasoio, il democratico ed europeista Tadić e l’allora ultranazionalista Tomislav Nikolić. Il 29 aprile avvenne a Belgrado la firma del memorandum d’intesa tra il ministro dell’Economia Dinkić e il vicepresidente Fiat Altavilla, per stabilire la joint venture tra il governo e la casa automobilistica torinese per rilevare la Zastava. La Fiat mise sul piatto 700 milioni di euro di investimenti a Kragujevac e la produzione di due nuovi modelli, il governo offrì condizioni estremamente favorevoli, fra cui una zona libera da dazi per l’importazione dall’Italia e l’utilizzo gratuito dei 400.000 metri quadri degli stabilimenti. La Serbia l’11 maggio votò per Tadić e per l’Europa.
Nei due anni che hanno seguito il memorandum d’intesa, i ritardi e gli annunci hanno creato nervosismo in Serbia, fino a che finalmente si è arrivati all’arrivo del primo vero finanziamento di 100 milioni di euro (più i 50 milioni che secondo il contratto mette lo Stato serbo) e all’assunzione dei primi mille lavoratori nel febbraio 2010. La Fijat Automobili Srbije (67% Fiat, 33% dello Stato serbo) sta ufficialmente prendendo il posto della gloriosa Zastava Automobili, che anche se per ora continua ad esistere, è sostanzialmente una scatola vuota. Il lavoro con la Fiat è in ogni caso iniziato già da tempo: dalla primavera del 2009 si assemblano le Punto Classic, un modello vecchio che viene venduto in Serbia grazie agli incentivi statali (più una minima quota di esportazione in Repubblica Srpska, in Ucraina e in paesi nordafricani). La crisi si fa comunque sentire e quest’anno si produce a ritmo ridotto, solo le auto che si vendono. Secondo i dati di Vlaic sono state assemblate 8.500 auto dal primo gennaio al 25 giugno 2010. Secondo la Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava, la fabbrica è ferma e ci sono 4.500 auto invendute nel piazzale, mentre i 1.060 lavoratori della FAS sono in cassa integrazione al 65% per cento del loro stipendio.
In questa situazione l’annuncio di Marchionne è stato esplosivo in entrambi i paesi. In Italia il governo ha convocato per oggi Fiat e sindacati, chiedendo chiarimenti alla Fiat sulle dichiarazioni di Marchionne. In Serbia per la verità non c'è niente di nuovo, se non il timore che il governo italiano possa spingere la casa torinese a ritirare l'investimento. Aleksandar Ljubić, sottosegretario del ministero per l'Economia che si occupa della FAS, in questi giorni sta occupando tutti i media serbi per rassicurare che va tutto bene, che la Fiat non cambierà i piani serbi e Kragujevac diventerà la Detroit dei Balcani.
I sindacati sono più perplessi: «Sono almeno due anni che si parla di nuovi modelli della Fiat da produrre in Serbia - spiega Zoran Mihajlović, rappresentante del Sindacato indipendente della FAS. Non sapevamo i dettagli, quali modelli, ma sapevamo che avremmo prodotto 300mila auto l'anno, e che ci sarebbero stati investimenti di 700-800 milioni di euro». «La sorpresa è che in un anno si cambia per la terza volta l'annuncio del modello, e questo ci rende un po' scettici. Potrebbe cambiare di nuovo».
«La crisi ha rallentato le vendite quindi si montano solo le macchine che possiamo vendere, circa mille al mese - continua Mihajlović - si lavora solo otto giorni e per il resto è cassa integrazione». La Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava dice di vedere in questo girotondo di annunci "il tentativo di dividere i lavoratori dei nostri due paesi, ed invita all'unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat". A Kragujevac, dunque, si continua ad aspettare.


I finanziamenti della Bei 

Da dove vengono i finanziamenti della BEI? Facendo una piccola ricerca si scopre che c'è già unfinanziamento dalla Banca Europea per gli Investimenti a Fiat [ http://www.eib.org/projects/press/2009/2009-110-italia-firmato-il-prestito-a-fiat-per-400-milioni.htm?lang=-en ] approvato nel marzo del 2009. Il prestito fu concesso nell'ambito del piano Bei European Clean Transport Facility, per ridurre in sostanza le emissioni di CO2. 
Come ci spiega Marco Santarelli responsabile comunicazione della Bei per l'ltalia, Malta e i Balcani, non si tratta degli stessi 400 milioni. "Nel marzo del 2009 la Fiat ottenne un prestito Bei per la ricerca e lo sviluppo in Italia. Oggi stiamo lavorando ad un finanziamento per la produzione in Serbia, la cifra che ha detto Marchionne è quella che dovrebbe essere del finanziamento". Quindi non è ancora firmato il finanziamento? "Stiamo lavorando tutti i giorni a stretto contatto con la Fiat e siamo molto vicini all'obbiettivo". Ma quando la Fiat ha firmato l'accordo con il governo serbo l'idea del finanziamento c'era già? "Beh ci stiamo lavorando da un anno e mezzo. E' come quando si compra casa prima si fa il giro delle banche per vedere se ci concedono il mutuo. Ovviamente se si tratta di quasi mezzo miliardo di euro i tempi sono più lunghi". Le condizioni del prestito? "Noi abbiamo il vincolo confidenziale, se poi il cliente vuole divulgare le condizioni di tassi e tempi, lo può fare". 
La BEI è la banca dell'Unione europea i suo azionari e governatori sono gli stati membri, la sua mission è quella della coesione economica e sociale dell'Ue, i suoi prestiti sono perciò erogati - come si legge sul sito - senza lo scopo di massimizzare i guadagni prestando a tariffe vicine al costo del prestito delle sue risorse (Cecilia Ferrara)


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(Riportiamo l'articolo che segue per conoscenza e per completezza, nonostante il suo spiccato carattere propagandistico. IS)

Vedi anche: La mappa interattiva degli stabilimenti del Lingotto nel mondo


Fiat in Serbia: 30mila posti


dal nostro inviato Cristina Casadei 27 luglio 2010

KRAGUJEVAC - «Kragujevac vuole diventare la città della Fiat». Le parole che il sindaco Veroljub Stevanovic dice con la determinazione di un ex dissidente serbo costretto a lasciare il suo lavoro di capo del montaggio alla Zastava auto per le sue scelte politiche, forse a Torino non suonano bene, ma in questa città a 130 chilometri a sud di Belgrado stanno generando un fermento e una positività che ricordano gli anni della ricostruzione vissuta da molte città industriali dopo il secondo conflitto mondiale. Trent'anni fa dire Kragujevac era come dire Zastava. Adesso nella gente c'è la volontà che dire Kragujevac sia come dire Fiat.

Basta sedersi ai tavolini del caffè Da Vinci in Radicevica e si sente parlare di motori. Basta chiedere al portiere dell'hotel Nova Sicilijana, in Kralja Petra, per avere la conferma che gli ingegneri torinesi sono tornati di casa qui. E il simbolo sta anche nel progetto del sindaco di mettere un modello del Lingotto alla seconda rotatoria di ingresso alla città. O in quello del rettore dell'università, Slobodan Arsenijevic, di istituire un corso di lingua e letteratura italiana. Fiat qui vuol dire futuro, anche se le condizioni economiche degli stipendi attuali e quelle che si prospettano nell'immediato non garantiranno ai lavoratori il tenore di vita del passato, degli anni prima della guerra, delle sanzioni, dei bombardamenti Nato.

Nel suo piccolo appartamento a Stara Radnicka Kolonija, l'operaio della Zastava Dragic Asic che prima della guerra guadagnava mille marchi al mese e con le bambine e la moglie Snczana, anche lei impiegata alla Zastava, poteva persino andare dieci giorni al mare non ha dubbi: «Questo progetto è il futuro dei nostri giovani». Non importa che gli euro siano 350 o 400 al mese e che economicamente non restituiscano più le condizioni di vent'anni fa. «Bisogna capire che il mondo è cambiato e che non si può rimanere prigionieri del passato», dice il sindaco Stevanovic.

È un passato difficile quello di questa città. La guerra qui ha fermato l'orologio per vent'anni e i suoi abitanti adesso vogliono accelerare il giro delle lancette. Costi quel che costi, anche condizioni di vita difficili per il momento. Negli anni '80 era una delle aree più avanzate delle repubbliche socialiste, gli eventi storici l'hanno trasformata nella «valle della fame – dice Stevanovic –. E sa cosa le dico? Non ha senso parlare di quanto guadagnavo io e del tenore di vita di 30 anni fa, questi posti di lavoro sono fondamentali per i nostri giovani». E lo sono per molti, se è vero che secondo uno studio presentato a Belgrado dalla Siepa, l'agenzia serba per gli investimenti, il progetto della Fiat, tra diretti e indiretti, a regime porterà 30mila posti di lavoro.

L'annuncio del Lingotto qui a Kragujevac ha provocato la rottura degli argini di un fiume di investimenti. I coreani della Yura, che fanno cablaggi e adesso stanno lavorando per la Kja e la Hunday, sono già arrivati, hanno aperto uno stabilimento e assunto 1.500 persone. I tedeschi della Leoni che producono gli stessi componenti, pure. E altri sono in arrivo.
All'indotto il comune di Kragujevac ha riservato un'area di 67 ettari che verranno concessi "gratuitamente", assicura Stevanovic. Con in più infrastrutture che agevoleranno in tutti i modi la logistica. Il comune ha già ultimato 10 nuovi chilometri per il collegamento con l'autostrada ed entro la fine del 2011 ne completerà altri 15 per i quali ci sono già i progetti e i fondi. C'è fermento dentro e fuori dalla città. Si marcia in avanti, senza guardarsi troppo indietro e senza pensare al passato. Kragujevac è il simbolo di un paese che vuole rialzare la testa, costi quel che costi. Da molti anni ormai i suoi abitanti non vivono sotto l'ala dell'industria protetta e pur di ritornare in sella sono disposti a fare molte rinunce. Quando Dragic Asic torna dal supermercato confessa che «sì, è vero, servirebbero più di 500 euro solo per fare la spesa». E invece lui ne guadagna la metà e la moglie che oggi è in pensione ancora meno. Però 10 anni di kiflicc a colazione, pranzo e cena fanno scivolare il denaro in secondo piano. Prima vengono i tasselli per la ricostruzione e a Kragujevac il progetto della Fiat è sentito come il volano per reinserirsi in un mercato profondamente mutato, con la consapevolezza che le garanzie di un tempo non ci sono più.

La considerazione è molto chiara non solo tra gli operai. Lo è a partire dall'aristocrazia intellettuale. Il rettore Arsenijevic sostiene che «in futuro non esisterà più lo stato classico, ma ci saranno tante città paese sviluppate intorno a un'industria». È senz'altro un'estremizzazione ma sembra il modello che Kragujevac vuole assumere. Deve essere anche per questo che ha messo a disposizione di una multinazionale anche il centro nevralgico del suo sapere. Non è per caso che il rettore ci riceva nella sede dell'università, pochi chilometri fuori dalla città, proprio al termine di un incontro con un gruppo di manager Fiat. È molto impegnato, spiega, perché dalla collaborazione tra l'ateneo e Fiat sta per nascere l'Accademia di discipline industriali, che avrà il compito di colmare vent'anni di gap tecnologico e scientifico. L'accademia preparerà mille persone ogni anno, destinate non solo a Fiat auto Serbia (Fas), ma a tutte le aziende dell'indotto che si sta insediando.

Intorno alla Fas le istituzioni hanno creato tutte le condizioni per fare crescere velocemente il progetto. Il sindaco manager della città puntualizza che non spetta a lui parlare di modelli che si potrebbero produrre a Kragujevac ma la speranza è chiaramente che la Fiat decida di fare qui anche un modello di auto piccola, in quantitavi molto rilevanti.
L'avanzamento dei cantieri e il grande sostegno delle istituzioni e della gente fanno pensare che la tabella di marcia possa davvero essere rispettata. La London school of economics ha già fatto della Fas un case study che mostra come questo possa già considerarsi il primo esempio di successo di una joint venture tra un governo dell'ex blocco di repubbliche socialiste e una multinazionale. Da Londra arriva la spiegazione scientifica del perché dai suoi 64 metri quadrati nella Stara Radnicka Kolonija Dragic, Asic dice con la forza dell'istinto: «Fiat è il futuro dei nostri giovani».



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LAVORO: OMSA; CHIUDE FAENZA E APRE STABILIMENTO IN SERBIA

26/07/2010 20:29 | LAVORO - ITALIA


FAENZA (RAVENNA), 26 LUG - La Golden Lady Company, proprietaria dello stabilimento Omsa di Faenza (Ravenna) - di cui è stata decisa la chiusura con il licenziamento di 350 dipendenti, in gran parte donne - ha formalizzato un accordo con il ministro dell'Economia serbo per l'apertura di uno stabilimento in Serbia, il terzo del gruppo nella regione. Lo ha reso noto la Filctem-Cgil di Faenza, che ha protestato perchè i sindacati hanno incontrato la proprietà il 20 luglio ma nessuno li ha informati. 
«Abbiamo appreso di questo accordo dai giornali locali», ha spiegato Samuela Meci della Filctem-Cgil faentina, indignata perchè «a questo imprenditore è stato permesso di chiudere un'azienda italiana di 350 persone senza che nessuno, soprattutto il Ministero, abbia posto dei vincoli e fatto richieste a tutela della forza lavoro in Italia». La Cgil se la prende anche con le istituzioni locali e la Regione che «avrebbero dovuto puntare i piedi», ha sottolineato Idilio Galeotti. 
Ora, finita la processione dei politici che in campagna elettorale sono andati a fare visita alle lavoratrici in lotta davanti allo stabilimento di Faenza, resta la cassa integrazione per cessazione di attività per i 350 dipendenti. Ma se a marzo del prossimo anno almeno il 30% non troverà una ricollocazione, la cig cesserà per tutti. E al momento, nonostante la ricerca di possibili nuovi acquirenti o di una riconversione del sito faentino, non si intravedono altre possibilità. «Penso che sia necessario che tutti comincino a prendere posizioni forti contro le aziende che nei loro 'piani strategicì decidono una delocalizzazione così forte da mettere a rischio i posti di lavoro in Italia», ha affermato Samuela Meci. Intanto, le macchine che sono state portate fuori dallo stabilimento di Faenza, secondo i sindacati finiranno in parte nell'impianto di Mantova e in parte nella nuova fabbrica in Serbia. Il gruppo, che fa capo all'industriale mantovano Nerino Grassi, detiene marchi prestigiosi come Omsa, Golden Lady, Sisì, Philipe Martignon, Filodoro. Tra i leader mondiali del settore conta 7.000 dipendenti e, al momento, 15 stabilimenti, 9 in Italia, 4 in Usa e 2 in Serbia, che presto diventeranno tre. (ANSA).


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Movimenti di Capitale all’estero: chi dopo l’OMSA?

Posted on Redazione on luglio 30, 2010

Bologna. Martedì 27 luglio 2010, viene data comunicazione che l’azienda di calze di Faenza, OMSA, chiuderà lo stabilimento faentino e aprirà in Serbia. La CGIL di Faenza è stata abbandonata da CISL e UIL nella lotta contro la chiusura. Ma a Bologna altra aziende rischiano la stessa sorte, e l’abbandono questa volta, riguarda anche la CGIL bolognese. I casi riguardano per ora la Breda Menarini Bus e La Perla. Per la Breda MB, alcuni dipendenti denunciano da molto tempo il rischio di una delocalizzazione in Serbia dell’ azienda, in quanto, sempre secondo le denunce dei dipendenti, all’ interno della Breda MB, da mesi stanno seguendo un corso di formazione lavoratori serbi. Non è chiaro se uno stabilimento è già stato costruito nel paese dell’ex Jugoslavia. Le denunce non sono state prese in considerazione dalla FIOM di Bologna, e nemmeno dalle RSU dell’azienda. Sul gruppo La Perla, esisterebbe già una lista di nomi delle dipendenti che verranno licenziate al termine della Cassa Integrazione Speciale, vale a dire alla fine del 2010. I sindacati confederali di categoria, per ora tacciono, ma tra le dipendenti, la sensazione di una chiusura, anche parziale, circola con insistenza, davanti anche al silenzio dei mass media. Altri lavoratori di aziende come la Fini Compressori, stanno attendendo iniziative legali di sindacati di base, dopo che la Fiom ha firmato un accordo negativo, a parere dei lavoratori interessati. La Ducati di Borgo Panigale dovrebbe avere già uno stabilimento in Croazia, e i giochi di urbanizzazione dell’area dove sorge la storica azienda di Moto, non aiutano a stare tranquilli. La crisi FIAT- Serbia insegna. La deindustrializzazione italiana sta compiendo il suo progetto senza che giornali, radio, televisioni, e qualsiasi altro strumento di comunicazione metta in allarme questo progetto. Stupisce che la delocalizzazione industriale nazionale, avvenga con al governo nazionale il più grande partito territorialista. Come in un grande Twin Peaks, tutti conoscono i segreti della morte dell’ industria italiana, ma nessuno parla. Per paura di non sapere quali soluzioni trovare.
Giuliano Bugani, Freelance

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Italia: firmato il prestito a Fiat per 400 milioni

• Release date: 16 June 2009
•  Reference: 2009-110-IT

La Banca europea per gli Investimenti (BEI) e il Gruppo Fiat hanno firmato il contratto di finanziamento di 400 milioni di euro approvato dal Consiglio di amministrazione della BEI lo scorso mese di marzo. Il prestito e` finalizzato a sostenere i progetti in Ricerca e Sviluppo del gruppo automobilistico e si inserisce nell`ambito della European Clean Transport Facility (ECTF), il piano della BEI rivolto ai produttori europei per  investimenti finalizzati alla riduzione di emissioni di anidride carbonica e alla maggiore efficienza energetica.

"Siamo particolarmente soddisfatti di contribuire a realizzare i programmi della Fiat, primo gruppo manifatturiero italiano e tra i protagonisti mondiali dell`auto, nella progettazione e realizzazione di nuove tecnologie a ridotto impatto ambientale per il settore dei trasporti", ha dichiarato Dario Scannapieco, Vicepresidente della BEI responsabile per le operazioni in Italia, Malta e Balcani Occidentali. "Gli investimenti in Ricerca e sviluppo costituiscono infatti la base per lo sviluppo duraturo di un`impresa e sono ancor piu` decisivi in un momento come quello attuale, in cui occorre guardare avanti, mirando a rafforzare la propria competitività, concetto che  la FIAT dimostra di avere ben chiaro", ha aggiunto.

Sono grato alla BEI per il contratto di finanziamento”, ha detto l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, “che è un contributo importante per proseguire nella ricerca di soluzioni sempre più ecocompatibili e nello sviluppo di tecnologie volte alla riduzione di consumi ed emissioni. Si tratta di una scelta strategica che Fiat ha abbracciato da tempo e con convinzione, sia per quanto riguarda i motori tradizionali sia per le alimentazioni alternative come il metano, di cui abbiamo una leadership riconosciuta”.