(english / italiano)

EULEX e TPIJ, due scandali giuridici

1) ROMA 8/12: "UOMINI E NON UOMINI". Presentazione del libro di Goran Jelisic

2) NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI. Di Andrea Martocchia (segretario CNJ-onlus)

3) Su EULEX in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro. Di Ennio Remondino

4) British fraud hunter exposes EU staff on the take… in her own anti-corruption unit (Daily Mail)


Sullo scandalo EULEX si vedano anche:

EULEX: abuse, bribery, financial crime

EULEX corrotta per Kosovo criminale


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Roma, Lunedì 8 dicembre 2014
nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" – http://www.piulibripiuliberi.it/
Eur, Palazzo dei Congressi
ore 15.00-15.45 in SALA CORALLO (data la breve durata si raccomanda puntualità)

Presentazione del libro di 

Goran Jelisic 

UOMINI E NON UOMINI
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo

(Zambon 2013)

Intervengono: 
Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo)
Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista)

Scarica il volantino dell'iniziativa: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/roma081214.pdf 
Vai alla Scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013
Leggi la recensione di A. Martocchia: https://www.cnj.it/MILOS/testi.htm#jelisic_rec_am


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L'articolo che segue uscità sul prossimo numero de La Città Futurahttp://www.lacittafutura.it


NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI

La fase storica post-Ottantanove si caratterizza per la inversione di quella tendenza, che si riteneva o si sperava fosse via via consolidata durante la Guerra Fredda, alla composizione pacifica delle controversie internazionali ("pace") ed alla regolazione normativa condivisa dei rapporti tra gli Stati ("diritto internazionale"). In tal senso, i Balcani, area dell'Europa che più di ogni altra è trattata come "territorio di conquista" dalle grandi potenze, sono stati da subito lo spazio di sperimentazione di nuove pratiche eversive. Laggiù, due pilastri del vecchio ordine internazionale sono stati fatti saltare in aria con la potenza perforante delle bombe all'uranio impoverito: il primo è la Pace, alla quale è stata preferita la guerra; il secondo è la Giustizia internazionale, alla quale è stata preferita la rappresentazione di pratiche giudiziarie "ad hoc", estemporanee e fittizie, espressione della protervia dei vincitori contro i vinti.

Il caso della violazione flagrante e reiterata del diritto internazionale nei Balcani merita una disamina accurata, per la quale rimandiamo a un nostro saggio in preparazione (1). Qui vogliamo lanciare un paio di spunti di riflessione e di analisi.

Il caso EULEX

Il Kosovo è un territorio strappato ad uno Stato sovrano con la violenza di una guerra di aggressione, che è stato trasformato in protettorato a tutti gli effetti, pur con la maschera di sovranità conferita da una illegittima dichiarazione di indipendenza che nemmeno la totalità dei paesi UE ha riconosciuto. 
Era scontato che per mettere sotto tutela occidentale, anche dal punto di vista giuridico-amministrativo, una simile creazione neocoloniale, fosse necessario istituire organismi di controllo giuridico illegittimi e profondamente corrotti sin dalla loro creazione. Già nel 2008 i magistrati Luca M. Baiada e Domenico Gallo, avanzando giuste questioni di principio, ponevano un Quesito al CSM ed al CMM sulla legalità della "missione PESD" e sulla opportunità di inviare magistrati italiani (2).
Non ci ha perciò sorpreso punto il recentissimo scandalo scoppiato in sede EULEX, la missione giudiziaria europea in Kosovo: il magistrato inquirente Maria Bamieh, avvocato di nazionalità inglese, ha avviato una indagine sui suoi stessi colleghi, sospettati di corruzione e di avere insabbiato inchieste importanti perché andavano a toccare quel grumo di potere mafioso e terrorista, derivato dalla alleanza tra NATO e UCK, che vige da 15 anni in Kosovo. Tra gli altri, l'avvocato ha puntato l'indice sul magistrato italiano Francesco Florit. Però la Bamieh non ha potuto portare fino in fondo la sua azione poiché è stata impedita a tutti i livelli: addirittura, attualmente i sospettati sono rimasti inquirenti e giudici, mentre lei, dopo aver denunciato pubblicamente alcune circostanze, è stata allontanata dall’incarico e da EULEX. La denuncia della Bamieh è allora ulteriormente salita di tono: nella sua incredibile intervista a Russia Today (3), l'avvocato, con volto gonfio e voce bassa di chi è apparentemente devastavo dagli psicofarmaci, denuncia anche pratiche di mobbing e bossing sul posto di lavoro.
Le cose in realtà stanno ben peggio di quanto affermato da Bamieh. Altri osservatori e testimoni delle azioni dell'EULEX in Kosovo da anni rivelano casi di mala giustizia, corruzione e mafia in quel contesto, ma vengono regolarmente ignorati. Andrea Lorenzo Capussela ha posto una serie di domande alla Bamieh (4), chiedendole perché lei stessa non abbia dato seguito a denunce da lui presentate in passato. 

Ennio Remondino ha fatto notare (5) che questo caso "seppellisce comunque la credibilità residua" dell'EULEX. D'altronde, negli anni scorsi già avevamo fatto notare lo scandalo della impunità garantita ai banditi veterani dell'UCK, assurti a posizioni di potere nel Kosovo colonizzato, anche per colpe EULEX (6) oltreché per le colpe dello scandaloso "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia. Per una missione che è costata finora circa 750 milioni di euro di fondi comunitari, non c'è male.

Il "Tribunale ad hoc" dell'Aia

E veniamo dunque proprio al "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia sotto gli auspici di Madleine Albright e George Soros. Ha ragione Ugo Giannangeli, che nella sua Postfazione al nuovo libro "Uomini e non uomini" (*) scrive: «Ho letto il libro di Goran Jelisic e sono rimasto allibito». "Allibito" è la parola giusta. Giustamente nella Postfazione Giannangeli parla del carattere eminentemente politico - e perciò giuridicamente obbrobrioso - del "processo" subito da Jelisic: «Non che di aberrazioni giudiziarie non ne abbia viste, ma poco sapevo del funzionamento del Tribunale dell'Aja».

Le cronache del "Tribunale penale internazionale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della ex Jugoslavia" (TPIJ) non possono che lasciare allibito chiunque vi si avvicini per caso e senza parzialità o preconcetti. Non è un caso se sul "Tribunale ad hoc" è uscito un numero assolutamente esiguo di testi analitici. Pochi gli articoli della grande stampa, tutti copia-e-incolla dei dispacci d'agenzia venuti dall'estero, e pochissimi anche i libri. Tra questi ultimi, oltre al recentissimo libro di Jelisic, dobbiamo ricordare solamente: «Imputato Milosevic. Il processo ai vinti e l'etica della guerra», di Massimo Nava (Fazi 2002), e il "nostro" «In difesa della Jugoslavia. Il j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia» (Zambon, 2005). Sarebbe invece importante, a venti anni dalla creazione di tale istituzione para-legale, operare una ricognizione degli studi specifici effettuati a livello accademico, delle Testi di laurea o dottorato dedicate al "Tribunale" o che usano gli Atti del "Tribunale" come fonte di ricostruzione storica dei tragici fatti jugoslavi… 
Che qualcosa non funzioni, lo testimoniano anche solo i proscioglimenti "eccellenti" che negli anni hanno riguardato tutti i personaggi di spicco, veri responsabili politico-militari, appartenenti alle parti e ai partiti secessionisti croati, musulmani e albanesi. Ramush Haradinaj e Hasim Thaci a tutt'oggi comandano nel protettorato del Kosovo. Nel novembre 2012 la corte dell’Aja ha scagionato persino i generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac, pianificatori della pulizia etnica delle Krajine. Il boia Nasir Oric, comandante delle milizie musulmane che a ripetizione fecero strage di serbi nei dintorni di Srebrenica tra il 1992 e il 1994, è stato completamente assolto (sic) nel 2008 quando era già libero avendo scontato solo una pena ridicola nel carcere dell'Aia. La notizia più recente è la liberazione dell'ex presidente della autoproclamata "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" Dario Kordic. Mandante della strage di Ahmici, un villaggio a forte componente musulmana presso Vitez, dove un centinaio di non-croati furono liquidati il 16 aprile del 1993, ed in custodia dal 1997, Kordic ha scontato la pena a Graz, cioè in un paese (l'Austria) che ha in tutti i modi sostenuto il separatismo e nazionalismo croato. Recentemente è potuto rientrare a Zagabria tra i festeggiamenti di rappresentanti politici e della chiesa cattolica.
Per alcune delle assoluzioni di cui sopra un anno fa scoppiò uno scandalo, presto silenziato, attorno alla figura di Theodor Meron, "presidente" del "Tribunale", cittadino statunitense, già consigliere giuridico del governo israeliano e ambasciatore israeliano in Canada e alle Nazioni Unite. Il giudice danese Harhoff accusò Meron di avere "effettuato pressioni sui suoi colleghi" per compiacere l'establishment militare americano e israeliano. (7)

Sulla vera natura del "Tribunale ad hoc" scrivevamo nel 2005 (8): «La "giustizia" del "Tribunale ad hoc" è dunque quella di una parte in causa contro l'altra: il contrario esatto del super partes. Il TPIJ, analogamente al famigerato Tribunale Speciale dell'Italia fascista, è uno strumento politico totalmente sotto controllo dei vincitori, cioè degli aggressori, devastatori ed invasori della Jugoslavia.» Ci confortava nel giudizio la sincera dichiarazione di Jamie Shea, portavoce della NATO durante i bombardamenti sulla Jugoslavia della primavera del 1999: «La NATO è amica del Tribunale, è la NATO che detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto accusa… Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per istituire il Tribunale, noi siamo tra i più grandi finanziatori.» 
Più in dettaglio, del "Tribunale ad hoc" analizzavamo i meccanismi giuridici: «Noti giuristi e commentatori hanno spiegato come, nel suo funzionamento, il TPIJ violi tutti i principi del diritto internazionale. In sostanza, esso non rispetta la separazione dei poteri, né la parità fra accusa e difesa, né tantomeno la presunzione di innocenza finché non si giunge ad una condanna: la regola 92 del TPIJ stabilisce che le confessioni siano ritenute credibili, a meno che l'accusato possa provare il contrario, mentre in qualsiasi altra parte del mondo l'accusato è ritenuto innocente fino a quando non sia provata la sua colpevolezza. Il TPIJ formula i propri regolamenti e li modifica su ordine del Presidente o del Procuratore, assegnando ad essi carattere retroattivo: attraverso una procedura totalmente ridicola, il Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa e ratificarle via fax ad altri giudici (regola 6). Il regolamento stesso non contempla un giudice per le indagini preliminari che investighi sulle accuse. Il "Tribunale ad hoc" utilizza testimoni anonimi, che si possono dunque sottrarre a verifiche da parte della difesa; secreta le fonti testimoniali, che possono essere anche servizi segreti di paesi coinvolti nei fatti. Esso usa la segretezza anche sui procedimenti aperti (regola 53); ricusa o rifiuta a proprio arbitrio di ascoltare gli avvocati della difesa (regola 46), allo stesso modo dei tribunali dell'Inquisizione; può rifiutare agli avvocati di consultare documentazione probatoria (regola 66); può detenere sospetti per novanta giorni prima di formulare imputazioni, con l'evidente scopo di estorcere confessioni. Dulcis in fundo, i giudici si arrogano persino il diritto, d'accordo con la "pubblica accusa", di revisionare la trascrizione del dibattimento, censurandola.»

La gran parte di queste pratiche è puntualmente confermata nel suo libro da Goran Jelisic, il quale porta quei casi esemplari che sono le sue esperienze dirette. Esperienze drammatiche, a fronte delle quali chiunque impazzirebbe. Jelisic invece raccoglie il suo dolore, i suoi shock, e riesce a farne un libro, a rivendicare semplicemente la umanità sua e dei suoi compagni di prigione, anche quelli di diverso colore politico-etnico. Di qui il titolo, poiché «esistono solo due nazioni: gli uomini e i non uomini» (p.87). E sulla base di questo spontaneo senso di umanità in carcere si fraternizza spesso (non sempre) anche con il nemico di ieri.
Jelisic spiega ulteriori discutibili prassi adottate dal "Tribunale". Racconta casi precisi, di testimoni "imboccati" dai giudici, o del modo in cui vengono imposti gli avvocati difensori e come questi ultimi inducano l'imputato a commettere errori dei quali pagherà poi care le conseguenze. Fa alcuni esempi di materiale probatorio grossolanamente falsificato (addirittura estratti da un film di Arnold Schwarzenegger: p.223). Jelisic racconta come gli inquirenti cercarono in tutti i modi di fagli dire che a Brcko erano stati uccisi seimila musulmani: «Ero sbalordito da tale richiesta. In seguito, ogni volta che volevano spingermi a dire qualcosa, spegnevano la telecamera. Si vedeva che avevano una bella esperienza d'interrogatori nei servizi segreti o come agenti» (p.144; p.170). Jelisic spiega che di fronte a sue "ammissioni" era sempre pronto uno sconto di pena… Alcune sue presunte vittime verranno però invece ritrovate vive e vegete (p.169; p.308). 

E' particolarmente importante l'informazione che Jelisic fornisce sulla sua vicenda "italiana". Innanzitutto, dopo la condanna egli è stato arbitrariamente assegnato ad una prigione italiana nonostante garanzie affatto diverse che gli erano state date. In Italia è passato per sei prigioni diverse, e si trova adesso a Massa, dove deve terminare di scontare una condanna a 30 anni (fino al 2028). Sebbene abbia fatto domanda per ottenere tre anni di indulto, concessi a tutti i detenuti dello Stato italiano, questi gli sono stati rifiutati con la motivazione che avrebbe commesso il crimine di genocidio, reato da cui invece è stato assolto; i suoi ricorsi non ottengono nemmeno risposta. Gli sono stati negati anche i permessi che invece, nelle carceri estere, sono stati spesso concessi ad altri condannati dell'Aia. Dal 2006, anno d'inizio del lavoro di traduzione e riscrittura delle sue memorie, la curatrice del libro non ha mai ottenuto il permesso di incontrarlo. 

Per riprendere una riflessione su queste vergogne, poco dibattute e quasi per nulla denunciate anche nei settori della sinistra più coerente e cosciente, la prossima occasione utile si presenterà a Roma, Lunedì 8 dicembre 2014 nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" (Palazzo dei Congressi dell'EUR, alle ore 15.00 in Sala Corallo). Lì, il libro di Goran Jelisic sarà presentato dal prefattore Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo) e dalla curatrice Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista).


Andrea Martocchia (segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia onlus)


(1) Un saggio su questo tema è in preparazione per la rivista Marx21.
(6) Si vedano ad es.:
La EULEX garantisce l'impunità ad Ejupi, responsabile della strage dell'autobus di linea Nis Express (2009)
West refuses to probe organ trafficking – Russian envoy (2011)
Crimes de guerre au Kosovo : Eulex acquitte Fatmir Limaj (2012)
https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#eulex2012
Trafic d’organes au Kosovo : les principaux suspects échappent toujours à Eulex (2013)

(*) Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo
A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale, Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli
Francoforte: Zambon 2013
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3
La scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/SchedeLibri/scheda-jelisic.pdf


=== 3 ===

http://www.remocontro.it/2014/11/26/eulex-in-kosovo-pendenti-accuse-sentenze-tassametro/

Su Eulex in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro 

Colpevoli o innocenti che sia Eulex a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, ora tutti a casa

di Ennio Remondino - 26 novembre 2014

L’avvocato inglese Maria Bamieh è molto decisa e le sue accuse determinate, precise. Quindi, o la donna soffre di qualche disturbo che la fa sentire vittima, o un bel pezzo di uffici giudiziari di Eulex in Kosovo dovrebbero essere trasferiti semplicemente in carcere. O clinica o galera. Quando?


L’alternativa è drammatica e seppellisce comunque la credibilità residua della missione giudiziaria europea in Kosovo: o clinica psichiatrica o prigione. Il sito inglese ‘dailymail.co.uk’ ovviamente dà attenzione e credito alla denunci fatta dalla sua concittadina. Con un disegno kosoro di fattura anglosassone meritevole di attenzione: «Quindici anni dopo il conflitto, il Kosovo rimane una regione senza legge, con gangster, politici corrotti e criminali di guerra che minacciano l’integrità delle frontiere dell’UE». Traduzione dall’inglese, sia chiaro, pur se il Kosovo è prodotto americano.

Riassunto dei fatti: l’avvocato inglese Maria Bamieh è stata per sei anni inquirente con Eulex in Kosovo. Dava la caccia ai corrotti e se li è scoperti in casa (dice lei). Avvia un’indagine sui suoi stessi colleghi. Allontanati dal lavoro? No, loro restano inquirenti e giudici. Lei, la denunciante, è invece allontanata dall’incarico e da Eulex. Dicono sia perché ora è testimone di un eventuale crimine. Nel frattempo, in attesa dell’inchiesta ‘severissima’ promessa da Lady Pesch, il discredito sull’intera missione internazionale Ue in quella terra decisamente problematica, dilaga e seppellisce.

L’avvocata messa da parte ha tempo da vendere e qualche conto da saldare. In più sa come e dove colpire. E’ il suo mestiere. In tempi di crisi l’argomento ‘soldi’ è decisivo. «In questa missione la maggior del personale è di fatto part-time, ma ottiene uno stipendio a tempo pieno. Scompaiono il giovedì o venerdì mattina, volano a casa e riappaiono nel pomeriggio di lunedì o martedì mattina». Decisamente pelandroni i Signori Giudici Eulex. Fanno come i parlamentari in Italia. Nel frattempo l’Unione europea ha investito nella missione 750 milioni di fondi di fondi comunitaria. Tanti euro.

C’è già un’indagine ufficiale dell’Unione europea sulla vicenda, ma procede lenta. Forse perché lavorano tre giorni la settimana? Interessante come sono nato i sospetti della signora Bamieh. Un alto funzionario del ministero della salute del Kosovo finisce in carcere per corruzione. Tangenti chieste ad aziende farmaceutiche. S’è visto ben di peggio. Ad Ilir Tolaj, il detenuto, qualcuno fa arrivare in carcere un telefono: per passare il tempo. La guastafeste britannica se ne accorge e fa intercettare le telefonate del detenuto. E ne escono fuori delle belle. Anzi, delle brutte, bruttissime.

Tolaj riceveva chiamate di presunti intermediari del giudice italiano Francesco Florit e del procuratore capo, la cecoslovacca Jaroslava Novotna. Magistrati comprensivi pronti ad aiutare, dicono gli intermediari, lasciando intendere di un dovere di gratitudine concreta. Intermediari di corruzione o millantatori del nome di due integerrimi magistrati? Non lo sappiamo. Altri banditi ‘confessano’ alla avvocata british la richiesta di 300mila euro da parte dell’italiano. Prove decisive, per quanto noto ancora nessuna. Di certo soltanto la marea di fango su persone e sulle istituzioni.

C’è l’accusa, c’è la difesa dei due magistrati che negano, ma non c’è l’Ue. O almeno, non si coglie la percezione dell’urgenza di fare chiarezza sui fatti. O è mitomane l’accusatrice (chi l’ha indicata e poi mandata lì?), o sono ladri da galera un po’ di magistrati (stessa domanda, chi li ha segnalati e/o selezionati). L’impressione, per esperienza diretta di ‘Remocontro’ in quelle zone balcaniche, è di un ‘baraccone’ Ue da riformare per salvarlo. Troppi soldi, troppi incapaci, troppe lottizzazioni statali. Colpevoli o innocenti che siano a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, tutti a casa.


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British fraud hunter exposes EU staff on the take... in her own anti-corruption unit

• Lawyer Maria Bamieh demanded corruption inquiry into her colleagues
• She was head of financial crime at Eulex rule of law mission in Kosovo
• Raised concerns about senior civil servant Ilir Tolaj from health ministry
• Her own boss, chief prosecutor Jaroslava Novotna, was also implicated 
• Tolaj has been jailed for tax evasion and falsifying documents 
• Ms Bamieh claims she was 'victimised' and 'punished' for speaking out
• She was suspended and escorted out of Eulex headquarters last month

By Adam Luck For The Mail On Sunday

Published: 22:05 GMT, 22 November 2014 | Updated: 14:41 GMT, 23 November 2014


When British lawyer Maria Bamieh was given the chance to help rebuild war-torn Kosovo with an elite EU anti-crime and corruption unit three years ago she jumped at the chance.

Fifteen years after the conflict, Kosovo remains a lawless region, with gangsters, corrupt politicians and war criminals threatening the integrity of the EU borders.

But Bamieh could hardly have known she would soon be demanding a corruption investigation into her own colleagues – or that she would then be escorted out of her office after becoming a whistleblower, and abruptly suspended.

Today, six years after taking the job, the 55-year-old says the investigations unit, known as Eulex, failed to pursue her allegations thoroughly and instead chose to ‘punish’ her for speaking out.

‘I have been subject to a campaign of victimisation and my career with Eulex is over. I may well not work again,’ she told The Mail on Sunday.

‘More to the point this affair raises wider questions about what Eulex has achieved over the six years of its existence and at what cost to the EU and the British taxpayer. 

'Our money is going into this mission and most of the staff work part-time but get a full-time salary. They disappear on Thursday or Friday morning, fly home and reappear on Monday afternoon or Tuesday morning.’

Her worrying story has not only rocked the anti-corruption unit, which has so far swallowed £750million of EU money, but could – if her allegations stick – envelop the EU in a major corruption scandal. 

There is already an official EU investigation into the affair. Ms Bamieh’s concerns reached a head during an investigation into a senior civil servant at the Kosovan health ministry.

The man, Ilir Tolaj, had been arrested and held in prison amid allegations he had demanded bribes from pharmaceutical companies in return for official contracts. He had also smuggled a phone into his cell.

‘I got a court order to intercept his calls because he was not entitled to have that phone,’ says Ms Bamieh. ‘We monitored the calls.’ And the results, gathered in May and June 2012, were disturbing.

It became clear Tolaj was taking calls from people claiming to be intermediaries or go-betweens between Italian judge Francesco Florit, who was seconded to Eulex, and Bamieh’s boss, the Czech chief prosecutor Jaroslava Novotna.

The intermediaries told Tolaj that the Italian judge would ‘do everything to help because he thinks that man [Tolaj] deserves to be helped.’

Bamieh was alarmed to find she was herself the subject of these illegal discussions. It was claimed, for example, that the Italian judge, had described Bamieh as ‘very difficult’ and that Florit had suggested he would get Bamieh replaced.

Another of the middlemen told Tolaj he would hold a meeting with Bamieh’s boss, her ‘chief… the Czech lady’. In one call, Tolaj offers the observation that, ‘I will analyse and see whether I can afford it or not’. The implication was all too clear: two senior colleagues in Eulex could well be compromised, wittingly or otherwise. Florit and Novotna have denied any wrongdoing to The Mail on Sunday.

Ms Bamieh continued: ‘I could not investigate or prosecute Novotna or Florit because I cannot be a prosecutor and witness.’

Eventually, she says, despite the concerns she had raised, she realised there was no proper investigation. 

Her suspicions grew stronger when she was approached by two men convicted of a 2009 bomb attack in the Kosovan capital Pristina amid allegations of a feud between a gangster and a police officer for the hand of a pop singer. It resulted in a fatal explosion.

The two convicted men, it seemed, had made their own approaches to the Italian judge. She said: ‘They told me they had paid money to Florit... and one of the family made a statement how he went to Albania with his lawyer to do negotiations with Florit and they were told that €300,000 was only enough for one of them to be cleared. 

But when I reported this all that happened was that I got punished. I began to be subject to a series of investigations for trivial offences such as car parking. In reality no one got investigated.’

Eventually she went on Kosovan television to outline her claims.

Kosovo broke away from Yugoslavia in 1999 and became a UN protectorate after its bloody war, which pitched the Serb minority against the majority ethnic Albanians. In 2008 the ethnic Albanian-led parliament declared unilateral independence and the UN unit was replaced by Eulex that same year.

Ms Bamieh claims she asked for protection because of her role as a whistleblower but when Eulux was downsized she was made redundant.


Although reinstated on appeal, she was suspended and escorted out of the Eulex headquarters last month after repeating her allegations.
Eulex accused her of leaking documents to the press, a charge Bamieh denies. Now back in London, the mother of one said: ‘I only went to the press after the story came out to clear my name.’

Eulex has announced a fresh investigation but in a sign of Brussels impatience with the unit the EU’s new foreign policy chief Federica Mogherini has despatched a lawyer to oversee the investigation.

‘For God’s sake, they need to call a lawyer to say how an anti-corruption unit should deal with corruption!’ she said. ‘They are meant to be a rule of law mission.’

Richard Howitt, Labour MEP for East of England, said he had met senior EU officials about the case. ‘These allegations are credible and very serious,’ he said. ‘The EU has to have zero tolerance to corruption. It is clear the existing investigation is inadequate. It appears it could be a cover-up. Maria Bamieh has been let down badly.’