(deutsch / english / srpskohrvatski / italiano)


Kumanovo e altri tentativi di riattizzare il fuoco...


1) GRANDE ALBANIA: “L’unione con il Kosovo è inevitabile, che all’UE piaccia o no”, parola di Edi Rama
2) ‘GREATER ALBANIA’ statement awakens old ghosts in Balkans 
3) NEWS:
Macedonia. Raid dell'Uck al confine: "Vogliamo la grande Albania" / Vucic: Bruxelles deve dire apertamente la vera ragione per la quale non stati aperti i primi capitoli nelle trattative sull’adesione della Serbia all’Unione europea / I Serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia / Прети ли Куманово да запали Балкан и Србију?
4) ANGST VOR TERROR IN MAZEDONIEN. UÇK bekennt sich zu Angriffen in Kumanovo am Wochenende
5) FALLISCE IL GOLPE USA IN MACEDONIA (di Thierry Meyssan)
6) THE GEARS OF WAR GRIND FOR GREATER ALBANIA (by A. Korybko, SputnikNews)


Leggi anche / isto procitaj:

Diritto e ... rovescio internazionale nel caso jugoslavo
di Andrea Martocchia, segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS
Flashback / Diritto, adieu / La notizia più recente / Il Kosovo e la missione EULEX / Altri aspetti dello stato di illegalità in Kosovo / Il caso Jelisić / La magistratura come prosecuzione della guerra con altri mezzi
Articolo pubblicato nell'ultimo numero (1/2015) di MarxVentuno rivistahttp://www.marx21.it/component/content/article/32-la-rivista-marxventuno/25447-marxventuno-n1-2015.html

AGGIORNAMENTI DAL KOSMET MARTORIATO (JUGOINFO 19 aprile 2015)
Kosovo: storia di un fallimento /  Kosovo: continuano le aggressioni / Che succede a Kosovska Mitrovica? / Jedanaest godina od pogroma nad Srbima na KiM / Se Priština non formerà il Tribunale per i crimini dell’UCK, lo farà l’ONU / Il premier albanese Edi Rama: "Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico" / Belgrado: se Thaci viene in Serbia verrà arrestato... 

SERBIA, SFIORATA LA CRISI DIPLOMATICA CON TIRANA (Sarah Camilla Rege, 1 maggio 2015)

LAZANSKI SVE PREDVIDEO: Amerikanci prave rat u Makedoniji zbog Turskog toka! (VIDEO – 10. Maj 2015.)
VIDEO: Lazanski - Makedonija najslabija karika Turskog toka (3 mag 2015)

CHE SUCCEDE IN MACEDONIA? (di Giulietto Chiesa, 11.05.2015)
Gli incidenti di Kumanovo (cinque morti tra le guardie di frontiera macedoni) e quelli, precedenti, dell’attacco alla stazione di polizia di Goshince, dodici giorni fa, indicano una seria svolta nella inquieta situazione politica macedone...

BOSNIA E MACEDONIA NEL MIRINO DI JIHADISTI E UCK (di Luca Susic, 12 maggio 2015)

L'Occidente infuriato contro Gruevski perché ha sventato i piani dei terroristi pan-albanesi!

L’OCCIDENTE AVVERTE IL PRIMO MINISTRO GRUEVSKI (di Giovanni Vale, 13 maggio 2015)
Usa e Ue chiedono di fare chiarezza dopo le accuse emerse dalle intercettazioni. Il premier sostituisce due ministri
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/05/13/news/macedonia-l-occidente-avverte-gruevski-1.11411864

VEDI ANCHE:
* i video della polizia macedone
https://www.youtube.com/user/MVRMacedonia1231
* regime albano-kosovaro schiera forze speciali al confine
http://web-tribune.com/aktuelno/uvod-u-najavljeni-opsti-rat-pristina-zapocela-gomilanje-specijalnih-snaga-prema-jugu-srbije-i-makedoniji#
* a Presevo dopo gli scontri di Kumanovo sono confluiti 700 albano-macedoni
http://srbin.info/2015/05/10/u-presevo-stiglo-oko-700-albanaca-iz-makedonije/


=== 1 ===

da www.eastjournal.net

ALBANIA: “L’unione con il Kosovo è inevitabile, che all’UE piaccia o no”, parola di Edi Rama

Posted 8 aprile 2015  
di Matteo Zola

L’unione tra il Kosovo e l’Albania “è inevitabile e indiscutibile“. E si farà “dentro l’Unione Europea, oppure senza il consenso di Bruxelles come reazione alla cecità e alla pigrizia europea”. Queste le parole del primo ministro albanese, Edi Rama, rilasciate durante un’intervista congiunta con il ministro degli Esteri kosovaro, Hashim Thaci, all’emittente televisiva di Pristina “Klan Kosova”. Parole che pesano nel contesto balcanico. A stretto giro è giunta la secca replica del primo ministro serbo, Aleksandar Vučić: “questo non avverrà mai. Le dichiarazioni di Rama servono solo a destabilizzare la regione”. La notizia finisce qui, ma è inevitabile che faccia discutere.

Negli ultimi anni Belgrado ha cercato di portare avanti una politica di normalizzazione nelle relazioni con l’Albania e sulla questione del Kosovo. Il primo ministro Vučić e il presidente Nikolić, pur provenendo da un partito radicalmente nazionalista, sono i fautori di questa politica di distensione. Forse per opportunismo, forse perché spinti dall’Unione Europea, forse perché in cerca di una nuova verginità politica, i due leader hanno tuttavia fatto quanto nessuno prima: l’”Accordo sui principi che disciplinano la normalizzazione delle relazioni” tra la Repubblica di Serbia e la Repubblica del Kosovo siglato nell’aprile del 2013 è stata un’intesa storica. Belgrado, che per anni si è rifiutata di accettare il fatto compiuto dell’indipendenza del Kosovo, voltava così pagina.

Malgrado l’accordo, le tensioni sono rimaste. Il primo ministro serbo Vučić, pur avendo firmato l’accordo, continua a usare le vecchie retoriche nazionaliste, utili per mantenere il consenso. Le dichiarazioni di Edi Rama sembrano avere lo stesso scopo: distrarre l’opinione pubblica albanese dai problemi reali. Rama si è fin qui distinto per una buona dose di “situazionismo”, rivolgendosi alle istituzioni europee con toni e argomenti ben diversi da quelli che poi esibisce in casa. Ma anche a volerlo credere sinceramente intenzionato a perseguire l’unità nazionale, il premier albanese dimostra di non avere capito che cosa rappresenta concretamente l’indipendenza del Kosovo, un paese che ospita la più grande base militare americana in Europa, una testa di ponte per la Nato in una regione che – oggi più che mai – subisce l’attrazione di Mosca. E proprio in virtù di questo ruolo speciale, ai leader kosovari sono stati perdonati crimini, ruberie, traffici commessi durante e dopo la guerra. L’annessione è impossibile almeno finché il Kosovo resterà nell’orbita del neocolonialismo americano. L’intervento di Rama, se non è dettato da opportunismo, tradisce una certa ingenuità politica.

A Belgrado, per una volta, si fa gli offesi stando dalla parte di quelli che vogliono la “stabilità”. Ma non mancano i mal di pancia per una dichiarazione che, se fosse venuta da parte serba, avrebbe fatto gridare allo scandalo mezza Europa e che provenendo invece da parte albanese è stata trattata alla stregua di una “gaffe”. Belgrado però si limita all’indignazione sussiegosa consapevole che, visto il passato recente del paese, non può permettersi di fare la vittima.

Non c’è dunque da attendersi ulteriori reazioni, né l’episodio deve essere assurto a suffragio delle abituali retoriche che descrivono i Balcani come una inesauribile polveriera. Quel che è certo è che ci sono leader, nei Balcani, che non sono all’altezza della fase storica in cui si trovano. Di leader così ne è piena l’Europa, e dichiarazioni improvvide ne sentiremo ancora. Il Kosovo, dal canto suo, ha ben altri problemi da affrontare che le opposte manie di grandezza.



=== 2 ===


‘Greater Albania’ statement awakens old ghosts in Balkans 

10/04/2015

Belgrade was upset. Left out of Europe, an isolated Albania had threatened to unify with Kosovo, and awaken conflicts in the Balkans, Prime Minister Edi Rama had said.

Rama’s statement was a message to Brussels on the necessity of intensifying Kosovo’s EU accession which, according to Tirana and Pristina, is progressing too slowly.

On the other hand, some Belgrade analysts believe that Rama’s statement was aimed “the public at home,” while Kosovo Foreign Minister Hashim Thaci said that Rama’s statement had been misinterpreted.

Rama made it clear that the primary objective was unification through European integration. However, the mere mention of the word “unification” is a very sensitive subject in the Western Balkans.

The topic of borders – the secession or unification of territories – was closed in the region after the wars in the former Yugoslavia in the 1990s. The stance of the international community is that no redrawing of borders is possible in the Balkans.

Countries in the region are also aiming to improve their relations through European integration, and show the EU that they have overcome old hostilities and are ready to cooperate and one day live and function together within the EU. The development of good neighborly relations is one of the criteria they must meet in order to join the EU.

Serbia refuses to recognize Kosovo’s independence, but is participating in an EU-mediated dialog with Pristina on the normalization of relations.

'Two alternatives'

In a joint interview with Kosovo Deputy Prime Minister and Foreign Minister Hashim Thaçi given to Pristina television Klan Kosova, Rama, as conveyed on 7 April, said that the unification of Kosovo and Albania had two alternatives, and that it was all up to the EU.

The first is unification within the European Union. But if the EU continues to close its doors to Kosovo, then “the two countries will be forced to unite in a classical way”, said Rama.

The Albanian premier stated that “the two countries advocate unification through membership in the European Union”.

Thaçi commented that Rama’s words were not a threat to the European Union, but rather a reality that could easily come true in the future, and which could be a result of Kosovo’s isolation from the EU.

Rama reiterated that it was a disgrace for the EU that the visa liberalization process had not been completed for Kosovo citizens, who were the only ones without that benefit in the region, while Thaci said that Kosovo had already fulfilled all obligations for visa liberalization.

During a visit to Zagreb the following day, 8 April, Thaçi commented that the Albanian prime minister’s statement had been misinterpreted, and that at no point had there been talk of the possibility of national unification, or of the changing of borders.

“We are not talking about changing borders at all, but rather about reducing their visibility, according to the European model, so that people can move freely. We will all belong to that European space one day,” said Thaçi.

'Provocations unacceptable'

On 8 April, the European Union reacted to Rama’s statement, making it clear that “provocations are unacceptable”, since the Western Balkan countries “are progressing each at their own pace” in European integration, which “includes regional cooperation, reconciliation and good neighborly relations”.

European Commission spokesperson Maja Kocijančič said that the Western Balkans had a clear European prospect, and that “all partners in the region have confirmed their determination to reach that goal”.

She said that the countries in the region had also confirmed their resolve to “meet the necessary requirements, with full respect for the principles and standards of the EU”, and that the countries are making progress on that path, each at their own pace.

“The aforementioned determination also includes regional cooperation, reconciliation and good neighborly relations; all provocative statements are unacceptable in that framework,” read the EU’s response to Rama.

Belgrade dissatisfied with reactions 

Serbia has strongly condemned Rama’s statement, and made it clear that it expects the international community to do the same. Belgrade has announced intensified diplomatic activities regarding the matter in international organizations and other countries.

The Serbian Ministry of Foreign Affairs has handed a letter of protest to the Albanian ambassador in Belgrade, which underlined that the positions of Albanian Prime Minister Edi Rama were unacceptable for Serbia, Ministry officials said.

Metohija Marko Djurić , Head of the Serbian government’s Office for Kosovo, said that Rama’s statement was “an attack on peace, a brutal threat to stability in the region, and a dangerous call for the redrawing of borders”, whereas Serbian Prime Minister Aleksandar Vučić said that “Kosovo and Albania will never be united” and asked the Albanian leaders “to stop further causing instability in the region”.

The EU, in the eyes of Serbian officials, was late with its reaction, which wasn’t strong enough.

Serbian Foreign Minister Ivica Dačić said on 8 April that he expected that the EU would “treat everyone the same”, and severely condemn the Albanian premier’s statement about the “unification” of Albania and Kosovo.

“The issue is not just that he (Rama) said that. The issue is that few are reacting to it. How much time should pass before someone makes a statement and condemns such an act? I expect that the EU will treat all of us equally and condemn such statements,” said Dačić.

The Serbian minister went on to say that Kocijančič had reacted to Rama’s statement, but had not “exactly mentioned it directly,” although she did say it was unacceptable.

Calling on the EU to react to “the politicization of the topic” and “irresponsible statements,” Dačić also said that Serbia wanted good relations with Albania, and that it took a lot of time to build them and just a little time to “tear the whole thing down”.



=== 3 ===

Un gruppo di albanesi armati, arrivati dal Kosovo, ha brevemente preso possesso di un piccolo commissariato di polizia alla frontiera Nord della Macedonia nella notte tra lunedì e martedì, reclamando la creazione di uno stato albanese sul territorio della piccola repubblica dell'ex Jugoslavia. L'hanno affermato le autorità macedoni. "Verso le 2.30 un gruppo di una quarantina di persone armate venute dal Kosovo ha attaccato il posto di Gosince, che si trova a 500 metri dalla frontiera" ha dichiarato Ivo Kotevski, portavoce della polizia macedone. Gli assalitori avevano le insegne dell'Uck, l'Esercito di liberazione del Kosovo, il gruppo indipendentista che si batté per il Kosovo contro la Serbia nel conflitto del 1998-99. I quattro poliziotti macedoni che erano nel posto di polizia sono stati insultati, picchiati e ammanettati. (fonte: Askanews)


da http://voiceofserbia.org/it/

Vucic: Bruxelles deve dire apertamente la vera ragione 

07. 05. 2015. – Il premier serbo Aleksandar Vucic ha detto che la ragione per la quale non stati aperti i primi capitoli nelle trattative sull’adesione della Serbia all’Unione europea non è l’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina. Belgrado ha implementato tutti i punti di quell’accordo. La Comunità dei comuni serbi in Kosovo non è stata ancora formata. L’apertura dei primi capitoli dipende dalla quesione del nostro dialogo con Pristina, ha detto Vucic. Devono dire apertamente che il problema non è l’accordo di Bruxelles, ma bensì il fatto che noi non siamo disposti a dare agli albanesi kosovari il lago artificiale Gazivode. Che dicano apertamente che per questa ragione non saranno avviate le trattative con Bruxelles. Noi abbiamo offerto la divisione 50% per 50% di Gazivode. Le autorità di Pristina non hanno accettato la nostra offerta, ha dichiarato Vucic.



Serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia

13. 05. 2015. - I serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo gli attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia e gli annunci dei loro esponenti che sarà creata la grande Alabnia, è stato rilevato alla riunione del direttore dell’ufficio del Governo serbo per il Kosovo Marko Djuric, i deputati serbi, i rappresentanti del partito dei serbi kosovari Lista serba e i ministri serbi dell’esecutivo kosovaro. Gli albanesi bloccano l’implementazione dell’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina e non vogliono realizzare quello che è stato accordato a Bruxelles, è stato rilevato alla riunione.



Прети ли Куманово да запали Балкан и Србију? (Emisija UPITNIK na RTS, УТОРАК, 12. МАЈ 2015)

Dall'interessante programma della televisione serba sintetizziamo alcuni spunti:
* il rappresentante del partito dei Serbi di Macedonia ricorda che già a causa della guerra civile macedone del 2001 – causata da un tentativo di "fare in Macedonia come era stato fatto in Serbia nel 1999" cioè di strappare la parte con presenza albanofona – un certo numero di Serbi della zona di Kumanovo era dovuto scappare e non è mai più ritornato;
* l'esperto di questioni militari del Parlamento serbo fa notare che la UE non ha reagito in alcun modo, diversamente ad es. dalla risonanza accordata all'attentato di Parigi a Charlie Hebdo... C'è una chiara disponibilità USA verso il progetto della Grande Albania, mentre la UE non ha alcuna politica su questo;
* dei 30 terroristi che si sono arresi a Kumanovo, ben 18 sono originari del Kosovo;
* è menzionata esplicitamente la Germania e viene detto che la FYROM non ha ottenuto alcuna collaborazione dalla NATO quando pochi mesi fa ha chiesto informazioni sui pericoli terroristici;
* i pan-albanesi cercano di sfruttare la destabilizzazione della FYROM che è in corso da tempo, anche confluendo alla manifestazione delle opposizioni a Skopje che è in programma 
per domenica 17 maggio;
* al minuto 33 si fa vedere una mappa della Grande Albania e si menzionano le dichiarazioni di un "intellettuale" albanese che dice che i fatti di Kumanovo sono l'inizio della lotta di unificazione della Grande Albania;
* mentre era in corso la trasmissione è arrivata la notizia che il premier della FYROM ha fatto un rimpasto di governo cambiando tra gli altri il Ministro dell'Interno.

VIDEO: http://www.rts.rs/page/tv/ci/story/17/%D0%A0%D0%A2%D0%A1+1/1916850/%D0%A3%D0%BF%D0%B8%D1%82%D0%BD%D0%B8%D0%BA.html 
(segnalato da Valentina R. e Samantha M., sintesi a cura di Andrea M.)


=== 4 ===


Aus: Ausgabe vom 12.05.2015, Seite 2 / Ausland

Angst vor Terror in Mazedonien

UÇK bekennt sich zu Angriffen in Kumanovo am Wochenende

Von Roland Zschächner


Ein Strafgericht in Skopje hat gegen 30 Männer, die an den Gefechten am Wochenende in der Stadt Kumanovo beteiligt gewesen sein sollen, Untersuchungshaft verhängt. Ihnen werden laut einer Meldung der Nachrichtenagentur MIA am Montag »Terrorismus« sowie der Angriff auf die verfassungsmäßige Sicherheit und Ordnung Mazedoniens vorgeworfen. Unter den Festgenommenen sind unter anderem 18 Kosovoalbaner, neun mazedonische sowie ein albanischer Staatsbürger, der in Deutschland gemeldet ist. Unterdessen kehrten die evakuierten Bewohner in ihre Häuser zurück.

Am Samstag morgen griffen rund 50 schwerbewaffnete Männer eine Polizeistation in der 40 Kilometer nordöstlich von Skopje gelegenen Stadt an. Bei den mehr als 28 Stunden andauernden Gefechten starben acht Beamte einer Spezialeinheit. 14 Aufständische wurden laut offiziellen Angaben »neutralisiert«. Die Hintergründe der Attacke blieben bislang unklar.

Ministerpräsident Nikola Gruevski erklärte am Sonntag, ohne nähere Angaben zu machen, bei den Angreifern habe es sich um Mitglieder der »gefährlichsten Terrorgruppe des Balkans« gehandelt. Laut Gazeta Express bekannte sich die sogenannte Kosovo-Befreiungsarmee UÇK zu der Attacke. 2001 hatten die Separatisten mit Anschlägen das Land destabilisiert. Auf westlichen Druck hin wurde eine Waffenstillstand geschlossen. Der politische Arm der UÇK, die Demokratische Union für Integration, ist mittlerweile Teil der Regierung.

Die mazedonische Polizei stellte am Sonntag abend zwei Videos ins Internet, in denen die Verhafteten präsentiert werden. Die Männer tragen Uniformen mit den Symbolen der vom Westen 1999 im Krieg gegen Jugoslawien hofierten UÇK. Nun wächst die Angst vor neuen ethnischen Spannungen.

Die Angreifer sollen von fünf ehemaligen Mitgliedern der Untergrundarmee geführt worden sein – darunter Mirsad Ndrecaj, der als »Kommandeur NATO« bekannt ist. Ndrecaj diente laut regionalen Medien nach 1999 als Bodyguard für den ehemaligen kosovarischen Ministerpräsidenten Ramush Haradinaj. Auch die anderen Verdächtigen hätten enge Verbindungen zu hochrangigen Politikern der abtrünnigen serbischen Region.

Am Sonntag abend tagte in Skopje der nationale Sicherheitsrat. Anschließend forderte der mazedonische Präsident, Gjorge Ivanov, laut der Zeitung Republika mehr Unterstützung der NATO und der Europäischen Union für sein Land.



=== 5 ===

http://www.voltairenet.org/article187582.html

LA GUERRA DEL GAS SI ESTENDE ALL’EUROPA

Fallisce il golpe USA in Macedonia


di  Thierry Meyssan

La Macedonia ha appena messo in condizione di non nuocere un gruppo armato di cui sorvegliava i mandanti da almeno otto mesi. Ha così evitato un nuovo tentativo di colpo di stato, pianificato da Washington per il 17 maggio. Si trattava di allargare alla Macedonia il caos già installato in Ucraina al fine di impedire il passaggio di un gasdotto russo verso l’Unione europea.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA)  | 13 MAGGIO 2015

Il caso di Kumanovo

La polizia macedone ha lanciato il 9 maggio 2015, all’alba, un’operazione volta ad arrestare un gruppo armato che si era infiltrato nel paese e che sospettava stesse preparando diversi attentati.
La polizia aveva evacuato la popolazione civile prima di dare l’assalto.

Dopo che i sospetti hanno aperto il fuoco, è seguita una dura battaglia che ha lasciato 14 morti dal lato dei terroristi e 8 dal lato delle forze dell’ordine. Ben 30 individui sono stati fatti prigionieri. Si calcolano parecchi feriti.

Non un’azione terroristica, ma un tentativo di colpo di stato

La polizia macedone era manifestamente ben informata prima di lanciare la sua operazione. Secondo il ministro degli Interni, Ivo Kotevski, il gruppo stava preparando un’operazione molto importante per il 17 maggio (vale a dire in occasione della manifestazione indetta dall’opposizione albanofona a Skopje).
L’identificazione dei sospetti ha permesso di stabilire che erano quasi tutti ex membri dell’ UÇK (l’Esercito di Liberazione del Kosovo). [1]
Tra questi troviamo: 
• Sami Ukshini detto “Comandante Sokoli”, la cui famiglia ha svolto un ruolo storico in seno all’ UÇK. 
• Rijai Bey, ex guardia del corpo di Ramush Haradinaj (lui stesso trafficante di droga, capo militare del dell’UÇK e poi Primo Ministro del Kosovo. Fu processato due volte dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per crimini di guerra, ma assolto perché 9 testimoni cruciali furono uccisi durante il suo processo). 
• Dem Shehu, attuale guardia del corpo del leader e fondatore del partito BDI albanese, Ali Ahmeti. 
• Mirsad Ndrecaj detto il “Comandante della NATO”, nipote di Malic Ndrecaj comandante della 132ma Brigata dell’ UÇK.
I principali responsabili di questa operazione, tra cui Fadil Fejzullahu (morto durante l’assalto) sono vicini all’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje, Paul Wohlers.
Quest’ultimo è figlio di un diplomatico statunitense, Lester Wohlers, che ha giocato un ruolo importante nella propaganda atlantista e ha diretto il dipartimento cinema della US Information Agency. Il fratello di Paul, Laurence Wohlers, è attualmente ambasciatore presso la Repubblica Centrafricana. Lo stesso Paul Wohlers, ex pilota della US Navy, è uno specialista di controspionaggio. È stato vice direttore del Centro per le operazioni del Dipartimento di Stato (ossia il servizio di sorveglianza e protezione dei diplomatici).

[FOTO: Fadil Fejzullahu, un leader del gruppo armato è morto durante l’assalto, qui con il suo capo, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje Paul Wohlers.]


Perché non v’è alcun dubbio circa i mandanti, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, è intervenuto persino prima della fine dell’assalto. Non per dichiarare la propria condanna del terrorismo e il suo sostegno al governo costituzionale di Macedonia, ma per trasformare il gruppo terroristico in un’opposizione etnica legittima: «È con grande preoccupazione che seguo gli eventi in corso a Kumanovo. Rivolgo le mie condoglianze alle famiglie delle persone uccise o ferite. È importante che tutti i dirigenti politici e responsabili di comunità lavorino insieme per riportare la calma e procedano a un’indagine trasparente per determinare quel che è accaduto. Faccio vivamente appello a tutti affinché diano prova di moderazione e evitino un’ulteriore escalation, nell’interesse del paese e dell’intera regione.»
Bisogna essere ciechi per non capire.
Nel mese di gennaio 2015, la Macedonia sventava un tentativo di colpo di Stato in favore del capo dell’opposizione, il socialdemocratico Zoran Zaev. Quattro persone venivano arrestate e Zaev si vedeva confiscare il suo passaporto, intanto che la stampa atlantista cominciava a denunciare una "deriva autoritaria del regime" (sic).
Zoran Zaev è pubblicamente sostenuto dalle ambasciate degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Germania e dei Paesi Bassi. Ma non c’è finora nessuna altra traccia nel tentativo di golpe che della responsabilità degli Stati Uniti.
Il 17 maggio, il partito socialdemocratico (SDSM) [2] di Zoran Zaev doveva organizzare una manifestazione. Doveva distribuire 2.000 maschere in modo da impedire alla polizia di identificare i terroristi in mezzo al corteo. Durante l’evento, il gruppo armato camuffato con queste maschere doveva attaccare varie istituzioni e lanciare una pseudo "rivoluzione" di piazza paragonabile a quella della Maidan di Kiev.
Questo colpo di Stato era coordinato da Mile Zechevich, un ex dipendente di una delle fondazioni di George Soros.
Per comprendere l’urgenza di Washington di rovesciare il governo di Macedonia, dobbiamo tornare alla guerra dei gasdotti. Per la politica internazionale è una grande scacchiera dove ogni movimento di un pezzo provoca conseguenze sugli altri.

[FOTO: Il gasdotto Turkish Stream dovrebbe passare attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia e la Serbia per rifornire l’UE del gas russo. Su iniziativa del presidente ungherese Viktor Orbán, i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti si sono incontrati il 7 aprile a Budapest per coordinarsi di fronte agli Stati Uniti e all’Unione europea.]

La guerra del gas

Dal 2007, gli Stati Uniti tentano di tagliare le comunicazioni tra la Russia e l’Unione europea. Sono riusciti a sabotare il progetto South Stream, costringendo la Bulgaria ad annullare la sua partecipazione, ma il 1° Dicembre 2014, in mezzo alla sorpresa generale, il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un nuovo progetto riuscendo a convincere il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan a fare un accordo con lui, benché la Turchia sia un membro della NATO [3]. Si era convenuto che Mosca avrebbe consegnato del gas ad Ankara, che a sua volta ne consegnerebbe all’Unione europea, aggirando l’embargo anti-russo di Bruxelles. Il 18 aprile 2015, il nuovo primo ministro greco, Alexis Tsipras, dava il suo gradimento affinché il gasdotto attraversasse il suo paese. [4] Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, aveva – a sua volta - discretamente negoziato nel mese di marzo. [5] Infine, la Serbia, che faceva parte del progetto South Stream, aveva indicato al ministro dell’Energia russo Aleksandar Novak, quando lo ha ricevuto a Belgrado ad aprile, che anche il suo paese era pronto a passare alla progetto Turkish Stream [6] .
Per fermare il progetto russo, Washington ha moltiplicato le iniziative: 
 In Turchia, sostiene il CHP contro il presidente Erdoğan sperando di fargli perdere le elezioni; 
 in Grecia, l’8 maggio ha inviato Amos Hochstein, direttore dell’Ufficio delle risorse energetiche, per richiamare il governo Tsipras affinché rinunci al suo accordo con Gazprom; 
 ha previsto – a ogni buon conto – di bloccare il tracciato del gasdotto piazzando uno dei suoi fantocci al potere in Macedonia; 
 in Serbia, ha rilanciato il progetto di secessione del pezzo di territorio che permette la giunzione con l’Ungheria, la Vojvodina. [7]
Ultima osservazione e non di minor conto: il Turkish Stream alimenterà l’Ungheria e l’Austria mettendo fine al progetto alternativo mediato dagli Stati Uniti con il presidente Hassan Rouhani (contro il parere delle Guardie Rivoluzionarie) basato sull’approvvigionamento di gas iraniano [8].

Traduzione 
Matzu Yagi


[1] « L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 15 avril 1999.

[2] Il partito SDSM è membro dell’Internazionale socialista.