I boia ucraini

1) Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia
2) Trieste: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba / Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»


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Da: Fabio Muzzolon 
Oggetto: Il lavoro delle guardie ucraine
Data: 29 marzo 2014 01:23:54 CET

Nei giorni di ricorrenza delle Fosse Ardeatine e di altre stragi naziste, ho trovato due pagine sulle atrocità commesse nel  Durchgangslager di Bolzano (campo di transito). In esse troviamo riferimenti alla città di Verona,  nel recente processo della Procura scaligera a Misha Seifert (1924-2010) detto "il boia di Bolzano" e in alcuni protagonisti  - due antifascisti veronesi come Berto Perotti e Egidio Meneghetti; quest'ultimo ha scritto sui fatti una poesia  in dialetto veronese riportata nel blog del giornalista campano Rotondi.
Singolare che le "guardie ukraine" in questione siano i personaggi che alcuni partiti (Svoboda, Pravi Sektor)  finiti al governo dall'attuale rivoluzione ucraina a Kiev sostenuta da Obama (come cambia il mondo!) intendono riabilitare e celebrare…

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DAL BLOG DI FRANCO ROTONDI sabato 16 febbraio 2008

Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia (IL LAVORO DELLE GUARDIE UCRAINE)

Giunto in Italia Michael Seifert, detto Misha, criminale nazista noto come il "boia di Bolzano" (Oblast Ukraina, 16 marzo 1924 – Caserta, 6 novembre 2010)…

l'Italia ha ottenuto l'estradizione dal Canada ponendolo a disposizione della Procura militare di Verona.

Condannato all'ergastolo in via definitiva, Miša, nato in Ucraina, risiedeva da oltre 50 anni a Vancouver in Canada, dove conduceva una vita tranquilla, frequentando la locale chiesa il cui parroco decise di stanziare dei fondi per la difesa del parrocchiano nazista.

"Anche Cristo fu condannato da un tribunale. Vuol dire forse che era colpevole? Sono passati 55 anni, le accuse contro Seifert sono incredibili"

Così ha cercato di giustificarsi l'ineffabile prete "benefattore" di Vancouver.

Misha compì i suoi brutali eccidi nei lager assieme al connazionale ucraino 
Otto Sein, tuttora latitante, così come liberi e impuniti rimangono tanti nazisti, quali gli autori della strage di Sant'Anna di Stazzema, condannati all'ergastolo in Italia e mai estradati dalla Germania.

Egidio Meneghetti, che incontrò Misha e Otto durante la sua detenzione a Bolzano

http://drna.di.univr.it/index.php/chi-siamo/egidio-meneghetti

dedicò loro una poesia in dialetto veneto (veronese), "Bortolo e l'ebreeta", che rievoca il martirio di Bartolo Pezzutti, che uccisero squarciandogli il ventre, e quello di una giovane ebrea, violentata e poi inchiodata in una cassa.


E sempre, note e giorno,
i du Ucraini,
Miša e Oto,
che iè del'Esse-Esse.
Nel bloco dele cele come Dio
comanda i Ucraini Miša e Oto:
el tormento de tuti ghe va drio
e quando i ciama tuti se fa avanti
e quando i parla scolta tuti quanti
e quando i tase tuti quanti speta
e le done spaise le le fissa
come pàssare fa co la siveta. (...)
Un furlàn magro biondo
co' na bocheta rossa da butina:
l'avea tentà de scapàr via dal campo
e l'é finido nela cela nera.
Tri giorni l'à implorado
Miša e Oto,
tri giorni l'à sigà
"No voi morìr",
tri giorni l'à ciamado
la so mama.
E nela note avanti dela Pasqua
s'à sentido là drento un gran rovejo,
come de gente
che se branca in furia
e un sigo stofegado in rantolar.
Ma dopo no se sente
che 'n ansemàr
pesante e rauco e ingordo
come quando a le
bestie del seraglio
i ghe dà carne cruda da màgnar.
L'è Pasqua. De matina. E lu l'è in tera
lungo tirado
duro come 'l giasso:
ocio sbarado
nela facia nera,
nuda la pansa, co la carne in basso
ingrumada de sangue e rosegà.
Nela pace de Pasqua tase tuti.
Imobili. De piera.
E nela cela nera
tase el pianto de Bortolo Pissuti. (...)
***
Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.
Stanote Miša e Oto
ià butà
nela cassa
du grandi oci in sogno
e quatro pori osseti
sconti da pele fiapa.

E adesso nela cassa
ciodi i pianta
a colpi de martèl
e de bastiema
(drento ale cele tuti i cori trema
e i ciodi va a piantarse nel çervèl).

E a caval dela cassa
adesso i canta
esequie e litanie:
" heiliges Judenschwein
ora pro nopis,
zum Teufel Schweinerei
ora pro nopis "

Stanote s'è smorsada l'ebreeta
come 'na candeleta
de seriola
consumà.

Quel giorno che l'è entrada nela cela
l'era morbida, bela
e per l'amor
maura,
ma nela facia, piena
de paura,
sbate du oci carghi de'n dolór
che'l se sprofonda in secoli de pena.
I l'à butada
sora l' tavolasso,
i l'à lassada sola,
qualche giorno,
fin tanto che 'na sera
Miša e Oto
i s'à inciavado nela cela nera
e i gh'è restà per una note intiera. 


E dala cela vièn per ore e ore
straco un lamento de butìn che more.
Da quela note no l'à più parlà,
da quela note no l'à più magnà.

L'è là, cuciada in tera, muta, chieta,
nel scuro dela cela
che la speta
de morir.

Sempre più magra la deventa e picola,
sempre più larghi ghe deventa i oci.


La poesia, tradotta in inglese, e pubblicata sul Vancouver Sun desterà grande sconcerto nell'opinione pubblica canadese…

TRADUZ. E sempre notte e giorno i due Ucraini Misha e Otto, che sono delle SS. Nel blocco delle celle come Dio comandano gli Ucraini Misha e Otto: il tormento di tutti li seguono, e quando chiamano tutti si fanno avanti, e quando parlano tutti ascoltano, e quando tacciono tutti aspettano, e le donne disorientate li fissano come passeri fanno con la civetta.

Un friulano magro biondo con una bocchetta rossa da bambina aveva tentato di fuggire dal campo ed è finito nella cella nera. Tre giorni ha implorato Misha e Otto, tre giorni ha pianto “non voglio morire” tre giorni ha chiamato la sua mamma. E nella notte prima della Pasqua, si è sentito là dentro un gran trambusto, come di gente che insegue in furia e un urlo soffocato in rantolo.

Ma poi non si sente che un ansimo pesante e rauco e ingordo, come quando alle bestie del serraglio danno carne cruda da mangiare. E’ Pasqua. Di mattina. E lui in terra lungo tirato, duro come il ghiaccio: occhio sbarrato nella faccia nera, nuda la pancia con la carne in basso raggrumata di sangue e consunta.Nella pace di Pasqua tutti tacciono. Immobili. Di pietra. E nella cella nera tace il pianto di Bortolo Pissuti.

Stanotte si è spenta l’”ebreetta” come una candelina di cera consumata. Stanotte Misha e Otto han buttato nella cassa due grandi occhi in sogno e quattro poveri ossicini nascosti dalla pelle rattrapita. E adesso nella cassa piantano chiodi a colpi di martello e di bestemmie (dentro alle celle i cuori tremano e i chiodi vanno a piantarsi nel cervello). E a cavallo della cassa adesso cantano esequie e litanie: “sacro porco giudeo prega per noi, al diavolo porcheria prega per noi…”

Quel giorno che lei è entrata nella cella era morbida e bella, e matura per l’amore, ma nel viso piena di paura, sbatte i due occhi carichi di un dolore che si sprofnda in secoli di pena. L’hanno buttata sopra a un tavolaccio, l’hanno lasciata sola qualche giorno, finché una sera Misha e Otto si sono chiusi nella cella nera e rimasti per una intera notte. E dalla cella esce per ore e ore stanco un lamento di un bimbo che muore. Da quella notte non ha più parlato né più mangiato. E’ la risucchiata in terra, muta e quieta, nell’oscurità della cella a aspettare di morire.

Diventa sempre più magra e piccola, sempre più larghi gli occhi.



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8 settembre 2010

Scampoli di storia: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba (1943-1945)





La storia della Risiera di San Sabba ebbe inizio con l’ arrivo a Trieste di Globocnik e dell’ “Einsatzkommando Reinhard” (E.K.R.) che aveva gestito i quattro lager di sterminio in Polonia. Molti ufficiali di fiducia furono posti a capo dell’ E.K.R. o formarono i quadri della locale articolazione dello R.S.H.A. e cioè del servizio di sicurezza. L’ “Einsatzkommando Reinhard” composto da novantadue uomini era arrivato a Trieste a scaglioni fra il settembre e il novembre 1943. Questi reparti operanti nell’ est dell’ Europa, erano reparti di élite, politicamente scelti, che avevano il compito, non solo di garantire la sicurezza delle retrovie del fronte, ma soprattutto quello di eliminare fisicamente gli avversari politici del Reich e i gruppi etnici e “razziali ” pericolosi o indegni di sopravvivere nell’ Europa nazista. “Einsatzkommando” significa infatti “comando speciale” e Reinhardt è il nome di battesimo del generale SS Heydrich, primo capo della Gestapo e Protettore di Boemia e Moravia, ideatore della “soluzione finale” ucciso in un attentato a Praga nel 1942. L’ E.K.R. aveva una discezionalità di comportamento pressochè totale nelle rappresaglie, nei massacri, nelle operazioni contro gli avversari del Reich. Globocnik, “Comandante superiore delle SS e della Polizia” della zona operativa del Litorale Adriatico era perciò il capo di tutto l’ apparato repressivo locale dello R.S.H.A. di cui il reparto faceva parte. Himmler dava direttamente istruzioni a lui.
Inseriti organicamente nell’ “Einsatzkommando Reinhardt” operarono criminali di guerra alcuni dei quali non sono mai stati non dico condannati, ma nemmeno inquisiti. Un interessante articolo de “La Nuova Alabarda” ne identifica alcuni. “Dimenticati” o in parte protetti dalle autorità italiane, almeno nove importanti criminali di guerra hanno vissuto o forse ancora vivono in Italia. Un particolare agghiacciante: per rifarsi una vita, spesso protetti solo da una nuova identità , molti hanno scelto proprio le città dove nel 1944 e nel 1945 avevano commesso i loro crimini. Ecco le loro storie. Ecco nove misteri di cui anche l’ Italia dovrebbe rispondere. Raja, l’ imprenditore. Fino al 1963 abitava a Milano in corso Concordia 8. L’ ufficio era in via Bianca Maria 31. Aveva una bella villa a Melide, dintorni di Lugano. La sua coscienza, invece, aveva altri indirizzi: in Cecoslovacchia e in Olanda le deportazioni di migliaia di ebrei (compresa Anna Frank), poi il ghetto di Poznan in Polonia, poi Auschwitz, poi il lager di Nisko in Galizia dove era il comandante, infine la Risiera di San Sabba, dove nel 1944 venne chiamato come “specialista” in massacri. L’ ingegner Erico Raja, austriaco, titolare della società di import export “Enneri”, è stato per vent’ anni un facoltoso imprenditore di Milano, molto introdotto sui mercati dell’ Est. Il suo vero nome era Erich Rajakowitsch. Era stato un capitano delle SS, uno dei più stretti collaboratori di Eichmann. Raja scomparve da Milano il 6 aprile 1963. Poi la solita sequenza: arrestato in Jugoslavia, inspiegabilmente rilasciato. E morto a Graz alcuni anni fa da uomo libero. “Ha continuato a visitare l’ Italia per turismo e per affari. Ne aveva mantenuti molti a Trieste”, dicono due fonti diverse. I quattro della Risiera. Con quei nomi, si facevano passare per emigranti della vicina Jugoslavia. Josip Susanski, Jan Griska, Alexander Mihalic e Misha Komalsky, invece, erano ucraini. Di professione erano calzolaio, bracciante, operaio e impiegato in un salumificio. Ma a Trieste erano arrivati con una specializzazione ben diversa: “laureati” al lager di Treblinka insieme a John Demjanjuk, facevano parte di uno speciale squadrone di “macellai” che le SS del famigerato squadrone “Einsatzkommando Reinhard” nel 1944 trasferirono da Treblinka alla Risiera di San Sabba per sterminare più velocemente quattromila mila tra ebrei, partigiani e handicappati. “Hanno sempre vissuto tranquilli a Trieste, alcuni li ho interrogati come testimoni al processo della Risiera negli anni Settanta”, racconta un magistrato. Tranquilli e per nulla pentiti. Durante le prime udienze, Komalsky venne addirittura sorpreso a tracciare svastiche in città . Conseguenze ? Nessuna. I quattro non vennero nemmeno imputati. “Qualcuno in alto li proteggeva”, dice il magistrato. Poco dopo un paio scomparvero. Destinazione: USA e Australia. Mihalic, invece, è morto a Trieste nel 1985. Anche lui da uomo libero. Ma gli ucraini della Risiera erano decine, qualcuno è forse ancora vivo. Naturalmente a Trieste. Geng, il più spudorato, era arrivato a Trieste nel 1943 con lo stato maggiore delle SS. Per due anni, in Veneto e in Lombardia, Conrad Geng aveva lavorato per il T 4, uno speciale nucleo di SS incaricato dell’ “Operazione eutanasia” (eliminazione di deformati, handicappati e malati). 
Dove decise di rifarsi una vita un uomo così ? A Milano, senza neppure cambiare nome e stipendiato dal governo di Bonn. Fino a metà degli anni Settanta, infatti, Geng fu un impiegato del consolato tedesco di Milano. Quando partono le prime indagini Geng non viene licenziato o processato; venne solo trasferito a Nancy, in Francia. Poi andò in pensione in Italia dove morì ignorato dalle nostre autorità nel 1980 a Valdobbiadene vicino a Treviso. Malloth ha vissuto sempre a Merano, in una villetta in via Petrarca. Prima cittadino austriaco, poi italiano, infine tedesco, è stato espulso dall’ Italia due volte, nel 1965 e nel 1972. Ma in entrambi i casi fu una farsa: Anton Malloth, ex maresciallo delle SS, condannato a morte in Cecoslovacchia per crimini del lager di Litomerice e noto aguzzino a Theresienstadt (lager tedesco), è sempre rientrato in Alto Adige: nel 1968 il consolato tedesco di Milano gli rilasciò un passaporto e il comune di Scena gli diede una carta d’ identità. E si potrebbe continuare …

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Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»

Il Tribunale di Monaco gli infligge però solo 5 anni per i massacri di Sobibor da dove sarebbe arrivato alla Risiera con il soprannome di Ivan il Terribile: possibile la riapertura del caso. Anche Trieste potrebbe processarlo

di Silvio Maranzana
su "Il Piccolo" del 13 maggio 2011

TRIESTE John Demjanjuk, sospettato di essere il boia ucraino soprannominato Ivan il Terribile al servizio dei nazisti anche all'interno della Risiera di San Sabba a Trieste, ieri è stato condannato a Monaco di Baviera per essere stato parte della «macchina dello sterminio» che a Sobibor in Polonia tra marzo e settembre del '43 uccise 27.900 persone. Solo cinque anni la condanna poiché nessuno dei superstiti di Sobibor l'ha riconosciuto e il tribunale non ha potuto imputargli un delitto specifico.
Ma nella motivazione si sottolinea che i guardiani del lager come Demanjuk, i cosiddetti "trawniki" partecipavano a tutte le fasi all'interno dei campi, «giocando un ruolo decisivo nello sterminio». È probabilmente lo stesso ruolo che Demjanjuk esercitò in Risiera dove del resto è stato anche riconosciuto da un calzolaio che aveva lavorato a San Sabba. Ma questa testimonianza era stata contraddetta da altre, in particolare da quella della fiumana Maria Dudek che aveva detto di aver conosciuto in Risiera Ivan il boia, il cui cognome però era Marchenko. É l'ambiguità sfruttata dai parenti di Demjanjuk per discolpare il congiunto. Il genero Ed Nishnic disse di aver scovato documenti del Kgb sovietico in base ai quali Ivan il Terribile era Marchenko che a Trieste sarebbe alla fine riuscito a saltare dall'altra parte passando con i partigiani di Tito.
Le sue tracce si perdono poco dopo in un bordello di Fiume. Eppure Demjanjuk non solo arrivò a Trieste, ma qui probabilmente rimase fino al 1952 quando decise di dileguarsi andando a fare l'operaio a Cleveland. Con le Ss dell'Einsatzkommando Reinhard si era trasferito da Treblinka a Trieste uno squadrone di "macellai" ucraini. Di essi Josip Susanski, Jan Griska e Misha Komalski vissero poi per anni tranquilli e indisturbati in città. Alexander Mihalic è morto solo qualche anno fa in un appartamento del rione di Rozzol sebbene Simon Wiesenthal in persona lo avesse indicato come uno dei boia della Risiera.
Forse le responsabilità di tutti loro non erano inferiori a quelle di Demjanjuk che già nel 1988 era stato condannato a morte in Israele, ma poi assolto in appello. Nel 2009 però gli Usa hanno concesso l'estradizione per il processo in Germania. Ieri l'ucraino è stato condannato, ma causa l'età avanzata, 91 anni, è stato subito liberato.

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Nazismo: morto il boia di Sobibor John Demjanjuk (17 marzo 2012)

BERLINO – E' morto in Germania, a Rosenheim, John Demjanjuk, una ex guardia carceraria di un campo di sterminio nazista, conosciuto come il boia di Sobibor, in Polonia. Aveva 91 anni. Ne ha dato notizia l'emittente radiofonica Bayerischen Rundfunk. La morte e' stata confermata dalla polizia locale.