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Ukraine: Meeting Borotba

0) LINKS
1) Intervista a Sergei Kirichuk: “L’Ucraina ostaggio dei nazisti e della Nato” (di Marco Santopadre, 6 Novembre 2014)
2) Meet Borotba (By Greg Butterfield / WW, on September 23, 2014)
3) Borotba leader Sergei Kirichuk responds to teardown of Lenin statue (By Sergei Kirichuk / WW, on October 2, 2014)


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Leggi anche / A lire aussi / Read also:

Workers World' extensive interview with Victor Shapinov, coordinator and leading theoretician of the Marxist organization Union Borotba (Struggle), Ukraine:
1: Ukraine communists ‘face to face with 21st century fascism’
2: The left in Ukraine and the origins of Borotba
3: The Ukraine junta’s fascist foot soldiers
4: Class forces in the Ukrainian civil war
5: Tasks of communists in Ukraine, Donbass and the West

Borotba: da dove viene e quale programma difende (Serge Goulart da www.marxismo.org.br – 06 Ottobre 2014)
http://www.marxismo.net/index.php?option=com_content&view=article&id=5842&catid=139&Itemid=571
Borotba : son origine et son programme. Entretien avec Dmitry Kolesnik, dirigeant de Borotba (Ukraine) et rédacteur en chef de la revue « Liva » (mardi 14 octobre 2014)

Anti-fascist leader recounts Odessa resistance, May 2 massacre (By Greg Butterfield on October 31, 2014)
Simferopol, Crimea — Odessa Regional Council Deputy Alexei Albu, a member of the Union Borotba (Struggle) of Ukraine, was a leader of the city’s AntiMaidan movement against the U.S.-backed coup…


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Intervista a Sergei Kirichuk: “L’Ucraina ostaggio dei nazisti e della Nato”

di Marco Santopadre, 6 Novembre 2014

Abbiamo incontrato a Roma Sergei Kirichuk, militante dell’organizzazione marxista ucraina Borotba ("Lotta"), e gli abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione nel suo paese e sugli scenari futuri.

Prima di tutto abbiamo chiesto al nostro interlocutore di spiegarci cos’è Borotba.

Borotba è un’organizzazione marxista che si è formata nel 2011 dalla confluenza di diversi gruppi. Per lo più si trattava di giovani militanti critici nei confronti della linea del Partito Comunista e delle sue illusioni parlamentariste ma anche di militanti di altre organizzazioni marxiste. La nostra idea era quella della mobilitazione diretta dei lavoratori contro il capitalismo e l’oligarchia. Purtroppo lo scoppio della guerra civile ha dimostrato che la nostra organizzazione non era ancora pronta ad affrontare una situazione di scontro frontale e di clandestinità e pertanto siamo ora immersi in un processo di ricostruzione della nostra organizzazione. Abbiamo in corso un forte dibattito su come ricostruire la nostra struttura e il nostro intervento e su quali tattiche adottare sia nel Donbass sia nell’insieme dell’Ucraina. 
Noi crediamo che l’unica via d’uscita per l’Ucraina sia una soluzione federativa con il ricoscimento dell’autonomia per tutte le culture e le minoranze, oltre alla denazificazione del paese.

Cosa pensa Borotba di quello che è successo negli ultimi mesi, a partire dal movimento ribattezzato ‘EuroMaidan’. Qual è il vostro giudizio?

Da subito la nostra organizzazione è stata contraria a Maidan perché questo movimento che si presentava come favorevole all’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea sapevamo che avrebbe significato la catastrofe per il tessuto produttivo e industriale del paese oltre che per le condizioni sociali della popolazione. Avevamo già degli ottimi – cioè pessimi – esempi provenienti da altri paesi dell’Europa Orientale che erano stati integrati nell’Ue, ad esempio in Bulgaria o nelle Repubbliche Baltiche, dove milioni di persone hanno perso il loro lavoro e sono state costrette a emigrare verso l’Europa nord-occidentale alla ricerca di lavori malpagati. E’ vero che l’Ucraina è uno dei paesi più poveri del  continente ma nella parte orientale del paese ancora si producono manufatti ad alta tecnologia come motori per aerei ed elicotteri, c’è l’industria aerospaziale. Sapevamo che questa produzione non avrà mai accesso al mercato dell’Unione Europea e pertanto l’integrazione significherebbe la distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati. E’ per questo che milioni di ucraini sono fortemente contrari all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Noi abbiamo sostenuto questi lavoratori – in molti casi si tratta di tecnici e ingegneri – che hanno una posizione totalmente contraria perché difendono questi lavori qualificati. 
Inoltre fin da subito era chiaro che l’estrema destra aveva un ruolo fondamentale e centrale in ‘EuroMaidan’; anche se rappresentavano all’inizio una minoranza dal punto di vista numerico è riuscita ad egemonizzare la mobilitazione. Non condividiamo la loro idea di un’Ucraina “solo per gli ucraini”, di un paese etnicamente puro ed al contrario pensiamo che vadano rispettate tutte le diversità religiose, linguistiche ed etniche. 

Si è scritto che a Maidan c’era anche una presenza di movimenti di sinistra o quantomeno progressisti, e in Italia e in Europa esistono correnti di sinistra che nonostante tutto continuano ad affermare che quella mobilitazione è stata comunque positiva perché metteva in discussione un governo antipopolare e lo strapotere dell’oligarchia. Voi però non condividete questo punto di vista… 

Ci sono molte correnti di sinistra nel mondo che hanno il feticcio delle ‘masse che scendono in piazza’. Noi dobbiamo sapere che una massa di gente che scende in piazza può essere anche reazionaria o comunque sotto l’influenza di una direzione politica reazionaria. Ad esempio c’è stato un piccolo gruppo di sinistra che ha partecipato da subito alla mobilitazione di piazza a Kiev con delle parole d’ordine molto moderate, che parlavano della necessità di un’Europa sociale – mica del socialismo – e che però è stato fortemente attaccato e accusato dal resto della piazza secondo la quale l’Europa sociale era l’anticamera dei gulag staliniani!
Inoltre fin da subito era chiaro che ciò che animava coloro che scendevano in piazza era soprattutto l’individualismo, l’arrivismo, con l’idea e l’illusione che se l’Ucraina entrerà nell’Ue chiunque lavori duro avrà successo e si arricchirà. Nessun sentimento di solidarietà, di critica sociale era visibile nella mobilitazione.

Qual è adesso la situazione in Ucraina e nel Donbass, e cosa pensate del risultato delle elezioni che si sono tenute prima nei territori controllati dal regime e poi nelle Repubbliche Popolari? 

Ci sono due tendenze politiche principali in Donbass attualmente. Una è prettamente ‘separatista’ e afferma che non c’è più spazio per un ritorno sotto l’autorità del regime di Kiev e quindi spinge per una separazione delle Repubbliche Popolari affinché diventino uno stato del tutto indipendente. L’altra invece considera la creazione delle Repubbliche Popolari un primo passo per stabilire anche un dialogo con quei settori della popolazione ucraina che avevano sostenuto o tollerato EuroMaidan nella misura in cui lo consideravano una opposizione all’oligarchia. C’è una forte spinta a sinistra con una richiesta da parte di consistenti settori popolari affinché vengano attuate le nazionalizzazioni dei settori fondamentali dell’economia e vengano implementate misure sociali, ma devo dire che purtroppo anche la pressione dell’oligarchia russa è molto forte nel Donbass perché una possibile rivoluzione socialista in questa regione potrebbe costituire un ‘cattivo esempio’ per i settori popolari in Russia. Nel Donbass oggi è discorso comune tra la gente sentir dire che le privatizzazioni degli anni ’90 di miniere, industrie e del settore energetico sono state un furto della proprietà popolare. Queste spinte alla nazionalizzazione delle industrie e allo sviluppo di forme di proprietà collettiva in Donbass vengono considerate come un grosso pericolo tanto dalla borghesia di Kiev quanto da quella di Mosca. 
Per quanto riguarda l’Ucraina dalle elezioni è emersa una chiara virata a destra del parlamento. Anche se è vero che forze apertamente naziste come Svoboda o Praviy Sektor non sono riuscite ad entrare alla Rada occorre dire che tutti i partiti borghesi ‘rispettabili’ hanno subito una virata verso l’estrema destra, presentandosi con programmi estremisti e facendo eleggere i leader dei battaglioni punitivi, i comandanti militari di bande fasciste, gli oligarchi. Le elezioni ucraine sono un chiaro esempio di ipocrisia da parte sia dei governi occidentali sia della classe politica liberale locale che, ad esempio, ha sostenuto apertamente dei candidati neonazisti. A Kiev i circoli e i media liberali hanno sostenuto un candidato del Blocco Poroshenko che è un razzista dichiarato, un folle che parla di supremazia della razza bianca e di costruire un futuro basato sull’esclusione dei cittadini di lingua e cultura russa e di tutte le altre minoranze.

Anche su quanto sta succedendo in Donbass alcune correnti di sinistra qui in Europa – e praticamente tutti i media mainstream - hanno un giudizio diverso, identificando le forze principali della sollevazione del sud-est ucraino come puramente nazionaliste nella migliore delle ipotesi o addirittura reazionarie e fasciste. Qual è la reale composizione del panorama politico delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk? 

Non vogliamo fingere che non ci sia la presenza in Donbass di tendenze nazionaliste russe ma è impossibile negare il protagonismo di movimenti e forze di sinistra e di un forte sentimento antifascista. Uno dei principali e più popolari dirigenti militari delle milizie delle Repubbliche Popolari, Alexey Mozgovoy, ha più volte dichiarato che il nazionalismo non è la via d’uscita ma che la lotta del popolo del Donbass deve essere solo l’inizio della spallata contro l’oligarchia in tutto il paese. Ci sono molti comunisti o socialisti che combattono nelle milizie del Donbass così come ci sono anche molti elementi conservatori o nazionalisti e tra le varie correnti c’è mutuo rispetto e convivenza in nome della comune lotta. Il grande pericolo è che questo conflitto sfoci in uno scenario yugoslavo, con l’esplosione dell’odio reciproco tra la popolazione sulla base dell’appartenenza etnica, linguistica, religiosa. Quindi cerchiamo di sostenere ogni tendenza di sinistra in Donbass dove comunque esiste una forte tradizione e mobilitazione operaia. Dopo il golpe di febbraio nell’est del paese si è sviluppata una forte mobilitazione della popolazione che chiedeva pacificamente che il nuovo regime concedesse autonomia culturale e fiscale alle regioni abitate dalle minoranze e in particolare da quella russofona. Ma invece di concedere la richiesta federalizzazione dell’Ucraina il governo maidanista ha imposto una vera e propria feudalizzazione, nominando governatori delle province i più ricchi oligarchi del paese che hanno immediatamente creato milizie private infarcite di elementi di estrema destra. Le milizie private hanno immediatamente imposto un clima di terrore iniziando una vera e propria caccia ai comunisti, ai dissidenti con sedi politiche e sindacali assediate e distrutte, aggressioni, omicidi e sequestri. Ciò che è accaduto con la strage di Odessa - decine di persone massacrate, bruciate vive e assassinate a freddo all'interno della Casa dei Sindacati dagli estremisti di destra - è eclatante. 

In che modo la Russia sta supportando il movimento del Donbass e in quale misura lo sta invece frenando tentando di ricondurlo all’interno della sua necessità di arrivare ad un compromesso con l’Unione Europea, necessario dopo l’isolamento internazionale politico e militare di Mosca e le sanzioni economiche? 

Purtroppo la situazione in Ucraina dipende molto da questo conflitto tra Russia e paesi occidentali, in particolare con gli Stati Uniti. In questo senso l’oligarchia russa che pure supporta le Repubbliche Popolari tenta di utilizzarle come ‘moneta di scambio’ per alzare la posta di un eventuale accordo in particolare con l’Unione Europea. 

Che giudizio date dell’intervento e del ruolo dei paesi occidentali in quanto è accaduto in Ucraina a partire dall’inizio di EuroMaidan, pensate ci sia stata una differenza di azione tra Stati Uniti e Unione Europea? 

Innanzitutto uno dei motivi scatenanti della crisi è stato il rifiuto da parte del governo Yanukovich di firmare il trattato di associazione con l’Unione Europea che è interessata a conquistare un mercato importante soprattutto in condizioni di crisi economica. Naturalmente l’Unione Europea non è interessata a sviluppare una guerra di importanti dimensioni proprio ai suoi confini e tende più a un patto, a un accordo con le controparti seppure alle proprie condizioni e nel rispetto tendenziale dei propri interessi. Al contrario gli Stati Uniti spingono per uno scontro frontale. Ad esempio quando a febbraio il presidente Yanukovich, sotto la pressione della piazza e dell’Unione Europea, aveva praticamente firmato la sua uscita di scena e l’indizione di nuove elezioni, dopo poche ore alcuni cecchini di identità ignota hanno sparato sulla folla e sui poliziotti nel centro di Kiev uccidendo 70 persone e spingendo così lo scontro verso il colpo di stato. E’ ovvio che l’ordine di sparare non poteva provenire dal governo Yanukovich che ormai era fuori gioco… Quando dopo il colpo di stato la situazione economica è tracollata il Fondo Monetario Internazionale si è offerto di sostenere economicamente l’Ucraina, ma in cambio non solo di pesanti piani di austerity e privatizzazioni, ma anche a condizione che il nuovo regime riprendesse subito il controllo di tutto il paese. Di fatto il FMI ha contribuito all'inizio della guerra civile, spingendo il regime di Kiev a scatenare la guerra contro le popolazioni insorte del Donbass. Non possiamo dimenticare la visita del capo della Cia a Kiev, tenuta segreta ma poi ammessa quando la notizia è stata riportata da alcuni media, visto che il giorno dopo il governo di Kiev ha dato inizio alla cosiddetta “operazione antiterrorismo” contro i ribelli delle regioni sud-orientali dell’Ucraina. Gli Stati Uniti non hanno fatto nulla per nascondere il loro intervento in Ucraina. Ricordiamo la famosa conversazione tra Victoria Nuland e l’ambasciatore statunitense a Kiev e la visita di Joe Biden che quando è arrivato in Ucraina non ha neanche fatto finta di intavolare un dialogo paritario con gli esponenti del nuovo regime ma si è limitato a impartire ordini seduto in presidenza nella sede del governo. Dopo questo incontro alcuni dirigenti politici ucraini si sono lamentati che il vicepresidente statunitense era stato molto severo nei loro confronti… Poco tempo dopo uno dei figli di Biden è diventato presidente di una delle maggiori compagnie per l’estrazione del gas nel paese. 

L’ultima domanda sul ruolo dei nazisti in Ucraina. E’ la prima volta nel corso di molti decenni che l’estrema destra apertamente neonazista accede a importanti incarichi di governo in un paese europeo.  Come valutate prospetticamente questo fatto? Inoltre, come valutate la contraddizione di un’estrema destra che si dichiara teoricamente contro l’Unione Europea o degli Stati Uniti ma poi si mette al servizio degli interessi strategici di questi due poli imperialisti?

Se è vero che nel resto d’Europa generalmente l’estrema destra si dichiara contro l’Unione Europea da noi non è così, anzi. Le organizzazioni ultranazionaliste e fasciste ucraine da tempo sono generalmente filoeuropee e in questo momento il governo ucraino rivendica apertamente il coinvolgimento diretto dell’Ue e della Nato nel conflitto. Ciò rappresenta un pericolo enorme che potrebbe portare a un conflitto di dimensioni globali, pertanto crediamo che in Italia e nel resto dell’Europa l’obiettivo centrale delle mobilitazioni delle forze comuniste e di sinistra debba essere proprio impedire questo coinvolgimento. 
Naturalmente il presidente Poroshenko e la sua amministrazione non hanno nessun interesse a concedere eccessivo potere all’estrema destra apertamente neonazista, anzi vorrebbero che i fascisti, dopo aver svolto il lavoro sporco a Maidan come forza d’urto contro il governo Yanukovich e poi nel Donbass per reprimere la ribellione ora si togliessero di mezzo. Una sorta di arrivederci e grazie. Ma i fascisti non sono stupidi, ora sono ben organizzati e radicati, hanno armi e soldi, infrastruttura militare e addestramento, oltre a una nutrita rappresentanza parlamentare, e quindi non è affatto facile liberarsi di loro. Anzi sono proprio queste forze di estrema destra che cercano di condizionare il governo come quando in alcune occasioni alcuni battaglioni neonazisti hanno abbandonato il fronte, sono tornati a Kiev assediando il parlamento e minacciando Poroshenko che se arriverà a un compromesso con le Repubbliche Popolari o la Russia rovesceranno con la forza anche lui.


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Meet Borotba

By Greg Butterfield on September 23, 2014 

Simferopol, Crimea — Since arriving on Sept. 16, I’ve been able to spend time with many of the extraordinary Union Borotba (Struggle) activists living in exile here. All have scars of some kind from the events of the past eight months, but they are also determined to return to Ukraine and fight for socialism.

There’s Alexei, father of two, an elected regional deputy from Odessa. He survived the fascist massacre at the House of Trade Unions on May 2. Shortly afterwards, he and his family were forced to flee to Crimea, where he helped to establish the Committee for the Liberation of Odessa and 2May.org, a website gathering information for an independent investigation of the massacre.

Quiet, intense Masha, an activist from Dnepropetrovsk, was detained by the Security Service of Ukraine (SBU) in June. She and her companion Sasha then came here. Sasha, a former teacher, enjoys pointing out the architectural highlights of Simferopol.

Vanya has a wry wit that served him well living through the siege of Slavyansk. He is very knowledgeable about the international communist movement, and loves “film noir” and U.S. mafia shows. He is an international visitor’s best friend.

Svetlana and Denis are two of the best-known radical trade union activists in Ukraine. They are also high on the junta’s hit list. Forced to leave Kiev after the coup, they went first to Kharkov, where they helped to lead the city’s anti-fascist protest movement. In May, a death squad attempted to kidnap them in broad daylight following a rally. They fled to Svetlana’s native Donetsk, and recently arrived here.

Naya is a single mom and longtime resident of Crimea. She used to work as a press secretary for a local leader of the Communist Party of Ukraine. Now she is Borotba’s information hub, writing articles, updating the website Borotba.su, reaching out on social media and arranging interviews.

Then there’s Comrade M., who undertakes dangerous work as liaison between the exile community in Crimea and activists working underground in Ukraine.

Mayya is a new arrival in Simferopol. A friend of Borotba from Odessa, she is also the companion of political prisoner Vlad Wojciechowski.

Maxim is a burly, gregarious fellow, Siberian by birth. He travels frequently between Crimea and other areas of the Russian Federation, where he is also an organizer for the Left Front.

Victor is the glue that holds them all together. He makes sure that everyone has tasks to carry out and no one is left out or neglected. He is constantly on his cell phone or laptop, negotiating with allies, organizing.

These revolutionary activists, who are so similar to their counterparts in the U.S., have seen their country and their efforts torn out from under them this year. They have lost comrades, sacrificed jobs and homes, been separated from family and friends. They have struggled just to survive.

Thanks to their Marxist outlook, they  know the moment will come when they can intervene — in Ukraine, in Donbass — with the program of revolutionary proletarian socialism.

They mourn. They support one another. They prepare.

They live to fight another day.



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Borotba leader responds to teardown of Lenin statue

By Sergei Kirichuk on October 2, 2014 

This article was written by Sergei Kirichuk, a leader of the Ukrainian organization Borotba (Struggle), now living in exile, in response to the fascists’ tearing down the statue of Vladimir Lenin in the city of Kharkov on Sept. 29.  


Today the oligarchy is experiencing a “golden age,” when participants in any protest can be declared terrorists. And to break up demonstrations, they are using Nazi militants.

In Kharkov, the monument to Vladimir Lenin was torn down. The organizers of this operation did not conceal that it was revenge for an attempt by Communist Party activists to hold a peace march. As you know, the march was broken up by the police, in conjunction with the Nazi gangs.

Here is what Minister of Interior Arsen Avakov wrote on Facebook: “Lenin? Let him fall … If only people were not injured. If only this bloody communist idol, in leaving, had not added to his victims. If only rogues and scoundrels had not taken advantage of the storm of emotions of Kharkovites, did not use it for regular clashes.” That is, the minister recognizes that the act of vandalism could cause an escalation of tension, but still indulges the Nazis. They make sure that everything is under control. Avakov writes: “The Interior Ministry Special Forces and the National Guard are ready to face provocateurs who want to exploit the situation. And they should not try.”

We have no doubt, by the way. No doubt that “provocateurs” will be the label for any participants in any protests that result from the policy of the current government. Inna Bohoslovska [described in next paragraph], who is now, of course, a supporter of the new regime, rejoices in the demolition of Lenin: “For so long we struggled for normal police in Kharkov. And now, 20 percent of police officers are absolutely patriotic. Police took over the crazy work, and every day they catch terrorists and separatists.”

Bohoslovska has never been an independent person; she was always a “talking head” for [oligarch Victor] Pinchuk. Her voice speaks for the Ukrainian oligarchy. They are building the state of their dreams, where they can loot and pillage while any dissenters are called “terrorists.” Our neoliberals openly rejoice, as the mill grinds a direct route to 1970s’ Latin American-style dictatorships of neoliberal economy against the backdrop of military dictatorship. Toward Pinochet — the idol of neoliberal society.

Today the oligarchy is experiencing a “golden age,” when participants of any protest can be declared terrorists. And to break up demonstrations, they are using Nazi militants. Of course, this system requires a furious injection of frenzy and extensive brainwashing in matters of history. The whole history of the territory of modern Ukraine (from “protoukrov” until now) is described as the nation’s struggle for independence and what made it necessary to establish the current political regime. This is a war between civilization and barbarism.

Kharkov was the first capital of Ukraine; it built planes and missiles, split the atom and created the T-34 tank, and created turbines for power plants that have been shipped around the world. Kharkov without Lenin is nationalism without principle; it’s a degradation of education and science. It’s not for nothing that a few of the Nazis were injured during the destruction of the monument — their level of understanding is not enough even to destroy an object, let alone to build one.

Of course, it would be an exaggeration to say that Lenin was the founder of Ukraine. That Ukraine exists in its present borders, however, is as a result of the activities of Lenin and his political party. The Nazis’ demolition of the monument to one of the founders of the country is a death sentence for its existence with these borders in the future.

Translation by Greg Butterfield, original at liva.com.ua/lenin.html.